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CONFERENZA UNIFICATA-ACCORDO 5 maggio 2011 Accordo, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali sul documento «Linee di indirizzo per l'assistenza alle persone in stato vegetativo e stato di minima coscienza»

 

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                       LA CONFERENZA UNIFICATA

 

  Nell'odierna seduta del 5 maggio 2011:

  Visto l'art. 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e, in

particolare, il  comma  2,  lettera  c),  in  base  al  quale  questa

Conferenza  promuove  e  sancisce  accordi  tra   Governo,   Regioni,

Province,  Comuni  e  Comunita'  montane,  al  fine   di   coordinare

l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere in  collaborazione

attivita' di interesse comune;

  Vista la legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante  «Istituzione  del

Servizio Sanitario Nazionale»;

  Visto il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e  successive

modificazioni, in particolare l'art. 8-octies,  che  prevede  che  le

Regioni e le Aziende unita' sanitarie locali attivino un  sistema  di

monitoraggio   e   controllo   sulla   qualita'   dell'assistenza   e

sull'appropriatezza delle prestazioni rese;

  Visto il decreto del Presidente della Repubblica  14  gennaio  1997

«Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle  Regioni  e

Province autonome  di  Trento  e  Bolzano  in  materia  di  requisiti

strutturali, tecnologici  ed  organizzativi  minimi  per  l'esercizio

delle attivita'  sanitarie  da  parte  delle  strutture  pubbliche  e

private», che definisce le attivita' di valutazione  e  miglioramento

della qualita' in termini metodologici  e  prevede  tra  i  requisiti

generali richiesti alle strutture pubbliche e private che  le  stesse

siano dotate di un insieme di attivita'  e  procedure  relative  alla

gestione, valutazione e miglioramento della qualita';

  Visto il decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  29

novembre 2001 di «Definizione dei Livelli Essenziali di  Assistenza»,

nel quale  viene  indicata  la  necessita'  di  individuare  percorsi

diagnostico-terapeutici sia per il livello di  cura  ospedaliero  che

per quello territoriale;

  Visto il Piano Sanitario Nazionale 2006-2008, approvato con decreto

del Presidente della Repubblica il 7 aprile 2006 che, nell'affrontare

la problematica  assistenziale  della  non  autosufficienza  e  della

disabilita',  pone  l'accento   sulla   necessita'   di   agire   sul

potenziamento  dell'assistenza  territoriale,  sull'integrazione  dei

servizi sanitari e sociali, anche mediante la realizzazione  di  reti

assistenziali con i necessari supporti tecnologici;

  Vista la nota pervenuta  in  data  5  ottobre  2010,  diramata  con

lettera del 11 ottobre 2010, con la quale il Ministero  della  salute

ha trasmesso la proposta di accordo indicata in oggetto;

  Vista la nota in data 28 marzo 2011 con la quale il Ministero della

salute ha inviato una nuova versione della  proposta  di  accordo  in

parola, che tiene conto  degli  approfondimenti  condotti  nel  corso

della riunione tecnica svoltasi il 3 novembre 2010;

  Considerato che tale nuova versione, con lettera in data  5  aprile

2011, e' stata diramata alle Regioni e Province autonome ed agli Enti

locali;

  Considerato che, nel corso della riunione  tecnica  del  28  aprile

2011, le  Regioni  e  le  Province  autonome  hanno  proposto  alcune

modifiche dello schema di accordo  in  parola  le  quali  sono  state

ritenute accoglibili dal Ministero della salute;

  Considerato che, nel corso della medesima riunione tecnica  del  28

aprile 2011, il rappresentante dell'ANCI ha espresso  parere  tecnico

favorevole;

  Vista la lettera in data 29 aprile 2011 con la quale  il  Ministero

della salute ha  inviato  la  definitiva  versione  dello  schema  di

accordo in parola, che recepisce la modifiche  concordate  nel  corso

della predetta riunione tecnica;

  Vista la nota del  29  aprile  2011  con  la  quale  la  definitiva

versione dello schema di accordo e' stata  diramata  alle  Regioni  e

Province autonome ed alle Autonomie locali;

  Acquisito nell'odierna seduta l'assenso del Governo, delle  Regioni

e delle Province autonome e degli Enti locali;

 

                          SANCISCE ACCORDO

 

tra il Governo, le Regioni e le Province autonome e gli enti  locali,

nei seguenti termini: 

 

                            PREMESSO CHE:

 

  - il decreto ministeriale del 12 settembre 2005 che ha istituito la

Commissione tecnico scientifica sullo Stato  Vegetativo  e  Stato  di

Minima Coscienza per lo studio e la ricerca di carattere  statistico,

medico,  scientifico  e  giuridico  delle  dimensioni  del   fenomeno

connesso ai pazienti in Stato Vegetativo  e/o  minimamente  cosciente

nel nostro Paese;

  - il documento «Stato Vegetativo e Stato di  Minima  Coscienza»  e'

stato  elelaborato  a   conclusione   dei   lavori   della   predetta

Commissione;

  - il decreto ministeriale 23 maggio 2008  ha  conferito  delega  di

attribuzioni del Ministro del lavoro, della salute e delle  politiche

sociali al Sottosegretario di Stato, On. Eugenia Roccella, per taluni

atti di competenza dell'amministrazione;

  - il decreto ministeriale 15 ottobre 2008 ha istituto il «Gruppo di

Lavoro sullo Stato Vegetativo e di Minima Coscienza», presieduto  dal

Sottosegretario di Stato, On. Eugenia Roccella;

  - il numero e l'aspettativa di vita di soggetti in Stato Vegetativo

e di Minima Coscienza e' in progressivo  aumento  in  tutti  i  paesi

industrializzati;

  -  il  progresso  tecnico-scientifico  e  l'implementazione   delle

conoscenze e  delle  tecniche  nel  campo  della  rianimazione  hanno

determinato sia un miglioramento della qualita'  dell'assistenza  che

una prolungata sopravvivenza a patologie degenerative e cerebrali;

  -       la       necessita'       di       definire        percorsi

diagnostico-terapeutico-assistenziali costruiti sulla  appropriatezza

e sulla centralita' effettiva del paziente;

  - il risultato dell'attivita' svolta dal Gruppo di Lavoro istituito

con  decreto  ministeriale  15  ottobre  2008,  che  ha  prodotto  il

documento «Stato Vegetativo e di Minima  Coscienza  -  Epidemiologia,

evidenze scientifiche e modelli assistenziali»  e'  consultabile  nel

portale del Ministero della Salute;

    - il documento illustra ed esamina aspetti di  diagnosi,  cura  e

assistenza dei pazienti  in  Stato  Vegetativo  e  li  contestualizza

all'interno  di  modelli  di  percorsi  assistenziali   delle   Gravi

Cerebrolesioni Acquisite;

    -  tramite  un   approccio   multidisciplinare   di   qualificati

professionisti, questi percorsi sono  finalizzati  ad  assicurare  la

"presa in carico" del paziente e dei familiari dalla  fase  acuta  al

reinserimento domiciliare e che  il  percorso  si  articola  come  un

sistema integrato "coma to community";

    - il documento del gruppo di lavoro propone  approcci  clinici  e

suggerimenti operativi che scaturiscono  dall'esperienza  di  esperti

qualificati con l'obiettivo di mettere a disposizione delle  regioni,

che ne valuteranno l'adattabilita' alla  propria  specifica  realta',

modelli e requisiti organizzativi, anche di eccellenza, che agevolino

la realizzazione dei percorsi di diagnosi e cura prospettati  in  una

logica di rete;

 

                            SI CONVIENE:

 

  - sulla necessita' che ciascuna Amministrazione definisca, con atto

formale, lo  specifico  percorso  assistenziale  da  seguire  per  le

persone in condizione di S.V. e S.M.C.  Tale  percorso,  partendo  da

quanto  gia'  attuato  e  in  particolare  dalle  eventuali  positive

esperienze gia' realizzate nel proprio territorio, dovra' tener conto

delle considerazioni cliniche contenute nelle linee di  indirizzo  di

cui  all'art.  10,  e  inserirsi  in  modo  strutturale   all'interno

dell'organizzazione  e   programmazione   sanitaria   caratterizzante

ciascuna Regione e Provincia Autonoma. Tali percorsi dovranno  essere

trasferiti nelle carte dei servizi e dovranno essere  comunicati  con

chiarezza alle famiglie,  in  modo  di  accompagnarle  e  supportarle

durante tutte le fasi dell'assistenza e presa in carico  del  proprio

congiunto;

  - che i percorsi dovranno prevedere il tipo di assistenza erogata e

la relativa organizzazione dalla fase iperacuta e critica,  a  quella

post-acuta fino a quella di stato e di possibile rientro a  domicilio

della persona in condizione di S.V. e S.M.C.  Particolare  attenzione

dovra'  essere  posta  nelle  modalita'  di  passaggio  da  una  fase

all'altra e nelle modalita' di dimissione protetta  tra  l'assistenza

prestata in un  determinato  ambito  o  servizio  e  quella  prestata

nell'ambito o servizio successivo, in modo da evitare fratture  nella

continuita' assistenziale e condizioni di improprio  abbandono  delle

famiglie;

  - che nella fase acuta e'  necessario  porre  attenzione  immediata

agli aspetti funzionali e conseguentemente riabilitativi,  fin  dalla

degenza in reparti critici, riducendo, per  quanto  consentito  dalle

condizioni  cliniche  del  paziente,  la  permanenza  in  reparti  di

rianimazione e intensivi e collocando al piu' presto il  paziente  in

ambienti  anche  sub  intensivi,  dove  l'attenzione  al  suo   stato

funzionale possa essere  affidata  a  professionisti  particolarmente

esperti nel settore delle gravi Cerebro Lesioni Acquisite;

  - che nella fase post-acuta e' essenziale prevedere unita' dedicate

alla neuro-riabilitazione intensiva  e  alle  gravi  cerebro  lesioni

acquisite e il loro collegamento in rete con  gli  altri  servizi  di

riabilitazione sia a breve sia a piu' lungo termine;

  - che nella fase di  stato  e'  indispensabile  prevedere  sia  una

soluzione di assistenza domiciliare integrata, sia una di  assistenza

residenziale  in  strutture  extra-ospedaliere.   La   scelta   della

soluzione piu' adeguata, in funzione delle condizioni generali  della

persona  in  S.V.  e  S.M.C.  e  della  sua  famiglia,  deve   essere

prospettata dai servizi  e  condivisa  dalle  famiglie.  Tale  scelta

potra' cambiare nel tempo in funzione dei possibili  mutamenti  della

situazione della persona in S.V. e S.M.C. e  delle  condizioni  della

famiglia;

  - che in tutto il percorso assistenziale,  fin  dalle  prime  fasi,

devono  essere  previste  modalita'  adeguate   di   informazione   e

comunicazione con la famiglia,  di  supporto  per  i  familiari  piu'

impegnati nell'assistenza, con particolare riguardo al caregiver,  di

aiuto nelle fasi piu'  critiche  e  decisionali  nella  gestione  del

congiunto. Le  strutture  extra-ospedaliere  dedicate  all'assistenza

residenziale  delle  persone  in  S.V.  e  S.M.C.   potranno   essere

utilizzate anche per ricoveri di sollievo per le  famiglie  impegnate

nell'assistenza domiciliare del familiare;

  - di promuovere a livello nazionale e regionale adeguate  forme  di

consultazione con le associazioni dei familiari;

  - di promuovere iniziative e interventi finalizzati al monitoraggio

della qualita' dell'assistenza erogata sulla base  di  idonei  flussi

informativi   afferenti   al   NSIS   e   di   specifiche    indagini

epidemiologiche;

  - di promuovere l'adozione di  linee  guida  nazionali  su  aspetti

clinici con particolare riferimento  ai  criteri  di  stabilizzazione

clinica e di passaggio tra settings;

  - sul documento «Linee di indirizzo per l'assistenza  alle  persone

in Stato Vegetativo e Stato di Minima Coscienza» di cui  all'allegato

1, parte integrante del presente atto, che scaturise  dall'esperienza

di esperti qualificati  e  da  esperti  delle  singole  Regioni,  con

l'obiettivo  di  mettere  a  disposizione  delle  Regioni,   che   ne

valuteranno l'adattabilita' alla propria specifica realta', modelli e

requisiti  organizzativi,  anche  di  eccellenza,  che  agevolino  la

realizzazione dei percorsi di diagnosi  e  cura  prospettati  in  una

logica di rete.

  -  il  predetto  documento,  allegato  al  presente   accordo,   ne

costituisce  il  riferimento  culturale  e  di  contesto  per  quanto

convenuto.

      Roma, 5 maggio 2011

 

                                                 Il Presidente: Fitto

 

Il Segretario: Siniscalchi

 

     

Allegato 1 
 
LINEE DI INDIRIZZO PER L'ASSISTENZA ALLE PERSONE IN STATO  VEGETATIVO
E STATO DI MINIMA COSCIENZA 
 
INTRODUZIONE 
 
Il  documento  ha  lo  scopo   di   definire   linee   di   indirizzo
sull'assistenza delle persone in condizioni  di  bassa  responsivita'
protratta.  E'  chiaro  che  tale  obiettivo  puo'  essere  raggiunto
efficacemente solo se si abbraccia e contestualizza il problema  all'
interno del percorso per le gravi cerebrolesioni acquisite, come gia'
affrontato nel 2005 nel documento "Di Virgilio". 
Nonostante la numerosa  documentazione  delle  varie  Regioni,  nella
maggior  parte  delle  Regioni  non  sono  stati  attivati  espliciti
percorsi  regionali  istituzionalizzati  per  la  corretta   gestione
sanitaria delle Gravi Cerebrolesioni Acquisite (GCA). Esiste comunque
una rete di centri  dedicati  alle  gravi  cerebrolesioni  acquisite,
pubblici, privati convenzionati o IRCCS (Istituti di ricovero e  cura
a carattere scientifico), che hanno svolto  attivita'  di  intervento
riabilitativo, spesso con scarsi collegamenti con la fase acuta e con
l'assistenza sul territorio. 
Per quanto riguarda la gestione dei pazienti fin dalla fase acuta  e'
utile fare riferimento anche ai risultati dello studio condotto da 17
Regioni italiane nell'ambito  del  Progetto  di  Ricerca  Finalizzata
2005: "Il Percorso Assistenziale Integrato  nei  Pazienti  con  Grave
Cerebrolesione Acquisita (Traumatica e Non Traumatica) Fase  Acuta  e
Post-Acuta", a cura di Salvatore Ferro e  Rebecca  Facchini  Servizio
Presidi Ospedalieri - Regione Emilia-Romagna. 
Il documento conclusivo (2009) riporta: ''I documenti individuati dai
referenti  regionali  sono  costituiti  da  delibere   (regionali   o
aziendali),  piani  sanitari   regionali,   progetti   (regionali   o
aziendali), lettere informative, circolari, e in qualche  caso  linee
guida per la pratica clinica che, pur potendo rappresentare un valido
strumento di governo clinico, non sono abitualmente dotate di  valore
normativo. 
Un aspetto preminente della eterogeneita' dell'assistenza ai pazienti
con gravi cerebrolesioni  acquisite  riguarda  l'attenzione  dedicata
dalle regioni alle diverse fasi assistenziali del percorso integrato,
che si  concentra  soprattutto  nelle  fasi  precoci  dell'assistenza
mentre  le  fasi  in  cui  si   dovrebbe   realizzare   un'efficiente
integrazione ospedale-territorio  (cioe'  la  fase  di  dimissione  e
posidimissione)   appaiono   proporzionalmente   meno    ricche    di
provvedimenti normativi, anche nelle regioni  che  dedicano  maggiore
attenzione all'organizzazione dell' assistenza ai pazienti con  gravi
cerebrolesioni acquisite''. 
L'analisi descrittiva del materiale raccolto  nelle  diverse  regioni
ha, dunque, permesso di  rilevare  una  marcata  eterogeneita'  nella
tipologia di' documenti emanati, associata a una notevole varieta' di
modelli organizzativi assistenziali come e' pur evidente la  mancanza
di omogeneita' di nomenclatura,  di  procedure  e  di  organizzazione
strutturale. 
Il Gruppo di lavoro rileva,  dunque,  che  le  criticita'  prevalenti
riguardano la: 
 
•   disomogeneita'   di   criteri   diagnostici    con    conseguente
disomogeneita' di codifica 
• disomogeneita' di procedure diagnostico- terapeutiche 
• disomogeneita' di requisiti minimi strutturali per ogni fase 
• disomogeneita' del sistema di remunerazione 
•  assenza  delle  diagnosi  di  SV,  SMC  e   "postumi"   di   gravi
cerebrolesioni acquisite nella categoria Handicap gravi. 
 
L'eterogeneita' dell'approccio a questi pazienti, sia in  fase  acuta
che post-acuta, implica la non disponibilita' di dati  esaustivi  sul
piano  epidemiologico,  indispensabili  per   poter   adeguare   alle
richieste l'offerta di idonei servizi riabilitativi, consentendo solo
una stima approssimativa dei soggetti in SV/SMC o con severi  postumi
disabilitanti da gravi cerebrolesioni acquisite. 
Negli ultimi decenni a seguito di gravi cerebrolesioni acquisite, con
incidenza e prevalenza di particolare rilievo, e'  emersa  una  nuova
popolazione di pazienti, con quadri  clinici  complessi  dominati  da
gravi alterazioni dello stato di coscienza che includono il corna, lo
stato vegetativo (SV) e lo stato di minima coscienza (SMC), che  sono
in progressivo aumento, anche in virtu' dei progressi della  medicina
dell' Emergenza-Urgenza. 
Le tre condizioni cliniche sopra enunciate  implicano  un'alterazione
della consapevolezza del se' e  dell'ambiente,  ma  hanno  differenze
cliniche che influenzano le  decisioni  diagnostico-terapeutiche,  la
prognosi, il trattamento, il coinvolgimento delle famiglie ed i costi
della gestione globale. 
 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
 
Tabella tratta da : The vegetative state: guidance on  diagnosis  and
management.  The  Royal  College  of  Physicians,  Clin   Med.   2003
May-Jun;3(3):249-54. 
Si fa qui riferimento agli Stati Vegetativi che conseguono  al  corna
indotto da gravi cerebrolesioni acquisite, cioe' ad eventi di  natura
traumatica, vascolare, arrossita o infettiva o,  comunque,  da  noxae
acquisite, che non includono le  patologie  congenite,  involutive  e
degenerative. 
Come affermato nel Piano Sanitario Nazionale  (PSN),  la  domanda  di
riabilitazione  negli  ultimi  anni  ha  registrato   un   incremento
imputabile non solo ai progressi della medicina d'urgenza,  che  oggi
consentono  la  sopravvivenza  di   pazienti   un   tempo   destinati
all'exttus, ma, in parte, anche  all'aumento  dei  gravi  traumatismi
accidentali. 
Un soggetto colpito da grave  cerebrolesione  acquisita  subisce  una
grave destrutturazione delle funzioni cerebrali che, nel suo  aspetto
piu' rilevante, si traduce in uno stato di coma. 
Se non sopravviene la morte, nell'arco di ore, giorni o, al  massimo,
di 3-6 settimane, nel paziente si verifica  un  progressivo  recupero
delle  funzioni  autonorniche  con  "apertura  degli   occhi"   senza
ricomparsa dello stato  di  coscienza,  lasciandolo  in  quel  quadro
clinico definito " stato vegetativo". In  accordo  con  le  direttive
dell'American Congress of Rehabilitation of Medicine (l),  lo  "Stato
Vegetativo" si configura come un  peculiare  e  grave  stato  clinico
caratterizzato da "apertura degli occhi, con cicli sonno-veglia  alla
registrazione EEG, senza manifestazioni di consapevolezza  di  se'  e
dell'ambiente e con  parziale  o  completo  recupero  delle  funzioni
vegetative ipotalamiche e troncali".  L'apertura  degli  occhi  e  la
ripresa di un ritmo sonno-veglia senza  manifestazioni  di  attivita'
cosciente,  l'assenza  di  deglutizione  che  impone  la   nutrizione
artificiale, la presenza  di  cannula  endotracheale,  la  necessaria
gestione  delle  comorbilita'  premorbose  o  secondarie  alla   fase
intensiva  (granulazioni  ed  ulcere  endotracheali,  stati  settici,
ulcere da decubito, deformazioni artuali), il  controllo  del  quadro
neurologico,        delle        posture        patologiche        in
decorticazione/decerebrazione, della spasticita' grave resistente  ai
comuni trattamenti anti-spastici, della disautonomia  vegetativa  con
crisi    di    sudorazione    profusa,    tachicardia,     tachipnea,
ipertensione/ipotensione  arteriosa  e  delle   ulteriori   eventuali
complicazioni, la  necessita'  di  un  attento  e  costante  nursing,
giustificano, nell'attuale assetto  organizzativo,  il  rifiuto  del,
ricovero di questi soggetti in reparti di riabilitazione  non  dotati
di setting assistenziali e dell'expertise adeguati alla  complessita'
di un  paziente  ancora  instabile  con  conseguente  ingiustificata,
protratta e costosa permanenza in Rianimazione. 
E' ampiamente dimostrato che la disabilita' residua  di  un  paziente
con GCA dipende non solo dal danno  primario  ma  anche,  e  talvolta
soprattutto, dalla catena di eventi  che  possono  intervenire  dalla
fase  dell'acuzie  in  avanti,  come  conseguenza  di   una   mancata
prevenzione e/o cura anche di patologie intercorrenti. 
Va, qui, sottolineata la facilita' con  cui  le  complicanze  possono
instaurarsi e autoalimentarsi, a  circolo  vizioso,  in  un  paziente
cosi' "fragile", in cui la grave alterazione dello stato di coscienza
e/o la stessa protratta immobilita' sono fonte di "disastri  clinici"
spesso irreparabili. 
 
CRITICITA' E DANNI EVITABILI 
 
Allo stato attuale il raccordo tra le conoscenze  scientifiche  sulle
caratteristiche delle GCA e le ricadute organizzative  relative  alla
prognosi e' ancora carente. 
In Italia, nella pratica corrente, sia nella codifica delle  SDO  sia
nella diagnosi d'accettazione che di dimissione, non viene  riportata
la severita' dei quadri clinici. Il  sistema  attuale,  infatti,  non
rileva il funzionamento e la disabilita' dei pazienti. 
La proposta di intervento organizzativo, qui formulata, scaturisce in
parte da studi che hanno identificato le aree "fragili"  dell'attuale
assetto assistenziale. 
Diversi studi confermano che la percentuale delle "morti evitabili" e
delle disabilita' gravi e' significativamente piu' elevata in assenza
di strutture deputate al trattamento delle GCA e quando l'assenza  di
competenze   specifiche   comporta   un'inadeguata    gestione    con
disconoscimento dei problemi  clinici  da  cui  derivano  indicazioni
cliniche o terapeutiche inadeguate,  ritardate  o,  addirittura,  non
poste. 
Gia' da tempo le linee-guida per il trattamento delle GCA,  delineate
nelle, linee Guida  sulla  Riabilitazione  1998  e  tratte  da  trial
internazionali  randomizzati  nonche'  da  modelli  operativi  esteri
(7)(8)(9), hanno  dimostrato  che  i  pazienti  trattati  in  reparti
dedicati hanno una  minor  incidenza  di  mortalita'  e  una  miglior
prognosi rispetto a quelli trattati in reparti non dedicati. Da tutto
cio'  si  ..evince  sia  la  necessita'  di  un  percorso   dedicato,
articolato in tappe all'interno  di  un  continuum  terapeutico,  sia
l'importanza di un precoce intervento neuroriabilitativo. 
Alcune unita' sub intensive per pazienti affetti  da  GCA  sono  gia'
presenti  nel  panorama  ospedaliero  nazionale,  ma  la  regola   e'
piuttosto la loro assenza. 
Si  rende  necessario,  quindi,  indicare  l'istituzione  di   unita'
operative/ o aree (nuclei) dedicati, a carattere  semintensivo  e  ad
alta  valenza  riabilitativa,   la   cui   gestione,   come   fattore
imprescindibile, necessita  di  specifiche  competenze  in  grado  di
assistere  GCA  in  fase   critica,   integrate   da   un   approccio
interdisciplinare ed interprofessionale che  vede  il  coinvolgimento
degli      specialisti      necessari      (neurologo,      fisiatra,
anestesisti/intensivisti,  neurochirurgo,   internista,   ortopedico,
infettivologo...) e delle professioni sanitarie. (10-15) 
Nell'ambito di tutte le sequele da GCA, il trattamento  assistenziale
e riabilitativo  degli  SV  e  degli  SMC  necessita  di  particolare
attenzione in quanto queste condizioni: 
 
- sono ad elevata e progressivamente crescente incidenza, con elevata
mortalita' e disabilita'; 
- determinano quadri  clinici  complessi  con  considerevole  impegno
gestionale e di intervento in equipe; 
- l'assistenza necessita di competenza ed esperienza peculiari; 
- necessitano di  un'organizzazione  multi  e  interdisciplinare  per
corrispondere a precisi bisogni clinici; 
- necessitano di strutture dedicate di riferimento  ad  alta  valenza
riabilitativa gia' dalla fase acuta; 
-  l'intervento  di  informazione  e  di  supporto  psicologico   dei
familiari deve essere  disponibile  e  mirato  a  creare  un'alleanza
terapeutica con l'equipe gia' dalla fase acuta; 
- e' evidente la necessita'  di  identificare  e  formare  una  nuova
cultura professionale specifica nonche' di incrementare nuove aree di
ricerca. 
 
La necessita' di definire un percorso lineare e precoce per SV e  SMC
deriva da una serie di considerazioni: 
 
- il lungo periodo di neuro riabilitazione corrisponde  nel  tempo  a
situazioni clinico funzionali e necessita' assistenziali diverse  che
comportano un assetto dell'organizzazione dell'assistenza  articolata
in successivi livelli di cura; 
- e' documentato che la permanenza  delle  persone  in  SV/SMC  nelle
Rianimazioni, oltre ad avere costi  elevatissimi,  non  favorisce  il
recupero; di conseguenza e' necessario avviare precocemente  percorsi
di recupero; 
- la condizione di SV, soprattutto nelle fase acuta, ha necessita' di
una presa in carico intensiva, precoce e competente; 
- la fase riabilitativa ospedaliera dei pazienti in SV e in SMC tende
in genere a prolungarsi  con  programmi  multidimensionali  di  lunga
durata  (5-12  mesi).  La  possibilita'  di  ridurre  il  livello  di
assistenza negli esiti puo' comunque avere un impatto profondo  sulla
qualita' della  vita  del  paziente  e  dei  familiari  e  sui  costi
dell'assistenza a lungo termine; 
- al  pari  della  permanenza  nei  reparti  di  cura  intensiva,  la
permanenza  oltre  il  necessario  nei  reparti   di   riabilitazione
intensiva di pazienti in SV o in SMC determina un improprio  ricovero
e impedisce  l'accoglienza  di  nuovi  casi.  Pertanto  e'  opportuno
chiarire il percorso e la denominazione delle strutture in  grado  di
accogliere queste patologie anche per non disorientare i familiari; 
- la  mancanza  di  recettivita'  e  di  organizzazione  dei  servizi
territoriali causa l'impropria permanenza, oltre il  necessario,  nei
reparti ospedalieri; 
- la famiglia esprime forti domande e complessi bisogni  lungo  tutto
il percorso di cura e riabilitazione. 
 
Un  coinvolgimento  attivo  e  guidato  dei  familiari  nel  progetto
riabilitativo consente una stimolazione affettiva  significativa  che
generalmente permette di rivelare piu' precocemente i primi segni  di
responsivita' dei pazienti; di rassicurare emozionalmente i  pazienti
in agitazione psicomotoria (con notevole riduzione  della  necessita'
dell'uso di neurolettici e sedativi spesso dannosi  per  il  recupero
della responsivita'); di promuovere la vera alleanza terapeutica  con
la famiglia, che spesso rappresenta il feedback piu' affidabile della
qualita' assistenziale dell'equipe riabilitativa  e  un  monitoraggio
attento dei cambiamenti  significativi  del  quadro  clinico;  riduce
l'ansia, il senso di impotenza e di  frustrazione  dei  familiari  ed
evita iniziative personali  non  utili  e  talvolta  dannose  per  il
paziente (tentativi di alimentazione per bocca o  mobilizzazioni  non
autorizzate). 
Spesso emerge una rivendicazione di un proprio  ruolo  e  di  proprie
"competenze". Occorre tenerne conto sviluppando progetti educativi  e
strategie di implementazione specificamente dedicate ai familiari. In
un sistema integrato, le famiglie non  si  dovrebbero  trovare  nella
necessita' di una ricerca personale delle opportunita' di cura  o  di
una autogestione organizzativa dei processi di assistenza in  assenza
di risorse di supporto. 
Alla luce di tutto questo appare importante  spingere  le  Regioni  a
rendere omogenea l'organizzazione sanitaria e  socio-assistenziale  a
favore dei pazienti in SV e SMC raccomandando un percorso  lineare  e
razionale a partire  dalla  fase  acuta,  assicurando  la  "presa  in
carico" dell'individuo nella sua intera realta' patologica attraverso
una articolazione a rete, posta in un continuum, comprendente  le  UO
(unita' operative) per  l'emergenza,  le  UO  per  acuti,  le  UO  di
riabilitazione nonche' le infrastrutture sociali. Tale percorso, gia'
delineato nel documento Di Virgilio  2005,  si  inserisce  pienamente
nelle raccomandazioni delle Conferenze  di  Consenso  e  delle  Linee
Guida sulla Riabilitazione del 1998. 
In questa prospettiva ci  troviamo  perfettamente  in  linea  con  le
indicazioni del PSN e le linee di  indirizzo  per  la  riabilitazione
(recentemente approvate  dalla  conferenza  stato-regioni).  Inoltre,
questa strutturazione e' in accordo anche con i nuovi LEA, in  attesa
di   definitiva   approvazione   ed   emanazione   che    incentivano
l'individuazione di percorsi terapeutici con  programmi  di  sviluppo
della rete dei servizi territoriali, nonche' programmi  incisivi  per
l'incremento del grado di appropriatezza. 
Un buon  sistema  di  cure  primarie  produce  un  elevato  grado  di
appropriatezza, un minore ricorso a ricoveri impropri, una  relazione
di fiducia e di consenso dei familiari. 
In particolare per la congruita' con i LEA e' fondamentale: 
 
-  il  riconoscimento  della  funzione  strategica  dei  sistemi   di
assistenza primaria; 
- il rilancio delle indicazioni di percorsi diagnostico - terapeutici
che minimizzino la quota di accessi impropri; 
-  la  necessita'  di  coerente  collegamento  in  rete  tra  presidi
ospedalieri e tra questi e le strutture territoriali; 
- lo sviluppo, anche attraverso adeguate politiche di aggiornamento e
formazione, di quello che e' stato definito lo  spazio  del  "governo
clinico"; 
- la considerazione  dell'integrazione  professionale  come  elemento
imprescindibile per l'esistenza e il buon funzionamento di un sistema
di assistenza primaria, in funzione di una presa in  carico  efficace
delle cronicita'; 
- la valorizzazione dei vari profili professionali sanitari coinvolti
nella loro specificita'; 
-  la  necessita'  di  riorientare  le  professionalita'  mediche   e
sanitarie, sociali e assistenziali, ad una  capacita'  di  lettura  e
interpretazione precoce dei bisogni di salute  e  di  assistenza,  di
interlocuzione pronta, di intervento preventivo, di azioni curative e
riabilitative; 
-   l'implementazione    del    sistema    informativo    finalizzato
all'incremento non solo dell'efficienza ma anche della qualita'; 
- sono prioritari l'integrazione professionale  e  la  partecipazione
alla governante  del  sistema,  l'individuazione  e  selezione  delle
scelte  cliniche  piu'  appropriate,  il  miglioramento  dell'impatto
clinico ed economico dei comportamenti professionali sugli  obiettivi
del sistema. 
Alcune disposizioni delle leggi finanziarie per il 2005, il 2006 e il
2007 precisano e specificano la disciplina dei LEA. 
La legge  n.  311  del  2004  (art.  1,  comma  169)  demanda  ad  un
regolamento ministeriale l'individuazione degli standard  qualitativi
(strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente  di  esito)  e
quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza. 
L'iter per l'adozione dei LEA si applica anche alla  definizione  dei
predetti standard relativi alle tipologie di assistenza e servizi per
le aree di offerta individuate dal PSN. 
L'intento e' di integrare e specificare i LEA sul versante attuativo,
assicurarne  una  erogazione  omogenea  tra  le  diverse   aree   del
territorio, evitando disparita' dei costi  sostenuti  (dalle  singole
Regioni) e nel trattamento riservato  ai  cittadini  (con  differente
residenza). 
Alcune disposizioni della legge n. 266 del 2005 (1.  finanziaria  per
il 2006) fanno riferimento all'art. 1, c. 169 della legge n. 311  del
2004. L'art. 1, c. 80, lett b) richiama  gli  standard  di  cui  alla
disposizione sopra citata in caso di  mancata  definizione  da  parte
delle  Regioni  dei  tempi  di  attesa  per  le  singole  prestazioni
rientranti nei LEA. 
Da un'analisi fisiologicamente  connessa  alla  attuale  realta',  e'
dunque emersa, ornai da tempo, la necessita' di  direttive  nazionali
per definire i percorsi di cura e incentivare  lo  sviluppo  di  reti
regionali assistenziali dei pazienti in SV e SMC nell'ambito  di  una
piu' complessiva  riqualificazione  dei  percorsi  assistenziali  per
pazienti con GCA. 
 
SISTEMA A RETE INTEGRATA "COMA TO COMMUNITY" 
 
La proposta, come gia' individuato dalla precedente  Commissione  (Di
Virgilio 2005), e' basata su un cambiamento di prospettiva,  passando
dalla necessita' di regolare al meglio il flusso dei pazienti in SV e
SMC nell'ambito di una piu' complessiva riqualificazione dei percorsi
assistenziali per pazienti con GCA , all'indicazione  di  organizzare
un "sistema esperto" integrato a  rete  di  percorsi  "dal  corna  al
domicilio",  con  forte  radicamento   territoriale,   connotato   da
universalita', appropriatezza, tempestivita' e  progressivita'  delle
cure. Un percorso "certo" per tutti i  pazienti,  senza  selezione  a
monte, e  senza  affidare  alle  famiglie  la  ricerca  di  soluzioni
estemporanee (con il grave rischio di inappropriati  flussi  passivi,
interregionali o all'estero). 
Il sistema dedicato, infatti, deve basarsi sull'articolazione di vari
reparti assistenziali permettendo,  con  una  buona  tempestivita'  e
fluenza, la presa in carico del paziente dalla fase acuta, garantendo
adeguati e appropriati  servizi  di  cura,  continuita'  delle  cure,
equita' nelle condizioni di accesso e  di  fruizione,  con  dinamiche
operative  facilitanti  la  sinergia   tra   le   varie   componenti,
consentendo di utilizzare in modo  idoneo  le  risorse  professionali
dell'intero sistema. 
Una persona colpita da GCA  necessita  di  ricovero  ospedaliero  per
trattamenti   rianimatori   o   neurochirurgici   nella    fase    di
emergenza-urgenza (fase critica) e di un periodo di durata  variabile
da alcuni giorni ad alcune settimane e talvolta mesi,  dedicata  alla
gestione  delle  complicanze  settiche,  respiratorie  internistiche,
neurologiche    (stato    di    male    epilettico),     chirurgiche,
neurochirurgiche, ortopediche, e un intervento riabilitativo  precoce
(fase acuta-subacuta). Molti sono coloro che  sopravvivono  a  questa
fase, in ampia misura grazie ai  notevoli  progressi  della  medicina
d'urgenza  e  al  miglioramento  della   gestione   assistenziale   e
riabilitativa.  Sono,  a  questo  punto,  successivamente   necessari
interventi medico-riabilitativi piu'  specifici  di  tipo  intensivo,
anch'essi da  effettuare  in  regime  di  ricovero  ospedaliero,  che
possono durare da alcune settimane ad alcuni mesi (fase  post-acuta).
Nella maggior parte dei  casi,  dopo  la  fase  di  ospedalizzazione,
permangono sequele che  rendono  necessari  interventi  di  carattere
sanitario e sociale a lungo termine, volti ad affrontare  menomazioni
e disabilita' persistenti, oltre alle  difficolta'  di  reinserimento
familiare, sociale, scolastico e lavorativo (fase degli esiti). 
 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
 
La      focalizzazione       di       queste       quattro       fasi
(critica/acuta-subacuta/post-acutaidegli  esiti)   fondamentali   nel
decorso  della  patologia  in  esame  comporta   la   necessita'   di
dettagliare   altrettanti    livelli    d'intervento.    L'intervento
riabilitativo deve iniziare, in modo articolato ed integrato, fin dal
momento  della  gestione  della  emergenza-urgenza;  per  questo   e'
opportuno  elaborare  protocolli  che  consentano  una   cooperazione
strutturata tra le due realta'  operative  nelle  diverse  situazioni
cliniche;  si  potra'  cosi'  impostare  il  Progetto   Riabilitativo
Individuale fin dalle fasi piu' precoci, possibilmente fin dalla fase
critica. 
In questo modo potranno essere prevenute le complicanze  che  rendono
molto piu'  difficoltoso  o,  addirittura,  inficiare  il  potenziale
recupero del soggetto. 
In linea con gli scopi istituzionali, cioe' di essere di reale  aiuto
e soddisfare un "bisogno della salute", in linea con le  disposizioni
legislative, con quanto espresso in termini pressanti  da  parte  dei
professionisti del settore, nonche' con quanto portato  avanti  dalle
associazioni delle famiglie, si addiverrebbe  cosi'  ad  una  ipotesi
risolutiva,  un  esempio  di  ''sanita'"   in   cui   e'   necessario
riguadagnare  il  tempo  perduto,  operando   ogni   sforzo   perche'
sperimenti e definisca nuovi modelli  assistenziali  integrati  nelle
patologie a piu' alta necessita'. 
Sostanzialmente le indicazioni  a  valenza  nazionale,  promosse  dal
Ministero della Salute, tendono a fissare  un  unico  obiettivo,  che
inscrive il contesto sanitario nell'intero  ambito  sociale:  ridurre
tra i cittadini  le  disuguaglianze  che,  purtroppo,  caratterizzano
ancora Paesi anche ad elevata industrializzazione. Particolarmente in
ambito  delle  malattie  disabilitanti,  nel  nostro  Paese,   queste
diseguaglianze esistono ed hanno come determinanti il  territorio  di
residenza, la classe sociale, l'eta' e la stessa malattia. 
La diversa  dislocazione  territoriale  di  strutture  genera  tra  i
cittadini "diseguaglianze" in termine di mortalita', sopravvivenza  e
qualita' delle cure. 
In  Italia  esistono  gia'   in   alcune   regioni   modelli,   sorti
spontaneamente  sulla  spinta  di  alcune  componenti   locali,   che
rappresentano un riferimento per affinare le modalita'  organizzative
da  applicare  sul  restante  territorio  nazionale.  Inoltre,   dato
l'interesse   generale   del   progetto   con   ricadute   in   campo
socio-sanitario, si ritiene, per un pronto avvio,  che  possa  essere
ampiamente in grado di auto-finanziarsi, come dimostrato  da  diverse
esperienze effettuate in altre Nazioni e che possano  affluire  anche
risorse di varia provenienza, quali ad esempio quelle vincolate  agli
obiettivi prioritari di Piano Sanitario  Nazionale  o  altre  risorse
come ad esempio quelle del Piano Nazionale della Sicurezza  Stradale,
ai fini del raggiungimento degli obiettivi europei  previsti  per  il
2010. 
In virtu' di quanto espresso e' opportuno che  ogni  singola  Regione
proceda alla codifica di  un  sistema  istituzionalizzato  "corna  to
community" che assicuri un percorso a  rete  integrata  in  grado  di
garantire la "presa in carico globale" del paziente  con  GCA,  dalla
fase acuta al reinserimento domiciliare, un intero setting  di  fasi,
articolate fra funzioni di tipo intensivo-subintensivo, post-acute  e
croniche,  che  comprendano  anche  modelli  per  pazienti  "slow  to
recover" e "a bassa responsivita' protratta". 
Il sistema integrato "corna  to  community"  va  dimensionato  su  un
bacino di popolazione  adeguato  in  funzione  delle  caratteristiche
geografiche  e  degli  indicatori  epidemiologici  per  corrispondere
all'utenza con tempestivita' e progressivita' delle cure, continuita'
ed appropriatezza in ogni fase del percorso. 
L'attivazione del  sistema  dovrebbe  declinarsi  in  funzione  delle
caratteristiche  demografiche,  programmatorie  e  di   contesto   di
ciascuna Regione, procedere su vari  livelli  comprendendo  tre  fasi
interdipendenti, ciascuna  delle  quali  si'  pone  come  fondamento,
presupposto ed integrazione della successiva: 
 
1.  programmazione  analitica  con  ricognizione  approfondita  delle
strutture,  delle  attuali  risorse  e  contemporanea   elaborazione,
stesura di procedure  e  protocolli  di  lavoro,  definizione  di  un
linguaggio univoco e di regole dettagliate da seguire uniformemente; 
2. definizione e ufficializzazione di un Centro regionale o  funzione
regionale di riferimento e dei Centri coinvolti a  vari  livelli  nel
sistema  a  rete,  contemporanea  divulgazione   delle   linee-guida,
formazione con training formativi e d'aggiornamento; 
3.  attivazione  globale  del  sistema  con  il  preciso  mandato  di
attenersi a quanto elaborato e indicato nei punti I e  2  ,  raccolta
annuale dei dati epidemiologici sul transito/dimissione  di  soggetti
in SV, SMC e nei vari gradi  di  disabilita',  indicando  i  corretti
codici  di'  malattia,  che  dovranno  confluire  prima  nel   flusso
regionale e, di seguito, nazionale. 
 
Tutto il sistema deve essere governato  dalla  interdisciplinarieta',
dalla  integrazione  professionale  e   strutturale   nonche'   dalla
sussidiarieta' prevedendo  in  ogni  fase  la  risposta  a  qualsiasi
necessita' diagnostico terapeutica del paziente. 
In un  sistema  locale,  dalla  fase  iperacuta,  che  vede  gia'  la
collaborazione tra emergentisti, neurologi e fisiatri,  si  passa  al
successivo anello del percorso, cioe'  un  livello  ad  alta  valenza
riabilitativa precoce, in un setting di assistenza  subintensiva  nel
quale viene identificato un percorso  di  cura  definito  sulla  base
degli indicatori prognostici precoci (eta',  anamnesi,  comorbilita',
danni associati, indicatori neurofisiologici). 
Da questo livello, in funzione del quadro clinico,  degli  indicatori
prognostici  precoci  (eta',   anamnesi,   comorbidita',   indicatori
neurofisiologici, durata, scale validate  e  non  etc.)  il  paziente
potra' passare in un'area post-acuta  a  funzione  di  riabilitazione
intensiva a  breve  termine,  oppure  in  un'area  di  riabilitazione
intensiva  a  lungo  termine  per  pazienti  a  bassa   responsivita'
protratta o a lento recupero. 
In sintesi si  tratta  di  ricondurre  i  percorsi  a  quelli  meglio
corrispondenti ai contenuti assistenziali  dei  servizi  che  a  tale
condizione clinica andrebbero  offerti,  almeno  come  traguardo,  in
successione temporale. 
Nell'organizzazione globale  del  sistema  "coma  to  comunity"  sono
indispensabili: 
 
- la presa in carico precoce e continuativa dei familiari, fin  dalla
fase  acuta,  con   procedure   informative   strutturate,   gestione
psicologica professionale della situazione di "crisi", coinvolgimento
nelle decisioni assistenziali e di percorso; 
- strategie e programmi  informazione/formazione  all'assistenza  dei
familiari care givers; 
-  strategie  per  la  tutela  del  nucleo  familiare,  la  presa  di
consapevolezza e la riduzione del carico emotivo; 
- il  coinvolgimento  attivo  dei  familiari  nella  decisione  degli
obiettivi riabilitativi; 
- strategie di empowerment dei familiari tramite modalita'  operative
e decisionali che riconoscano un loro  ruolo  specifico  di  "esperti
della   persona"   nell'ambito   del   processo   riabilitativo    ed
assistenziale. 
 
In questo quadro possono assumere importanza  anche  lo  sviluppo  di
segmenti di riabilitazione LTCR ( "long-term  comprehensive"  )  come
setting specializzati per i pazienti in SV o in SMC a lento recupero. 
Quanto finora espresso e' imprescindibile per garantire la necessaria
continuita' delle cure, superare i problemi  di  insufficienza  delle
strutture,  eliminare  le  situazioni  di  abbandono  terapeutico  ed
assistenziale, assicurare il necessario  sostegno  alle  famiglie  in
difficolta' anche per evitare il permanere inappropriato in strutture
a maggiore complessita', non utili ai fini terapeutici e notevolmente
costose. 
Nella  fase  degli  esiti,  i  pazienti  provenienti   dall'area   di
lungodenza piuttosto che dall'area di riabilitazione a lungo  temine,
qualora  non  fosse  possibile  il  rientro  al  domicilio,  potranno
accedere  ad  un  livello  assistenziale  all'interno  di  un  nucleo
dedicato all'accoglienza  alla  persona  (SUAP  -Speciali  Unita'  di
Accoglienza Permanente), che puo'  essere  mono  o  polivalente,  ma,
comunque, dedicato alle disabilita' gravi e gravissime  da  patologia
neurologica. 
Le strutture che realizzano fasi protratte di  degenza  (lundodegenza
dedicate,  riabilitazione  intensiva  a  lungo  termine   ed   unita'
d'accoglienza alla  Persona)  devono  essere  caratterizzate  da  una
peculiare  organizzazione  degli  spazi,  delle  risorse  umane,  con
apertura continua ai familiari e  possibilita'  di  convivenza  e  da
progetti espliciti di presa in carico dei familiari. 
Vista  la  complessita'  assistenziale  di  questi  pazienti  sarebbe
inoltre auspicabile una rimodulazione della tariffa  giornaliera  per
posto letto oltre a prevedere una forma specifica  di  incentivazione
per le strutture che aderiranno al sistema. 
Occorre che nel set delle professionalita' dell'Unita' di Valutazione
Multiprofessionale (UVM) sia esplicitamente presente il riabilitatore
(integrato nel sistema a rete) con  una  forte  integrazione  con  il
sistema locale. 
Il sistema proposto  prevede  una  rete  di  servizi  mirata  che  si
raccordi da  un  lato  con  la  rete  delle  strutture  per  acuti  e
dall'altro  con  le  strutture  sanitarie  e   sociali   territoriali
prevedendo la interdipendenza ed integrazione fra centri  di  elevata
specializzazione ed una rete di centri periferici in cui sia prevista
la possibilita' di indirizzare i pazienti al  livello  di  cura  piu'
appropriato  nell'ambito  della  rete  per  ogni  fase  del  percorso
clinico,  e  di  usufruire  di  competenze  specialistiche  in   modo
distribuito nei diversi punti della rete stessa. 
Lo sviluppo di tale modello dovrebbe permettere di utilizzare in modo
appropriato  ed  efficiente  le  risorse  delle  diverse   strutture,
favorendo il trasferimento di conoscenze e la collaborazione  fra  il
centro e le altre strutture della rete, valorizzando il patrimonio di
esperienza gia' presente in molte di esse. 
In  analogia  a  quanto  realizzato  per  altri  problemi   (p.   es.
trapianti), il  sistema  dovrebbe  prevedere  un  Centro  o  Funzione
Regionale di Riferimento e i "nodi" della rete, che nel loro  insieme
costituiscono il percorso per GCA. (16) 
In particolare, come deliberato nel recente Piano di indirizzo per la
riabilitazione, il Centro Regionale di Riferimento: 
 
-  predispone  protocolli  operativi  per  la  acquisizione  di  dati
epidemiologici; 
- promuove ricerche cliniche ed esperienze controllate verso le nuove
tecniche; 
- garantisce e si fa carico della formazione, del  perfezionamento  e
dell'aggiornamento dei professionisti; 
- offre consulenza tecnica per la costruzione  e  sperimentazione  di
ausili, protesi e ortesi. 
 
Il Centro o Funzione Regionale di Riferimento non e'  gerarchicamente
sovraordinato, ma ha piuttosto funzione di osservatorio e banca  dati
ed   e'   responsabile   del   controllo   della   corretta    prassi
diagnostico-terapeutica   dei   vari   centri   e   della    raccolta
longitudinale dei dati, attraverso un database utilizzato da tutte le
strutture.  Il  database  dovrebbe  contenere  informazioni  su  dati
clinici   dei    pazienti,    valutazioni    funzionali    periodiche
standardizzate, dati sulle cure, incidenza e indicatori  di  recupero
delle  GCA  e  in  particolare   degli   SV   e   SMC,   informazioni
sull'eterogeneita' neurofisiologica nei pazienti in SV  e  SMC  e  la
rilevanza  nella  diagnosi,  prognosi  e  risposta  al   trattamento,
variazioni regionali nelle cure, analisi delle complicanze,  costi  e
fattori che contribuiscono alle decisioni familiari. 
I "nodi" della rete dovrebbero essere costituiti da: 
 
A. Unita' Operative intensive di prima accoglienza in fase acuta; 
B. Unita' Operative/aree  o  nuclei  sub-intensivi  ad  alta  valenza
riabilitativa  la  cui  gestione,   come   fattore   imprescindibile,
necessita di specifiche competenze in grado di assistere GCA in  fase
critica,   integrate   da   un   approccio    interdisciplinare    ed
interprofessionale  che  vede  il  coinvolgimento  degli  specialisti
necessari; 
C. Unita' Operative di Riabilitazione  post-acuta:  Alta  specialita'
neuroriabilitativa per gravi cerebro lesioni acquisite  con  funzioni
tipo hub (UGCA - Cod. 75); Riabilitazione intensiva e,  ove  previsto
dalla programmazione ospedaliera regionale, Riabilitazione Estensiva,
con funzione tipo spoke; 
D. Strutture territoriali. 
 
 
                               ****** 
 
 
A.  Unita'  Operative   di   prima   accoglienza   in   fase   acuta:
Emergenza-Urgenza, Rianimazione, Neurochirurgia. 
B. Unita' Operative/aree, funzioni o  nuclei  sub-intensivi  in  fase
sub-acuta: interagiscono con la Rianimazione e la Neurochirurgia  per
garantire l'approccio  neuroriabilitativo  tempestivo;  danno  rapida
accoglienza al paziente ancora in fase acuta; definiscono la diagnosi
e la prognosi; indirizzano, a stabilizzazione avvenuta, al livello di
cura successivo. (17-19) 
Si tratta di unita'/aree, funzioni o nuclei collocabili, nell'attuale
ordinamento, presso un DEA (Dipartimento di Emergenza e Accettazione)
di II livello con tutte le specialita' o alternativamente, in caso di
diversa programmazione  e  sperimentazione  regionale,  in  strutture
organizzate ad hoc presso  cui  sono  disponibili  tutte  le  risorse
necessarie ad identificare e trattare h.  24/24  in  modo  definitivo
qualsiasi tipo di lesione e garantire le cure  intensive  a  pazienti
con problematiche polidistrettuali. 
Tali unita'/aree, funzioni o  nuclei  possono  essere  UGCA  dedicate
all'intervento subintensivo o unita'  subintensive  multidisciplinari
con competenze neurologiche e  fisiatriche  oltreche'  internistiche.
L'obiettivo e' di raggiungere la stabilizzazione  'clinica,  superare
la  fase  delle  complicanze  frequenti,  sottoporre  il  paziente  a
tecniche  riabilitative  precoci  di  attivazione  per   evitare   le
complicanze da  deafferentazione  ed  immobilita',  valutare  a  fini
prognostici elementi utili ad indirizzare la persona in SV e SMC  nel
successivo corretto percorso assistenziale e riabilitativo. 
C. Unita' Operative di Riabilitazione post-acuta: Unita'  post-acuzie
di  alta  specialita'  che  trattano  anche  gravi  cerebro   lesioni
acquisite (UGCA - Cod. 75),  Unita'  di  Riabilitazione  Intensiva  e
Unita' per successiva Riabilitazione Estensiva in grado di effettuare
la presa in carico omnicomprensiva delle persone con GCA, presso  cui
sono disponibili tutte le risorse necessarie a trattare 24 ore su  24
in modo definitivo tutte le lesioni, menomazioni  e  complicanze  con
focalizzazione piu' specifica al recupero funzionale. 
Hanno  il  mandato  di  prendere  in  carico  direttamente   pazienti
provenienti dalle UO per acuti. Devono disporre di  adeguate  risorse
strutturali e di personale  esperto,  che  permetta  il  monitoraggio
delle funzioni vitali nell'immediata  fase  post-acuta,  la  gestione
dell'affrancamento  progressivo  dalla  nutrizione   parenterale   ed
enterale (laddove possibile), la presa in carico globale del paziente
con   adeguati   protocolli   diagnostico    terapeutici    (indagini
neurofisiologiche e di  neuroimaging  avanzate),  nursing  intensivo,
riabilitazione  foniatrica,   training   deglutitorio,   rieducazione
respiratoria,  riabilitazione  neuropsicologica,   riabilitazione   e
gestione dei disturbi  comportamentali,  idrochinesiterapia,  terapia
occupazionale,   terapia   ortottica,    riabilitazione    urologica,
assistenza sociale per le connessioni con le strutture  territoriali,
etc). 
L'intero percorso riabilitativo deve essere accompagnato da un'equipe
multidisciplinare   e   multiprofessionale   che   fornisce   terapie
individuali e di gruppo, include un team neuropsicologico dedicato al
paziente e psicologico dedicato  alla  famiglia  e  prevede  incontri
sistematici e programmati tra l'equipe e il nucleo familiare. 
Le Unita' Operative di  Riabilitazione  ad  Alta  Specialita'  devono
consentire l'accoglienza di tutte le GCA, prevedendo  auspicabilmente
unita' separate per gli SV e di SMC  con  processo  riabilitativo  di
tipo long-term (LTCR), consentire ai  familiari  di  sperimentare  la
possibilita' di evoluzione favorevole anche dei disturbi di coscienza
piu' gravi e,  soprattutto,  devono  disporre  di  tutte  le  risorse
necessarie, dalle necessita' di monitoraggio delle funzioni vitali  e
nursing specialistico alla  presa  in  carico  riabilitativa  attiva:
neuromotoria, foniatrica, neuropsicologica,  ecc,  fino  al  recupero
delle autonomie  possibili  per  le  GCA  in  evoluzioni  favorevoli,
mirando alla integrazione  nel  precedente  contesto  di  vita  o  al
passaggio alle speciali  unita'  di  accoglienza  permanente  (SUAP),
garantendo  la  necessaria  integrazione  con  i  MMG  e  le  risorse
socio-sanitarie del territorio. 
Tali Unita' devono inoltre disporre  di  Day  Hospital  o  Ambulatori
dedicati o predisporre, nei casi ad evoluzione  meno  favorevole,  il
trasferimento a strutture di lungo degenza specifiche come le SUAP  o
avviare il paziente verso domicili protetti o  il  proprio  domicilio
con un piano di assistenza domiciliare integrata, nei casi in cui  la
famiglia sia in grado di  gestire  e  desideri  la  ridomiciliazione.
Nell'ambito del territorio il numero di Centri deve  essere  limitato
in modo tale da concentrare presso le strutture un numero adeguato di
pazienti, utilizzando le risorse disponibili in misura  proporzionale
ai loro costi. 
Come  indicato  dalle  Linee  Guida  Organizzative  del  1998,  dalla
letteratura internazionale e dalla recente Consensus Conference  (19)
nazionale sul tema, le Unita' per le GCA, debbono  essere  in  grado,
tramite una attivita' specificamente dedicata, di accogliere pazienti
ad alta complessita' e bisognosi di  continuare  in  questa  fase  un
adeguato trattamento di recupero e contenimento del danno. 
Accanto a queste specifiche tipologie di Unita' di  Alta  Specialita'
Riabilitava, il cui numero  e  dimensionamento  dovra'  giungere  nel
tempo piu' breve possibile a coprire la domanda espressa  in  termini
di eventi, e che  svolgono  un  ruolo  specificamente  integrato,  si
collocano tutte le Unita' Operative di Medicina  Riabilitativa,  come
integrazione e supporto all'offerta volta a coprire al  meglio  tutta
la domanda di trattamenti intensivi di riabilitazione,  nella  logica
di Rete integrata sopra espressa. Queste strutture possono essere  di
riabilitazione intensiva o estensiva. 
D. Strutture territoriali che svolgono funzione per la  gestione  dei
percorsi di de-ospedalizzazione e reinserimento delle persone con GCA
e per la gestione di interventi riabilitativi erogabili con modalita'
domiciliare.  Particolare  attenzione   va   posta   nell'organizzare
adeguate  soluzioni  per  quei  pazienti  che  permangono  in   Stato
Vegetativo  prolungato  o  cronico,  per  i  quali  va  agevolata  la
possibilita' del rientro al proprio  domicilio  o  incentivata  nelle
varie regioni l'attivazione di SUAP o di domicili protetti  di  nuova
concezione. 
 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
 
FASE ACUTA (AREA INTENSIVA ) E FASE  SUB-ACUTA  (AREA  SUB  INTENSIVA
DEDICATA PER GCA) 
 
L'attuale sistema, in accordo con la miglior letteratura  in  materia
(Linee- guida americane ed europee), prevede e sottolinea,  come  una
vera necessita', la "precocita'" della "presa in carico" dei pazienti
con GCA, gia' dall'acuzie. Purtroppo, le normative di riferimento  si
limitano a definire l'importanza della valenza riabilitativa in  fase
acuta, senza definirne i termini organizzativi. 
Nella fase acuta i pazienti sono ricoverati in  ospedali  per  acuti,
dove e' importante la stabilizzazione del paziente, ma dove  dovrebbe
essere gia' avviato in parallelo  l'approfondimento  diagnostico  sul
disturbo di coscienza e  la  valutazione  continua  degli  indicatori
prognostici. 
Le  unita'  operative/  o  aree  (nuclei)   dedicati,   a   carattere
semintensivo e ad alta valenza riabilitativa, la cui  gestione,  come
fattore imprescindibile, necessita di specifiche competenze in  grado
di  assistere  GCA  in  fase  critica,  integrate  da  un   approccio
interdisciplinare ed interprofessionale che  vede  il  coinvolgimento
degli specialisti  necessari  e  delle  professioni  sanitarie,  sono
l'anello  di  congiunzione   tra   le   UO   di   prima   accoglienza
(Rianimazione,  Neurochirurgia)  e  le  Unita'  per  GCA  post-acuzie
(UGCA). 
Viene indicata la  possibilita'  che  le  rianimazioni  trasferiscano
pazienti ancora instabili, minimizzando i tempi di  permanenza  nelle
terapie  intensive,  che  non  necessitano  piu'  di  cure  intensive
(condizioni  di  insufficienza  multiorgano)  in  aree   di   terapia
sub-intensiva,  che  devono  rispondere  all'esigenza  di  accogliere
pazienti ancora instabili, con sepsi,  necessita'  di  completare  un
iter chirurgico e che in ogni caso non corrispondono  ai  criteri  di
stabilizzazione definiti dalla Consensus  Conference  di  Modena  del
2000 (20). 
Il gold standard dell'assistenza ai pazienti prevede, dunque, dopo il
periodo trascorso in reparti di Rianimazione, il rapido passaggio  ad
aree semintensive, caratterizzate dalla  capacita'  di  affrontare  i
problemi clinici e riabilitativi di un  paziente  neurologico  ancora
instabile e ad alto rischio di complicazioni,  se  pur  autonomo  dal
punto di vista respiratorio. 
La fase semi-intensiva dedicata  e'  un  anello  importante  e  parte
integrante del percorso dedicato alle GCA. Permette di effettuare  il
bilancio lesionale e funzionale, contribuire  alla  diagnosi  e  alla
prognosi,  dare  l'avvio  al  piano  di  trattamento  individuale  di
riabilitazione, promuovere la riattivazione delle funzioni  corticali
stimolando in forma appropriata la plasticita' neuronale, favorire il
recupero, controllare le complicanze, dare  supporto  alle  famiglie,
selezionare il percorso adeguato e garantire l'ulteriore tappa. 
Precisare i criteri in base ai quali  giungere  alla  diagnosi,  alla
classificazione, alla terapia ed alla prognosi dello stato di corna e
dello stato vegetativo costituisce ancor oggi un problema  di  grande
interesse e di soluzione assai complessa. 
Conoscere a fondo questi pazienti significa riconoscere  e  prevenire
le numerose cause di deterioramento neurologico secondario.  Limitare
al massimo i "danni", potenzialmente prevenibili: "Every bit of brain
matter saved increases  function  and  the  possibility  that  neural
plasticity will contribute to a greater recovery ". (10) 
Non basta comprendere un esame e conoscere i problemi nel loro corso,
ma anche certi cambiamenti  fisiologici  dell'attivita'  cerebrale  e
neuromuscolare, e delle tecniche connesse, che sono il contesto della
terapia riabilitativa in fase acuta. 
E' necessario evidenziare che questi pazienti non  subiscono  solo  o
soltanto i postumi dell'evento acuto ma effetti  a  caduta,  talvolta
silenti, e problematiche ulteriori che si sviluppano  nel  corso  del
tempo,  ma  che  possono  essere  individuati  in  anticipo,  da  una
osservazione clinica esperta e ravvicinata, potendo beneficiare cosi'
di un rapido intervento che,  in  altra  situazione  ospedaliera  non
specializzata, non sarebbe possibile. 
Le alterazioni del sistema cerebrale  provocano  problemi  che  altre
malattie non producono. 
Queste problematiche devono  farci  considerare  sempre  di  piu'  le
differenze tra i pazienti neurologici e  gli  altri  pazienti  acuti.
(21) 
Allo stesso modo, esiste la necessita' di accogliere le famiglie, che
pur se normalmente sono in  grado  di  comprendere  i  disturbi  piu'
comuni, trovano difficile capire e trattare con un  paziente  che  e'
neurologicamente e gravemente compromesso. 
Il contatto con le famiglie di  questi  malati  e'  in  genere  molto
complesso. 
La difficolta' di  comprensione  del  disturbo  neurologico  e  delle
complicanze da parte della famiglia crea ansia e paura piu' di quanto
accada con  altre  patologie.  Mobilita',  comunicazione  e  processi
cognitivi scompaiono, lasciando  i  pazienti  in  una  situazione  di
totale dipendenza dagli altri. L'imprevedibilita'  e  gravita'  della
maggior parte delle lesioni cerebrali impedisce ai familiari di avere
tempo per esprimere al paziente i  loro  sentimenti  e  cio'  produce
stress e deprime piu' di ogni altro serio problema di salute, se  non
e' trattato in maniera competente dallo staff medico. 
A fare la differenza, infatti, e' anche la  capacita'  di  guidare  e
coinvolgere attivamente le famiglie attraverso queste difficili fasi. 
La familiarita' con questi problemi e' fondamentale per garantire  il
successo e  ha  bisogno  di  uno  staff  che  garantisca  un  livello
professionale  alto  ed  uno  di  esperienza  personale   altrettanto
importante. Le caratteristiche di queste  aree  semintensive  debbono
corrispondere a quelle previste per le strutture subintensive. 
In tali aree  dovrebbe  essere  iniziato  quanto  prima  un  percorso
riabilitativo e diagnostico senza tuttavia  la  pretesa  di  esaurire
quest'ultimo con il  rischio  di  ritardare  l'invio  ai  reparti  di
riabilitazione post-acuta intensiva. 
Gia' da questa fase l'autorizzazione ad  una  maggiore  presenza  dei
familiari accanto al paziente  potrebbe  consentire  il  contenimento
della  deprivazione  sensoriale  creata  generalmente  dalle  Terapie
Intensive. Del resto gia' negli Stati Uniti e in molti paesi  europei
l'accesso dei familiari alle Intensive Care Unit (ICU) e' molto  piu'
libero e aperto di quanto avviene  nelle  strutture  di  rianimazione
italiane. 
Si ritiene pertanto che, salvo  situazioni  particolari  (complicanze
respiratorie, settiche,  chirurgiche,  neurochirurgiche,  ortopediche
protratte)  i  pazienti  non  debbano  rimanere  in  tali   strutture
(rianimazioni ed aree subintensive) piu' di  30  giorni.  L'obiettivo
infatti e' quello di ridurre i tempi di permanenza dei  pazienti  nei
reparti di cure intensive fino a completa rispondenza dei criteri  di
trasferimento nelle UGCA. 
Non si puo' pero' avere una posizione a priori sul fatto se le Unita'
sub-intensive debbano essere  all'interno  dei  DEA  o  in  strutture
organizzate ad hoc: entrambe le soluzioni potrebbero  essere  valide,
ma categoricamente  dipendenti  da  molteplici  fattori  locali,  non
ultimo dei quali l'effettivo set di competenze presenti. Sembra  piu'
opportuno   rinviare   questo   aspetto   alla    programmazione    e
sperimentazione regionale. Quello che invece  si  ritiene  necessario
sottolineare e'  che  qualunque  soluzione  si  adotti,  questa  deve
rientrare in un "percorso" ben organizzato e istituzionalizzato  dove
le competenze specialistiche interagiscano in modo non formale e dove
sia sempre assicurata la presenza della componente neuroriabilitativa
in tutti  i  suoi  aspetti,  con  l'agibilita'  di  risorse  umane  e
ambientali idonee per la gestione di programmi precoci. 
 
FASE  POST-ACUTA:  UNITA'  PER  RIABILITAZIONE  POST-ACUZIE  DI  ALTA
SPECIALITA' (UGCA - COD. 75), UNITA' DI  RIABILITAZIONE  INTENSIVA  E
UNITA' PER RIABILITAZIONE ESTENSIVA 
 
Quale sia, all'interno delle UGCA, la  soluzione  organizzativa  piu'
efficace e' ad oggi impossibile stabilirlo con certezza e deve essere
necessariamente oggetto di una verifica  delle  esperienze.  In  ogni
caso l'accento deve  rimanere  su  un  Sistema  Integrato  "Corna  to
Community" caratterizzato da una forte governance clinica. Stante  la
scarsita'  di  modelli  consolidati  in   Italia,   parrebbe   essere
necessario qualche grado di liberta' nella sperimentazione  regionale
e locale delle soluzioni. In una ipotesi  organizzativa  coerente  il
paziente, una volta terminata la fase acuta determinata  dai  criteri
di stabilizzazione clinica (20), dovrebbe essere accolto nelle Unita'
che seguono  anche  le  Gravi  Cerebrolesioni  Acquisite  post-acuzie
(UGCA), dove il percorso  si  dovrebbe  articolare  su  vari  livelli
assistenziali. 
E' comunque da sottolineare  che  i  criteri  di  eta',  etiologia  e
pluripatologia non precludono in assoluto il trasferimento  verso  le
UGCA. 
Il gruppo di lavoro ha discusso a lungo e ha, infine, concordato  che
le UGCA si debbano dotare di particolari unita' a maggior  intensita'
di trattamento e sorveglianza per  l'accoglimento  di  pazienti  piu'
complessi,  purche'  tali  strutture  siano  in  continuita'  con  un
percorso  riabilitativo  previsto  all'interno   delle   UGCA.   Tale
affermazione e' in linea con quanto espresso dalle linee guida per la
riabilitazione (Maggio 1998). 
Il termine per definire queste aree piu' intensive all'interno  delle
UGCA potrebbe essere "aree per SV e SMC". 
All'interno di  tali  unita'  debbono  essere  garantite  competenze,
organizzazione e spazi  in  grado  di  agevolare  il  recupero  della
coscienza attraverso una regolazione degli stimoli. Tali  sub  unita'
dovrebbero avere una dimensione congrua. Per una maggior  definizione
degli  aspetti  organizzativi  sarebbe  opportuno  definire  standard
precisi di attrezzature e personale  dedicato  assieme  a  protocolli
sulla gestione clinica e riabilitativa di queste persone. 
Le aree per SV e SMC, o LTCR, inserite nelle UGCA hanno come  mandato
quello di ricoverare questi pazienti in fase  precoce,  riducendo  i'
tempi di ricovero nelle Unita' di Cure Intensive.  Per  rispondere  a
questo mandato non e' opportuno che tali reparti ricoverino  pazienti
in SV o  SMC  in  fase  di  cronicita',  salvo  il  perseguimento  di
obiettivi specifici definiti da specialisti della rete di  assistenza
e cura (un esempio e' la valutazione e  le  attivita'  connesse  alla
rimozione di  una  cannula,  oppure  una  rivalutazione  in  ambiente
specialistico   in   caso   di   modificazioni   dello    stato    di
vigilanza/coscienza). 
In riferimento alle condizioni cliniche, dovrebbero essere  garantiti
percorsi riabilitativi  diversificati  in  base  ai  bisogni  e  agli
obiettivi   di'   recupero:   quello   "Long    Term    Comprehensive
Rehabilitation"  (LTCR)  e'  rivolto  ai   pazienti   slow-to-recover
(degenza misurabile in mesi). 
I pazienti in condizioni di bassa responsivita' protratta (SV e  SMC)
rientrano in questa seconda tipologia di  bisogno  riabilitativo.  La
distinzione non e' fondata sulla diagnosi clinica, ne' deve implicare
nuove tipologie di strutture, ma sulla peculiare tipologia di bisogni
clinici, di percorso e di setting, nonche' sulla rilevanza che assume
il tema della presa in carico della famiglia. 
All'uscita dal percorso riabilitativo  ospedaliero,  i  pazienti  che
permangono in stato di grave alterazione della coscienza,  dopo  aver
effettuato  congrui  periodi  di  cura   e   riabilitazione,   quando
l'inquadramento diagnostico sia esaurito,  il  programma  terapeutico
sia  stato  definito,  il  quadro  clinico   sia   stabilizzato,   si
strutturano piu' percorsi verso  il  domicilio,  dove  possibile,  ma
possono essere avviati, a seconda delle condizioni cliniche  e  della
capacita' di supporto  della  famiglia  o  alle  SUAP  o  a  domicili
protetti di nuova concezione. 
Anche  in  questo  percorso  e'  necessario  attuare   una   speciale
attenzione nei confronti del recupero dello stato di coscienza con un
costante  monitoraggio  dei  pazienti  ed  una  pari  attenzione   ai
familiari ed al loro percorso di elaborazione. 
E' fondamentale che le sedi di  accoglimento  territoriali  siano  in
collegamento funzionale  con  le  pluri-specialita'  necessarie  alla
corretta gestione dei pazienti. 
Il percorso complessivo per GCA non dovrebbe abitualmente superare  i
12 mesi per i traumatici ed i 6 mesi per i non traumatici. 
Le  evoluzioni  particolarmente  favorevoli  possono  consentire   un
passaggio verso trattamenti in DH (Day Hospital). 
Come detto precedentemente, i pazienti che  permangono  in  stato  di
grave alterazione  della  coscienza,  dopo  aver  effettuato  congrui
periodi di cura e riabilitazione, quando l'inquadramento  diagnostico
sia esaurito, il programma terapeutico sia stato definito, il  quadro
clinico sia stabilizzato  e  vi  sia  una  indimissibilita',  possono
trovare accoglienza nelle strutture descritte di seguito. 
 
FASE DEGLI ESITI 
 
Lo Stato  Vegetativo  veniva  definito  "permanente"  implicando,  in
questo caso, un concetto di irreversibilita' e, quindi,  di  prognosi
negativa per il recupero a distanza di dodici mesi dall'evento. (22) 
Da molti anni e' stato convenzionalmente  stabilito  che  l'aggettivo
"permanente" non puo' e non deve essere usato dal momento che,  anche
se in forma sporadica, si e' assistito ad evoluzioni cliniche, invece
il termine permanente implica una certezza di immodificabilita' della
non responsivita' che non puo' essere data per scontata e che rischia
solo di affievolire ogni interesse per il paziente. 
Viene usato invece il termine Stato Vegetativo prolungato o  cronico,
con l'indicazione della durata. Tale fase, che  subentra  solitamente
dopo alcuni mesi  (3-6  per  pazienti  non  traumatici  e  12  per  i
traumatici), e' caratterizzata da non  evidenti  modificazioni  o  da
modificazioni  molto  limitate  del  quadro   neurologico   e   della
coscienza. 
L'attivazione di percorsi domiciliari interessa quelle persone in cui
persiste una condizione di bassa responsivita' e  le  cui  necessita'
assistenziali  non  sono  piu'  tali   da   impedirne   l'affidamento
all'ambiente extrasanitario. 
E' opinione  condivisa  che  la  mancanza  di  un  percorso  di  rete
efficiente e di un progetto che si delinei all'interno  del  percorso
precedentemente descritto  crea  enormi  difficolta'  ai  reparti  di
riabilitazione, specialmente di  alta  specialita'  (Cod.  75)  nella
dimissione di pazienti "cronici". Come sottolineato  dalla  Consensus
Conference di Verona del 2005, uno degli anelli fragili della  catena
per queste condizioni e' la  carenza  di  strutture  e  percorsi  non
ospedalieri che consentano appunto la gestione della cronicita'. 
Infatti, in mancanza di strutture e percorsi chiaramente definiti, la
proposta  di  dimissione  risulta   difficilissima   anche   per   le
implicazioni di tipo familiare. Inoltre, affermare che piu' il quadro
(sia esso SV o SMC) si cronicizza, meno e' necessario  un  intervento
riabilitativo, risulta inaccettabile per i familiari che, in  assenza
di una prospettiva assistenziale di qualita', avvertano la situazione
del congiunto come una condizione di abbandono terapeutico. 
Anche il termine "cronicita'" non  definisce  il  quadro  clinico  di
riferimento ma, solo il decorso  temporale  delle  malattia.  Non  va
interpretato in forma rigida e non soltanto per l'impatto  devastante
che ha per la famiglia. Infatti, come sottolineato dalle Associazioni
delle famiglie dei pazienti, il termine "cronicita'" molto spesso non
evoca  la  necessita'  di  accompagnamento,  condivisione,  presa  in
carico,  ma  molto  piu'  semplicemente  rimanda   a   termini   come
"parcheggio", "attesa di fine vita" e tutte  la  terminologia  che  i
media possono coniare nelle definizioni di "non mondo", "non vita"  o
"altro." 
E' necessario, comunque e sempre, nella  gestione  di  tali  pazienti
garantire un sistema di  monitoraggio  dello  stato  di  coscienza  e
documentare la loro responsivita' e/o la loro evoluzione da parte  di
specialisti neurologi esperti in riabilitazione e fisiatri esperti in
riabilitazione neurologica. Sembra a questo punto non solo opportuno,
ma fondamentale e significativo, introdurre una nuova concezione  dei
pazienti in SV  o  SMC,  sostenuta  anche  dalle  Associazioni  delle
famiglie.  Secondo  queste,  infatti,  e'  "importante  e  innovativo
iniziare a sviluppare il concetto, per cui  una  persona  in  SV,  in
particolare quella che raggiunge la  stabilita'  clinica,  non  debba
essere piu'  considerata  malato  o  paziente",  bensi'  persona  con
"gravissima"  disabilita'  che,  al  pari  di  altre  con  gravissime
patologie croniche, puo' seguire terapie di prevenzione, mantenimento
e cura presso strutture non  sanitarie.  Tale  considerazione  e'  da
ritenersi importante sia per legittimare la richiesta di passaggio di
una persona in SV o SMC a strutture  di  carattere  "non  prettamente
sanitario", sia per "agevolare" e predisporre gli aspetti psichici  e
psicologici della famiglia coinvolta  ad  una  migliore  comprensione
dello stato del suo congiunto e della sua nuova realta' e  quindi  ad
una sua predisposizione per un ritorno a casa del congiunto o per  un
suo passaggio ad altra struttura. E' chiaro ed evidente che  la  fase
di  passaggio  ad  altra  struttura  non  sanitaria  di  persone  con
disabilita gravissime (quali quelle in SV o SMC) costituisce una fase
molto delicata che necessita di indispensabili  strumenti  sociali  e
sanitari di' supporto alla persona e alla famiglia". 
Le soluzioni che il gruppo di lavoro individua sono: 
 
1. DOMICILIO 
2. SPECIALI UNITA' DI ACCOGLIENZA PERMANENTE (SUAP) 
3. RESIDENZE DOMICILIARI PROTETTE 
 
1. DOMICILIO (Reinserimento domiciliare) 
 
L'esigenza di prendere in esame e mettere definitivamente a fuoco  un
percorso  assistenziale  specificamente  dedicato  alle  persone   in
condizioni di stato vegetativo e' strettamente collegata all'evidente
impatto sociale che esse determinano e alle difficolta' crescenti che
l'offerta attuale da parte delle istituzioni sanitarie, sia pure  con
le  solite  eccezioni  virtuose,  determina  in  termini   di   oneri
assistenziali a carico delle famiglie nelle  quali  e'  presente  una
persona in stato vegetativo: oneri tanto  piu'  pesanti  quanto  piu'
marcate sono le deficienze strutturali ed organizzative  dei  servizi
sanitari  e  lacunosi  e  disomogenei  i  programmi   di   assistenza
domiciliare  integrata  da  parte  dei  servizi  socio-sanitari   del
territorio. A queste considerazioni si deve aggiungere la difficolta'
di      coinvolgere       e       coordinare       nel       percorso
diagnostico-terapeutico-assistenziale     le     numerose      figure
professionali impegnate nelle diverse fasi della condizione di  stato
vegetativo. 
La  complessita'  della  problematica  e'  affrontabile  in   maniera
efficace ed efficiente se improntata ai seguenti principi generali: 
 
A. Il percorso assistenziale della persona  in  stato  vegetativo  in
assistenza domiciliare deve caratterizzarsi per la complessita' e  la
diversificazione della intensita' degli interventi in relazione  alla
evoluzione  della  condizione,  all'evenienza  di  complicanze  e  al
contesto  familiare  e  socio-ambientale.  Per  queste   ragioni   e'
indispensabile individuare con chiarezza le diverse criticita' e  gli
interventi da mettere in campo in relazione ad esse. 
B. La continuita' assistenziale tra  l'assistenza  domiciliare  e  le
altre forme di assistenza sanitaria alla persona in stato  vegetativo
deve   basarsi   sulla   consapevolezza   che    sono    fondamentali
l'integrazione  degli  interventi  per  uno  stesso  paziente  e   il
coordinamento fra soggetti, strutture e servizi, secondo la modalita'
di rete e di presa in carico globale. 
C. La centralita' e l'unitarieta' della persona devono  rappresentare
elementi   imprescindibili   per   l'organizzazione   dell'intervento
assistenziale domiciliare. 
 
E' sentita, pertanto, come  indifferibile  l'esigenza  di  mettere  a
punto un sistema integrato che parta dai Medici di Medicina  Generale
(MMG) e dai Pediatri di Libera Scelta (PLS) che possa  costituire  lo
snodo tra il paziente, la famiglia e gli operatori del sistema. 
L'obiettivo deve essere quello di integrare l'assistenza  domiciliare
nella piu' complessiva rete assistenziale che garantisca,  attraverso
un continuo feed-back, l'attuazione per ciascun paziente del  proprio
specifico percorso assistenziale ed il suo continuo aggiornamento  in
relazione all'evolversi della condizione. 
Risulta pertanto necessario che al paziente in assistenza domiciliare
venga garantita: 
 
- un'ampia condivisione dei dati del paziente tra  i  vari  operatori
del sistema; 
- una regia  unitaria  capace  di  coniugare  efficacia,  qualita'  e
tempestivita' degli interventi; 
- la "rete" assistenziale, sia in termini di struttura che in termini
di  collegamento  operativo  tra  tutte   le   figure   professionali
coinvolte; 
- la promozione di iniziative atte a facilitare  l'accesso  periodico
alle strutture specialistiche ed ospedaliere per la effettuazione  di
prestazioni sanitarie richieste dal medico curante; 
- la promozione di  forme  avanzate  di  integrazione  sociosanitaria
anche supportate con forme di attribuzione mensile alle  famiglie  di
risorse  finanziarie  eventualmente  rese  disponibili  dal   sistema
regionale dei servizi sociali. 
 
Il rientro nel proprio  domicilio,  laddove  possibile,  deve  essere
incentivato in particolare per i soggetti giovani. A fronte  di  tale
auspicio occorre tuttavia segnalare come il carico assistenziale (con
il devastante coinvolgimento emozionale, relazionale, di tempo  e  di
risorse  economiche)  sia  molto  elevato  come  risulta   dai   dati
presentati nella Consensus Conference di Verona 2005 (media di 90 ore
assistenza settimanali). Prima del  rientro  a  domicilio  e'  dunque
necessario che il team riabilitativo delle UGCA Cod. 75 o delle altre
strutture di ricovero valuti la capacita'  della  famiglia  di  poter
gestire tali situazioni a domicilio, previa attivazione di  tutta  la
rete di supporto logistico/organizzativo necessaria. Preso atto della
situazione  clinica,  per  organizzare  il  rientro  domiciliare   in
condizione di protezione deve, quindi, essere  precocemente  attivata
l'Unita'   di'   Valutazione   Multidimensionale    (UVM)    (medica,
infermieristica, fisioterapica,  sociale)  del  territorio/ASL  della
persona in SV, SMC o con grave  disabilita',  esiti  tutti  di  gravi
cerebrolesioni acquisite. 
All'interno  della  UVM  deve  esserci  un  medico   specialista   in
riabilitazione con specifiche competenze neurologiche o neurologo con
specifiche competenze riabilitative che fa parte del sistema  a  rete
dedicato  alle  gravi  cerebrolesioni  acquisite  e  che  veicola   e
garantisce  la  continuita'  delle  cure   nonche'   rappresenta   le
necessita' assistenziali. 
Compiti della UVM: 
 
- valutazione sociale e psicologica del nucleo familiare; 
- valutazione del domicilio e degli adattamenti necessari; 
- definizione del programma personalizzato  socio-sanitario  (incluso
nursing specialistico); 
-  definizione  del  programma  di  dimissione  protetta   verso   il
domicilio; 
- valutazione dei bisogni per nutrizione artificiale e gestione della
cannula tracheostomica; 
- informazione ai famigliari sui  servizi  territoriali  forniti  con
specifica "carta dei servizi"; 
- valutazione dei bisogni di ausili e sussidi indispensabili; 
- identificazione del case-manager della persona in SV o SMC; 
- previsione di periodi programmati di accoglienza temporanea  presso
strutture dedicate; 
Servizi forniti alla famiglia: 
 
-  i  Servizi  territoriali  dell'ASL  e  del  Comune  di   residenza
forniscono assistenza domiciliare  integrata,  sanitaria  e  sociale,
nell'ambito di uno specifico progetto individuale concordato  con  la
famiglia, elaborato  sulla  base  dei  bisogni  del  paziente.  delle
esigenze della famiglie e delle risorse attivabili nel territorio  di
riferimento; 
- il servizio di riabilitazione domiciliare (1°  livello)  della  ASL
puo' fornire interventi di riabilitazione di mantenimento a  giudizio
del fisiatra del servizio medesimo; 
-  e'  compito   del   Medico   di   medicina   generale   verificare
periodicamente  o  su   chiamata   eventuali   necessita'   sanitarie
intercorrenti; 
- il Servizio  Territoriale  verifica  periodicamente  la  situazione
psicologica e sociale della famiglia e individua eventuali necessita'
e provvedimenti; 
- il Servizio Territoriale programma  anche  eventuali  modifiche  di
percorso della persona con SV e SMC quando necessari o consigliabili; 
- laddove possibile, la persona  con  SV  e  SMC  deve  poter  essere
accolta  per  1-2  volte  a  settimana  presso   un   centro   diurno
territoriale, sia con finalita' socializzante che per  consentire  al
care-giver di potersi assentare da casa. 
E' inoltre opportuno che: 
 
- i familiari  abbiano  punti  di  riferimento  (Cod  75  o  56)  per
eventuali  bisogni  valutativi  in  ordine  al  cambio  di  programma
(ausili; comunicazione, interventi chirurgia funzionale etc.); 
- su  indicazione  del  Medico  di  medicina  generale,  il  Servizio
Territoriale dell'ASL di residenza fornisca direttamente al domicilio
del paziente le visite specialistiche, i servizi per prelievi ematici
e controlli e, laddove possibile, i servizi di  indagine  clinica  da
effettuarsi   con   apparecchiature    trasportabili/mobili    quali:
ecografie, radiografie, ECG; 
- i Servizi Territoriali delle ASL  di  appartenenza  regionale  e  i
relativi  distretti  seguano  tutte  un  unico   "protocollo"   nella
fornitura dei servizi per cui sono preposti evitando "difformita'" di
comportamenti e nella fornitura di servizi; 
-  i  Servizi  Territoriali  delle  ASL  snelliscano  l'attuale  iter
burocratico previsto per la categoria delle persone in SV e SMC; cio'
potrebbe consentire una  riduzione  della  pressione  e  degli  oneri
gravanti sulle famiglie (esempio: evitare di  sottoporre  a  verifica
trimestrale lo stato di una persona in SV o  in  SMC  per  confermare
prescrizioni di fornitura di ossigeno, pannoloni e traverse,  presidi
di consumo etc.). Tale compito potrebbe o dovrebbe essere delegato al
Medico  di  medicina  generale,  a  cui  compete,  tra  l'altro,   la
prescrizione delle forniture dei materiali di consumo; 
- e' opportuno  prevedere  un  contributo  per  l'abbattimento  delle
barriere architettoniche ed adeguamento degli ambienti in conformita'
con le indicazioni date direttamente dalla ASL di competenza. 
 
2. SPECIALI UNITA' DI ACCOGLIENZA PERMANENTE (SUAP) PER  SOGGETTI  IN
SV O IN SMC 
 
Il Gruppo di lavoro ha ritenuto necessario attribuire il concetto  di
cronicita' alle strutture e non alla persona suggerendo di correggere
il termine di Stato  Vegetativo  Permanente  che  in  alcune  regioni
contraddistingue tali  unita'.  Le  SUAP,  strutture  intermedie  che
seguono i soggetti in Stato vegetativo e SMC prolungati devono essere
separate e distinte da aree di degenza ordinaria  e  dai  reparti  di
riabilitazione intensiva o estensiva o di  riabilitazione  per  Gravi
Cerebrolesioni Acquisite. Esse debbono essere aree/nuclei  con  spazi
specifici, anche in caso di coesistenza in uno stesso contenitore, in
grado di favorire una risposta adeguata e personalizzata  ai  bisogni
di questi pazienti. Si stima che vi debba essere  una  necessita'  di
almeno 30/40 letti per milione di abitanti in tali  unita'.  Le  SUAP
dedicate ai soggetti in SV devono  ottemperare  a  precisi  requisiti
tecnici, strutturali e di personale. L'accesso alle SUAP puo'  essere
effettuato,  alla  luce   di   un   preciso   progetto   individuale,
direttamente da reparti  di  riabilitazione  e/o  lungodegenza  o  da
strutture riabilitative per GCA (Cod. 75) o dal domicilio per periodi
di sollievo, nell'ambito del  progetto  individuale  formulato  dalla
Unita' di Valutazione Multidimensionale (UVM)  territoriale  attivata
nell'ASL di residenza." 
Non costituiscono criteri di esclusione per l'accesso: 
 
- la presenza di cannula tracheostomica; 
- la nutrizione enterale; 
- la comorbilita'; 
- la presenza di piaghe da decubito; 
- la famiglia "debole" o assente. 
 
Le SUAP devono essere  inserite  in  un  sistema  di  rete  regionale
integrato con i reparti ospedalieri e con  il  territorio  anche  per
garantire una distribuzione geografica equilibrata. 
 
3. DOMICILI PROTETTI 
 
Si tratta di strutture prettamente sociali, case di accoglienza  dove
coabitano in un domicilio comune  piu'  persone  in  SV  o  SMC,  che
recentemente  stanno  nascendo  come  modello  teorico  grazie   alle
iniziative di singoli professionisti del  settore  in  collaborazione
con associazioni di volontariato  e  con  gli  enti  locali  (comune,
regione, ASL). 
Si tratta di modelli di assistenza integrata dove la ASL territoriale
garantisce le competenze sanitarie di  assistenza  domiciliare  e  il
supporto  gestionale  viene  fornito   dal   comparto   sociale,   da
associazioni di volontariato, dalle famiglie stesse, tutti sottoposti
preventivamente ad adeguato training formativo. 
Le modalita'  relative  all'accesso  e  il  "governo"  presso  queste
strutture sono di competenza di commissioni sanitarie e sociali (tipo
UVM). Il paziente dimesso con i criteri e le regole del reinserimento
domiciliare, viene  ospitato  previa  approvazione  di  una  apposita
commissione. 
Si configura non solo come luogo di residenza, tutela  ed  assistenza
per persone con totale assenza di autonomia ma, anche come  luogo  di
servizi  psico-sociali  a   sostegno   della   famiglia,   ponendosi,
nell'ambito dei servizi rivolti ai soggetti in  SV  e  in  SMC,  come
sostituto stabile o temporaneo al servizio di assistenza  domiciliare
convenzionale. 
Oltre a posti di residenza stabili, possono essere dotate  di  "posti
di sollievo" e di "transito". 
In questo caso le persone dovrebbero fissare il loro domicilio presso
queste strutture temporaneamente per un periodo non  superiore  ai  2
mesi. 
Anche la funzione di questi posti letto  va  ad  assumere  un  valore
fondamentale nel percorso assistenziale per persone in SV o SMC. 
Queste  strutture  dovrebbero  prevedere  anche  la  possibilita'  di
pernottamento di un familiare presso la struttura. 
 
PRIORITA' e RACCOMANDAZIONI 
 
Dall'analisi fisiologicamente connessa  alla  attuale  realta'  e  in
linea non solo con le indicazioni del PSN, ma anche  con  i  LEA  che
incentivano l'individuazione di percorsi  terapeutici  e',  ormai  da
tempo emersa, la necessita' di direttive  nazionali  per  definire  i
percorsi  di  cura  e  incentivare  lo  sviluppo  di  reti  regionali
assistenziali dei pazienti in SV e SMC. 
Per assolvere correttamente  alle  necessita'  specifiche  e  rendere
efficiente  il  sistema,  si  ritiene   opportuno   sottolineare   la
necessita' di un tavolo di lavoro che, in collaborazione tra  esperti
della materia, con gli assessorati alla sanita' regionale, comunale e
una rappresentanza nazionale delle  associazioni,  in  uno  stato  di
sinergia operativa, avvii un programma sia di interventi  progressivi
sia l'individuazione di indispensabili linee di ricerca. 
In particolare gli interventi necessari sono: 
 
- riconoscimento dei sistemi di assistenza primaria alle  persone  in
SV e SMC; 
-  regolamento  ministeriale  per  l'individuazione  degli   standard
qualitativi (strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di
esito) e quantitativi di cui ai livelli essenziali  di  assistenza  -
legge n. 311 del  2004  (art.  1,  comma  169)  -  con  l'intento  di
integrare e specificare i LEA sul versante attuativo, assicurarne una
erogazione omogenea tra  le  diverse  aree  del  ten-itorio  evitando
disparita'  dei'  costi  sostenuti  (dalle  singole  Regioni)  e  nel
trattamento riservato ai cittadini (con differente residenza); 
- valutazione analitica e critica dei sistemi di finanziamento  delle
strutture  attualmente  attive  con  particolare   riferimento   alla
adeguatezza  e  congruita'  delle  differenti  tariffe  basate  sulla
complessita' o  sulla  tipologia  di  pazienti  ed  intensita'  degli
interventi erogati sia in regime di ricovero h 24 e diurno; 
-  ricognizione  delle  risorse  finanziarie   ed   umane   impiegate
nell'assistenza alle persone in SV e SMC; 
- processi di coerente collegamento in rete tra presidi ospedalieri e
tra questi e le strutture territoriali; 
- definizione degli standard in caso di mancata definizione da  parte
delle  Regioni  dei  tempi  di  attesa  per  le  singole  prestazioni
rientranti nei LEA. legge n. 266 del  2005  (I.  finanziaria  per  il
2006) e legge n. 311 del 2004; 
- programmi di sviluppo della rete dei servizi territoriali,  nonche'
programmi incisivi per il grado di appropriatezza; 
- valutazione efficacia degli specifici interventi riabilitativi; 
-  sviluppo  attraverso  adeguate  politiche   di   aggiornamento   e
formazione del "governo clinico"; 
-  integrazione  professionale  come  elemento  imprescindibile   per
l'esistenza e il buon  funzionamento  di  un  sistema  di  assistenza
primaria, in funzione di una presa in  carico  efficace  nelle  varie
fasi cliniche ivi compresa la cronicita'; 
- implementazione del sistema informativo finalizzato  all'incremento
non solo dell'efficienza ma anche della qualita'; 
- rilevazione dell'impatto clinico  ed  economico  dei  comportamenti
professionali sugli obiettivi del sistema. 
La  progettazione  e  la  realizzazione  di   servizi   adeguati   e'
condizionata da fattori eterogenei: 
 
- carenza di dati epidemiologici; 
- differenti modalita' d'osservazione,  trattamento  e  registrazione
dei dati; 
- differenti criteri e metodiche di supporto al clinico per  definire
l'outcome dello SV e SMC. 
 
Infine,  anche  i  limiti  delle  conoscenze  sul  funzionamento  del
cervello e sulla fisiopatologia della coscienza nello stato di Coma e
nelle  gravi  alterazioni  dello  stato  di  Coscienza,  continua   a
presentare delle grandi difficolta', con le immaginabili  conseguenze
nelle ricadute della pratica clinica. 
Anche dal punto di vista dell'efficienza  e  dell'appropriatezza  dei
modelli assistenziali e', pertanto, indispensabile, come precisato in
altre parti di questo report, sostenere nuove frontiere e prospettive
nella  ricerca,  per   l'individuazione   di   criteri   diagnostici,
prognostici e di best practices. Nel proporre lo studio  di  pazienti
in corna o in SV e in SMC, cioe' in stati neurologici a basso livello
di responsivita', si compie una scelta etica fondata sia sul rispetto
della persona, sia sul duplice rifiuto dell'abbandono assistenziale e
dell'accanimento terapeutico. 
Si tratta di un aspetto cruciale nella organizzazione dell'assistenza
alle persone con grave disabilita', prima di tutto  per  garantire  a
questi soggetti la  certezza  diagnostica,  ma  anche  per  garantire
funzionalita' ed efficienza complessiva  alla  rete  delle  strutture
dedicate a questo settore. 
Tale scelta ha delle ricadute non solo pratiche., ma anche etiche  di
enorme rilevanza, soprattutto per quelle  condizioni  drammatiche  in
cui la condizione clinica di SV o di SMC si protrae indefinitamente. 
Il miglioramento dei modelli assistenziali e la  ricerca  scientifica
sugli stati neurologici a  basso  livello  di  responsivita'  possono
offrire un importante contributo per far crescere  appropriatezza  ed
efficienza in sanita', per garantire maggiori  livelli  di  giustizia
per tutti i cittadini, fondati su principi di equita' e  solidarieta'
all'interno  del  corpo  sociale,  e  per  far  avanzare  il  livello
complessivo di civilta' del Paese. 
 
 
 
 

 

 

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