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Paga i danni materiali chi fugge dall'altare-Corte di cassazione - Sezione VI civile - Sentenza 15 dicembre-2 gennaio 2012-commneto-Lex 24.it

 

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Anche la libertà ha il suo prezzo. Lo sa bene lo sposo che, a due giorni dalle nozze, ha deciso di cambiare idea e, per questo, è stato condannato a risarcire alla sua ex, abbandonata a un passo dall’altare, tutte le spese sostenute e le obbligazioni contratte in vista del “lieto evento”. Con la sentenza n.9 la corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito di addossare al volubile ricorrente il risarcimento dei danni patrimoniali, ma prende anche le distanze dalla scelta della Corte d’appello di condannarlo a pagare, alla mancata sposa, anche i danni morali.

 

Esclusi i danni morali - Gli ermellini pur affermando che la rottura della promessa di matrimonio, in assenza di un giustificato motivo, è un illecito non privo di conseguenze giuridiche, esclude che il “recesso dall’altare” possa essere soggetto ai principi generali sulla responsabilità contrattuale o extracontrattuale.  Il venire meno alla parola data e “all’affidamento creato nel promissario quindi la violazione delle regole di correttezza e di auto responsabilità” – spiegano i giudici di piazza Cavour – non è un comportamento lecito e privo di conseguenze.  I danni da prendere in considerazione devono essere però solo quelli materiali e nascono da un’obbligazione ex lege.

 

La libertà di ripensarci - Mentre l’ipotesi di indennizzare la persona abbandonata per il pregiudizio affettivo, sarebbe in contrasto con l’esigenza di tutelare il diritto di tutti di sposarsi o non sposarsi, possibilità che si mantiene fino al momento del fatidico sì. Un diverso ragionamento  finirebbe per costituire una forma indiretta di pressione finalizzata a contrarre un legame non più desiderato. Dalla necessità di contemperare le diverse esigenze nasce il compromesso adottato dalla Cassazione di condannare il fuggitivo a pagare poco meno di 10 mila euro, mentre gli vengono “condonati” i 30 mila euro stabiliti dalla Corte d’Appello di Catania per i danni morali. Inutili invece la richiesta del ricorrente di stabilire un tetto di risarcimento un po’ più basso in considerazione della possibilità di recuperare parte delle spese sostenute per la cerimonia andata in fumo.

 

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