Atto di citazione
Diritto 24.it

Nel processo ordinario di cognizione, l'atto con il quale un soggetto richiede tutela giurisdizionale, proponendo una domanda giudiziale, prende il nome di atto di citazione.
L'atto di citazione è un atto processuale scritto, proposto da colui che avanza la domanda giudiziale, denominato attore, che si rivolge a due distinti soggetti: 1) il soggetto nei cui confronti l'attore avanza la propria pretesa attraverso la proposizione della domanda giudiziale, che assume la denominazione di convenuto; 2) il soggetto al quale l'attore avanza la propria pretesa di attribuzione di un determinato bene della vita, ossia il Giudice (cfr. Mandrioli, Diritto processuale civile, II. Processo di cognizione, Torino, 2002, 13).
La proposizione di un atto di citazione, di conseguenza, assume tre principali funzioni (cfr. Cerino Canova, "Citazione", in Enc. Giur., Roma, vol. VI, 1989, 2):
- costituisce la formulazione della domanda giudiziale avanzata dall'attore;
- apre il contraddittorio con la controparte processuale sulla specifica controversia generata dalla predetta domanda giudiziale;
- costituisce l'inizio di quella consecuzione di atti tra loro interdipendenti, in cui si sostanzia il processo ordinario di cognizione.
Nel codice di procedura civile, il contenuto dell'atto di citazione è disciplinato dall'art. 163, il cui terzo comma, in particolare, stabilisce ai punti dal n. 1 al n. 7, i requisiti essenziali richiesti per la validità ed efficacia dell'atto processuale in questione.
Tali requisiti, in concreto, vanno distinti, da un lato, in quelli che contribuiscono a specificare la c.d. vocatio in ius, ossia a costituire il rapporto processuale in contraddittorio con le altre pari del giudizio e, dall'altro lato, in quelli che integrano la c.d. edictio actionis, ossia che consentono di individuare la situazione sostanziale oggetto della pronuncia richiesta al Giudice adito (cfr. Luiso, Diritto processuale civile, II. Il processo di cognizione, Milano, II ed., 1999, 6).


La vocatio in ius
Per integrare i requisiti previsti per la corretta formulazione della vocatio in ius, l'atto di citazione deve necessariamente comporsi dei seguenti elementi:
I) indicazione dell'autorità giudiziaria adita, ovvero il Tribunale davanti al quale la domanda è proposta (cfr. art. 163, terzo comma, n. 1, c.p.c.); nel procedimento dinanzi al Giudice di pace, la medesima prescrizione è riprodotta nell'art. 318 c.p.c.;
II) il nome, cognome, e la residenza dell'attore e del convenuto o, in caso di enti collettivi, "la denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio" (cfr. art. 163, terzo comma, n. 2, c.p.c.); i numeri 1 e 2 del terzo comma dell'articolo 163 hanno in comune proprio la funzione di individuare precisamente i soggetti del giudizio di cognizione: attore, convenuto e Giudice;
III) l'indicazione della data dell'udienza di prima comparizione e l'invito al convenuto a costituirsi tempestivamente (cfr. art. 163, terzo comma, n. 7, c.p.c.); in proposito, la citazione deve prevedere:

a) l'indicazione al convenuto di comparire dinanzi all'autorità giudiziaria competente, in una data fissa, prescelta dall'attore in conformità alle disposizioni con cui il Presidente del Tribunale competente ha stabilito i giorni e le ore delle udienze destinate alle comparizioni delle parti;

b) l'avvertimento che, in difetto di tale costituzione nel termine di venti giorni antecedenti tale udienza, il convenuto incorrerà nelle preclusioni di cui all'art. 167 c.p.c. (come novellato dall'art. 2, comma 3-quinquies, del D.L. 14 marzo 2005 n. 35, convertito con modificazioni nella legge 14 maggio 2005 n. 80) e, secondo quanto recentemente previsto dal legislatore con la riforma del codice di rito, approvata con la legge 18 giugno 2009 n. 69 (a seguire nel volume indicata anche come "novella del 2009"), dell'art. 38 c.p.c., in materia di eccezione di incompetenza;
IV) il nome e il cognome del procuratore e l'indicazione della procura; tale indicazione si impone alla luce della circostanza che nel processo civile dinanzi al Tribunale, è obbligatoria l'assistenza tecnica del difensore.
L'edictio actionis
Circa i requisiti previsti per la corretta formulazione dell'edictio actionis, l'art. 163 c.p.c. stabilisce che la citazione deve comporsi dei seguenti elementi:
I) la determinazione della cosa oggetto della domanda (cfr. art. 163, terzo comma, n. 3, c.p.c.), ossia il c.d. petitum, termine con il quale si intendono due distinti contenuti della domanda: da un lato, il cosiddetto petitum immediato, il quale rappresenta il provvedimento che si chiede al Giudice, dall'altro lato, il cosiddetto petitum mediato, che è la situazione sostanziale dedotta alla cognizione del Giudice adito (cfr. Luiso, Diritto processuale civile, II. Il processo di cognizione, Milano, II ed., 1999, 7);
II) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda con le relative conclusioni (cfr. art. 163, terzo comma, n. 3, c.p.c.), ossia l'allegazione della c.d. causa petendi, che è rappresentata: a) dai fatti costitutivi del diritto fatto valere dall'attore; b) dall'individuazione delle norme che, a detta dell'attore, sono riconducibili ai fatti allegati, ai fini del riconoscimento della tutela giuridica richiesta. Inoltre, nella redazione dell'atto assume precipua importanza la formulazione delle conclusioni di parte, che hanno la funzione di esplicitare la richiesta che l'attore presenta al Giudice, individuando il contenuto del provvedimento richiesto.

Più specificatamente, con riguardo al contenuto dell'atto di citazione, le conclusioni e gli ulteriori elementi dell'edictio actionis costituiscono e determinano il contenuto tipico e necessario della domanda giudiziale e, in particolare, costituiscono la forma di legittima allegazione in giudizio del diritto fatto valere in causa, rendendo tale prospettazione non più modificabile nel corso del medesimo giudizio; infatti, la parte dell'atto di citazione che contiene l'edictio actionis non può essere modificata nel corso del processo;
III) l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione (cfr. art. 163, terzo comma, n. 5, c.p.c.); tale indicazione continua in verità a restare facoltativa, anche dopo la riforma dell'art. 183 c.p.c., realizzata dall'art. 2, terzo comma, lett. c-ter) del D.L. 14 marzo 2005 n. 35, convertito, con modificazioni, nella L. 14 maggio 2005 n. 80, come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a) della L. 28 dicembre 2005 n. 263. Infatti, i numeri 1 e 2 del sesto comma dell'art. 183 c.p.c., prevedono la perdurante facoltà delle parti, ove richiesto, di produrre in atti ulteriori documenti, nonché formulare separata e nuova indicazione specifica dei mezzi di prova di cui intendono avvalersi. L'indicazione disposta nell'art. 163, terzo comma, n. 5, c.p.c., quindi, resta facoltativa, non maturando, anche nel nuovo rito processuale, alcuna preclusione o decadenza a carico della parte che omette di formulare tale allegazione istruttoria nel proprio atto di citazione.

Termini a comparire
L'art. 163-bis, primo comma, c.p.c., anch'esso riformato dalla L. 28 dicembre 2005 n. 263, ha elevato il termine minimo a comparire che l'attore deve assegnare al convenuto domiciliato in Italia o all'estero, prevedendo rispettivamente un periodo inderogabile di novanta e centocinquanta giorni, tra la data di notificazione dell'atto di citazione e la data della prima udienza di comparizione.
Resta salva la facoltà dell'attore, nelle cause in cui sussistono particolari ragioni di urgenza, di richiedere al Presidente del Tribunale adito, ai sensi dell'art. 163-bis, secondo comma, c.p.c., l'abbreviazione dei termini di comparizione fino alla metà, da disporsi con decreto motivato steso in calce all'originale dell'atto di citazione.


Nullità della citazione
Con riferimento all'atto di citazione, in attuazione del principio generale posto dall'art. 156, primo comma, c.p.c., è l'art. 164 c.p.c. che stabilisce i casi di nullità dell'atto introduttivo del giudizio di cognizione.
Tali ipotesi di nullità sono debitamente differenziate nella loro concreta applicazione, a seconda che riguardino gli elementi della citazione attinenti alla vocatio in ius (per cui rilevano in particolare il primo, secondo e terzo comma dell'art. 164 c.p.c.), rispetto a quelli attinenti all'edictio actionis (disciplinati al quarto, quinto e sesto comma dell'art. 164 c.p.c.).


Quanto alla vocatio in ius, l'art. 164, primo comma, c.p.c. stabilisce che la citazione è nulla, nel caso in cui:
I) manca o risulta assolutamente incerta l'indicazione dell'autorità giudiziaria adita;
II) manca o risulta assolutamente incerta l'indicazione delle parti del giudizio;
III) manca l'indicazione della data dell'udienza di comparizione;
IV) se è stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge;
V) se manca l'avvertimento previsto dal numero 7 dell'articolo 163, ossia l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 (ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini), e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al Giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis, con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui all'art. 167 e all'art. 38 c.p.c.
In relazione a tali ipotesi di nullità della citazione, il comportamento del convenuto ha tuttavia un effetto rilevante, poiché:
I) nel caso in cui la parte convenuta si costituisca in giudizio nonostante la nullità della citazione, dato che l'atto processuale ha comunque raggiunto il suo scopo, il terzo comma dell'art. 164 c.p.c. stabilisce che detta costituzione sana i vizi della citazione e fa salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda giudiziale (in verità, se il convenuto deduce l'inosservanza dei termini a comparire o la mancanza dell'avvertimento previsto dal numero 7, dell'articolo 163, il Giudice fissa unicamente una nuova udienza nel rispetto dei termini);


II) al contrario, nel caso in cui il convenuto non si costituisca, il Giudice, rilevata la nullità della citazione, ne dispone d'ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio; la rinnovazione sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda, sin dal momento della prima notificazione (al contrario, in caso di omessa rinnovazione, si verifica l'estinzione del procedimento).
Quanto all'edictio actionis, l'art. 164, quarto comma, c.p.c., stabilisce che la citazione è nulla, nel caso in cui:
I) è omesso o risulta assolutamente incerta la determinazione della cosa oggetto della domanda (il requisito stabilito nel numero 3 del terzo comma dell'articolo 163);
II) manca l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni (il requisito stabilito nel numero 4 del terzo comma dell'articolo 163).
Anche in questo caso, la costituzione o meno del convenuto determina un diverso iter processuale, in proposito, l'art. 164, quinto comma, c.p.c. stabilisce che:


I) in difetto di costituzione del convenuto, il Giudice, rilevata la nullità, fissa all'attore un termine perentorio per rinnovare la citazione;
II) in caso di costituzione del convenuto nonostante la nullità della citazione, il Giudice fissa un termine all'attore per integrare la domanda.
In entrambi i casi menzionati, a differenza dell'ipotesi di nullità prevista ex art. 164, secondo comma, c.p.c., restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione.
La diversa disciplina stabilita per i casi di nullità della citazione che attengono all'edictio actionis, si giustifica in base alla considerazione che ricorrendo tale ipotesi di nullità, la citazione è inidonea ad assolvere alla sua funzione, con la conseguente sua inidoneità a salvare dalle decadenze e a interrompere la prescrizione (cfr. Oriani, "Citazione nulla e diritti quesiti", in Riv. dir. civ., 1988, 823).


In base all'art. 4, 3° comma del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 di "attuazione dell'art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali", è fatto obbligo all'avvocato di informare l'assistito delle possibilità di conciliare la lite e dei casi in cui tale conciliazione è condizione di procedibilità dell'azione. Il documento che contiene l'informativa resa dall'avvocato è sottoscritto dall'assistito e deve essere allegato all'atto introduttivo dell'eventuale giudizio; l'eventuale omissione di tale informativa del difensore è sanzionata con l'annullabilità del contratto d'opera concluso con l'assistito.
Inoltre, il D.L. 29 dicembre 2009, n. 193 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), convertito con modificazioni nella legge 22 febbraio 2010 n.24, ha apportato - fra le altre novità in tema di giustizia - l'ennesimo "ritocco" al codice di procedura civile, modificando gli artt. 125, 163 e 167, nel senso di richiedere l'indicazione negli atti giudiziari del codice fiscale non solo delle parti - attore e convenuto - ma anche dell'avvocato che dell'atto è firmatario. Tali indicazioni sono ora obbligatorie all'interno del ricorso, dell'atto di citazione e della comparsa di risposta.
Infine, l'ultimo comma dell'art. 170 c.p.c. - anch'esso riformato dalla L. 14 maggio 2005, n. 80 - stabilisce che il difensore di ciascuna delle parti indichi, nel primo scritto difensivo utile (che per l'attore è ovviamente l'atto di citazione), il "numero di telefax o l'indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni".


COMMENTO GIURISPRUDENZIALE
Il giudizio circa la sussistenza o meno della nullità della citazione ai sensi dell'art. 164, comma 4, c.p.c. postula una valutazione da compiersi caso per caso, tenendo conto che la ragione ispiratrice della norma risiede nell'esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese; pertanto, secondo la giurisprudenza di legittimità, nel valutare il grado di incertezza della domanda, non può prescindersi dall'intero contesto dell'atto introduttivo, dei documenti ad esso allegati, dalla natura del relativo oggetto e dal comportamento della controparte, dovendosi accertare se, nonostante l'obiettiva incertezza, il convenuto sia in grado di comprendere agevolmente le richieste dell'attore o se, invece, in difetto di maggiori specificazioni, si trovi in difficoltà nel predisporre una precisa linea difensiva (cfr. Cass. 21 novembre 2008 n. 27670 in Giust. Civ. Mass., 2008, 11, 1660).


A tal fine l'interpretazione della domanda giudiziale va compiuta non solo nella sua letterale formulazione, ma anche nel sostanziale contenuto delle sue pretese, con riguardo alle finalità perseguite dalla parte stessa, desumibile dalla natura delle situazioni dedotte in giudizio, senza altri limiti che quelli connessi all'esigenza del rispetto del principio della corrispondenza fra chiesto e pronunciato ed al divieto di sostituire d'ufficio domande non esperite a quelle formalmente proposte. (Cass. 4 agosto 2006 n. 17760 in Giust. Civ. Mass., 2006, 7-8, 58; Cass. 28 aprile 2004 n. 8128 in Giust. Civ. Mass. 2004, 4; Cass. 16 giugno 2003 n. 9652; in Giust. Civ. Mass., 2003, 6; Cass. 29 settembre 1994 n. 7941 in Giust. Civ. Mass., 1994, 1169).


Pertanto, la nullità della citazione per omessa determinazione dell'oggetto della domanda, ricorre nel caso in cui il petitum, inteso sotto il profilo formale, come provvedimento giurisdizionale richiesto, e, sotto l'aspetto sostanziale, come bene della vita di cui si chiede il riconoscimento o la negazione, sia del tutto omesso o risulti assolutamente incerto (cfr. Cass. 10 dicembre 2008 n. 28986 in Guida al diritto, 2009, 4, 49); ciò non può dirsi nel caso in cui tali elementi della domanda siano comunque individuabili attraverso un esame complessivo dell'atto introduttivo del giudizio, non limitato alla parte di esso destinata a contenere le conclusioni, ma esteso anche alla parte espositiva (cfr. Cass. Sez. Unite, 21 luglio 2009 n. 16910, in Guida al diritto, 2010, 39); ciò, tenendo presente che, per la determinazione dell'edictio actionis non occorre l'uso di formule sacramentali o solenni, ma è sufficiente che essa risulti dal complesso delle espressioni usate dall'attore in qualunque parte dell'atto introduttivo (cfr. Cass. 28 agosto 2009, n. 18783 in Red. Giust. Civ. Mass., 2009, 7-8).
Con riferimento ai rilievi concernenti la vocatio in ius, la nullità della citazione per omessa indicazione dell'udienza di comparizione davanti al Giudice adito si verifica soltanto nel caso in cui detta indicazione manchi del tutto o, per la sua incompletezza, risulti tanto incerta da non rendere possibile al destinatario dell'atto di individuare, con un minimo di diligenza e buon senso, la data che si intendeva effettivamente indicare, con la conseguenza che, ove non ricorra propriamente questa eventualità, la citazione deve essere considerata valida (cfr. Cass. 21 luglio 2006, n. 16772; Cass. 19 maggio 2006, n. 11780, entrambe in Giust. Civ. Mass., 2006, 5); si intende errore immediatamente riconoscibile quello percepibile, vuoi intuitivamente, in base al tenore dell'atto ed ai termini prescritti per la comparizione vuoi attivandosi secondo buona fede dopo l'iscrizione a ruolo della causa (cfr. Cass. 27 agosto 2002 n. 12546, in Giust. Civ. Mass., 2002, 1585).


Al contrario, i termini minimi che, ex art. 163-bis c.p.c. devono intercorrere fra il giorno della notificazione della citazione e quello di comparizione, sono perentori e inderogabili e devono essere osservati dall'attore, a pena di nullità dell'atto introduttivo della lite rilevabile d'ufficio (salva la sanatoria ex nunc per la costituzione del convenuto), anche quando egli proceda alla rinnovazione della notifica dell'atto medesimo ai sensi dell'art. 291 c.p.c. (cfr. Cass. 4 febbraio 1988, n. 1126 in Mass. Giur. It., 1988).
L'inosservanza di tali termini minimi di comparizione comporta la nullità dell'atto di citazione (cfr. Cass. 22 ottobre 1994, n. 8716 in Mass. Giur. It., 1994).


Va chiarito che la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale si applica a tutti i termini processuali, senza distinzioni; essa vale, perciò, per il termine a comparire che deve essere assegnato al convenuto a norma dell'art. 163-bis c.p.c.: ne consegue che per giudicare della congruità di esso occorre detrarre i giorni compresi tra il 1° agosto e il 15 settembre (cfr. Cass. 3 giugno 1999, n. 5435 in Mass. Giur. It., 1999).
D'altro canto, ai sensi dell'art. 82, disp. att. c.p.c., l'indicazione di una domenica o di altro giorno festivo quale giorno in cui debba tenersi l'udienza di prima comparizione non incide sulla validità dell'atto di citazione, dovendosi tale udienza ritenere rinviata di ufficio a quella immediatamente successiva tutte le volte che il Giudice Istruttore designato non tenga udienza nel giorno all'uopo fissato dall'attore, indipendentemente dalle ragioni di tale difetto e quindi anche nel caso in cui detto giorno sia festivo (cfr. Cass. 15 dicembre 1981, n. 6630 in Mass. Giur. It., 1981).


Per quanto attiene invece all'indicazione delle parti del processo, la mancata, insufficiente o erronea indicazione dell'organo della persona giuridica convenuta che ne ha la rappresentanza in giudizio comporta, ai sensi dell'art. 164 c.p.c., in relazione all'art. 163 c.p.c., terzo comma, n. 2, la nullità dell'atto introduttivo del giudizio solo quando determina l'incertezza assoluta circa l'identificazione dell'ente convenuto, restando negli altri casi una mera irregolarità, sanabile con la costituzione della parte convenuta in persona del legale rappresentante (Cass. 6 agosto 2003, n. 11900 in Gius., 2004, 3656). In particolare, l'erronea indicazione della sede o della residenza del convenuto non dà luogo a nullità, se non determina incertezza sull'individuazione del soggetto che l'attore ha voluto convenire in giudizio con la notifica dell'atto di citazione (cfr. Cass. 16 marzo 1981, n. 1507 in Foro. It., 1981, I, 2481).
Al contrario, la citazione è nulla nel caso in cui sia stato convenuto in giudizio un soggetto deceduto (cfr. Cass. 6 aprile 1983, n. 2400) o nel caso in cui sia stata convenuta una persona giuridica estinta per incorporazione in altro soggetto giuridico (cfr. Cass. 28 maggio 2008 n. 14066 in Guida al diritto, 2008, 34, 77; Cass. 11 febbraio 1992, n. 1528 in Giur. It., 1992, I,1, 1258); in quest'ultimo caso, tuttavia, la costituzione in giudizio del soggetto incorporante, sana il vizio dell'atto di citazione con effetto ex tunc, in applicazione della norma contenuta nell'art. 164, comma 3, c.p.c. (cfr. Cass. 14 luglio 2006 n. 16099 in Giust. Civ. Mass., 2006, 7-8).


Parimenti, la citazione in giudizio del solo inabilitato, e non anche del suo curatore, integra un'ipotesi di nullità della citazione stessa, ai sensi degli artt. 163, comma 3 n. 2 e 164 c.p.c., la cui sanatoria, in mancanza di costituzione dell'inabilitato, è disciplinata non dall'art. 182 c.p.c., ma dagli artt. 164, comma 2, e 156, comma 3, c.p.c. (cfr. Cass. Sez. Unite 19 aprile 2010 n. 9217, in Red. Giust. Civ. Mass., 2010, 4).
L'omessa indicazione del codice fiscale in seno agli atti di cui agli artt. 125, 163, 167 c.p.c., non può tradursi in una ipotesi di nullità della citazione ai sensi dell'art. 163 n. 2, poiché tale nullità ricorre soltanto se e
quando l'omissione determini una incertezza assoluta in ordine alla individuazione della parte e non quando, come nel caso di specie, si traduce altrimenti in una violazione meramente formale non invalidante l'atto giudiziale (cfr. Trib. Varese 16 aprile 2010 in Resp. civ. e prev., 2010, 6, 1386).


Con riguardo invece alla formulazione della procura alle liti, l'indicazione della stessa può essere compiuta anche nel contesto dell'atto di citazione senza particolari formalità (cfr. Cass. 11 novembre 1974, n. 3521 in Mass. Giur. It., 1974); inoltre, nel caso di procura alle liti rilasciata da persona giuridica, il mandato rilasciato al difensore non si estingue per il sopravvenuto mutamento della persona fisica che rappresenta la società, con la conseguenza che la sostituzione dell'amministratore unico di una società di capitali che sia parte in giudizio non produce alcun rilievo sull'efficacia della stessa procura (cfr. Cass. 25 giugno 1998, n. 6292 in Mass. Giur. It., 1998).


Tuttavia, l'atto di citazione non sottoscritto dal procuratore è ritenuto come inesistente al pari, ex art. 125 c.p.c. dell'atto non sottoscritto dalla parte che sta in giudizio personalmente (cfr. Cass. 21 marzo 1994, n. 2691 in Giur. It., 1994, I, 1444).
Segnatamente, la sottoscrizione deve essere contenuta sia nell'originale che nella copia notificata dell'atto di citazione, ma la sua mancanza nella sola copia non dà luogo a nullità, bensì a mera irregolarità, qualora, appunto, detta sottoscrizione sussista comunque nell'originale e la copia notificata fornisca alla controparte sufficienti elementi per acquisire la certezza della sua rituale provenienza da quello specifico procuratore munito di procura (cfr. Cass. 26 settembre 2006 n. 20817 in Giust. Civ. Mass., 2006, 9; Cass. 1° giugno 1995, n. 6131 in Mass. Giur. It., 1995).
Ciò non toglie, comunque, che la validità dell'atto di citazione vada valutata con riferimento alla copia notificata, indipendentemente dal ricorso ad integrazioni, in quanto la parte destinataria non ha il dovere di eliminare le incertezze o di colmare le lacune dell'atto che le viene consegnato; ne consegue che, in caso di discordanza tra l'originale e la copia dell'atto notificato, assume rilievo ciò che risulta nella copia, perché è su questa che la parte citata regola il proprio comportamento processuale (cfr. Cass. 3 luglio 2008 n. 18217 in Giust. Civ. Mass., 2008, 7-8, 1089; Cass. 11 febbraio 2008, n. 3205 in Mass. Giur. It., 2008; cfr. Cass. 6 ottobre 2006 n. 21555 in Giust. Civ. Mass., 2006, 10).


Per quanto attiene invece alle modalità di notifica dell'atto di citazione, è pacifico che la stessa debba necessariamente avvenire nel rispetto delle norme del codice di rito.
A tale riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che "è inesistente, trattandosi di modalità del tutto estranea al procedimento tipico delineato "ex lege" la notificazione della citazione effettuata mediante consegna materiale al convenuto da parte dell'attore, come tale inidonea all'instaurazione di un valido rapporto processuale" (cfr. Cass. 10 maggio 2005, n. 9772).
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A cosa serve
La formula serve per instaurare un giudizio civile di cognizione ordinaria, deducendo il petitum, ossia la richiesta rivolta al Giudice e alla controparte, e le ragioni di fatto e di diritto che la giustificano
Soggetti interessati
Al soggetto attore che vuole proporre una domanda giudiziale
Termini inerenti
L'atto processuale deve essere redatto al momento dell'apertura del processo civile ordinario, una volta maturato l'interesse ad agire in giudizio in capo all'attore
Spunti e approfondimenti
L'atto deve essere notificato al convenuto, su istanza dell'attore e a cura dell'ufficiale giudiziario, entro almeno novanta giorni dalla data stabilita per lo svolgimento dell'udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c. (il termine è elevato a centocinquanta giorni se il convenuto risiede al di fuori del territorio italiano) e deve contenere, a pena di nullità (cfr. art. 164 c.p.c.), tutti i requisiti previsti dall'art. 163 c.p.c. inerenti la vocatio in ius e l'edictio actionis
Sanzioni in caso di inadempimenti

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