Due condomini propongono
opposizione al decreto ingiuntivo, emesso nei loro
confronti per il pagamento delle spese di riscaldamento,
assumendo di non dovere la somma oggetto
dell’ingiunzione poiché fondata su deliberazione nulla
dell’assemblea condominiale inerente la modifica della
ripartizione delle spese comuni e del regolamento
condominiale senza che fosse stata approvata con il voto
unanime dei condomini. Il Giudice di Pace di Castel di
Sangro rigetta l’opposizione, ma, Tribunale di Sulmona,
ritenuta la fondatezza del gravame, accoglie
l’opposizione formulata avverso il decreto ingiuntivo
oggetto di opposizione in primo grado.
Avverso tale pronuncia, il
Condominio promuove ricorso per Cassazione. Con l’
Ordinanza n. 27016/2011, la Suprema Corte rigetta il
ricorso. Il Condominio chiede alla Corte di risolvere le
seguenti questioni di diritto: ” se al giudice di
cognizione in grado di appello del giudizio di
opposizione al decreto ingiuntivo per il pagamento di
quote condominiali derivanti da consuntivo, sia precluso
il potere di verificare, in via incidentale, la
legittimità della relativa delibera condominiale
azionata in via monitoria e non oggetto di specifica
autonoma impugnazione e di dichiararne la nullità”; “se
la deliberazione assembleare approvante il conto
consuntivo e che determina la concreta nuova
ripartizione delle spese, può essere utilizzata
dall’amministratore per chiedere il decreto ingiuntivo
in danno del condomino moroso”; “se il condomino
opponente a decreto ingiuntivo per il pagamento di
contributi condominiali sulla base di una deliberazione
non impugnata possa contestare il titolo dell’avversa
pretesa con la conseguenza che, in mancanza di
impugnazione, l’efficacia della deliberazione diviene
incontestabile”. La Corte osserva che il giudice di
appello, con motivazione logica ed adeguata e non
specificamente censurata dal ricorrente, ha accertato in
fatto, avendo riferimento anche alle specifiche
previsioni del regolamento condominiale, che la delibera
assembleare posta a fondamento del ricorso rnonitorio
aveva comportato la violazione dei criteri già fissati
in via convenzionale nello stesso regolamento per la
ripartizione delle spese relative al servizio
riscaldamento, con la conseguenza che la stessa si
sarebbe dovuta ritenere radicalmente nulla in quanto
relativa all’approvazione di una diversa
regolamentazione delle spese medesime, che avrebbe
richiesto il consenso unanime dei condomini, non
risultando sufficienti le semplici maggioranze di legge.
Pertanto, sulla scorta di tale accertato presupposto, il
Tribunale di Sulmona ha correttamente fatto applicazione
della costante giurisprudenza di legittimità, secondo
cui è affetta da nullità che può essere fatta valere
dallo stesso condomino che abbia partecipato
all’assemblea e ancorché abbia espresso voto favorevole
la delibera dell’assemblea condominiale con cui, senza
il consenso di tutti i condomini, si modifichino i
criteri legali o di regolamento contrattuale di riparto
delle spese necessarie per la prestazione di servizi
nell’interesse comune, stante che eventuali deroghe,
venendo a incidere sui diritti individuali del singolo
condomino attraverso un mutamento del valore della parte
di edificio di sua esclusiva proprietà, possono
conseguire solo da una convenzione cui egli aderisca. In
tema di condominio, sono affette da nullità, che può
essere fatta valere anche da parte del condomino che le
abbia votate, le delibere condominiali attraverso le
quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i
criteri di ripertizione delle spese comuni in difformità
da quanto previsto dal regolamento condominiale
contrattuale. La sentenza impugnata ha statuito
legittimamente in diritto che la decisione di prima
istanza era erronea poiché, pur avendo riconosciuto la
sussistenza della nullità della delibera assembleare
sulla cui base era stato concesso il decreto ingiuntivo
per l’assenza del requisito dell’ unanimità dei consensi
necessari per l’approvazione della modifica del
regolamento condominiale, aveva ravvisato l’infondatezza
dell’opposizione sullo scorretto presupposto che la
delibera non fosse stata preventivamente impugnata. La
radicale nullità della delibera, ancorché non impugnata,
non poteva precludere al giudice della cognizione del
giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, di
verificare “incidenter tantum” la sussistenza del
suddetto vizio in relazione al quale, pertanto, non
poteva ritenersi precluso, nel percorso logico che
avrebbe dovuto condurre alla valutazione del titolo in
base al quale era stato concesso il provvedimento
monitorio impugnato, di accertare l’esistenza di vizi
patologici genetici del titolo stesso tali da inficiarlo
e determinare la caducazione della ragione di credito
dallo stesso dipendente, da poter far valere in ogni
stato e grado del giudizio di merito.
Anna Teresa Paciotti
Corte di Cassazione – Ordinanza n. 27016/2011
Dicembre
16, 2011 · Categoria
Leggi e Sentenze Circolari
Spese di riscaldamento - Nulla la delibera che statuisce
in modo difforme dal regolamento condominiale
Corte di Cassazione Sez. Sesta Civ. - Ord. del
15.12.2011, n. 27
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in
data 13 luglio 2011, la seguente proposta di
definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: « Con
citazione notificata nel 2006 C.P. e S.M. proponevano
opposizione al decreto ingiuntivo n. 42/2006 reso dal
Giudice di pace di Castel di Sangro su ricorso del
Condominio (…) di Pescocostanzo, assumendo di non dovere
la somma oggetto dell’ingiunzione poiché fondata su
deliberazione nulla dell’assemblea condominiale del 25
agosto 2004, siccome inerente la modifica della
ripartizione delle spese comuni e del regolamento
condominiale senza che fosse stata approvata con il voto
unanime dei condomini, instando, quindi, per la revoca
del provvedimento monitorio impugnato, con vittoria di
spese e compensi.
Nella costituzione del Condominio opposto, il suddetto
Giudice di pace con sentenza n. 318/2006, rigettava la
proposta opposizione e condannava gli opponenti al
pagamento delle spese della controversia.
Interposto appello da parte di C.P. e S.M. e nella
resistenza del menzionato Condominio, il Tribunale di
Sulmona, con sentenza n. 221 del 2010 (depositata il 7
maggio 2010), ritenuta la fondatezza del gravame,
accoglieva l’opposizione formulata avverso il decreto
ingiuntivo oggetto di opposizione in primo grado, per
l’effetto, lo revocava e condannava l’appellato al
pagamento delle spese del doppio grado.
Nei confronti della richiamata sentenza di appello (non
notificata) ha proposto ricorso per cassazione
(notificato il 28 ottobre 2010 e depositato 1′8 novembre
2010) il Condominio (…), basato su un unico complesso
motivo.
Si sono costituiti in questa fase con unico
controricorso ambedue gli intimati C.P. e S.M.
Con l’articolato motivo formulato il Condominio (…) ha
dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt.
63 disp. att. c.p.c. e 1137 c.c., in relazione all’art.
360, comma 1, n. 3, C.p.c. e all’art. 366 n. 4 c.p.c. A
sostegno di tale doglianza ha chiesto a questa Corte di
risolvere le seguenti questioni di diritto: ” se al
giudice di cognizione in grado di appello del giudizio
di opposizione al decreto ingiuntivo per il pagamento di
quote condominiali derivanti da consuntivo, sia precluso
il potere di verificare, in via incidentale, la
legittimità della relativa delibera condominiale
azionata in via monitoria e non oggetto di specifica
autonoma impugnazione e di dichiararne la nullità”; “se
la deliberazione assembleare approvante il conto
consuntivo e che determina la concreta nuova
ripartizione delle spese, può essere utilizzata
dall’amministratore per chiedere il decreto ingiuntivo
in danno del condomino moroso”; “se il condomino
opponente a decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att.
c.c. per il pagamento di contributi condominiali sulla
base di una deliberazione non impugnata
nel termine di cui all’art. 1137 C.C., possa contestare
il titolo dell’avversa pretesa con la conseguenza che,
in mancanza di impugnazione, l’efficacia della
deliberazione diviene incontestabile”.
Ritiene il relatore che il motivo come complessivamente
svolto dal ricorrente possa qualificarsi manifestamente
infondato, con la conseguente definibilità del ricorso
nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c.. in relazione
anche all’art. 360 bis, n. 1, c.p.c.
Va osservato al riguardo che il giudice di appello, con
motivazione logica ed adeguata e non specificamente
censurata dal ricorrente, ha accertato in fatto, avendo
riferimento anche alle specifiche previsioni del
regolamento condominiale, che la delibera assembleare
posta a fondamento del ricorso rnonitorio aveva
comportato (per come evincibile dal diretto confronto
tra le inerenti emergenze documentali) la violazione dei
criteri già fissati in via convenzionale nello stesso
regolamento per la ripartizione delle spese relative al
servizio riscaldamento, con la conseguenza che la stessa
si sarebbe dovuta ritenere radicalmente nulla in quanto
relativa all’approvazione di una diversa
regolamentazione delle spese medesime, che avrebbe
richiesto il consenso unanime dei condomini, non
risultando sufficienti le semplici maggioranze di legge
(v., per riferimenti, Cass. n. 2301/2001).
Pertanto, sulla scorta di tale accertato presupposto, il
Tribunale di Sulmona ha correttamente fatto applicazione
della costante giurisprudenza di questa Corte (v. Cass.
n. 3042/1995 e Cass. n. 17101/2006), alla stregua della
quale “è affetta da nullità la quale può essere fatta
valere dallo stesso condomino che abbia partecipato
all’assemblea ed ancorché abbia espresso voto
favorevole, e risulta sottratta al termine di
impugnazione previsto dall’art. 1137 c.c. la delibera
dell’assemblea condominiale con la quale, senza il
consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri
legali (art. 1123 c.c.) o di regolamento contrattuale di
riparto delle spese necessarie per la prestazione di
servizi nell’interesse comune, dal momento che eventuali
deroghe, venendo a incidere sui diritti individuali del
singolo condomino attraverso un mutamento del valore
della parte di edificio di sua esclusiva proprietà,
possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli
aderisca”. Anche più recentemente questa Corte ha
ribadito tale principio affermando (cfr. Cass. n.
6714/2010) che “in tema di condominio, sono affette da
nullità, che può essere fatta valere anche da parte del
condomino che le abbia votate, le delibere condominiali
attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o
modificati i criteri di ripertizione delle spese comuni
in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c. o
dal regolamento condominiale contrattuale, essendo
necessario per esse il consenso unanime dei condomini,
mentre sono annullabili e, come tali, impugnabili nel
termine di cui all’art. 1137, ultimo comma, c. c., le
delibere con cui l’assemblea, nell’esercizio delle
attribuzioni previste dall’art. 1135, n. 2 e n. 3, c.
c., determina in concreto la ripartizione delle spese
medesime in difformità dai criteri di cui all’art. 1123
c. c. “.
Di conseguenza, il ricorso proposto nell’interesse del
Condominio (…) si profila verosimilmente destituito di
fondamento, avendo la sentenza impugnata statuito
legittimamente in diritto che la decisione di prima
istanza era erronea poiché, pur avendo riconosciuto la
sussistenza della nullità della delibera assembleare
sulla cui base era stato concesso il decreto ingiuntivo
per l’assenza del requisito dell’ unanimità dei consensi
necessari per l’approvazione della modifica del
regolamento condominiale, aveva ravvisato l’infondatezza
dell’opposizione sullo scorretto presupposto che la
delibera non fosse stata preventivamente impugnata nel
termine di cui all’art. 1137 c.c. Diversamente, il
giudice di appello, sulla scorta dell’insegnamento di
questa Corte e dell’avvenuto accertamento della nullità
della delibera presupposta dalla richiesta avanzata in
via
monitoria (v. Cass. S.U., n. 4806/2005), ha esattamente
rilevato che la radicale nullità di detta delibera,
ancorché non impugnata nel richiamato termine, non
poteva precludere al giudice della cognizione del
giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, di
verificare “incidenter tantum” la sussistenza del
predetto vizio (sganciato dal termine decadenziale
previsto dal citato art. 1137 c.c.) in relazione al
quale, perciò, non poteva ritenersi precluso, nel
percorso logico che avrebbe dovuto condurre alla
valutazione del titolo in base al quale era stato
concesso il provvedimento monitorio impugnato, di
accertare l’esistenza di vizi patologici genetici del
titolo stesso tali da inficiarlo e determinare la
caducazione della ragione di credito da esso dipendente,
da poter far valere in ogni stato e grado del giudizio
di merito.
In virtù delle esposte argomentazioni, avendo la
sentenza impugnata deciso le questioni di diritto
dedotte con il ricorso in modo conforme alla
giurisprudenza di questa Corte senza che siano stati
offerti elementi per mutare il pregresso orientamento
(cfr. Cass., S.U., ord., n. 19051/2010), si deve
ritenere, in definitiva, che sembrano emergere le
condizioni. in relazione al disposto dell’art. 380 bis,
comma 1, c.p.c., per poter pervenire al possibile
rigetto del proposto ricorso per sua manifesta
infondatezza».
Rilevato che il Collegio condivide argomenti e proposte
contenuti nella relazione di cui sopra, non cogliendo
nel segno le argomentazioni dedotte nella memoria
depositata nell’interesse del ricorrente Condominio,
poiché, come già evidenziato nella richiamata relazione,
nel caso di specie, non veniva in rilievo la circostanza
della necessaria impugnazione in via autonoma e
preventiva della deliberazione assembleare sulla quale
era stato fondato il ricorso monitorio, dal momento che,
non avendo posto in discussione che detta delibera fosse
nulla (e non meramente annullabile), il ricorrente non
ha idoneamente confutato la “ratio decidendi” del
giudice di appello che, invece, sulla scorta della
riportata giurisprudenza, si è avvalso, legittimamente
(in relazione al disposto dell’art. 1421 c.c.), del
potere di rilevazione in via incidentale della nullità
stessa, pervenendo consequenzialmente, all’accoglimento
del gravame.
Ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere respinto,
con la conseguente condanna del soccombente ricorrente
al pagamento delle spese del presente procedimento, che
si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate
in complessivi euro 1.000,00. di cui euro 200,00 per
esborsi, oltre accessori come per legge.
Depositata in Cancelleria il 15.12.2011
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