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IMPIGNORABILITA' CREDITI: LIMITI ALLA ESPROPRIAZIONE E MINIMUM VITALE" - Trib. Ravenna 23/1/2012 – commento e testo-Giancarlo GIUSTI

 

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Il Tribunale di Ravenna, con la decisione in commento, ribadisce i limiti alla pignorabilità di stipendi e pensioni.


 

In materia si scontrano due principi: la tutela del credito dall'inadempimento, la tutela della dignità della persona, che deve poter contare su un introito da lavoro o pensione quantificato in un minimo vitale .


 

Le norme che disciplinano la pignorabilità degli stipendi e pensioni sono state precisate nella loro portata dagli interventi della Corte Costituzionale (vedi il percorso normativo e giurisprudenziale riportato nella sentenza), che, si è ispirata a criteri di solidarietà sociale e di pubblico interesse a che venga garantita la corresponsione di un minimum vitale.


 

Ciò comporta che la necessità di garantire che questo minimum vitale possa giustificare la compressione dei diritti dei creditori a rivalersi sulla pensione.


 

Nondimeno tale principio non può valere a sottrarre il trattamento pensionistico dalle pretese della generalità dei creditori ma solamente, appunto, quella parte che sia necessaria ad assicurare quei mezzi adeguati alle esigenze di vita dei pensionati.


 

Sul concreto ammontare della (parte di) pensione idoneo ad assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita. La Corte Costituzionale


 

ha, però, sempre opportunamente ritenuto che tale determinazione esulasse dai propri compiti rientrando, invece, nel potere discrezionale del legislatore.


 

Per la sentenza in allegato,


 

In assenza di una specifica norma la giurisprudenza di merito, al di là di specifiche situazioni concrete, ha, generalmente, ritenuto che ai fini della suddetta determinazione possa essere utilizzato quale utile parametro quello dell’assegno sociale di cui all’art. 3, commi 6 e 7, l. 8.8.1995 n. 335, la cui ratio è proprio quella di assicurare ai cittadini ultrasessantacinquenni in disagiate condizioni economiche un reddito sufficiente per le minime esigenze di vita, parametro, peraltro, indicato dalla stessa Corte Costituzionale a titolo esemplificativo in varie sue decisioni.


 

La limitazione all’espropriabilità, che sostanzialmente si risolve in una parziale compressione dei diritti dei creditore deve dunque essere contenuta nei limiti funzionali allo scopo prefissato che tenga conto del bilanciamento delle esigenze di tutela del credito (art 24 Cost.) e della garanzia di assicurare mezzi adeguati per le esigenze di vita (art. 38 Cost.).


 

Ne consegue che tutto quanto eccede la parte del trattamento diretta a garantire il minimum, non ha ragione di sottrarsi al regime ordinario di piena espropri abilità previsto per la generalità dei casi dall’art. 545 c.p.c.


 

Nel caso concreto il creditore pretendeva di pignorare per intero l'emolumento pensionistico del debitore partendo dall'assunto della natura privilegiata del proprio credito (un credito per prestazioni professionali) si da richiamare l'applicazione dell'art. 2, 1° co., dpr 180/1950.


 

Ma correttamente la sentenza fa notare che :


 

si ispira a criteri di solidarietà sociale e di pubblico interesse a che venga garantita la corresponsione di un minimum vitale.


 

Ciò comporta che la necessità di garantire che questo minimum vitale possa giustificare la compressione dei diritti dei creditori a rivalersi sulla pensione.


 

Nondimeno tale principio non può valere a sottrarre Finterò trattamento pensionistico dalle pretese della generalità dei creditori ma solamente, appunto, quella parte che sia necessaria ad assicurare quei mezzi adeguati alle esigenze di vita dei pensionati.


 

Sul concreto ammontare della (parte di) pensione idoneo ad assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita la Corte Costituzionale


 

ha, però, sempre opportunamente ritenuto che tale determinazione esulasse dai propri compiti rientrando, invece, nel potere discrezionale del legislatore.


 

In assenza di una specifica norma la giurisprudenza di merito, al di là di specifiche situazioni concrete, ha, generalmente, ritenuto che ai fini della suddetta determinazione possa essere utilizzato quale utile parametro quello dell’assegno sociale di cui all’art. 3, commi 6 e 7 l. 8.8.1995 n. 335, la cui ratio è proprio quella di assicurare ai cittadini ultrasessantacinquenni in disagiate condizioni economiche un reddito sufficiente per le minime esigenze di vita, parametro, peraltro, indicato dalla stessa Corte Costituzionale a titolo esemplificativo in varie sue decisioni.


 

La limitazione all’espropriabilità, che sostanzialmente si risolve in una parziale compressione dei diritti dei creditore deve dunque essere contenuta nei limiti funzionali allo scopo prefissato che tenga conto del bilanciamento delle esigenze di tutela del credito (art 24 Cost.) e della garanzia di assicurare mezzi adeguati per le esigenze di vita (art. 38 Cost.).


 

Ne consegue che tutto quanto eccede la parte del trattamento diretta a garantire il minimum, non ha ragione di sottrarsi al regime ordinario di piena espropriabilità previsto per la generalità dei casi dall’art. 545 c.p.c.

Tribunale di Ravenna, sez. Civile, ordinanza 23 gennaio 2012

Giudice Unico Lucarelli


 

Premesso in fatto


 

- che il presente giudizio trae origine dall’opposizione all’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione in data 25.5.2011 ha respinto la richiesta di assegnazione della somma avanzata da M. G. (creditore procedente) sul presupposto che il credito di SE. G. (debitore esecutato) nei confronti dell’INPS (terzo pignorato) era rappresentato da “pensione sociale minima”;

- che l’opponente ha affermato l’illegittimità del suddetto provvedimento in quanto lo stesso non tiene conto delle espresse eccezioni previste all’impignorabilità della pensione minima previste dall’art. 2 n. 2 del DPR n. 180/1950;


 

Osservato in diritto


 

La materia oggetto del presente giudizio è regolata, da un lato, dall’art. 128 del R.D.L. 4.10.1935 n.1827 che prevede al comma 2 che “le pensioni, gli assegni, e le indennità” spettanti in forza dell’assicurazione generale obbligatoria “non sono cedibili, né sequestrabili, né pignorabili, eccezione fatta per le pensioni, che possono essere cedute, sequestrate e pignorate soltanto nell’interesse di stabilimenti pubblici ospedalieri o di ricoveri per il pagamento delle diarie relative, e non oltre l’importo di queste” e, d’altro lato, dalla legge che disciplina il prestito tramite cessione del quinto stipendio (1) regolamentata a partire dal 1950 dal DPR n. 180 del 5.1.1950 e dal successivo regolamento attuativo D.P.R. 28.7.1950, n. 895.

L’arti di tale ultima legge, specificamente richiamato dall’opponente a sostegno della natura “qualificata” del credito del professionista, nell’affermare “l’insequestrabilità, impignorabilità e incedibilità di stipendi, salari, pensioni ed altri emolumenti” fa salve, per quanto qui interessa, le eccezioni di cui al successivo art. 2 n. 2 stabilendo che i suddetti emolumenti sono soggetti a sequestro e pignoramento “fino alla concorrenza di un quinto valutato al netto di ritenute, per debiti verso lo Stato e verso gli altri enti, aziende ed imprese da cui il debitore dipende, derivanti dal rapporto d’impiego e di lavoro (2).

Il valore dispositivo di tale impianto normativo non può però essere compreso ove non si tengano in considerazione i significativi interventi in materia della Corte Costituzionale.

Da un lato, infatti, la Corte Costituzionale, ha ristretto la portata applicativa delle suddette norme laddove con la sentenza 20 febbraio 1969, n. 22 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 128 comma 2 in relazione all’art 38 Cost., nella parte in cui attribuisce all’I.N.P.S. “la facoltà affatto discrezionale” di trattenere sulle pensioni l’ammontare delle somme ad esso dovute in forza di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, in contrasto con l’affermazione costituzionale del diritto dei lavoratori a che siano assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, invalidità e vecchiaia e, d’altro, ne ha, al contrario, ampliato la portata applicativa laddove si è pronunciata per l’illegittimità costituzionale dell’art. 128 comma 2 nella parte in cui non consente:

- la pignorabilità per crediti alimentari delle pensioni I.N.P.S. (3) entro i limiti stabiliti dall’art. 2, n. 1, d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180;

- la pignorabilità per crediti tributari entro i limiti stabiliti dall’art. 2, comma primo, numero 3, del d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180 di pensioni, indennità..ed assegni corrisposti dall’INPS equiparando così l’aggredibilità della pensione, nei limiti del quinto, per crediti tributari sia nel caso che la pensione del debitore scaturisca da un precedente rapporto di lavoro con lo Stati o altri enti pubblici sia che questi sia pensionato INPS; (4)

- la pignorabilità per ogni credito dell’intero ammontare di pensioni, assegni ed indennità erogati dall’INPS, anziché prevedere l’impignorabilità con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, della sola parte della pensione, assegno o indennità “necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte”; (5)

e degli artt. 1 e 2, comma 1, del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 nella parte in cui escludono:

- la pignorabilità per ogni credito dell’intero ammontare di pensioni, indennità...ed altri assegni di quiescenza erogati ai dipendenti dai soggetti individuati dall’art. 1 (enti pubblici e assimilati), anziché prevedere l’impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, della sola parte delle pensioni, indennità o altri assegni di quiescenza “necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte “.

Con tale decisione la Corte Costituzionale, dopo aver ripercorso la propria evoluzione giurisprudenziale in materia, evidenzia che l’art. 38 2° comma della Costituzione, nello stabilire che ai lavoratori in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria, “siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita”, si ispira a criteri di solidarietà sociale e di pubblico interesse a che venga garantita la corresponsione di un minimum vitale.

Ciò comporta che la necessità di garantire che questo minimum vitale possa giustificare la compressione dei diritti dei creditori a rivalersi sulla pensione.

Nondimeno tale principio non può valere a sottrarre Finterò trattamento pensionistico dalle pretese della generalità dei creditori ma solamente, appunto, quella parte che sia necessaria ad assicurare quei mezzi adeguati alle esigenze di vita dei pensionati.

Sul concreto ammontare della (parte di) pensione idoneo ad assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita la Corte Costituzionale ha, però, sempre opportunamente ritenuto che tale determinazione esulasse dai propri compiti rientrando, invece, nel potere discrezionale del legislatore.

In assenza di una specifica norma la giurisprudenza di merito, al di là di specifiche situazioni concrete, ha, generalmente, ritenuto che ai fini della suddetta determinazione possa essere utilizzato quale utile parametro quello dell’assegno sociale di cui all’art. 3, commi 6 e 7, L. 8.8.1995 n. 335, la cui ratio è proprio quella di assicurare ai cittadini ultrasessantacinquenni in disagiate condizioni economiche un reddito sufficiente per le minime esigenze di vita, parametro, peraltro, indicato dalla stessa Corte Costituzionale a titolo esemplificativo in varie sue decisioni.

La limitazione all’espropriabilità, che sostanzialmente si risolve in una parziale compressione dei diritti dei creditore deve dunque essere contenuta nei limiti funzionali allo scopo prefissato che tenga conto del bilanciamento delle esigenze di tutela del credito (art 24 Cost.) e della garanzia di assicurare mezzi adeguati per le esigenze di vita (art. 38 Cost.).

Ne consegue che tutto quanto eccede la parte del trattamento diretta a garantire il minimum, non ha ragione di sottrarsi al regime ordinario di piena espropri abilità previsto per la generalità dei casi dall’art. 545 c.p.c.

L’opponente a sostegno della propria tesi fa notare, però, come la Corte Costituzionale, nell’ambito della sentenza n.506 del 2002, nell’affermare i suddetti principi conferma, d’altra parte, che restano sottratti a tale esigenza di bilanciamento alcuni crediti “privilegiati”, segnatamente individuati ai numeri 1, 2 e 3 dell’art. 2 comma 1 del D.P.R. 180/1950, e che tra tali crediti, a suo dire, segnatamente nell’ambito di quelli elencati al n. 2 della citata disposizione, rientrerebbe quello da lui maturato in assolvimento del proprio mandato professionale.

La tesi sostenuta dall’opponente, pur corretta nei suoi presupposti non può però essere accolta.

Se è vero, infatti, che la Corte rileva che ben può il legislatore nella sua discrezionalità selezionare, attraverso un razionale bilanciamento di valori garantiti dalla Costituzione, in ragione della loro causa, i crediti rispetto ai quali la pensione - anche nella parte in cui è volta ad assicurare al pensionato il minimum vitale - è (pro quota dell’intero) pignorabile è, altrettanto, vero che la Corte indica quale elemento di giustificazione (in altri termini di coerenza costituzionale) di tale discrezionale bilanciamento con il valore espresso dall’art. 38 comma 2 della Costituzione, la qualità del credito azionato che deve, in altre parole, essere espressione di altri valori costituzionale, con ciò, evidentemente, intendendo valori diversi da quelli espressi dall’art. 24 Cost. a generica tutela del credito.

La completa parificazione - in tale materia - del regime dell’espropriabilità delle pensioni erogate dal settore privato od anche ex pubblico a quello ancora regolato dalla disciplina del settore pubblico inteso in senso proprio, deve far ritenere che, ai fini dell’assoggettamento all’esecuzione forzata, sia attualmente priva di ogni rilievo la differente provenienza del trattamento pensionistico.

L’aspetto distintivo deve, quindi, ravvisarsi nella particolare natura del credito, in ragione del quale, al regime riservato alla generalità dei creditori si oppone quello privilegiato riservato ad alcuni crediti qualificati.

Giova, a questo punto considerare, il caso specifico del credito per prestazioni professionali che non sembra, particolarmente, caratterizzato rispetto alla generalità dei crediti ovvero rispetto al quale non sembra ravvisarsi alcuna particolare tutela costituzionale diversa da quella approntata dall’art. 24 Cost. che giustifichi la compressione della tutela accordata al debitore dall’art. 38 Cost. oltre i limiti del minimum vitale e, ciò che più conta, non sembra neppure riconducibile al dettato normativo della disposizione di cui all’art. 2 comma 1 del D.P.R. 180/1950 n. 2.

L’assunto dell’opponente secondo il quale nella citata disposizione debba farsi rientrare, genericamente, qualsiasi credito nascente da un rapporto di lavoro, ancorché autonomo come quello relativo all’attività espletata sulla base di un mandato professionale, non può essere condivisa neppure sul piano letterale.

In realtà la norma è chiara nel riferire “l’eccezione” ovvero, in altri termini, nell’attribuire la natura “qualificata” ai crediti corrispondenti a “debiti verso lo Stato e verso gli altri enti, aziende ed imprese da cui il debitore dipende, derivanti dal rapporto d’impiego e di lavoro” (6) e non, certamente, a qualsiasi debito derivante da rapporto di lavoro.

A ciò aggiungasi che ciò che caratterizza il credito è la circostanza che il medesimo origini da un rapporto caratterizzato dalla “dipendenza” del debitore, tipica del rapporto di lavoro subordinato, caratterizzazione non, certo, riconducibile alla la prestazione d’opera professionale eseguita dall’attuale opponente in favore del debitore esecutato.

Quand’anche l’eccezione prevista dal n. 2 non volesse farsi coincidere con i soli crediti derivanti da ed. “danno erariale” (7) cui la stessa Corte Costituzionale ha fatto riferimento per l’individuazione dei ed. creditori qualificati dovrebbe, comunque, ritenersi che “qualificato” è il creditore che fonda le proprie ragioni di credito proprio su un rapporto di lavoro dipendente, ovvero colui nei confronti del quale il debito è sorto in occasione di tale rapporto di dipendenza poiché, nella specie, è pacifico che la pensione erogata dall’INPS al Se. di euro 467,26 mensili non può che, ottimisticamente, integrare la soglia del minimo vitale la stessa deve ritenersi sottratta per il suo intero ammontare all’espropriazione.


 

P.Q.M.


 

respinge l’opposizione

dichiara interamente compensate le spese del presente giudizio.


 


 


 

 

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