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ZIO E CUGINO VIOLENTATORI? RILEVANTI I DISTURBI PSICOLOGICI DELLA NIPOTE” -Cass.6598/2012 –commento e testo- Laura ANDRAO

 

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Protagonista della vicenda di oggi è una bambina infraquattordicenne che riconosce come “mostro “ lo zio, muovendo in seguito le medesime accuse anche nei confronti del cugino.

 

Alle accuse di violenza sessuale, la risposta è quella degli arresti domiciliari come misura cautelare, fine ultimo quello di impedire che l'uomo compia nuovamente il reato e che non modifichi il quadro probatorio.Su questi punti sia il G.i.p che il Tribunale sono concordi.

 

La vicenda giudiziaria, verte integralmente sulle accuse della minorenne che chiama in causa non solo lo zio bensì anche il cugino, importante e fondamentale risulta la circostanza che la minore “fosse già seguita per disturbi di carattere psicologico, non essendo sufficiente un generico riferimento agli esiti della consulenza tecnica disposta dal PM sull’attendibilità della minore”

 

Per i giudici di piazza Cavour, emerge “l' inadeguata valutazione degli elementi di fatto - che porta a rimettere la questione al Tribunale –, essendo plausibile anche la versione data dal difensore dell’uomo, che, cioè, la bambina potrebbe avere attribuito al cugino condotte su di lei tenute da altri, oppure avrebbe potuto affermare il vero sul cugino e mentire su quanto riferito a proposito dello zio anche le ravvisate esigenze cautelari vanno rimesse in discussione, soprattutto perché non è adeguatamente motivata la prognosi di probabile estensione delle condotte illecite anche ad altri minori e fuori di un contesto domestico agevolante”.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 novembre 2011 – 17 febbraio 2012, n. 6598Presidente Squassoni – Relatore Fiale

Fatto e diritto

Il Tribunale di Palermo --con ordinanza del 28.4.2011 - rigettava l’istanza di riesame proposta avverso il provvedimento 28.3.2011 con il quale il G.I.P. di quel Tribunale aveva applicato a S. E. la misura cautelare personale degli arresti domiciliari per il reato di cui agli artt. 81 cpv., 609-bis e 609-ter cod. pen. (violenza sessuale in danno della nipote G. S. minore di anni 14).Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore dello S. la quale ha eccepito violazione di legge e carenza di motivazione in ordine:- alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, in quanto non sarebbe stata effettuata una congrua disamina circa l'attendibilità delle dichiarazioni accusatorie rese dalla ragazzina (la quale, tra l'altro, aveva ritrattato le ulteriori accuse di maltrattamenti inizialmente rivolte alla madre e al fratello) e sarebbe stato omesso il doveroso confronto di tali dichiarazioni con i contrari elementi di fatto prospettati dall'indagato in sede di interrogatorio di garanzia:- alle ravvisate esigenze cautelari delle quali incongruamente sarebbe stata ravvisata l'attualità pure a distanza di oltre due anni dagli ipotetici eventi delittuosi ed in una situazione in cui la ragazzina era già da tempo ospite in una casa protetta in Palermo, ben lontano dalla città (Perugia) in cui viveva lo zio.Il ricorso merita di essere accolto nei limiti di seguito specificati.1. In relazione alle doglianze riferite alla sussistenza dei “gravi indizi di colpevolezza” (che il primo comma dell’art. 273 c.p.p. pone quale condizione generale per l’applicazione di misure cautelari personali), deve rilevarsi che la minore ha affermato di avere subito violenze sessuali da parte sia del cugino sia dello zio E. (fratello del padre): quest’ultimo, in particolare, tali violenze avrebbe perpetrato “nel letto, di notte, mentre la nonna dormiva”.L'indagato, in occasione dell’interrogatorio di garanzia, ha confermato che G. aveva trascorso gran parte della propria infanzia a casa della nonna paterna a cagione degli impegni dei genitori, ma ha dichiarato che non vi era mai rimasta a dormire quando anche lui era presente. Ha prospettato altresì che al narrato della ragazza non potrebbe attribuirsi credibilità anche in considerazione del fatto che nell'abitazione della nonna esisteva un'unica camera da letto condivisa pure da un altro zio di G. (anch’egli fratello di E.), al quale non sarebbero potute sfuggire le pratiche sessuali asseritamente poste in essere (non solo toccamenti ma anche penetrazioni orali).Rileva il Collegio che, a fronte degli anzidetti elementi fattuali, il Tribunale quanto al formulato giudizio di credibilità delle accuse:- ha omesso di valutare in qualsiasi modo la circostanza che G. fosse già seguita, per disturbi di carattere psicologico, dal reparto di neuropsichiatria infantile dell'ospedale di Palermo, limitandosi ad un generico riferimento agli esiti della consulenza tecnica disposta dal P.M. sull’attendibilità della minore.- non ha argomentato in ordine alle prospettazioni difensive enunciate dall’indagato nell’interrogatorio di garanzia.- Ha riconosciuto valenza di elemento di riscontro alle risultanze della esperita consulenza ginecologica, che ha evidenziato la rottura dell'imene di G. direttamente ricollegandola ai rapporti sessuali asseritamente intercorsi con il cugino.- ha apoditticamente concluso che “se la piccola G. ha detto la verità sulle violenze subite dal cugino, non v’è ragione alcuna per dubitare che altrettanto abbia fatto allorquando ha ripetutamente riferito delle violenze subite dallo zio”.Deve osservarsi al riguardo che il concetto di “gravità degli indizi”, posto dal richiamato art. 273 c.p.p. - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema - postula un'obiettiva precisione dei singoli elementi indizianti i quali, nel loro complesso devono consentire di pervenire logicamente ad un giudizio che, senza raggiungere il grado di certezza richiesto per un’affermazione di condanna, sia di alta probabilità dell'esistenza del reato e della sua attribuibilità all'indagato.Le considerazioni del Tribunale, di cui si è dato conto dianzi, non risultano coerenti con tale postulato, evidenziandosi una inadeguata valutazione degli elementi di fatto da cui li indizi sono stati desunti ed apparendo meramente congetturale l'affermazione secondo la quale l'avere detto la verità circa le violenze subite dal cugino integrerebbe garanzia di veridicità anche dei fatti illeciti attribuiti allo zio. I contorni delle condotte tenute dal cugino e le eventuali connessioni, anche temporali, con quelle ascritte allo zio sono rimasti assolutamente imprecisati, sicché deve ritenersi condivisibile l'obiezione della difesa secondo la quale “la piccola potrebbe avere attribuito al cugino condotte su di lei tenute da altri, oppure avrebbe potuto affermare il vero sul cugino e mentire su quanto riferito a proposito dello zio”.2. Anche le doglianze riferite alle ravvisate esigenze cautelari meritano accoglimento. Tali esigenze sono state individuate, secondo le previsioni di cui alle lettere a) e c), dell'art. 274 c.p.p., in relazione alla necessità di garantire l'acquisizione genuina delle dichiarazioni rese dalla vittima sotto forma di testimonianza; nonché all'elevata probabilità di reiterazione di analoghe condotte criminose.Nello specifico, però:- quanto al prospettato pericolo di inquinamento probatorio, la concretezza e l'attualità dello stesso devono essere riguardate anche considerando la circostanza che il GIP avrebbe già respinto una richiesta, avanzata dal PM, di escutere la ragazza con le forme dell'incidente probatorio;- l 'attualità del pericolo di reiterazione degli abusi è stata affermata per la entità della condotta delittuosa, considerata sintomatica della pericolosità, essendosi testualmente dedotto che “l'estrema gravità delle circostanziate accuse mosse allo S. ed il carattere di periodicità degli abusi sessuali denotano l'assenza di poteri d'inibizione e controllo delle pulsioni istintive”.La gravità dell'azione criminosa, però, risulta correlata a comportamenti rimasti imprecisati quanto alle modalità e circostanze attuative, con particolare riferimento a quel carattere di periodicità” da cui si è evinto che l’indagato avrebbe una generale incapacità di controllo dei propri impulsi sessuali: sicché deve ritenersi non adeguatamente motivata la prognosi di probabile estensione delle condotte illecite anche ad altri minori e fuori di un contesto domestico agevolante.3. L'ordinanza impugnata conseguentemente deve essere annullata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Palermo, che dovrà rimediare alle carenze argomentative dianzi evidenziate.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla l'ordinanza impugnala con rinvio al Tribunale di Palermo.

 

 

 

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