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RESPONSABILITA' DELL'AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO

 

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a cura dell’Avv. Giovanni Agostini

 

1. Introduzione

Il tema della responsabilità dell'amministratore di condominio pone alla nostra attenzione questioni tradizionali e problemi nuovi.

Il Condominio è un luogo, che è fonte di vivace ed inesauribile conflittualità.

La materia in esame, dunque, è di grande attualità ed interesse.

A differenza di altre nazioni come gli Stati Uniti e l'Inghilterra o la Germania, il nostro è un Paese di Condomini. Quindi, le problematiche inerenti i Condomini sono quanto mai attuali e ricorrenti.

E' importante l'evoluzione, in termini generali, della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale dell'amministratore.

Si impone così una riflessione sulle funzioni della responsabilità civile, soprattutto sulla quella cd. "deterrente", ossia per far in modo che l'amministratore non sia inadempiente ai propri obblighi o negligente .

Ci si interroga sulla opportunità di attribuire maggiore rilievo alla funzione preventiva e deterrente della responsabilità civile in modo da dissuadere dal compimento degli illeciti dolosi o di far accrescere il grado di diligenza per ridurre quelli colposi.

Un'applicazione potrebbe riguardare il caso dell'amministratore che affida un appalto ad un'impresa diversa da quella indicata dall'assemblea dei condomini, non limitando l'entità del risarcimento agli eventuali maggiori costi, ma ammettendo ulteriori "voci" di danno, non strettamente collegate a perdite patrimoniali subite dal condominio.

Il rafforzamento della funzione preventiva e deterrente della responsabilità civile dovrebbe comunque mantenere l'istituto nel solco della tradizione del nostro ordinamento giuridico.

E' necessaria poi l'analisi dell'orientamento giurisprudenziale che ha ammesso alla carica anche enti collettivi e perfino società di capitali, al fine di individuare le conseguenze in materia di responsabilità  dell'amministratore, probabilmente nella direzione di un innalzamento dei parametri di professionalità.

Ed infatti con la sentenza 23/1/07, n. 1406 la Corte di Cassazione, Sez. II, ha affermato che "l'incarico di amministratore  di condominio può essere conferito, oltre che a una persona fisica, anche a una persona giuridica -nella specie una società di capitali- tenuto conto che la persona giuridica non soffre di limitazioni di capacità, se non nei casi previsti dalla legge, e che essa è in grado di offrire, quanto all'adempimento della relativa obbligazione e all'imputazione della conseguente responsabilità, un grado di affidabilità pari a quello della persona fisica".

Peraltro, tale indirizzo giurisprudenziale era stato già condiviso dalla medesima Corte pochi mesi prima, nella sentenza 24/10/06, n. 22840.

Stesso indirizzo è stato poi successivamente confermato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 25251/08 del 16/10/08.

Ebbene, la Corte con questa sentenza ha inaugurato la linea dura nei confronti dell'amministratore di condominio, stabilendo che

"L'amministratore di condominio è tenuto, tramite i poteri e doveri di controllo che gli sono imputati dal Codice Civile e da precise disposizioni di leggi speciali, ad impedire che il modo di essere dei beni condominiali provochi danni ai condomini o a terzi; sicché, egli si viene a trovare nella posizione di custode rispetto a tali beni e può, pertanto, rispondere di detti danni. (Sezione Terza Civile, Presidente P. Vittoria, Relatore P. D'Amico).

Come ha avuto modo di spiegare in maniera esauriente l'amico e collega Cesare Della Rocca, l'amministratore di condominio è un mestiere indubbiamente difficile, che richiede un alto livello di professionalità ed una idonea organizzazione di mezzi, meglio se su base societaria.

E' questo dunque il senso della decisione della Corte di Cassazione n. 25251/08 che ha così inaugurato la linea dura nei confronti della gestione "fai da te" degli immobili.

Nel caso di specie la Corte, ribaltando una  sentenza di appello, che ne aveva escluso la responsabilità, ha ritenuto colpevole l'amministratore per il danno causato ad un condomino dalla presenza di buche non percettibili e non segnalate nell'area condominiale, createsi a seguito di lavori di manutenzione.

Per la Corte, la figura dell'amministratore nel nostro ordinamento non si esaurisce nell'aspetto contrattuale delle prerogative d'ufficio visto che, non solo il Codice Civile, ma anche numerose leggi speciali gli imputano il dovere di impedire che il modo di essere dei beni condominiali provochi danni a terzi.

In caso di appalto di lavori, ad esempio,  il condominio in quanto tale non è posto in una condizione di esclusivo custode dei beni, anzi l'assemblea delega proprio l'amministratore alla stipula e, per la Corte, è lui il responsabile della salvaguardia dei beni comuni e dei danni da essi cagionati a  condomini o a terzi per negligenza o semplice violazione di obblighi legali o regolamentari (gia' sancita in alcune Sentenze:  Cass. 4816/94;  Cass. 8804/93; Cass. 2219/76).

 

E' dunque significativa la motivazione posta dalla III Sezione della Cassazione a fondamento della propria severità e cioè che essa scaturisce dall'evoluzione della figura dell'amministratore i cui compiti vanno incrementandosi si da far ritenere che gli stessi possano venire assolti in modo più efficace da società di servizi, all'interno delle quali operano, specialisti in settori diversi in grado di assolvere alle numerose e gravi responsabilità ascritte allo stesso amministratore dalle leggi speciali .

 

E è  chiaro l'avvertimento dei Giudici di Cassazione: l'amministratore di condominio deve essere un soggetto altamente qualificato dotato di idonea organizzazione per far fronte alle innumerevoli incombenze cui è preposto ed  il giudizio sulle sue eventuali responsabilità non potrà prescindere da questo presupposto.

 

Come si possa conciliare questo orientamento con l'inesistenza di una regolamentazione obbligatoria inerente l'accesso e quindi di un albo cui iscriversi e comunque  con la formazione degli amministratori immobiliari, è un problema cui il legislatore non può continuare ad ignorare.

 

Il problema consiste soprattutto nel bilanciare le crescenti aspettative dei condomini con le effettive possibilità di gestione dell'amministratore, limitando o escludendo la responsabilità di questo, eventualmente sprovvisto di strumenti adeguati per raggiungere il risultato auspicato.

Inoltre, i problemi legati al Condominio toccano molte materie del diritto privato e già per questo motivo presentano una notevole complessità. Rispetto a tale complessità non sempre risulta adeguata la normativa codicistica, per certi versi antiquata, per altri lacunosa.

 

SCARNA NORMATIVA

La responsabilità dell'amministratore è disciplinata in modo specifico soltanto dall'art. 1131 ultimo comma cod. civ., secondo cui l'amministratore che non dà notizia all'assemblea dei condomini dell'atto di citazione o del provvedimento a lui notificato può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni.

 

Alla scarna base normativa si accompagna invero un numero bassissimo di sentenze che riguardano la responsabilità dell'amministratore, soprattutto se esse vengono confrontate con quelle che riguardano altri professionisti, come ad esempio i medici.

Da questo dato può trarsi senza dubbio un giudizio positivo sulle capacità professionali e sulla correttezza degli amministratori, ma esso, comunque, non esime dal tentare un inquadramento sistematico della problematica.  Il Codice Civile, come è detto, dedica poche norme al Condominio (ed in fatti si parla da anni di una riforma: un progetto di riforma degli articoli del C.C. relativi alla materia condominiale è già stato recentemente approvato al Senato).

Di conseguenza la ricostruzione teorica della materia e le esigenze della pratica, hanno imposto il ricorso a figure contrattuali, più ampie ed elastiche, per trovare la regola di un grande numero di fattispecie, in primo luogo, quella del mandato, cosicché le norme che disciplinano gli obblighi e la responsabilità del mandatario sono servite anche a risolvere i conflitti tra amministratore e condomini.

I limiti di tale soluzione sono peraltro evidenti, perché la posizione complessiva dell'amministratore non coincide per molti aspetti  o addirittura si presenta contrastante con quella del mandatario.

Sono state pertanto proposte altre soluzioni, per esempio il ricorso alla figura dell'ufficio di diritto privato. In altri casi, la figura dell'amministratore condominiale è stata accostata a quella dell'amministratore di società, con ovvie conseguenze sul piano della disciplina e dei limiti della responsabilità.

Anche con riferimento all'amministratore di condominio sarà applicata la regola che tende a disciplinare in modo unitario la ripartizione dell'onere della prova sia che si configuri la responsabilità contrattuale sia che ricorra una fattispecie di illecito extracontrattuale.

 

Il tema della responsabilità dell'amministratore di condominio è tradizionalmente caratterizzato da un contenzioso minuto: i problemi della vita quotidiana - infiltrazioni, tubature, guasti etc. - si riversano sull'amministratore, chiamato pertanto ad un impegno vigile e costante. 

 

Sempre in tema di responsabilità la giurisprudenza sembra aver fatto buon uso della regola di proporzionalità, non considerando responsabile l'amministratore sprovvisto di efficaci strumenti o paralizzato dagli orientamenti assembleari.

 

2. Responsabilità Contrattuale

 

La fonte di detta responsabilità e' nel contratto di mandato.

L'amministratore  dunque è responsabile dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso dei poteri e, in genere, da qualsiasi inadempimento degli obblighi legali o regolamentari.

 

Non  può essere ritenuto responsabile, ancorché sia tenuto a far osservare il regolamento condominiale, dei danni cagionati dall'abuso dei condomini nell'uso della cosa comune, non essendo dotato di poteri coercitivi e disciplinari nei confronti dei singoli condomini (salvo che il Regolamento di condominio, ai sensi dell'art. 70 disp. att. cod. civ., preveda la possibilità di applicazione di sanzioni nei confronti dei condomini che violano le norme da esso stabilite sull'uso delle cose comuni), né lo stesso è obbligato a promuovere azione giudiziaria contro i detti condomini in mancanza di un'espressa disposizione condominiale o di una delibera assembleare (v. Cass. n. 8804/1993).

 

Parimenti, non è ravvisabile alcuna responsabilità personale dell' amministratore del condominio per colpevole inerzia od omissione, quando risulti che lo stesso abbia sempre tempestivamente edotto i condomini delle iniziative assunte da alcuni di essi, incidenti anche su parti comuni dell'edificio, correttamente attenendosi a delibere assembleari che ancorché a maggioranza hanno consentito tali iniziative.

 

L’inosservanza dei doveri rientranti nei suoi compiti è per l’amministratore fonte di responsabilità contrattuale  (cfr. IV comma art. 1131 cod. civ.)

Tale responsabilità sussiste verso l’insieme dei condomini anche nell’ipotesi che il danno colpisca direttamente uno solo di essi.

 

RESPONSABILITA' in materia di appalti

 

Responsabilità in tema di appalti per lavori straordinari.

In tema di appalto il committente deve adeguare la sua condotta a due fondamentali regole di diligenza e prudenza ovvero:

a) scegliere (c.d. “culpa in eligendo”) l’appaltatore e più in genere il soggetto al quale affidare l’incarico, accertando che la persona, alla quale si rivolge, sia non soltanto munita dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa;

b) non ingerirsi nell’esecuzione dei lavori. Risponderà quindi, a titolo di colpa il committente che non rispetti tali regole”Cassazione Penale sez. III, 20 gennaio 1991, Giur. it. 1993,II, 171.

 

Sempre sulla responsabilità contrattuale

 

Il rapporto tra condominio ed amministratore va inquadrato nel mandato ex art. 1710 c.c..  La dottrina e la giurisprudenza sono di parere unanime nell'inquadrare il rapporto che lega l'amministratore all'ente gestito nell'ambito della figura contrattuale del mandato.

Applicando dunque i principi che regolano il rapporto di mandato ne consegue che l'inosservanza da parte dell'amministratore dei doveri rientranti nei suoi compiti è fonte di responsabilità contrattuale.

 

L'amministratore deve rispondere del suo operato verso il condominio a titolo di colpa, tutte le volte in cui non agisca con la diligenza del buon padre di famiglia. Nell'espletamento del mandato, l'amministratore deve tenere una condotta improntata alla diligenza media, al di sotto della quale scatta la responsabilità.

Ai sensi dell'art. 1710 c.c. quando l'amministratore svolge l'incarico gratuitamente la sua colpa deve essere valutata con minor rigore.

 

E' responsabile dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso dei poteri e in genere di qualsiasi inadempimento degli obblighi legali o regolamentari.

 

L'inadempimento, oltre a essere fonte di responsabilità contrattuale e legittimare il condominio all'esercizio dell'azione di risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale, può comportare anche la richiesta di revoca dell'amministratore ex art. 1129 c.c..

 

L'uso distorto, o comunque non appropriato, per interessi estranei al condominio, dei poteri dell'amministratore, integra un fatto grave nella prospettiva dell'art. 1129 c.c., perché è tale da scuotere la fiducia che sta alla base del rapporto di mandato che lega l'amministratore al condominio.

La legge richiede, ai fini della revoca dell'amministratore di condominio, non la prova, ma soltanto il fondato "sospetto" di gravi irregolarità.

 

L'approvazione assembleare dell'operato dell'amministratore e la mancata impugnativa delle relative delibere preclude l'azione di responsabilità al singolo condomino leso dall'attività e dalle iniziative arbitrarie dello stesso soltanto per le attività di gestione dei beni e dei servizi condominiali, per le quali a norma dell'art. 1135 comma 3, c.c. il potere di approvazione compete all'assemblea. Tuttavia, la delibera assembleare di approvazione non esclude la responsabilità dell'amministratore nell'ipotesi di mancata tempestiva informazione da parte dello stesso di atti che hanno diretta incidenza sul patrimonio del singolo condomino.

 

3. Problema costituito dall'obsolescenza del patrimonio immobiliare e dalla costante necessità del suo adeguamento alle norme di sicurezza.

La scelta del prodotto tecnologico sicuro non sempre è facile  anche per la difficile conoscenza delle norme tecnologiche le quali non sono più esclusivamente nazionali, ma anche di derivazione europea.

L'immediato recepimento delle normative comunitarie e la promulgazione di nuove leggi hanno imposto sostanzialmente l'effettuazione del controllo periodico dei dispositivi di sicurezza e delle parti dell'impianto dalle quali dipende il corretto esercizio dell'ascensore.

 

Da tali obblighi ne consegue che l'amministratore non è più esclusivamente il gestore della cosa comune e l'esecutore della volontà assembleare bensì, paradossalmente, l'imprenditore della cosa comune con tutte le responsabilità conseguenti e senza ricavare un apprezzabile giovamento o profitto da tale situazione, specialmente se rapportati con le sempre maggiori responsabilità giuridiche.

 

4. Responsabilità Extracontrattuale.

Responsabile per la custodia delle parti comuni - Art. 2051 c.c.

Ciascuno è responsabile del danno cagionato da cose in custodia, salvo che provi il caso fortuito. 

Il custode delle cose ossia colui che ha l'effettivo potere su di esse è l'amministratore.

Se vi è il danno e lo stesso si è verificato all'interno del condominio e si vi è l'effettivo potere fisico sulla cosa, allora sorge in capo al custode (l'amministratore) la responsabilità ex art. 2051 c.c.

E' una presunzione iuris tantum di colpa, vincibile solo con la prova (molto difficile e rigorosa che il danno sia derivato dal fatto del terzo o per colpa del danneggiato). Vi è un inversione dell'onere della prova.

Per andare esente da responsabilità l'amministratore dovrà dimostrare l'inidoneità della cosa in sua custodia a provocare il danno (cfr. Cass. 26051/08 o Cass. 26751/09), esistenza di altri fatti idonei ad interrompere il nesso causale fra il bene ed il danno (compreso il fatto del danneggiato) . Trattasi di responsabilità oggettiva!

 

Il custode è responsabile per il semplice fatto che dalla cosa in custodia si derivato danno (e ciò sia se il danno sia stato subito da un condomino sia da un terzo estraneo).

Difetti di costruzione dell'edificio non possono mai essere considerati "caso fortuito".

 

Chi ha subito il danno può limitarsi a dimostrare il danno ed il fatto che esso sia eziologicamente collegato alla cosa in custodia.

Quindi basterà dimostrare la CONDOMINIALITA' del bene.

 

Fermo restando dunque l'evento imprevedibile è ben più saggio per il condominio e per l'amministratore stipulare l'assicurazione (quasi tutti i condomini che conosco stipulano polizze assicurative per i danni a terzi) .

 

Esempio:

 

Malfunzionamento della rete fognaria - occlusione del condotto fognario di un condomino e reflusso d'acqua - danni

L'impianto fognario è di proprietà condominiale  e quindi presunzione di responsabilità ex art. 2051

Amministratore esente da responsabilità in quanto venne dimostrato che l'occlusione era stata causata da scarico di carta  per alimenti  addebitata ad un condomino poi risultato ignoto.  

Come già evidenziato, gli adempimenti dell'amministratore sono aumentati con il proliferare delle leggi in materia di sicurezza degli impianti, privacy, obblighi tributari che interessano anche la realtà condominiale, e, di conseguenza, si è dilatata l'area della sua responsabilità.

Tipico caso di responsabilità extracontrattuale in ambito condominiale è dato dalla violazione della disposizione di cui all'art. 2051 c.c., per cui ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.

La giurisprudenza prevalente ritiene che in materia condominiale l'eventuale responsabilità aquiliana derivante da insufficiente od omessa custodia è da attribuire al condominio come tale in quanto la custodia è a carico del condominio e per esso dell'amministratore.

L'amministratore è titolare ope legis (salvo diverse disposizioni statutarie o regolamentari) non solo del dovere di erogazione delle spese attinenti alla manutenzione ordinaria e alla conservazione delle parti e servizi comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1130, nn. 3 e 4, C.C., ma anche del potere di ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente con l'obbligo di riferirne nella prima assemblea dei condomini, ai sensi dell'art. 1135 co. 2, C.C.

Di conseguenza deve riconoscersi in capo a tale soggetto l'obbligo giuridico di attivarsi senza indugio per la eliminazione delle situazioni potenzialmente idonee a cagionare la violazione della regola del neminem laedere .

La responsabilità per danno cagionato da cose in custodia postula che l'evento lesivo derivi da mancata o inadeguata custodia della cosa, da intendersi nel senso ampio, comprensivo di inidoneo governo o impiego di essa da parte di chi ne ha l'obbligo e senza che rilevi che la cosa stessa sia o non munita di autonoma capacità di nuocere (in tal senso Cass. Civ., Sez. III, 24 febbraio 1983, n. 1425).

Per andare esente da responsabilità, il danneggiante deve provare che il danno è derivato da caso fortuito, comprensivo del fatto del terzo o della colpa del danneggiato.

Si desume che l'amministratore è titolare per legge del potere/dovere di ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente, ossia provvedere a eliminare le situazioni potenzialmente pericolose, con l'obbligo di riferirne nella prima assemblea dei condomini. In difetto, il medesimo sarà chiamato a risponderne.

 

Responsabilità extracontrattuale: ART. 2049 (definizione)

 

I padroni e committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici o commessi nell'esecuzione delle incombenze a cui sono adibiti

Il portiere dello stabile è un lavoratore dipendente.

Il suo datore di lavoro è l'amministratore di condominio

Sicura ed indubbia è la responsabilità del condominio per danni arrecati da fatto del portiere.  Il Condominio assume nei confronti dei terzi anche la cd. “responsabilita' indiretta" di cui all'art. 2049 c.c.  per i fatti dannosi commessi da amministratore, portiere, addetti alle pulizie, o manutenzione e cmq tutti coloro che sono legati al condominio da un rapporto di lavoro o di incarico di esecuzione di opere, che importi un vincolo di dipendenza sorveglianza o vigilanza, anche se solo temporaneo.

E' fatta salva cmq la rivalutazione interna della responsabilità relativa al singolo rapporto fra condominio e singoli contraenti (portiere, amm.re, appaltatore etc.) che potrà  comportare anche un'attribuzione di responsabilità di tipo esclusivo e non solidale e comunque non di garanzia (art. 2049). 

La dottrina ha esteso in ambito condominiale la responsabilità stabilita ex art. 2049 c.c. a carico dei padroni e dei committenti, per i danni arrecati dai loro domestici e commessi.

Pertanto, nella responsabilità extracontrattuale rispondono ai sensi dell'art. 2049 del Codice civile anche i condomini per culpa in eligendo e per culpa in vigilando in quanto quali proponenti sono garanti per il soggetto autore del danno ovvero dell'amministratore da loro scelto e nominato.

Perché sussista tale responsabilità è necessario che il danno sia conseguenza del fatto illecito dell'amministratore e che tra le attribuzioni di questo e l'evento dannoso vi sia un rapporto eziologico.

 

5. Il concorso tra le due responsabilità contrattuale ed extracontrattuale

 

Per un medesimo fatto è possibile altresì l'insorgenza di un concorso fra le due distinte obbligazioni risarcitorie, una di origine contrattuale e l'altra di origine extracontrattuale. In proposito indicativa è la pronuncia della Suprema Corte  secondo cui «È pienamente ammissibile il concorso di responsabilità contrattuale con quella extracontrattuale, quando si tratti di un medesimo fatto che violi contemporaneamente sia diritti che alla persona spettano indipendentemente da un contratto o da un rapporto giuridico preesistente, sia diritti che derivano da un contratto o comunque da un vinculum iuris già esistente, e in tal caso la pretesa del danneggiato può trovare il suo fondamento, oltre che nel generale precetto del neminem laedere , anche nel contratto».

 

6. Il rapporto tra responsabilità dell'amministratore e l'art. 1131 c.c.

 

L'amministratore  nell'espletamento delle attribuzioni di cui all'art. 1131 c.c. è un rappresentate dei partecipanti al condominio, alla tutela dei cui interessi di gruppo egli deve indirizzare la propria attività.

La violazione di tale dovere se lo rende responsabile dei danni subìti dal gruppo dei condomini, si esaurisce nei rapporti interni con il condominio e, pertanto, non esclude o diminuisce l'eventuale responsabilità del Condominio medesimo nei confronti di altri soggetti, compreso tra questi il singolo condomino, distinto dal gruppo e come tale rimasto danneggiato per la difettosità di parti comuni dell'edificio, da considerarsi nella custodia del condominio agli effetti dell'art. 2051 c.c.

 

7. I limiti della responsabilità

 

L'amministratore è tenuto a compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio.

Tale potere si riferisce non solo alle parti dell'edificio comuni a tutti i partecipanti e, come tali, insuscettibili di proprietà separata, ma riguarda anche la vigilanza sulla regolarità dei servizi comuni, anche per quanto attiene alle interferenze con i singoli appartamenti.

Riguarda, altresì, il potere di eseguire verifiche e di impartire le necessarie provvidenze intese a mantenere integra la parità del godimento dei beni comuni da parte di tutti i condomini.

Non riguarda, infine, i rapporti personali tra i condomini.

L'amministratore non può essere ritenuto responsabile, ancorché sia tenuto a far osservare il regolamento condominiale, dei danni cagionati dall'abuso dei condomini nell'uso della cosa comune, non essendo dotato di poteri coercitivi e disciplinari nei confronti dei singoli condomini -salvo che il regolamento di condominio ai sensi dell'art. 70 disp. att. cod. civ., preveda la possibilità di applicazione di sanzioni nei confronti dei condomini che violano le norme da esso stabilite sull'uso delle cose comuni- né obbligato a promuovere azione giudiziaria contro i detti condomini in mancanza di una espressa disposizione condominiale o di una delibera assembleare (Cass. 20/8/93, n. 8804).

Nel caso in cui l'amministratore ometta di tutelare adeguatamente le parti comuni del fabbricato, consentendone l'occupazione o la modificazione da parte di singoli condomini o di terzi, egli può essere rimosso dalla carica ed, eventualmente, condannato a risarcire il danno, ma non può essere condannato personalmente a rimuovere le opere eseguite da terzi, ovvero a ripristinare lo status quo ante (App. Potenza 12 marzo 2003).

Può accadere che l'assemblea del condominio abbia deciso l'effettuazione di un determinato intervento su alcuna delle parti comuni dell'edificio che, però, l'amministratore per negligenza non provvede a effettuare.

Si pone allora il problema se a tale inadempimento (verso il gruppo dei condomini) possa essere ricollegata una responsabilità personale dell'amministratore verso il terzo che, a cagione di ciò, abbia subito un danno. A tale problema si può dare risposta affermativa, qualificandosi la responsabilità come extracontrattuale.

Da ciò l'affermazione che ben può configurarsi una responsabilità aquiliana dell'amministratore in relazione ai danni derivati dall'avere egli omesso di far riparare un bene dell'edificio condominiale in esecuzione di una delibera dell'assemblea.

 

8. La normativa speciale

 

Ora, a parte la previsione dell'art. 1130 cod. civ., si va sempre più delineando una figura di amministratore non più come semplice mandatario, bensì come esercente un ufficio di diritto privato, con compiti e responsabilità, di natura pubblica che travalicano la natura contrattuale del rapporto con i condomini. Si assiste ad una evoluzione della figura dell'amministratore i cui compiti vanno sempre più incrementandosi così da far ritenere che gli stessi possano venire assolti in modo più efficace dalle società di servizi, all'interno delle quali operano specialisti in settori diversi, in grado di assolvere alle numerose e gravi responsabilità ascritte allo stesso amministratore dalle leggi speciali (Cass. 24 ottobre 2006, n. 22840; Cass. 23 gennaio 2007, n. 1496).

Alcune leggi speciali impongono doveri e compiti all'amministratore che esulano dal rapporto contrattuale con il Condominio:

il D.Lgs. n. 112/2008 in materia di certificazione energetica;

il D.Lgs. n. 37/1998 in tema di coibentazione;

il D.P.R. n. 37/1998 sul certificato di prevenzione incendi e manutenzione degli impianti;

il D.P.R. n. 162/1999 sulla manutenzione degli ascensori e sulle relative verifiche, certificazione CE e tenuta del libretto di impianto;

il D.Lgs. n. 81/2008 sulla durata dei lavori, rischiosità e idoneità delle imprese e verifica della redazione del piano di sicurezza e di coordinamento 

Gli adempimenti e i compiti dell'amministratore sono notevolmente aumentati con il proliferare delle leggi in materia di sicurezza degli impianti, privacy, obblighi tributari in ambito condominiale e, di conseguenza, si è dilatata l'area della sua responsabilità.

 

Oltre alla legislazione statale, numerosi enti locali, soprattutto i comuni, richiedono l'adempimento di attività di controllo e segnalazione, volte alla prevenzione dei rischi che gravano sugli immobili.

La figura dell'amministratore assume grande importanza, perché a causa del suo ufficio, si trova a conoscenza di informazioni e dati necessari per la prevenzione di questi rischi.

 

Parimenti, in ragione di ciò, è tenuto a rispettare le disposizioni inerenti la tutela della riservatezza e, pertanto, la diffusione dei dati acquisiti nello svolgimento delle sue funzioni deve avvenire nel rispetto dei principi di pertinenza e di non eccedenza di cui al D.Lgs. n. 196/2003.

Dai compiti e obblighi speciali conseguono responsabilità (civile e penale).

 

9. RESPONSABILITA' PENALE

 

Per quanto concerne, la responsabilità penale dell’amministratore, questo è ritenuto responsabile in tutti quei casi in cui non si attivi con la necessaria urgenza per rimuovere quelle situazione di pericolo per l’incolumità delle persone, derivante, ad esempio, dalla minacciante rovina di parti comuni dello stabile.

 

In tali ipotesi lo stesso è considerato soggetto attivo del reato di cui all’art. 677 c.p. (omissione di lavori in edifici che minacciano rovina), dovendo egli attivarsi in forza dei poteri riconosciutogli dagli artt. 1130 numeri 3 e 4 e 1135, comma 2, cod. civ. per l’eliminazione delle situazioni idonee a provocare danni ad altre persone. Tale obbligo ricade, invece, sui condomini, qualora per comprovate ragioni (ad es. indisponibilità dei fondi occorrenti o rifiuto dell’assemblea) l’amministratore si trovi nell’impossibilità materiale di adoperarsi per rimuovere il pericolo.

 

ART. 677 C.P.

Il proprietario di un edificio che minacci rovina (ovvero colui che è obbligato alla conservazione o vigilanza dell'edificio) che omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo è punito con ammenda di lit. 200.000

Stessa pena per chi avendone diritto omette di rimuovere il pericolo cagionato dall'avvenuta rovina di un edificio.

Se dai fatti suddetti deriva pericolo per le persone, la pena è l'arresto ed ammenda di lit. 600.000.

Nell’ambito della responsabilità penale si è soliti distinguere tra reati comuni e reati propri.

I primi sono quelli che, come dice la stessa parola, possono essere commessi da chiunque. I reati propri, invece, per ritenersi consumati devono essere compiuti da una persona che riveste una determinata qualifica.

Si pensi, al classico esempio del reato di concussione.

Il soggetto attivo di questa fattispecie delittuosa (ossia chi commette il reato) deve essere per forza un pubblico ufficiale (o un incaricato di pubblico servizio).

I reati comuni potranno essere commessi dall’amministratore anche in occasione dell’espletamento del suo incarico ma la carica da egli rivestita non è fondamentale ai fini della configurabilità del reato. Così se il professionista, nel corso dell’assemblea, offende un condomino, presente o assente, se lo stesso sporgerà denuncia il mandatario dei condomini sarà chiamato a rispondere, a seconda della circostanza, del reato di ingiuria o di diffamazione ma il fatto di rivestire l’incarico di amministratore non è determinante ai fini della configurabilità del reato.

Quanto ai reati propri la giurisprudenza della Cassazione, in assenza di precise disposizioni legislative riguardanti l’amministratore del condominio, ha inteso circoscrivere la responsabilità dell’amministratore ai così reati omissivi.

In sostanza all’amministratore si potrà rimproverare di non essersi attivato quando avrebbe dovuto.

 

In una datata, ma sempre attuale, pronuncia del Supremo Collegio si affermò che "la responsabilità penale dell'amministratore di condominio va considerata e risolta nell'ambito del capoverso dell'art. 40 c.p., che stabilisce che non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo. Per rispondere del mancato impedimento di un evento è, cioè, necessaria, in forza di tale norma, l'esistenza di un obbligo giuridico di attivarsi allo scopo: detto obbligo può nascere da qualsiasi ramo del diritto, e quindi anche dal diritto privato, e specificamente da una convenzione che da tale diritto sia prevista e regolata com'è nel rapporto di rappresentanza volontaria intercorrente fra il condominio e l'amministratore" (Cass. III Sezione Penale, 14 marzo 1975 n. 4676 ud. - dep. 14/04/1976).

Il caso emblematico di responsabilità penale in cui rischia d’incappare l’amministratore di condominio è appunto quello contemplato dall’art. 677 cod. pen. (Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina).

In realtà, anche in questo caso la norma non fa esplicito riferimento all’amministratore di condomini, ma parla più genericamente di chi per conto del proprietario è tenuto “alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio”.

La giurisprudenza maggioritaria, seppur non unanime, è orientata nel ricondurre la figura dell’amministratore nell’alveo di quella individuata dalla norma testé citata.

In simili circostanze (si tratta sostanzialmente di quei casi in cui il mandatario dei condomini non ha provveduto a far eseguire gli interventi manutentivi necessari o nel caso di mancanza di fondi semplicemente a far rimuovere il pericolo) per andare esente da responsabilità penale l’amministratore dovrà “intervenire sugli effetti anziché sulla causa della rovina, ovverosia prevenire la specifica situazione di pericolo prevista dalla norma incriminatrice interdicendo - ove ciò sia possibile - l'accesso o il transito nelle zone pericolanti” (Cass. 21401/09)”.

 

ESEMPI di capi di imputazione per l'amministratore

 

-  è tenuto a rimuovere il pericolo derivante dalla minaccia di rovina di parti comuni della costruzione (Cass. pen., Sez. I, n. 7764, 7 agosto 1996) ;

- è titolare ope legis anche del potere di «ordinare lavori di manutenzione ordinaria che rivestano carattere urgente» con l'obbligo di «riferirne nella prima assemblea dei condomini», ai sensi dell'art. 1135 comma 2, cod. civ., di talché deve riconoscersi in capo allo stesso l'obbligo giuridico di attivarsi senza indugio per l'eliminazione delle situazioni potenzialmente idonee a cagionare la violazione della regola del neminem laedere (Cass. civ., Sez. II, n. 9378, 24 settembre 1997) ;

- è titolare dell'obbligazione di garanzia dell'incolumità condominiale e non può affermarsi che il medesimo sia sprovvisto del potere autoritativo di intervento, il quale è espressamente previsto dall'art. 1130 cod. civ. che, tra l'altro, gli consente di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio e di disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il migliore godimento a tutti i condomini (Cass. pen., Sez. I, n. 9866, 3 ottobre 1996) .

Parlando con i miei colleghi di studio, tutti penalisti, gli stessi mi hanno riferito che, sovente, difendono amministratori di condominio per i reati di appropriazione indebita.

(in proposito evidenzio che il progetto di riforma impone l'obbligo per l'amministratore di aprire un c/c dedicato all'attività e di evitare dunque commistioni fra il conto condominiale ed il conto personale). 

 

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Il pericolo di rovina di edificio

 

Con la decisione n. 13934/2008 la Corte di Cassazione ha stabilito che l'ipotesi di reato prevista dall'art. 677 cod. pen. (pericolo di rovina) ha caratteristiche di reato "proprio" ed è la qualità di proprietario dei beni che minacciavano la rovina che consente di attribuire all'agente l'omissione da cui è derivato il pericolo per le persone.

La decisione che si commenta si pone in contrasto con l'orientamento precedente in base al quale l'obbligo giuridico di rimuovere il pericolo derivante dalla minacciante rovina di parti comuni della costruzione - la cui violazione integra il reato contravvenzionale di cui all'art. 677 cod. pen. - incombe sull'amministratore, pur potendo esso risorgere in via autonoma a carico dei singoli condomini qualora, per cause accidentali, l'amministratore non possa adoperarsi allo scopo suindicato con la necessaria urgenza (Cass. pen. 19 febbraio 2001, n. 301).

Secondo tale opinione l'amministratore è titolare ope legis , salvo diverse disposizioni statutarie o regolamentari, non solo del dovere di erogazione delle spese attinenti alla manutenzione ordinaria e alla conservazione delle parti e servizi comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1130 n. 3 e n. 4 cod. civ., ma anche del potere di "ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente" con l'obbligo di "riferirne nella prima assemblea dei condomini" ai sensi dell'art. 1135, comma 2 cod. civ., di talché deve riconoscersi in capo allo stesso l'obbligo giuridico di attivarsi senza indugio per la eliminazione delle situazioni potenzialmente idonee a cagionare la violazione della regola del neminem laedere (Cass. pen. 19 giugno 1996, n. 7764).

 

Si è ritenuto che l'assemblea ha il potere di ratificare le spese effettuate dall'amministratore in ordine ai lavori di manutenzione straordinaria, ancorché non indifferibili e urgenti (Cass. 7 febbraio 2008, n. 2864).

L'indicato obbligo giuridico è del tutto indipendente dalla causa che ha determinato il pericolo, sicché è irrilevante l'origine del pericolo stesso e, tanto meno, la sua attribuibilità all'obbligato o la sua derivazione da caso fortuito o da forza maggiore, quale addirittura un terremoto.

Nel caso si tratti di condominio, in assenza dell'amministratore, l'amministrazione della cosa comune spetta a ciascuno e a tutti i condomini, secondo i principi che disciplinano la comunione (Cass. pen. 3/X/96, n. 9866).

 

Responsabilità Penale in MATERIA DI RISCALDAMENTO

 

In tema di riscaldamento, fa capo all'amministratore l'obbligo, sanzionato penalmente, di denunciare al Comando provinciale dei vigili del fuoco il collaudo dell'impianto.

Spetta all'amministratore provvedere a tutte le incombenze amministrative relative ai servizi comuni, compreso il riscaldamento centrale.

Sussiste dunque responsabilità penale dell'amministratore ove un impianto di riscaldamento di potenzialità superiore alle 30 mila Kcl/h non venga denunciato al comando provinciale superiore dei vigili del fuoco e, anzi, venga posto in funzione senza che i vigili del fuoco abbiano provveduto al necessario collaudo.

L'amministratore di un condominio, ove sia in funzione un impianto di riscaldamento non segnalato al comando provinciale dei vigili del fuoco e non collaudato da tale organo pubblico, ha l'obbligo, penalmente sanzionato, di provvedere a regolarizzare siffatta situazione.

Le relative contravvenzioni hanno, infatti, natura permanente e dunque si protraggono fin quando la situazione antigiuridica non venga a cessare. Sempre in tema di riscaldamento, sussiste la responsabilita' penale dell'amministratore che non abbia osservato il provvedimento con il quale il sindaco gli aveva ordinato, nell'interesse specifico di un condomino, di adottare gli opportuni accorgimenti al fine di ridurre l'intensità dei rumori conseguiti all'uso dell'impianto di riscaldamento.

In conclusione, si deve evidenziare che la casistica giudiziaria è ricca di statuizioni inerenti la responsabilità penale dell'amministratore:

- caduta di tegole su passante;

- caduta di calcinacci dalle facciate;

-  uso di combustibili privi di idonee caratteristiche;

- tutela salute e sicurezza dei lavoratori;

-  inadempimenti oneri contributivi.

 

Sicurezza sul luogo di lavoro

 

In tema di sicurezza nei luoghi di lavoro, l'art. 1, comma 3 D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, integrato dal successivo D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242, interviene nell'ambito condominiale in modo diretto e differenziato.

Si dice infatti che, nei riguardi dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme si applicano nei casi espressamente previsti. Presupposti di siffatta disciplina sono l'art. 32 Cost. (tutela della salute), l'art. 2087 cod. civ. (tutela delle condizioni di lavoro), il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 (la prevenzione degli infortuni sul lavoro) e l'art. 9, legge 20 maggio 1970, n. 300 (sulla tutela della salute e integrità fisica).

Ai fini dell'assolvimento degli obblighi di informazione e formazione nei confronti dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, derivanti dall'art. 1, comma 3 il datore di lavoro nei condomini va individuato nella persona dell'amministratore condominiale pro tempore , mentre con la legge 27 febbraio 1998, n. 30 si sostiene, relativamente al condominio che la locuzione "lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato" oltre che ai portieri, si deve far riferimento anche a tutti i lavoratori subordinati che prestino la loro attività nell'ambito di un condominio, con mansioni affini a quelle dei portieri.

Da questi vanno esclusi, ovviamente, quanti prestino la loro attività con contratto di lavoro autonomo.  Non sussiste l'obbligo di valutazione per iscritto dei rischi di cui all'art. 4, D.Lgs. n. 19 settembre 1994, n. 626 e, infine, l'obbligo di formazione di cui all'art. 22 (non quello di informazione di cui al precedente articolo) non riguarda i lavoratori già assunti alla data di entrata in vigore del decreto, purché i datori di lavoro abbiano in precedenza dato attuazione all'obbligo di cui all'art. 4 dei regolamenti di prevenzione infortuni e igiene del lavoro.

L'individuazione dei lavoratori soggetti alla disciplina "minimale" di sicurezza sul posto di lavoro deve essere effettuata con riferimento a una categoria di lavoratori individuata secondo il criterio dell'assimilabilità alla prestazione lavorativa del portiere, piuttosto che alla ristretta categoria di lavoratori "con rapporto contrattuale privato di portierato che circoscriverebbe la disciplina speciale e minimale" ai soli portieri, in senso stretto.

 

10. Conclusioni

 

Evidenzio che visti i plurimi casi di responsabilità dell'amministratore e comunque la difficoltà del suo operato, giudico assolutamente giusta la previsione normativa della riforma della materia condominiale che impone - se richiesto - all'amministratore l'obbligo di assicurarsi (pena la nullità della nomina).

La polizza deve garantire gli atti compiuti nell'espletamento del mandato ed i massimali di polizza non possono essere inferiori all'ammontare dell'importo dell'ultimo bilancio consuntivo approvato dall'assemblea.

I massimali di polizza debbono essere addirittura adeguati nel caso in cui l'assemblea condominiale deliberi lavori straordinari!

 

 

 

 

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