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Ai fini della
configurabilità della contravvenzione di cui
all'articolo 186 del codice della strada, lo stato di
ebbrezza del conducente del veicolo può essere accertato
e provato con qualsiasi mezzo, e non necessariamente né
unicamente attraverso la strumentazione e la procedura
indicate nell'articolo 379 del regolamento di attuazione
ed esecuzione del codice stradale (dpr 16 dicembre 1992
n. 495, e succ. modif.): infatti, per il principio del
libero convincimento, per l'assenza di prove legali e
per la necessità che la prova non dipenda dalla
discrezionale volontà della parte interessata, il
giudice può desumere lo stato di alterazione
psicofisica, derivante dall'influenza dell'alcool, da
qualsiasi elemento sintomatico dell'ebbrezza o
dell'ubriachezza (tra cui l'ammissione del conducente,
l'alterazione della deambulazione, la difficoltà del
movimento, l'eloquio sconnesso, l'alito vinoso, ecc);
così come può anche disattendere l'esito fornito dall'"etilometro",
sempreché del suo convincimento fornisca una motivazione
logica ed esauriente
Cassazione, sez. IV, 1°
febbraio 2012, n. 4402
(Pres. Marzano – Rel.
Piccialli)
Ritenuto in fatto
P.M. ricorre avverso la
sentenza di cui in epigrafe che, in esito a giudizio
abbreviato, lo ha riconosciuto colpevole della
contravvenzione di cui all'articolo 186, lettera a) del
codice della strada, assolvendolo invece dal reato di
rifiuto di sottoporsi all'accertamento alcoli metrico
perché (all'epoca) il fatto non era previsto dalla legge
come reato (fatti accertati in data 20 maggio 2006).
Il giudicante riteneva che
a causa del mancato completamento della seconda prova
alcolimetrica non era stato determinato il tasso
alcolemico lettera a) per essersi rifiutato di
sottoporsi ritualmente all'accertamento tecnico
[segnatamente, dopo una prima prova, si sarebbe
rifiutato di eseguire la seconda].
Con il ricorso si contesta
l'apprezzamento sul punto sviluppato dal giudicante,
sostenendosi, come ipotesi ritenuta ragionevole, che il
rifiuto alla seconda prova "più verosimilmente" poteva
dipendere dal malfunzionamento dell'apparecchiatura, più
che al contestato rifiuto dell'imputato.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato,
anche se per motivi diversi da quelli prospettati dal
ricorrente.
Come questa Corte ha più
volte avuto modo di affermare, ai fini della
configurabilità della contravvenzione di cui
all'articolo 186 del codice della strada, lo stato di
ebbrezza del conducente del veicolo può essere accertato
e provato con qualsiasi mezzo, e non necessariamente né
unicamente attraverso la strumentazione e la procedura
indicate nell'articolo 379 del regolamento di attuazione
ed esecuzione del codice stradale (dpr 16 dicembre 1992
n. 495, e succ. modif.): infatti, per il principio del
libero convincimento, per l'assenza di prove legali e
per la necessità che la prova non dipenda dalla
discrezionale volontà della parte interessata, il
giudice può desumere lo stato di alterazione
psicofisica, derivante dall'influenza dell'alcool, da
qualsiasi elemento sintomatico dell'ebbrezza o
dell'ubriachezza (tra cui l'ammissione del conducente,
l'alterazione della deambulazione, la difficoltà del
movimento, l'eloquio sconnesso, l'alito vinoso, ecc);
così come può anche disattendere l'esito fornito
dall'"etilometro", sempreché del suo convincimento
fornisca una motivazione logica ed esauriente (tra le
tante, Sezione IV, 4 dicembre 2009, PG in proc.
Falaguerra, rv 245802). Va anzi ricordato che tale
orientamento è stato ribadito dalla giurisprudenza anche
a seguito della novella riformatrice di cui al decreto
legge 7 agosto 2007 n. 117, convertito in legge 2
ottobre 2007 n. 160, che, sostituendo il comma 2 della
suddetta norma incriminatrice, ha determinato un
differenziato trattamento sanzionatorio a seconda del
valore del tasso alcolemico riscontrato, configurando in
proposito tre distinte fattispecie incriminatrici. Si è
infatti ancora sostenuto, pur dopo il novum normativo,
che il giudice ben può formare il suo libero
convincimento anche in base alle sole circostanze
sintomatiche riferite dagli agenti accertatori, con
l'unica [ovvia] precisazione che tale possibilità deve
circoscriversi alla sola fattispecie meno grave prevista
dalla lettera a), del comma 2 dell'articolo 186,
imponendosi, invece, per le ipotesi più gravi (lettere
b) e c) del citato comma 2) l'accertamento tecnico del
livello effettivo di alcool (di recente, oltre la
sentenza sopra indicata, anche Sezione IV, 5 febbraio
2009, PG in proc. Quintini).
Nella specie, per quanto
interessa, è evidente - anche dalla pena sola pena
pecuniaria inflitta - che il giudice abbia individuato
nel caso in esame la fattispecie meno grave di cui
all'art. 186, comma 2, lettera a) del codice della
strada, che, nelle more del ricorso, a seguito del novum
normativo introdotto con l'articolo 33, comma 4, della
legge 29 luglio 2010 n. 120, è stata depenalizzata.
Ne deriva l'annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata.
Non si devono, peraltro,
trasmettere gli atti al prefetto: ciò in considerazione
del principio di legalità-irretroattività operante sia
per gli illeciti penali (articolo 2 c.p.), sia per gli
illeciti amministrativi (articolo 1 della legge 24
novembre 1981 n. 689, richiamato dall'articolo 194 del
codice della strada) e tenuto conto che tale principio
non è stato espressamente derogato dal legislatore come,
invece, è avvenuto, nella stessa materia della
circolazione stradale, in occasione della
depenalizzazione del rifiuto a sottoporsi all'esame
alcolimetrico introdotta con il decreto legge n. 117 del
2007, convertito nella legge 160 del 2007, allorquando
l'articolo 7 della citata normativa ebbe appunto a
prevedere un'esplicita deroga al principio di
irretroattività (cfr. Sezione IV, 17 settembre 2010,
Proc. Gen. App. Firenze in proc. Piccinelli, non
massimata).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la
sentenza impugnata limitatamente alla imputazione di cui
all'art. 186, 2 comma, lett. a) C.d.S., perché il fatto
non è più previsto dalla legge come reato.
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