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Per strumenti finanziari si
intendono, tra gli altri, "le obbligazioni”, "le quote
di fondi comuni di investimento" (lett. b e c) e "le
combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle
precedenti lettere" (lett. j), dovendosi appunto il
piano finanziario di cui trattasi considerare come uno
strumento finanziario costituito da una peculiare
combinazione di titoli obbligazionari e di quote di un
fondo comune di investimento, nel contesto unitario di
un'operazione di finanziamento garantita dal pegno
costituito sui medesimi strumenti finanziari e
finalizzata sia alla restituzione del finanziamento
erogato, che alla realizzazione dell'investimento.
Ne consegue l'assoggettamento di
tale strumento finanziario anche alla disciplina
prevista dall'art. 30 del d.lgs. 1998/58 per l'offerta
fuori sede e in particolare all'obbligo, a pena di
nullità del contratto, di indicare nei moduli o
formulari la facoltà di recesso.
Cassazione, sez. I Civile, 3
febbraio 2012, n. 1584
(Pres. Plenteda – Rel. Schirò)
Svolgimento del processo
Con sentenza del 21 giugno 2008 la
Corte di appello di Genova rigettava l'appello proposto
da Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. nei confronti
di T.G. avverso la sentenza del 23 dicembre 2005, con la
quale il Tribunale di Genova, in accoglimento della
domanda proposta dal T., aveva dichiarato la nullità del
contratto inter partes del 19 giugno 2001 - denominato
"4YOU" - costituente un piano finanziario che prevedeva
l'erogazione da parte della banca di un mutuo,
l'utilizzo della somma mutuata per l'acquisto di
obbligazioni e di una quota di un fondo comune di
investimento, la costituzione in pegno in favore della
banca, a garanzia della restituzione del mutuo, delle
obbligazioni e della quota acquistate e l'accensione di
un conto deposito titoli e di un conto corrente, sul
quale regolare la restituzione rateale del mutuo e aveva
condannato la Banca a restituire al T. le somme da lui
versate in relazione a tale contratto a far data dalla
rata del 31 luglio 2001 per Euro 232,41 mensili, oltre
agli interessi legali dai singoli versamenti al saldo. A
fondamento della sentenza la Corte di appello così
motivava:
- dalle testimonianze acquisite
emergeva con certezza la circostanza dell'accesso del
funzionario della banca all'ufficio dell'attore, della
sollecitazione, compiuta in quella sede da parte del
primo nei confronti del secondo, alla sottoscrizione del
piano di investimento e della effettiva sottoscrizione
del piano da parte del T. nel suo ufficio e quindi fuori
dai locali della banca; in ogni caso la banca
appellante, di fronte alla contestazione mossa
dall'attore, non aveva fornito la prova della
sottoscrizione del contratto nei locali della banca; da
qui conseguiva la nullità del contratto, che non
conteneva la previsione della facoltà di recesso da
parte del sottoscrittore nei termini formulati dall'art.
30 del d.lgs. 1998/58, non essendo sufficiente la
presenza di tale clausola nel prospetto informativo
disciplinante il solo fondo comune;
- il contratto in questione doveva
considerarsi unitariamente uno strumento finanziario ai
sensi del'art. 1, comma 2, lett. b), c) e j) del d.lgs.
1998/58, risolvendosi in una combinazione di rapporti
contrattuali aventi ad oggetto obbligazioni e quote di
fondi comuni di investimento, di guisa che l'intero
piano finanziario doveva ritenersi venir meno in caso di
invalidità o inefficacia anche di uno solo dei singoli
rapporti contrattuali che lo componevano.
Per la cassazione di tale sentenza
ricorre Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. con due
motivi e memoria. Resiste con controricorso e memoria il
T..
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la banca
ricorrente - denunciando violazione e falsa applicazione
dell'art. 2697 c.c. - deduce che erroneamente la Corte
di appello le ha addossato l'onere di provare che il
contratto inter partes era stato sottoscritto presso i
suoi uffici, gravando al contrario sull'investitore che
voglia far valere la nullità del contratto per
violazione dell’art. 30 del d.lgs. 1998/56 l'onere di
dimostrare che la sottoscrizione del contratto è
avvenuta fuori sede.
La doglianza è priva di fondamento.
La Corte territoriale ha accertato, sulla base delle
testimonianze acquisite, che il contratto di cui
trattasi è stato sottoscritto nell'ufficio del T. e
quindi fuori dai locali della banca. Correttamente,
pertanto, i giudici di appello hanno ritenuto che, a
fronte della contestazione dell'attore sorretta dagli
elementi probatori acquisiti, spettasse alla banca di
provare il contrario, ossia che il contratto era stato
sottoscritto presso i suoi uffici, ritenendo, con
apprezzamento di fatto immune da vizi logici - peraltro
neppure dedotti dalla ricorrente - e quindi
incensurabile in cassazione, che la convenuta non aveva
assolto tale onere.
2. Con il secondo motivo si
denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1,
comma 2, del d.lgs. 1998/58, nel testo vigente ratione
temporis, e si deduce che il piano finanziario
sottoscritto dal T. non costituiva un unico strumento
finanziario risultante dalla combinazione di differenti
contratti, ma era composto da operazioni e rapporti
contrattuali (erogazione di un finanziamento, acquisto
di titoli obbligazionari e sottoscrizione di quote di un
fondo comune di investimento) nettamente distinti e
separati tra loro, anche se collegati in funzione del
conseguimento dell'obiettivo di un investimento
predeterminato. Pertanto ogni singolo componente del
piano era soggetta alla relativa disciplina di settore e
la complessiva operazione da realizzare con il piano
finanziario non era riconducibile alla nozione di
strumento finanziario di cui all'art. 1 del d.lgs.
1998/58. Anche tale doglianza non è fondata.
La Corte di appello di Genova ha
interpretato il contratto di cui trattasi ritenendo che,
in conformità alla valutazione compiuta in primo grado
dal Tribunale, la struttura del piano finanziario
sottoscritto dal T. "si risolve in una combinazione di
contratti aventi ad oggetto obbligazioni e quote di
fondi comuni di investimento", che da vita ad una
complessiva fattispecie negoziale autonoma -
riconducibile alla categoria degli strumenti finanziari
di cui all'art. 1 del d.lgs. 1998/58 (nel testo
applicabile alla fattispecie ratione temporis) e
assoggettata alla relativa disciplina, anche per quanto
riguarda l'offerta fuori sede di cui all'art. 30 dello
stesso decreto e, in particolare, l'obbligo, a pena di
nullità del contratto, di indicare nei moduli o
formulari la facoltà di recesso.
In base all'accertamento compiuto
dai giudici di appello tale combinazione si articola
secondo la seguente procedura: l'operazione principale
consiste nella erogazione al cliente, in unica
soluzione, di un finanziamento quindicennale di un
determinato importo, che il cliente si impegna a
restituire mediante un certo numero di pagamenti
rateali; la somma concessa in prestito viene
immediatamente utilizzata nell'investimento, in parte,
in titoli obbligazionari e, in parte, in quote di un
fondo comune di investimento; i titoli obbligazionari
sono acquistati dalla banca che li detiene nel proprio
portafoglio; le quote del fondo comune vengono
sottoscritte dalla banca in nome e per conto del cliente
che, a tal fine, conferisce ad essa apposito mandato; la
restituzione del prestito viene garantita mediante la
costituzione in pegno in favore della banca dei titoli
obbligazionari e delle quote del fondo comune di cui si
è detto; il cliente, a tal fine, deve disporre di un
conto corrente ed aprire un conto deposito titoli presso
la banca.
3. Alla stregua della descritta
procedura, i giudici di appello hanno osservato “che le
diverse componenti della complessa fattispecie sono tra
loro funzionalmente e teleologicamente correlate di
guisa che aut simul stabunt aul simul cadent”.
L'interpretazione del contatto
compiuta dalla Corte di merito si risolve in un
accertamento di fatto incensurabile in questa sede di
legittimità, in quanto la banca ricorrente non ha
dedotto, con riferimento alla sentenza impugnata,
specifici vizi di motivazione né la violazione dei
canoni legali di interpretazione del contratto, ma si è
limitata a proporre, secondo un iter logico-giuridico
non consentito nel giudizio di cassazione - una diversa
interpretazione, ritenuta preferibile, dello stesso
contratto, nel senso che il piano si sostanzia in
distinte e separate operazioni finanziarie dotate di una
propria autonomia economica e giuridica, anche se
funzionalmente collegate in vista del conseguimento
dell'obiettivo di un investimento predeterminato, con la
conseguenza che, da un lato, ogni singola componente del
piano ha una propria tipicità e, mantenendo la propria
autonomia giuridica, è soggetta alla relativa disciplina
di settore e che, sotto altro profilo, la complessiva
operazione da realizzare con il piano finanziario non è
riconducibile alla nozione di strumento finanziario di
cui all'art. 1 del d.lgs. 1998/58.
4. In realtà, diversamente da
quanto sostenuto dalla ricorrente, l'interpretazione del
contratto di cui trattasi fornita dalla Corte di merito,
trova riscontro normativo nel disposto dell'art. 1,
comma 2, lett. b), c) e j), del d. lgs. 1998/58, nel
testo applicabile alla fattispecie in esame ratione
temporis, secondo cui per strumenti finanziari si
intendono, tra gli altri, "le obbligazioni”, "le quote
di fondi comuni di investimento" (lett. b e c) e "le
combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle
precedenti lettere" (lett. j), dovendosi appunto il
piano finanziario di cui trattasi considerare, alla
stregua dell'interpretazione fornita dalla Corte di
merito e non idoneamente censurata dalla ricorrente,
come uno strumento finanziario costituito da una
peculiare combinazione di titoli obbligazionari e di
quote di un fondo comune di investimento, nel contesto
unitario di un'operazione di finanziamento garantita dal
pegno costituito sui medesimi strumenti finanziari e
finalizzata sia alla restituzione del finanziamento
erogato, che alla realizzazione dell'investimento.
Ne consegue l'assoggettamento di
tale strumento finanziario anche alla disciplina
prevista dall'art. 30 del d.lgs. 1998/58 per l'offerta
fuori sede e in particolare all'obbligo, a pena di
nullità del contratto, di indicare nei moduli o
formulari la facoltà di recesso.
5. La tesi della ricorrente,
secondo cui la previsione della menzionata lettera j)
“mirava a sussumere nella nozione di strumento
finanziario i titoli cd. strutturati...contenenti una
clausola corrispondente ad un contratto derivato” non ha
pregio in quanto priva di riscontro nel testo normativo
del d.lgs. 1998/58 applicabile temporalmente alla
fattispecie. Parimenti infondata è l'ulteriore tesi
della banca, alla stregua della quale l'operazione in
cui si è sostanziato il piano finanziario sarebbe
riconducibile non alla nozione di strumento finanziario,
ma a quello di servizio accessorio riguardante, a norma
dell'art. 1, comma 6, lett. c) del menzionato d.lgs.
1998/58, la concessione di finanziamenti agli
investitori per consentire loro di effettuare
un'operazione relativa a strumenti finanziari, nella
quale interviene il soggetto che concede il
finanziamento. Infatti la complessa e peculiare
composizione del piano finanziario posto in essere dalle
parti, articolato su di una serie di operazioni
necessariamente interdipendenti (finanziamento, acquisto
di obbligazioni, sottoscrizioni di quota di un fondo di
investimento, costituzione in pegno delle obbligazioni e
della quota, apertura di un conto corrente e di un conto
deposito titoli), non è sussumibile nella fattispecie
normativa richiamata, riguardante una mera operazione di
finanziamento per operazioni relative a strumenti
finanziari, sia pure compiute con la partecipazione del
soggetto che ha concesso il finanziamento stesso.
Le considerazioni che precedono
conducono al rigetto del ricorso e le spese del giudizio
di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo,
seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e
condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro
2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre a
spese generali e accessori di legge.
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