a cura dell’Avv.
Giovanni Agostini
1. Introduzione
Il tema della
responsabilità dell'amministratore di condominio pone
alla nostra attenzione questioni tradizionali e
problemi nuovi.
Il Condominio è un
luogo, che è fonte di vivace ed inesauribile
conflittualità.
La materia in esame,
dunque, è di grande attualità ed interesse.
A differenza di altre
nazioni come gli Stati Uniti e l'Inghilterra o la
Germania, il nostro è un Paese di Condomini. Quindi, le
problematiche inerenti i Condomini sono quanto mai
attuali e ricorrenti.
E' importante
l'evoluzione, in termini generali, della responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale dell'amministratore.
Si impone così una
riflessione sulle funzioni della responsabilità
civile, soprattutto sulla quella cd. "deterrente", ossia
per far in modo che l'amministratore non sia
inadempiente ai propri obblighi o negligente .
Ci si interroga sulla
opportunità di attribuire maggiore rilievo alla funzione
preventiva e deterrente della responsabilità
civile in modo da dissuadere dal compimento degli
illeciti dolosi o di far accrescere il grado di
diligenza per ridurre quelli colposi.
Un'applicazione
potrebbe riguardare il caso dell'amministratore che
affida un appalto ad un'impresa diversa da quella
indicata dall'assemblea dei condomini, non limitando
l'entità del risarcimento agli eventuali maggiori costi,
ma ammettendo ulteriori "voci" di danno, non
strettamente collegate a perdite patrimoniali subite dal
condominio.
Il rafforzamento della
funzione preventiva e deterrente della responsabilità
civile dovrebbe comunque mantenere l'istituto nel solco
della tradizione del nostro ordinamento giuridico.
E' necessaria poi
l'analisi dell'orientamento giurisprudenziale che ha
ammesso alla carica anche enti collettivi e perfino
società di capitali, al fine di individuare le
conseguenze in materia di responsabilità
dell'amministratore, probabilmente nella direzione di un
innalzamento dei parametri di professionalità.
Ed infatti con la
sentenza 23/1/07, n. 1406 la Corte di Cassazione,
Sez. II, ha affermato che "l'incarico di
amministratore di condominio può essere conferito,
oltre che a una persona fisica, anche a una persona
giuridica -nella specie una società di capitali- tenuto
conto che la persona giuridica non soffre di limitazioni
di capacità, se non nei casi previsti dalla legge, e che
essa è in grado di offrire, quanto all'adempimento della
relativa obbligazione e all'imputazione della
conseguente responsabilità, un grado di affidabilità
pari a quello della persona fisica".
Peraltro, tale
indirizzo giurisprudenziale era stato già condiviso
dalla medesima Corte pochi mesi prima, nella sentenza
24/10/06, n. 22840.
Stesso indirizzo è
stato poi successivamente confermato dalla sentenza
della Corte di Cassazione n. 25251/08 del 16/10/08.
Ebbene, la Corte con
questa sentenza ha inaugurato la linea dura nei
confronti dell'amministratore di condominio, stabilendo
che
"L'amministratore di
condominio è tenuto, tramite i poteri e doveri di
controllo che gli sono imputati dal Codice Civile e da
precise disposizioni di leggi speciali, ad impedire che
il modo di essere dei beni condominiali provochi danni
ai condomini o a terzi; sicché, egli si viene a trovare
nella posizione di custode rispetto a tali beni e può,
pertanto, rispondere di detti danni. (Sezione Terza
Civile, Presidente P. Vittoria, Relatore P. D'Amico).
Come ha avuto modo di
spiegare in maniera esauriente l'amico e collega Cesare
Della Rocca, l'amministratore di condominio è un
mestiere indubbiamente difficile, che richiede un
alto livello di professionalità ed una idonea
organizzazione di mezzi, meglio se su base societaria.
E' questo dunque il
senso della decisione della Corte di Cassazione n.
25251/08 che ha così inaugurato la linea dura nei
confronti della gestione "fai da te" degli immobili.
Nel caso di specie la
Corte, ribaltando una sentenza di appello, che ne aveva
escluso la responsabilità, ha ritenuto colpevole
l'amministratore per il danno causato ad un condomino
dalla presenza di buche non percettibili e non
segnalate nell'area condominiale, createsi a seguito di
lavori di manutenzione.
Per la Corte, la
figura dell'amministratore nel nostro ordinamento non si
esaurisce nell'aspetto contrattuale delle prerogative
d'ufficio visto che, non solo il Codice Civile, ma anche
numerose leggi speciali gli imputano il dovere
di impedire che il modo di essere dei beni condominiali
provochi danni a terzi.
In caso di appalto di
lavori, ad esempio, il condominio in quanto tale non è
posto in una condizione di esclusivo custode dei beni,
anzi l'assemblea delega proprio l'amministratore alla
stipula e, per la Corte, è lui il responsabile della
salvaguardia dei beni comuni e dei danni da essi
cagionati a condomini o a terzi per negligenza o
semplice violazione di obblighi legali o regolamentari
(gia' sancita in alcune Sentenze: Cass. 4816/94; Cass.
8804/93; Cass. 2219/76).
E' dunque
significativa la motivazione posta dalla III Sezione
della Cassazione a fondamento della propria severità
e cioè che essa scaturisce dall'evoluzione della
figura dell'amministratore i cui compiti vanno
incrementandosi si da far ritenere che gli stessi
possano venire assolti in modo più efficace da
società di servizi, all'interno delle quali operano,
specialisti in settori diversi in grado di assolvere
alle numerose e gravi responsabilità ascritte allo
stesso amministratore dalle leggi speciali .
E è chiaro
l'avvertimento dei Giudici di Cassazione:
l'amministratore di condominio deve essere un soggetto
altamente qualificato dotato di idonea organizzazione
per far fronte alle innumerevoli incombenze cui è
preposto ed il giudizio sulle sue eventuali
responsabilità non potrà prescindere da questo
presupposto.
Come si possa
conciliare questo orientamento con l'inesistenza di
una regolamentazione obbligatoria inerente l'accesso e
quindi di un albo cui iscriversi e comunque con la
formazione degli amministratori immobiliari, è un
problema cui il legislatore non può continuare ad
ignorare.
Il problema consiste
soprattutto nel bilanciare le crescenti aspettative dei
condomini con le effettive possibilità di gestione
dell'amministratore, limitando o escludendo la
responsabilità di questo, eventualmente sprovvisto di
strumenti adeguati per raggiungere il risultato
auspicato.
Inoltre, i problemi
legati al Condominio toccano molte materie del diritto
privato e già per questo motivo presentano una notevole
complessità. Rispetto a tale complessità non
sempre risulta adeguata la normativa codicistica, per
certi versi antiquata, per altri lacunosa.
SCARNA NORMATIVA
La responsabilità
dell'amministratore è disciplinata in modo specifico
soltanto dall'art. 1131 ultimo comma cod. civ., secondo
cui l'amministratore che non dà notizia all'assemblea
dei condomini dell'atto di citazione o del provvedimento
a lui notificato può essere revocato ed è tenuto al
risarcimento dei danni.
Alla scarna base
normativa si accompagna invero un numero bassissimo di
sentenze che riguardano la responsabilità
dell'amministratore, soprattutto se esse vengono
confrontate con quelle che riguardano altri
professionisti, come ad esempio i medici.
Da questo dato può
trarsi senza dubbio un giudizio positivo sulle capacità
professionali e sulla correttezza degli amministratori,
ma esso, comunque, non esime dal tentare un
inquadramento sistematico della problematica. Il Codice
Civile, come è detto, dedica poche norme al Condominio
(ed in fatti si parla da anni di una riforma: un
progetto di riforma degli articoli del C.C. relativi
alla materia condominiale è già stato recentemente
approvato al Senato).
Di conseguenza la
ricostruzione teorica della materia e le esigenze della
pratica, hanno imposto il ricorso a figure contrattuali,
più ampie ed elastiche, per trovare la regola di un
grande numero di fattispecie, in primo luogo, quella del
mandato, cosicché le norme che disciplinano gli
obblighi e la responsabilità del mandatario sono servite
anche a risolvere i conflitti tra amministratore e
condomini.
I limiti di tale
soluzione sono peraltro evidenti, perché la posizione
complessiva dell'amministratore non coincide per molti
aspetti o addirittura si presenta contrastante con
quella del mandatario.
Sono state pertanto
proposte altre soluzioni, per esempio il ricorso alla
figura dell'ufficio di diritto privato. In altri
casi, la figura dell'amministratore condominiale è stata
accostata a quella dell'amministratore di società,
con ovvie conseguenze sul piano della disciplina e dei
limiti della responsabilità.
Anche con riferimento
all'amministratore di condominio sarà applicata la
regola che tende a disciplinare in modo unitario la
ripartizione dell'onere della prova sia che si configuri
la responsabilità contrattuale sia che ricorra una
fattispecie di illecito extracontrattuale.
Il tema della
responsabilità dell'amministratore di condominio è
tradizionalmente caratterizzato da un contenzioso
minuto: i problemi della vita quotidiana -
infiltrazioni, tubature, guasti etc. - si riversano
sull'amministratore, chiamato pertanto ad un impegno
vigile e costante.
Sempre in tema di
responsabilità la giurisprudenza sembra aver fatto buon
uso della regola di proporzionalità, non
considerando responsabile l'amministratore sprovvisto di
efficaci strumenti o paralizzato dagli orientamenti
assembleari.
2.
Responsabilità Contrattuale
La fonte di detta
responsabilità e' nel contratto di mandato.
L'amministratore
dunque è responsabile dei danni cagionati dalla sua
negligenza, dal cattivo uso dei poteri e, in genere, da
qualsiasi inadempimento degli obblighi legali o
regolamentari.
Non può essere ritenuto responsabile, ancorché sia tenuto a far osservare
il regolamento condominiale, dei danni cagionati
dall'abuso dei condomini nell'uso della cosa comune,
non essendo dotato di poteri coercitivi e disciplinari
nei confronti dei singoli condomini (salvo che il
Regolamento di condominio, ai sensi dell'art. 70 disp.
att. cod. civ., preveda la possibilità di applicazione
di sanzioni nei confronti dei condomini che violano le
norme da esso stabilite sull'uso delle cose comuni), né
lo stesso è obbligato a promuovere azione giudiziaria
contro i detti condomini in mancanza di un'espressa
disposizione condominiale o di una delibera assembleare
(v. Cass. n. 8804/1993).
Parimenti, non è
ravvisabile alcuna responsabilità personale dell'
amministratore del condominio per colpevole inerzia od
omissione, quando risulti che lo stesso abbia sempre
tempestivamente edotto i condomini delle iniziative
assunte da alcuni di essi, incidenti anche su parti
comuni dell'edificio, correttamente attenendosi a
delibere assembleari che ancorché a maggioranza hanno
consentito tali iniziative.
L’inosservanza dei
doveri rientranti nei suoi compiti è per
l’amministratore fonte di responsabilità contrattuale
(cfr. IV comma art. 1131 cod. civ.)
Tale responsabilità
sussiste verso l’insieme dei condomini anche
nell’ipotesi che il danno colpisca direttamente uno solo
di essi.
RESPONSABILITA'
in materia di appalti
Responsabilità in tema
di appalti per lavori straordinari.
In tema di appalto il
committente deve adeguare la sua condotta a due
fondamentali regole di diligenza e prudenza ovvero:
a) scegliere (c.d.
“culpa in eligendo”) l’appaltatore e più in genere il
soggetto al quale affidare l’incarico, accertando che la
persona, alla quale si rivolge, sia non soltanto munita
dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche
della capacità tecnica e professionale, proporzionata al
tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete
modalità di espletamento della stessa;
b) non ingerirsi
nell’esecuzione dei lavori. Risponderà quindi, a titolo
di colpa il committente che non rispetti tali
regole”Cassazione Penale sez. III, 20 gennaio 1991,
Giur. it. 1993,II, 171.
Sempre sulla
responsabilità contrattuale
Il rapporto tra
condominio ed amministratore va inquadrato nel mandato
ex art. 1710 c.c.. La dottrina e la giurisprudenza sono
di parere unanime nell'inquadrare il rapporto che lega
l'amministratore all'ente gestito nell'ambito della
figura contrattuale del mandato.
Applicando dunque i
principi che regolano il rapporto di mandato ne consegue
che l'inosservanza da parte dell'amministratore dei
doveri rientranti nei suoi compiti è fonte di
responsabilità contrattuale.
L'amministratore deve
rispondere del suo operato verso il condominio a titolo
di colpa, tutte le volte in cui non agisca con la
diligenza del buon padre di famiglia. Nell'espletamento
del mandato, l'amministratore deve tenere una condotta
improntata alla diligenza media, al di sotto della quale
scatta la responsabilità.
Ai sensi dell'art.
1710 c.c. quando l'amministratore svolge l'incarico
gratuitamente la sua colpa deve essere valutata con
minor rigore.
E' responsabile dei
danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso
dei poteri e in genere di qualsiasi inadempimento degli
obblighi legali o regolamentari.
L'inadempimento, oltre
a essere fonte di responsabilità contrattuale e
legittimare il condominio all'esercizio dell'azione di
risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale,
può comportare anche la richiesta di revoca
dell'amministratore ex art. 1129 c.c..
L'uso distorto, o
comunque non appropriato, per interessi estranei al
condominio, dei poteri dell'amministratore, integra un
fatto grave nella prospettiva dell'art. 1129 c.c.,
perché è tale da scuotere la fiducia che sta alla base
del rapporto di mandato che lega l'amministratore al
condominio.
La legge richiede, ai
fini della revoca dell'amministratore di condominio, non
la prova, ma soltanto il fondato "sospetto" di gravi
irregolarità.
L'approvazione
assembleare dell'operato dell'amministratore e la
mancata impugnativa delle relative delibere preclude
l'azione di responsabilità al singolo condomino leso
dall'attività e dalle iniziative arbitrarie dello stesso
soltanto per le attività di gestione dei beni e dei
servizi condominiali, per le quali a norma dell'art.
1135 comma 3, c.c. il potere di approvazione compete
all'assemblea. Tuttavia, la delibera assembleare di
approvazione non esclude la responsabilità
dell'amministratore nell'ipotesi di mancata tempestiva
informazione da parte dello stesso di atti che hanno
diretta incidenza sul patrimonio del singolo condomino.
3. Problema costituito
dall'obsolescenza del patrimonio immobiliare e dalla
costante necessità del suo adeguamento alle norme di
sicurezza.
La scelta del prodotto
tecnologico sicuro non sempre è facile anche per la
difficile conoscenza delle norme tecnologiche le quali
non sono più esclusivamente nazionali, ma anche di
derivazione europea.
L'immediato
recepimento delle normative comunitarie e la
promulgazione di nuove leggi hanno imposto
sostanzialmente l'effettuazione del controllo
periodico dei dispositivi di sicurezza e delle parti
dell'impianto dalle quali dipende il corretto esercizio
dell'ascensore.
Da tali obblighi ne
consegue che l'amministratore non è più
esclusivamente il gestore della cosa comune e
l'esecutore della volontà assembleare bensì,
paradossalmente, l'imprenditore della cosa comune con
tutte le responsabilità conseguenti e senza ricavare
un apprezzabile giovamento o profitto da tale
situazione, specialmente se rapportati con le sempre
maggiori responsabilità giuridiche.
4. Responsabilità
Extracontrattuale.
Responsabile per la
custodia delle parti comuni - Art. 2051 c.c.
Ciascuno è
responsabile del danno cagionato da cose in custodia,
salvo che provi il caso fortuito.
Il custode delle cose
ossia colui che ha l'effettivo potere su di esse è
l'amministratore.
Se vi è il danno e lo
stesso si è verificato all'interno del condominio e si
vi è l'effettivo potere fisico sulla cosa, allora sorge
in capo al custode (l'amministratore) la responsabilità
ex art. 2051 c.c.
E' una presunzione
iuris tantum di colpa, vincibile solo con la prova
(molto difficile e rigorosa che il danno sia derivato
dal fatto del terzo o per colpa del danneggiato). Vi è
un inversione dell'onere della prova.
Per andare esente da
responsabilità l'amministratore dovrà dimostrare
l'inidoneità della cosa in sua custodia a provocare il
danno (cfr. Cass. 26051/08 o Cass. 26751/09), esistenza
di altri fatti idonei ad interrompere il nesso causale
fra il bene ed il danno (compreso il fatto del
danneggiato) . Trattasi di responsabilità oggettiva!
Il custode è
responsabile per il semplice fatto che dalla cosa in
custodia si derivato danno (e ciò sia se il danno sia
stato subito da un condomino sia da un terzo estraneo).
Difetti di costruzione
dell'edificio non possono mai essere considerati "caso
fortuito".
Chi ha subito il danno
può limitarsi a dimostrare il danno ed il fatto che esso
sia eziologicamente collegato alla cosa in custodia.
Quindi basterà
dimostrare la CONDOMINIALITA' del bene.
Fermo restando dunque
l'evento imprevedibile è ben più saggio per il
condominio e per l'amministratore stipulare
l'assicurazione (quasi tutti i condomini che conosco
stipulano polizze assicurative per i danni a terzi) .
Esempio:
Malfunzionamento della
rete fognaria
- occlusione del condotto fognario di un condomino e
reflusso d'acqua - danni
L'impianto fognario è
di proprietà condominiale e quindi presunzione di
responsabilità ex art. 2051
Amministratore esente
da responsabilità in quanto venne dimostrato che
l'occlusione era stata causata da scarico di carta per
alimenti addebitata ad un condomino poi risultato
ignoto.
Come già evidenziato,
gli adempimenti dell'amministratore sono aumentati con
il proliferare delle leggi in materia di sicurezza
degli impianti, privacy, obblighi tributari che
interessano anche la realtà condominiale, e, di
conseguenza, si è dilatata l'area della sua
responsabilità.
Tipico caso di
responsabilità extracontrattuale in ambito condominiale
è dato dalla violazione della disposizione di cui
all'art. 2051 c.c., per cui ciascuno è responsabile del
danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che
provi il caso fortuito.
La giurisprudenza
prevalente ritiene che in materia condominiale
l'eventuale responsabilità aquiliana derivante da
insufficiente od omessa custodia è da attribuire al
condominio come tale in quanto la custodia è a carico
del condominio e per esso dell'amministratore.
L'amministratore è
titolare ope legis (salvo diverse disposizioni
statutarie o regolamentari) non solo del dovere di
erogazione delle spese attinenti alla manutenzione
ordinaria e alla conservazione delle parti e servizi
comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1130, nn. 3 e
4, C.C., ma anche del potere di ordinare lavori di
manutenzione straordinaria che rivestano carattere
urgente con l'obbligo di riferirne nella prima assemblea
dei condomini, ai sensi dell'art. 1135 co. 2, C.C.
Di conseguenza deve
riconoscersi in capo a tale soggetto l'obbligo giuridico
di attivarsi senza indugio per la eliminazione delle
situazioni potenzialmente idonee a cagionare la
violazione della regola del neminem laedere .
La responsabilità per
danno cagionato da cose in custodia postula che l'evento
lesivo derivi da mancata o inadeguata custodia della
cosa, da intendersi nel senso ampio, comprensivo di
inidoneo governo o impiego di essa da parte di chi ne ha
l'obbligo e senza che rilevi che la cosa stessa sia o
non munita di autonoma capacità di nuocere (in tal senso
Cass. Civ., Sez. III, 24 febbraio 1983, n. 1425).
Per andare esente da
responsabilità, il danneggiante deve provare che il
danno è derivato da caso fortuito, comprensivo del fatto
del terzo o della colpa del danneggiato.
Si desume che
l'amministratore è titolare per legge del potere/dovere
di ordinare lavori di manutenzione straordinaria che
rivestano carattere urgente, ossia provvedere a
eliminare le situazioni potenzialmente pericolose, con
l'obbligo di riferirne nella prima assemblea dei
condomini. In difetto, il medesimo sarà chiamato a
risponderne.
Responsabilità
extracontrattuale: ART. 2049 (definizione)
I padroni e
committenti sono responsabili per i danni arrecati dal
fatto illecito dei loro domestici o commessi
nell'esecuzione delle incombenze a cui sono adibiti
Il portiere dello
stabile è un lavoratore dipendente.
Il suo datore di
lavoro è l'amministratore di condominio
Sicura ed indubbia è
la responsabilità del condominio per danni arrecati da
fatto del portiere. Il Condominio assume nei confronti
dei terzi anche la cd. “responsabilita' indiretta"
di cui all'art. 2049 c.c. per i fatti dannosi
commessi da amministratore, portiere, addetti alle
pulizie, o manutenzione e cmq tutti coloro che sono
legati al condominio da un rapporto di lavoro o di
incarico di esecuzione di opere, che importi un vincolo
di dipendenza sorveglianza o vigilanza, anche se solo
temporaneo.
E' fatta salva cmq la
rivalutazione interna della responsabilità relativa al
singolo rapporto fra condominio e singoli contraenti
(portiere, amm.re, appaltatore etc.) che potrà
comportare anche un'attribuzione di responsabilità di
tipo esclusivo e non solidale e comunque non di garanzia
(art. 2049).
La dottrina ha esteso
in ambito condominiale la responsabilità stabilita ex
art. 2049 c.c. a carico dei padroni e dei committenti,
per i danni arrecati dai loro domestici e commessi.
Pertanto, nella
responsabilità extracontrattuale rispondono ai sensi
dell'art. 2049 del Codice civile anche i condomini per
culpa in eligendo e per culpa in vigilando in quanto
quali proponenti sono garanti per il soggetto autore del
danno ovvero dell'amministratore da loro scelto e
nominato.
Perché sussista tale
responsabilità è necessario che il danno sia conseguenza
del fatto illecito dell'amministratore e che tra le
attribuzioni di questo e l'evento dannoso vi sia un
rapporto eziologico.
5. Il concorso
tra le due responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale
Per un medesimo fatto
è possibile altresì l'insorgenza di un concorso fra le
due distinte obbligazioni risarcitorie, una di origine
contrattuale e l'altra di origine extracontrattuale. In
proposito indicativa è la pronuncia della Suprema Corte
secondo cui «È pienamente ammissibile il concorso di
responsabilità contrattuale con quella
extracontrattuale, quando si tratti di un medesimo fatto
che violi contemporaneamente sia diritti che alla
persona spettano indipendentemente da un contratto o da
un rapporto giuridico preesistente, sia diritti che
derivano da un contratto o comunque da un vinculum iuris
già esistente, e in tal caso la pretesa del danneggiato
può trovare il suo fondamento, oltre che nel generale
precetto del neminem laedere , anche nel contratto».
6. Il rapporto
tra responsabilità dell'amministratore e l'art. 1131
c.c.
L'amministratore
nell'espletamento delle attribuzioni di cui all'art.
1131 c.c. è un rappresentate dei partecipanti al
condominio, alla tutela dei cui interessi di gruppo egli
deve indirizzare la propria attività.
La violazione di tale
dovere se lo rende responsabile dei danni subìti dal
gruppo dei condomini, si esaurisce nei rapporti
interni con il condominio e, pertanto, non esclude o
diminuisce l'eventuale responsabilità del Condominio
medesimo nei confronti di altri soggetti, compreso tra
questi il singolo condomino, distinto dal gruppo e come
tale rimasto danneggiato per la difettosità di parti
comuni dell'edificio, da considerarsi nella custodia del
condominio agli effetti dell'art. 2051 c.c.
7. I limiti
della responsabilità
L'amministratore è
tenuto a compiere gli atti conservativi dei diritti
inerenti alle parti comuni dell'edificio.
Tale potere si
riferisce non solo alle parti dell'edificio comuni a
tutti i partecipanti e, come tali, insuscettibili di
proprietà separata, ma riguarda anche la vigilanza sulla
regolarità dei servizi comuni, anche per quanto attiene
alle interferenze con i singoli appartamenti.
Riguarda, altresì, il
potere di eseguire verifiche e di impartire le
necessarie provvidenze intese a mantenere integra la
parità del godimento dei beni comuni da parte di tutti i
condomini.
Non riguarda, infine,
i rapporti personali tra i condomini.
L'amministratore non
può essere ritenuto responsabile, ancorché sia tenuto a
far osservare il regolamento condominiale, dei danni
cagionati dall'abuso dei condomini nell'uso della cosa
comune, non essendo dotato di poteri coercitivi e
disciplinari nei confronti dei singoli condomini -salvo
che il regolamento di condominio ai sensi dell'art. 70
disp. att. cod. civ., preveda la possibilità di
applicazione di sanzioni nei confronti dei condomini che
violano le norme da esso stabilite sull'uso delle cose
comuni- né obbligato a promuovere azione giudiziaria
contro i detti condomini in mancanza di una espressa
disposizione condominiale o di una delibera assembleare
(Cass. 20/8/93, n. 8804).
Nel caso in cui
l'amministratore ometta di tutelare adeguatamente le
parti comuni del fabbricato, consentendone l'occupazione
o la modificazione da parte di singoli condomini o di
terzi, egli può essere rimosso dalla carica ed,
eventualmente, condannato a risarcire il danno, ma non
può essere condannato personalmente a rimuovere le opere
eseguite da terzi, ovvero a ripristinare lo status quo
ante (App. Potenza 12 marzo 2003).
Può accadere che
l'assemblea del condominio abbia deciso l'effettuazione
di un determinato intervento su alcuna delle parti
comuni dell'edificio che, però, l'amministratore per
negligenza non provvede a effettuare.
Si pone allora il
problema se a tale inadempimento (verso il gruppo dei
condomini) possa essere ricollegata una responsabilità
personale dell'amministratore verso il terzo che, a
cagione di ciò, abbia subito un danno. A tale problema
si può dare risposta affermativa, qualificandosi la
responsabilità come extracontrattuale.
Da ciò l'affermazione
che ben può configurarsi una responsabilità aquiliana
dell'amministratore in relazione ai danni derivati
dall'avere egli omesso di far riparare un bene
dell'edificio condominiale in esecuzione di una delibera
dell'assemblea.
8. La normativa
speciale
Ora, a parte la
previsione dell'art. 1130 cod. civ., si va sempre più
delineando una figura di amministratore non più come
semplice mandatario, bensì come esercente un ufficio di
diritto privato, con compiti e responsabilità, di natura
pubblica che travalicano la natura contrattuale del
rapporto con i condomini. Si assiste ad una evoluzione
della figura dell'amministratore i cui compiti vanno
sempre più incrementandosi così da far ritenere che gli
stessi possano venire assolti in modo più efficace dalle
società di servizi, all'interno delle quali operano
specialisti in settori diversi, in grado di assolvere
alle numerose e gravi responsabilità ascritte allo
stesso amministratore dalle leggi speciali (Cass. 24
ottobre 2006, n. 22840; Cass. 23 gennaio 2007, n. 1496).
Alcune leggi speciali
impongono doveri e compiti all'amministratore che
esulano dal rapporto contrattuale con il Condominio:
il D.Lgs. n. 112/2008
in materia di certificazione energetica;
il D.Lgs. n. 37/1998
in tema di coibentazione;
il D.P.R. n. 37/1998
sul certificato di prevenzione incendi e manutenzione
degli impianti;
il D.P.R. n. 162/1999
sulla manutenzione degli ascensori e sulle relative
verifiche, certificazione CE e tenuta del libretto
di impianto;
il D.Lgs. n. 81/2008
sulla durata dei lavori, rischiosità e idoneità delle
imprese e verifica della redazione del piano di
sicurezza e di coordinamento
Gli adempimenti e i
compiti dell'amministratore sono notevolmente aumentati
con il proliferare delle leggi in materia di
sicurezza degli impianti, privacy, obblighi tributari in
ambito condominiale e, di conseguenza, si è dilatata
l'area della sua responsabilità.
Oltre alla
legislazione statale, numerosi enti locali, soprattutto
i comuni, richiedono l'adempimento di attività di
controllo e segnalazione, volte alla prevenzione dei
rischi che gravano sugli immobili.
La figura
dell'amministratore assume grande importanza, perché a
causa del suo ufficio, si trova a conoscenza di
informazioni e dati necessari per la prevenzione di
questi rischi.
Parimenti, in ragione
di ciò, è tenuto a rispettare le disposizioni inerenti
la tutela della riservatezza e, pertanto, la
diffusione dei dati acquisiti nello svolgimento delle
sue funzioni deve avvenire nel rispetto dei principi di
pertinenza e di non eccedenza di cui al D.Lgs. n.
196/2003.
Dai compiti e obblighi
speciali conseguono responsabilità (civile e penale).
9. RESPONSABILITA'
PENALE
Per quanto concerne,
la responsabilità penale dell’amministratore, questo è
ritenuto responsabile in tutti quei casi in cui non si
attivi con la necessaria urgenza per rimuovere quelle
situazione di pericolo per l’incolumità delle persone,
derivante, ad esempio, dalla minacciante rovina di parti
comuni dello stabile.
In tali ipotesi lo
stesso è considerato soggetto attivo del reato di cui
all’art. 677 c.p. (omissione di lavori in edifici
che minacciano rovina), dovendo egli attivarsi in forza
dei poteri riconosciutogli dagli artt. 1130 numeri 3 e 4
e 1135, comma 2, cod. civ. per l’eliminazione delle
situazioni idonee a provocare danni ad altre persone.
Tale obbligo ricade, invece, sui condomini, qualora per
comprovate ragioni (ad es. indisponibilità dei fondi
occorrenti o rifiuto dell’assemblea) l’amministratore si
trovi nell’impossibilità materiale di adoperarsi per
rimuovere il pericolo.
ART. 677 C.P.
Il proprietario di un
edificio che minacci rovina (ovvero colui che è
obbligato alla conservazione o vigilanza dell'edificio)
che omette di provvedere ai lavori necessari per
rimuovere il pericolo è punito con ammenda di lit.
200.000
Stessa pena per chi
avendone diritto omette di rimuovere il pericolo
cagionato dall'avvenuta rovina di un edificio.
Se dai fatti suddetti
deriva pericolo per le persone, la pena è l'arresto ed
ammenda di lit. 600.000.
Nell’ambito della
responsabilità penale si è soliti distinguere tra reati
comuni e reati propri.
I primi
sono quelli che, come dice la stessa parola, possono
essere commessi da chiunque. I reati propri, invece, per
ritenersi consumati devono essere compiuti da una
persona che riveste una determinata qualifica.
Si pensi, al classico
esempio del reato di concussione.
Il soggetto attivo di
questa fattispecie delittuosa (ossia chi commette il
reato) deve essere per forza un pubblico ufficiale (o un
incaricato di pubblico servizio).
I reati comuni
potranno essere commessi dall’amministratore anche in
occasione dell’espletamento del suo incarico ma la
carica da egli rivestita non è fondamentale ai fini
della configurabilità del reato. Così se il
professionista, nel corso dell’assemblea, offende un
condomino, presente o assente, se lo stesso sporgerà
denuncia il mandatario dei condomini sarà chiamato a
rispondere, a seconda della circostanza, del reato di
ingiuria o di diffamazione ma il fatto di rivestire
l’incarico di amministratore non è determinante ai fini
della configurabilità del reato.
Quanto ai reati propri
la giurisprudenza della Cassazione, in assenza di
precise disposizioni legislative riguardanti
l’amministratore del condominio, ha inteso circoscrivere
la responsabilità dell’amministratore ai così reati
omissivi.
In sostanza
all’amministratore si potrà rimproverare di non essersi
attivato quando avrebbe dovuto.
In una datata, ma
sempre attuale, pronuncia del Supremo Collegio si
affermò che "la responsabilità penale
dell'amministratore di condominio va considerata e
risolta nell'ambito del capoverso dell'art. 40 c.p., che
stabilisce che non impedire un evento che si ha
l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo.
Per rispondere del mancato impedimento di un
evento è, cioè, necessaria, in forza di tale norma,
l'esistenza di un obbligo giuridico di attivarsi allo
scopo: detto obbligo può nascere da qualsiasi ramo del
diritto, e quindi anche dal diritto privato, e
specificamente da una convenzione che da tale diritto
sia prevista e regolata com'è nel rapporto di
rappresentanza volontaria intercorrente fra il
condominio e l'amministratore" (Cass. III Sezione
Penale, 14 marzo 1975 n. 4676 ud. - dep. 14/04/1976).
Il caso emblematico di
responsabilità penale in cui rischia d’incappare
l’amministratore di condominio è appunto quello
contemplato dall’art. 677 cod. pen. (Omissione di
lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina).
In realtà, anche in
questo caso la norma non fa esplicito riferimento
all’amministratore di condomini, ma parla più
genericamente di chi per conto del proprietario è tenuto
“alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio”.
La giurisprudenza
maggioritaria, seppur non unanime, è orientata nel
ricondurre la figura dell’amministratore nell’alveo di
quella individuata dalla norma testé citata.
In simili circostanze
(si tratta sostanzialmente di quei casi in cui il
mandatario dei condomini non ha provveduto a far
eseguire gli interventi manutentivi necessari o nel caso
di mancanza di fondi semplicemente a far rimuovere il
pericolo) per andare esente da responsabilità penale
l’amministratore dovrà “intervenire sugli effetti
anziché sulla causa della rovina, ovverosia prevenire la
specifica situazione di pericolo prevista dalla norma
incriminatrice interdicendo - ove ciò sia possibile -
l'accesso o il transito nelle zone pericolanti”
(Cass. 21401/09)”.
ESEMPI di capi di
imputazione per l'amministratore
- è tenuto a
rimuovere il pericolo derivante dalla minaccia di rovina
di parti comuni della costruzione (Cass. pen., Sez.
I, n. 7764, 7 agosto 1996) ;
- è titolare ope legis
anche del potere di «ordinare lavori di manutenzione
ordinaria che rivestano carattere urgente» con
l'obbligo di «riferirne nella prima assemblea dei
condomini», ai sensi dell'art. 1135 comma 2, cod. civ.,
di talché deve riconoscersi in capo allo stesso
l'obbligo giuridico di attivarsi senza indugio per
l'eliminazione delle situazioni potenzialmente idonee a
cagionare la violazione della regola del neminem laedere
(Cass. civ., Sez. II, n. 9378, 24 settembre 1997) ;
- è titolare
dell'obbligazione di garanzia dell'incolumità
condominiale e non può affermarsi che il medesimo sia
sprovvisto del potere autoritativo di intervento, il
quale è espressamente previsto dall'art. 1130 cod. civ.
che, tra l'altro, gli consente di compiere gli atti
conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni
dell'edificio e di disciplinare l'uso delle cose comuni
e la prestazione dei servizi nell'interesse comune, in
modo che ne sia assicurato il migliore godimento a tutti
i condomini (Cass. pen., Sez. I, n. 9866, 3 ottobre
1996) .
Parlando con i miei
colleghi di studio, tutti penalisti, gli stessi mi hanno
riferito che, sovente, difendono amministratori di
condominio per i reati di appropriazione indebita.
(in proposito
evidenzio che il progetto di riforma impone l'obbligo
per l'amministratore di aprire un c/c dedicato
all'attività e di evitare dunque commistioni fra il
conto condominiale ed il conto personale).

Il pericolo di
rovina di edificio
Con la decisione n.
13934/2008 la Corte di Cassazione ha stabilito che
l'ipotesi di reato prevista dall'art. 677 cod. pen.
(pericolo di rovina) ha caratteristiche di reato
"proprio" ed è la qualità di proprietario dei beni
che minacciavano la rovina che consente di attribuire
all'agente l'omissione da cui è derivato il pericolo per
le persone.
La decisione che si
commenta si pone in contrasto con l'orientamento
precedente in base al quale l'obbligo giuridico di
rimuovere il pericolo derivante dalla minacciante rovina
di parti comuni della costruzione - la cui violazione
integra il reato contravvenzionale di cui all'art. 677
cod. pen. - incombe sull'amministratore, pur potendo
esso risorgere in via autonoma a carico dei singoli
condomini qualora, per cause accidentali,
l'amministratore non possa adoperarsi allo scopo
suindicato con la necessaria urgenza (Cass. pen. 19
febbraio 2001, n. 301).
Secondo tale opinione
l'amministratore è titolare ope legis , salvo diverse
disposizioni statutarie o regolamentari, non solo del
dovere di erogazione delle spese attinenti alla
manutenzione ordinaria e alla conservazione delle parti
e servizi comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1130
n. 3 e n. 4 cod. civ., ma anche del potere di "ordinare
lavori di manutenzione straordinaria che rivestano
carattere urgente" con l'obbligo di "riferirne nella
prima assemblea dei condomini" ai sensi dell'art. 1135,
comma 2 cod. civ., di talché deve riconoscersi in capo
allo stesso l'obbligo giuridico di attivarsi senza
indugio per la eliminazione delle situazioni
potenzialmente idonee a cagionare la violazione della
regola del neminem laedere (Cass. pen. 19 giugno
1996, n. 7764).
Si è ritenuto che
l'assemblea ha il potere di ratificare le spese
effettuate dall'amministratore in ordine ai lavori di
manutenzione straordinaria, ancorché non indifferibili e
urgenti (Cass. 7 febbraio 2008, n. 2864).
L'indicato obbligo
giuridico è del tutto indipendente dalla causa che ha
determinato il pericolo,
sicché è irrilevante l'origine del pericolo stesso e,
tanto meno, la sua attribuibilità all'obbligato o la sua
derivazione da caso fortuito o da forza maggiore, quale
addirittura un terremoto.
Nel caso si tratti di
condominio, in assenza dell'amministratore,
l'amministrazione della cosa comune spetta a ciascuno e
a tutti i condomini, secondo i principi che disciplinano
la comunione (Cass. pen. 3/X/96, n. 9866).
Responsabilità
Penale in MATERIA DI RISCALDAMENTO
In tema di
riscaldamento, fa capo all'amministratore l'obbligo,
sanzionato penalmente, di denunciare al Comando
provinciale dei vigili del fuoco il collaudo
dell'impianto.
Spetta
all'amministratore provvedere a tutte le incombenze
amministrative relative ai servizi comuni, compreso il
riscaldamento centrale.
Sussiste dunque
responsabilità penale dell'amministratore ove un
impianto di riscaldamento di potenzialità superiore alle
30 mila Kcl/h non venga denunciato al comando
provinciale superiore dei vigili del fuoco e, anzi,
venga posto in funzione senza che i vigili del fuoco
abbiano provveduto al necessario collaudo.
L'amministratore di un
condominio, ove sia in funzione un impianto di
riscaldamento non segnalato al comando provinciale dei
vigili del fuoco e non collaudato da tale organo
pubblico, ha l'obbligo, penalmente sanzionato, di
provvedere a regolarizzare siffatta situazione.
Le relative
contravvenzioni hanno, infatti, natura permanente
e dunque si protraggono fin quando la situazione
antigiuridica non venga a cessare. Sempre in tema di
riscaldamento, sussiste la responsabilita' penale
dell'amministratore che non abbia osservato il
provvedimento con il quale il sindaco gli aveva
ordinato, nell'interesse specifico di un condomino, di
adottare gli opportuni accorgimenti al fine di ridurre
l'intensità dei rumori conseguiti all'uso dell'impianto
di riscaldamento.
In conclusione, si
deve evidenziare che la casistica giudiziaria è ricca di
statuizioni inerenti la responsabilità penale
dell'amministratore:
- caduta di tegole su
passante;
- caduta di calcinacci
dalle facciate;
- uso di combustibili
privi di idonee caratteristiche;
- tutela salute e
sicurezza dei lavoratori;
- inadempimenti oneri
contributivi.
Sicurezza sul
luogo di lavoro
In tema di
sicurezza nei luoghi di lavoro, l'art. 1, comma 3
D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, integrato dal
successivo D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242, interviene
nell'ambito condominiale in modo diretto e
differenziato.
Si dice infatti che,
nei riguardi dei lavoratori con rapporto contrattuale
privato di portierato, le norme si applicano nei casi
espressamente previsti. Presupposti di siffatta
disciplina sono l'art. 32 Cost. (tutela della salute),
l'art. 2087 cod. civ. (tutela delle condizioni di
lavoro), il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 (la
prevenzione degli infortuni sul lavoro) e l'art. 9,
legge 20 maggio 1970, n. 300 (sulla tutela della salute
e integrità fisica).
Ai fini
dell'assolvimento degli obblighi di informazione e
formazione nei confronti dei lavoratori con rapporto
contrattuale privato di portierato, derivanti dall'art.
1, comma 3 il datore di lavoro nei condomini va
individuato nella persona dell'amministratore
condominiale pro tempore , mentre con la legge 27
febbraio 1998, n. 30 si sostiene, relativamente al
condominio che la locuzione "lavoratori con rapporto
contrattuale privato di portierato" oltre che ai
portieri, si deve far riferimento anche a tutti i
lavoratori subordinati che prestino la loro attività
nell'ambito di un condominio, con mansioni affini a
quelle dei portieri.
Da questi vanno
esclusi, ovviamente, quanti prestino la loro attività
con contratto di lavoro autonomo. Non sussiste
l'obbligo di valutazione per iscritto dei rischi di cui
all'art. 4, D.Lgs. n. 19 settembre 1994, n. 626 e,
infine, l'obbligo di formazione di cui all'art. 22 (non
quello di informazione di cui al precedente articolo)
non riguarda i lavoratori già assunti alla data di
entrata in vigore del decreto, purché i datori di lavoro
abbiano in precedenza dato attuazione all'obbligo di cui
all'art. 4 dei regolamenti di prevenzione infortuni e
igiene del lavoro.
L'individuazione dei
lavoratori soggetti alla disciplina "minimale" di
sicurezza sul posto di lavoro deve essere effettuata con
riferimento a una categoria di lavoratori individuata
secondo il criterio dell'assimilabilità alla prestazione
lavorativa del portiere, piuttosto che alla ristretta
categoria di lavoratori "con rapporto contrattuale
privato di portierato che circoscriverebbe la disciplina
speciale e minimale" ai soli portieri, in senso stretto.
10. Conclusioni
Evidenzio che visti i
plurimi casi di responsabilità dell'amministratore e
comunque la difficoltà del suo operato, giudico
assolutamente giusta la previsione normativa della
riforma della materia condominiale che impone - se
richiesto - all'amministratore l'obbligo di assicurarsi
(pena la nullità della nomina).
La polizza deve
garantire gli atti compiuti nell'espletamento del
mandato ed i massimali di polizza non possono essere
inferiori all'ammontare dell'importo dell'ultimo
bilancio consuntivo approvato dall'assemblea.
I massimali di polizza
debbono essere addirittura adeguati nel caso in cui
l'assemblea condominiale deliberi lavori straordinari!
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