Testo e sintesi cortesemente
inviata dal gdp Italo Bruno, sempre su temi
interessanti:
"Mancata riassunzione del processo
non iscritto a ruolo
Gli atti con cui si promuove la
riassunzione del giudizio rimasto interrotto per una
qualsiasi causa, sono normalmente costituiti da
comparse. Tuttavia se la parte faccia invece ricorso
alla citazione, non per questo può ritenersi che la
riassunzione sia mancata e che l'atto di citazione possa
essere considerato solo come atto introduttivo di un
nuovo giudizio. Quello che conta e la volontà manifesta
nell'atto: se questa risulta diretta a promuovere la
prosecuzione del giudizio che era stato interrotto e non
ad instaurarne uno nuovo, non si può negare che il
contenuto è esattamente quello di un atto di
riassunzione."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
L’avv. Italo BRUNO, Giudice di Pace
di Pozzuoli, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa iscritta al n.2552/10
R.G. Affari Contenziosi Civili - aventi ad oggetto:
Risarcimento danni.
T R A
(TIZIA), nata a (*) il (*) ed ivi
res.te alla Via (*) n.(*) - c.f. (*) - elett.te dom.ta
in (*) alla Via (*) n.(*) presso lo studio degli avv.ti
(*) che la rapp.tano e difendono giusta mandato a
margine dell’atto di citazione; ATTRICE
E
COMUNE di (*), in persona del
Sindaco pro-tempore, dom.to in (*) presso la Casa
Comunale alla Via (*) - elett.te dom.to in (*) alla Via
(*) n.(*) presso lo studio degli avv.ti (*) che lo
rapp.tano e difendono giusta procura a margine della
comparsa di costituzione e risposta; CONVENUTO
CONCLUSIONI
Per l’attrice: dichiarare
l’esclusiva responsabilità del Comune di (*), in persona
del Sindaco pro-tempore, in ordine alla produzione
dell’evento per cui è causa e, per l’effetto,
condannarlo al pagamento della somma ritenuta di
giustizia, nei limiti della competenza del Giudice
adito, per lesioni subite, oltre interessi e
rivalutazione, nonché spese, diritti ed onorari di
giudizio con attribuzione ai procuratori anticipatari.
Per il convenuto: dichiarare
l’inammissibilità della domanda per mancata riassunzione
dello stesso giudizio instaurato con precedente atto di
citazione notificato il 28/10/09, per non essere ancora
trascorso il termine per la riassunzione; rigettare la
domanda in quanto infondata in fatto ed in diritto e non
provata; vittoria di spese, diritti ed onorari di
giudizio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(TIZIA), con atto di citazione
ritualmente notificato il 15/1/10 al COMUNE di (*), in
persona del Sindaco pro-tempore, lo conveniva innanzi a
questo Giudice affinché - previa declaratoria
dell’esclusiva responsabilità del Comune di (*) nella
produzione dell’incidente avvenuto il giorno 29/7/09, in
occasione del quale, mentre camminava sul marciapiede di
Via (*), inciampava in un ferro che fuoriusciva dal
cemento del marciapiede, non visibile e non segnalato e,
cadendo, riportava lesioni - fosse condannato il
medesimo, in persona del Commissario pro-tempore, come
da richieste in epigrafe riportate.
A tal fine nel detto atto
introduttivo premetteva:
- che in dipendenza dell’incidente,
riportava lesioni tali da essere ricoverata al p.s.
dell’Ospedale “(*)” di (*) dove i sanitari di turno le
diagnosticavano: contusione ginocchio destro;
- che a nulla è valsa la richiesta
di risarcimento effettuata con racc.ta a.r.
n.12666743178-4 ricevuta il 19/10/09.
Instauratosi il procedimento, si
costituiva il Comune di (*) che, preliminarmente,
eccepiva l’inammissibilità della domanda per mancata
riassunzione dello stesso giudizio instaurato con
precedente atto di citazione notificato il 28/10/09, per
non essere ancora trascorso il termine per la
riassunzione e, nel merito, la contestava sia nell’an
che nel quantum. Esperito inutilmente il tentativo di
conciliazione, veniva articolata, ammessa ed espletata
prova per testi.
Sulle rassegnate conclusioni,
all’udienza del 16/12/11 la causa veniva assegnata a
sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, in relazione
all’eccezione d’inammissibilità della domanda formulata
dal convenuto Comune di Pozzuoli, va precisato che:
anche se il riferimento esplicito
alla precedente fase processuale e la manifesta volontà
di riattivare il giudizio quiescente costituiscono
elementi essenziali all’atto di riassunzione, la
mancanza dei suddetti requisiti non determina la nullità
del secondo atto di citazione, non comminata da alcuna
disposizione di legge, avendo il secondo atto di
citazione, notificato prima dello scadere del termine
dei tre mesi, determinato il raggiungimento dello scopo
dell’atto di riassunzione (Cass. 1440/84);
Gli atti con cui si promuove la
riassunzione del giudizio rimasto interrotto per una
qualsiasi causa, sono normalmente costituiti da
comparse. Tuttavia se la parte faccia invece ricorso
alla citazione, non per questo può ritenersi che la
riassunzione sia mancata e che l'atto di citazione possa
essere considerato solo come atto introduttivo di un
nuovo giudizio. Quello che conta è la volontà manifesta
nell'atto: se questa risulta diretta a promuovere la
prosecuzione del giudizio che era stato interrotto e non
ad instaurarne uno nuovo, non si può negare che il
contenuto è esattamente quello di un atto di
riassunzione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3126 del
05/11/1971);
anche se l’inammissibilità del
secondo atto di citazione, non essendo stato riassunto
il primo, è stata eccepita dal convenuto in comparsa di
costituzione e risposta, ciò non di meno, quest’ultimo,
anziché di richiedere, a verbale, la declaratoria
d’inammissibilità, di comune accordo con la parte
attrice, ha richiesto il rinvio ex art. 320 c.p.c.;
in tale contesto, è evidente che il
convenuto ha, implicitamente, rinunciato alla sua
eccezione d’inammissibilità del secondo giudizio che, è
proseguito, sia per volontà delle parti sia del Giudice,
per economia processuale e accelerazione del processo;
Infatti, se si fosse dichiarata
l’inammissibilità del secondo atto di citazione, questo
Giudice avrebbe dovuto concedere un termine alla parte
attrice per riassumere il processo quiescente, con
inevitabile allungamento dei tempi per la definizione
dello stesso processo;
Inoltre, ove la parte attrice
avesse fatto trascorrere inutilmente il termine per
riassumere il primo processo, la stessa sarebbe stata
libera di proporre ex novo la domanda in un nuovo
processo, senza che fosse stata necessaria la previa
declaratoria dell’estinzione del precedente processo.
L’estinzione del processo, infatti, non estingue
l’azione per cui – salvo il sopravvenire della
prescrizione, il cui termine decorre dall’estinzione del
processo - l’azione per far valere quel diritto può
essere riproposta con l’introduzione di un nuovo
giudizio (Cass.6451/86).
La domanda deve ritenersi
proponibile essendo stata preceduta da regolare
richiesta di risarcimento danni.
La legittimazione attiva è stata
provata con la documentazione medica; quella passiva non
è stata contestata.
Nel merito la domanda è fondata e
va accolta nei limiti di cui in motivazione.
La versione dell’incidente
prospettata dall’attrice ha trovato conferma nella
circostanziata deposizione del teste. Egli ha dichiarato
di aver assistito all’incidente per essersi trovato sul
posto, in compagnia dell’attrice, e di aver visto la
stessa cadere a terra per aver inciampato in un ferro
sporgente dal cemento del marciapiede dove stavano
camminando. Lo stesso teste ha dichiarato che il ferro
non era visibile perché coperto da cartacce e non
segnalato.
Tale versione è stata confermata
anche dagli Agenti di Polizia Municipale intervenuti sul
luogo che, hanno redatto il verbale con allegata
documentazione fotografica del ferro sporgente dal
cordolo del marciapiede.
L’espletata istruttoria ha, quindi,
evidenziato in modo inequivocabile che la responsabilità
dev’essere ascritta unicamente all’Amministrazione
Comunale di (*) ex artt. 2043 e 2051 cod.civ. in quanto,
l’evento dannoso va ricollegato unicamente ad una
condotta omissiva della stessa Amministrazione o degli
organi ad essa preposti, nella sua qualità di
proprietaria-custode della strada pubblica e del
marciapiede.
Anche se vi è un potere
discrezionale delle P.A. di provvedere alla manutenzione
delle strade e dei marciapiedi, ciò non la esonera
dall’obbligo di eliminare, o almeno di segnalare le
situazioni di pericolo che non siano chiaramente
evitabili e percepibili dall’utente con l’uso della
normale prudenza; il principio del neminen laedere
impone anche alle amministrazione il dovere di tenere le
strade e le pertinenze in condizioni tali da non
costituire per l’utente, che regolarmente confida nello
stato apparente di transitabilità, un’insidia o
trabocchetto (Cass. 24/1/95 n.809).
Ad avviso della Suprema Corte,
infatti, il titolo della responsabilità per danni
causati da una cosa in custodia e l’estensione di essa
fino alla prova del fortuito, corrispondono ad una
esigenza di giustizia distributiva secondo la quale non
è ammissibile che le conseguenze cagionate da una cosa
inanimata ricadano sul terzo incolpevole che le ha
subite e non piuttosto su chi detiene la cosa stessa.
La Suprema Corte ha, inoltre,
chiarito che l’art.2051 cod. civ., pur non postulando la
nozione di custodia in senso tecnico-giuridico, non può
tuttavia riferirsi ad una semplice potenziale
disponibilità della cosa senza onere di vigilanza,
intendendo lo spirito e la lettera della norma
significare un effettivo, attuale potere fisico, un
governo o un uso della cosa stessa, cui sia collegato il
dovere di badare a che essa, per sua natura o per
particolari contingenze, non arrechi pregiudizi ad
altri.
Cass.27/12/95 n.13114, ha ribadito
che la presunzione di responsabilità per il danno
cagionato dalle cose che si hanno in custodia, fissata
dall’art.2051 cod.civ., è applicabile nei confronti
della P.A. anche con riguardo ai beni demaniali, ivi
compresi quelli del demanio stradale, pur se tali beni
siano oggetto di un uso generale e diretto da parte dei
cittadini, qualora la loro estensione sia tale da
consentire l’esercizio di un continuo ed efficace
controllo che valga ad impedire l’insorgenza di cause di
pericolo per terzi.
In ossequio a quanto sopra
evidenziato, il Comune di (*) proprietario della strada
e delle sue pertinenze è, pertanto, responsabile dei
danni subiti dall’istante in conseguenza della mancata
manutenzione del marciapiede.
La Suprema Corte di Cassazione,
Sezione IV Penale, Sentenza 11 luglio 2011 n. 27035, ha
affermato che:
- la posizione di garanzia che il
Sindaco e il responsabile dell'Ufficio Tecnico del
Comune assumono sulla base di una generale norma di
diligenza che impone agli organi della amministrazione
comunale, rappresentativi o tecnici che siano, di
vigilare nell'ambito delle rispettive competenze per
evitare situazioni di pericolo ai cittadini, situazioni
di pericolo derivanti dalla non adeguata manutenzione e
dal non adeguato controllo dello stato delle strade
comunali, non richiede loro di effettuare perlustrazioni
o ronde di sorta, ma è sicuramente doveroso il loro
attivarsi per avere attraverso le varie articolazioni
operative dei competenti uffici, le informazioni
necessarie sullo stato delle strade comunali nonché per
adottare i provvedimenti organizzativi generali e
dispositivi specifici per la eliminazione dei pericolo
accertati o comunque segnalati.
Per quanto attiene alle lesioni
riportate dall’istante (TIZIA), sulla scorta della
documentazione sanitaria depositata, questo Giudice
ritiene di riconoscere, alla parte lesa, un danno
biologico dello 0,50%, in considerazione che la
malattia, pur essendo clinicamente guarita, ciò non di
meno ha causato sofferenza fisica e psichica, la
compromissione della qualità della vita, anche se
temporanea, nonché il disagio, più o meno prolungato,
dovuto ad un repentino mutamento delle condizioni di
salute.
Dalla documentazione medica si
evince che dette lesioni hanno determinato un’invalidità
assoluta di giorni 8 e parziale di giorni 10 al 50% e
giorni 10 al 25%.
Pertanto, in relazione all’età
della danneggiata (anni 44) e, tenendo conto delle
tabelle del danno biologico di cui all’art. 139 del
D.L.vo 209/05, si ottiene una liquidazione per danno
biologico di € 315,00;
- per la invalidità temporanea
totale e parziale, assumendo un valore economico di €
44,00/giorno si determina un indennizzo di € 682,00;
- per il compenso forfetario, per i
disagi derivati dall’infermità, per le spese mediche e
per le vittitazioni, si ritiene equa la liquidazione
complessiva di € 121,00;
- per il danno morale, alla luce
del d.P.R. 3 marzo 2009 n.37 che ha introdotto criteri
legali per la determinazione dell'invalidità permanente,
questo Giudice ritiene di liquidare 1/3 del danno
biologico più l’invalidità temporanea e, quindi, €
332,00, tenendo conto delle condizioni soggettive della
vittima, della entità delle lesioni e delle altre
circostanze che attengono alla valutazione della
condotta dell'autore del danno.
E’ noto a questo Giudice che la
Corte Suprema di Cassazione a S.U. ha precisato che, il
danno non patrimoniale di cui l’art. 2059 c.c.,
identificandosi con il danno determinato dalla lesione
di interessi inerenti la persona non connotati da
rilevanza economica, costituisce categoria unitaria non
suscettibile di divisione in sottocategorie e che, il
riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario
modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da
perdita del rapporto parentale) risponde ad esigenze
descrittive, ma non implica il riconoscimento di
distinte categorie di danno.
Ma, il Legislatore nel d.P.R.
citato, al contrario, ha statuito che: la determinazione
della percentuale del danno morale (DM) viene
effettuata, caso per caso, tenendo conto della entità
della sofferenza e del turbamento dello stato d'animo,
oltre che della lesione alla dignità della persona,
connessi e in rapporto all'evento dannoso, in una misura
fino a un massimo di due terzi del valore percentuale
del danno biologico.
Questo Giudice ritiene che, seppur
intervenendo in una materia del tutto peculiare ed in un
settore speciale, il legislatore ha indicato chiaramente
il percorso ermeneutico per la liquidazione
dell’invalidità complessiva (IC) che, in ogni caso non
può superare la misura del cento per cento, e che è data
dalla somma delle percentuali del danno biologico, del
danno morale e del valore, se positivo, risultante dalla
differenza tra la percentuale di invalidità riferita
alla capacità lavorativa e la percentuale del danno
biologico: IC = DB+DM+(IP-DB).
Va, infine, ricordato che non vi
può essere disparità di trattamento tra persone lese e
che il Giudice ha il dovere – in quanto sottoposto alla
Legge – di guardare all’intero sistema normativo per
evincere l’interpretazione che più delle altre (o unica
tra le tante) rispetta la sovranità popolare come
espressa dagli organi rappresentativi.
E, allora, laddove il Legislatore
indichi chiaramente un percorso ermeneutico, a questo il
Giudice resta vincolato, mentre alla giurisprudenza può
aderire o meno.
Il credito risarcitorio
dell’istante (TIZIA) risulta, quindi, complessivamente
di € 1.450,00.
Detto importo è liquidato
all’attualità, comprensivo, cioè, dell’intervenuta
svalutazione monetaria e degli interessi sino al
deposito della presente sentenza (Cass.8517/94; 24/3/03
n.4242).
Dal deposito della sentenza sino al
soddisfo saranno dovuti gli interessi legali.
In relazione alla richiesta di
parte attrice di liquidare gli interessi e la
svalutazione dalla data dell’evento alla data della
sentenza, è doveroso, da parte di questo Giudice
specificare, che essi sono sempre conteggiati sulla
somma che viene liquidata con equità ed all’attualità,
così come insegna la giurisprudenza della Suprema Corte
della Cassazione in numerose sentenze:
- in tema di risarcimento del danno
per fatto illecito, la liquidazione del danno non
patrimoniale sfugge ad una precisa valutazione
analitica, restando, quindi, affidata ad apprezzamenti
discrezionali ed equitativi del giudice di merito, il
quale deve, tuttavia, tener conto dell’effettive
sofferenze patite dall’offeso, della gravità
dell’illecito, dell’entità, del sesso e del grado di
sensibilità del danneggiato e di ogni altro peculiare
elemento della fattispecie concreta (Cass. 23/88;
2491/93);
- la liquidazione equitativa in
genere è informata a criteri di prudente apprezzamento
e, in quanto consegue all’impossibilità o quanto meno
alla notevole difficoltà di una precisa quantificazione
sulla base di elementi di sicura efficacia, mal si
presta ad un’indicazione analitica di singole componenti
del risarcimento, potendo essere espressa in una cifra
che comprenda l’intero ammontare del risarcimento, con
svalutazione e interessi (Cass. 2996/84; 2934/91;
- la liquidazione equitativa del
danno, in quanto informata a criteri di prudente
apprezzamento, può essere effettuata stabilendo un
importo che tenga conto degli elementi costitutivi del
danno e della svalutazione verificatasi nel periodo
intercorrente tra la produzione dell’evento e la
decisione, proprio in considerazione della notevole
difficoltà di una prova precisa del danno, che ben
difficilmente consente l’indicazione analitica delle
singole componenti di esso, specie con riferimento al
danno non patrimoniale (Cass. 8517/94; Cass. 24/3/03
n.4242).
Le spese di giudizio seguono la
soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo,
tenendo conto della somma liquidata e della relativa
tariffa per scaglioni, nonché dell’attività processuale
svolta.
La sentenza è esecutiva ex lege.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace di Pozzuoli,
definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da
(TIZIA) nei confronti del COMUNE di (*), in persona del
Sindaco pro-tempore, disattesa ogni altra istanza ed
eccezione, così provvede:
1) dichiara il COMUNE di (*), in
persona del Sindaco pro-tempore, esclusivo responsabile
dell’incidente per cui è causa e, per l’effetto, lo
condanna al pagamento in favore di (TIZIA) della somma
complessiva di € 1.450,00, oltre interessi legali dalla
data della sentenza fino al soddisfo;
2) condanna il suddetto convenuto
alla rifusione delle spese processuali che liquida in
complessivi € 1.550,00, di cui € 150,00 per spese, €
600,00 per diritti ed € 800,00 per onorari, oltre 12,50%
ex art. 14 L.P., IVA e CPA se ed in quanto ricorrano i
presupposti per tale ripetibilità, oltre successive
occorrende;
3) distrae la somma così liquidata
per spese processuali a favore dei procuratori
anticipatari;
4) sentenza esecutiva ex lege.
Così decisa in Pozzuoli e
depositata in originale il giorno 9 gennaio 2012.
IL GIUDICE DI PACE
(Avv. Italo BRUNO) |