Lazzini Sonia
Deve essere provata la sussistenza
e all’ammontare dei lamentati danni non patrimoniali
in tema di responsabilità della
pubblica amministrazione da ritardo o da attività
provvedimentale lesiva di interessi legittimi pretensivi
il ricorrente ha l’onere di provare, secondo i principi
generali la sussistenza e l’ammontare dei danni dedotti
in giudizio.
Infatti, la limitazione dell’onere
della prova gravante sulla parte che agisce in giudizio,
che caratterizza il processo amministrativo, si fonda
sulla naturale ineguaglianza delle parti di consueto
connotante il rapporto amministrativo di natura
pubblicistica intercorrente tra la parte privata e la
pubblica amministrazione, mentre l’esigenza di
un’attenuazione dell’onere probatorio a carico della
parte ricorrente viene meno con riguardo alla prova
dell’an e del quantum dei danni azionati in via
risarcitoria, inerendo in siffatte ipotesi i fatti
oggetto di prova alla sfera soggettiva della parte che
si assume lesa (soprattutto qualora questa agisca per il
risarcimento dei danni non patrimoniali), e trovandosi
le relative fonti di prova normalmente nella sfera di
disponibilità dello stesso soggetto leso.
In applicazione del c.d. criterio
della vicinanza della prova, costituente principio
regolatore della disciplina della distribuzione
dell’onere della prova tra le parti processuali, grava
dunque sulla parte ricorrente l’onere di dimostrare la
sussistenza e l’ammontare dei
danni non patrimoniali azionati in
giudizio.
Sebbene la prova dell’an e del
quantum dei danni possa essere fornita anche in via
presuntiva, la stessa deve pur sempre fondarsi su
circostanze di fatto concrete e certe, integranti un
quadro indiziario connotato da elementi plurimi, precisi
e concordanti che consentano di risalire, in via
inferenziale e secondo un criterio di ragionevolezza e
di normalità, al fatto ignoto costituente l’oggetto
principale di prova (nella specie, alla sussistenza e
all’ammontare dei lamentati danni non patrimoniali).
Presidente: Luigi Maruotti
Consiglio di Stato Sezione
giurisdizionale n. 01672/2011, sez. sesta del 18/3/2011
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N. 01672/2011
REG.PROV.COLL.
N. 05806/2007
REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 5806 del 2007, proposto da***
contro***
per la riforma della sentenza del
T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE I n. 02560/2006, resa
tra le parti, concernente RISARCIMENTO DANNI PER DINIEGO
RINNOVO LICENZA DI PORTO DI PISTOLA
Visti il ricorso in appello e i
relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del
giorno 18 gennaio 2011 il Cons. Bernhard Lageder e uditi
per le parti l’avvocato Viti e l’avvocato dello Stato
Palmieri;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il
T.A.R.-Toscana respingeva il ricorso n. 1064 del 2004,
con cui il signor Ricorrente Mauro aveva chiesto il
risarcimento dei danni, quantificati nell’importo di
euro 150.000,00, conseguenti al provvedimento del 13
aprile 1995, annullato con sentenza n. 1374 del 18
settembre 2001 dello stesso T.A.R., con il quale il
Prefetto di Livorno aveva sospeso ogni determinazione
sull’istanza di rinnovo della licenza di porto di
pistola
per difesa personale – presentata
dall’istante il 13 ottobre 1994 in relazione alla
propria attività professionale (avvocato dello Stato) –
in attesa di nuovi elementi richiesti a suffragio delle
dedotte esigenze di difesa personale.
Il T.A.R. basava la statuizione di
rigetto sul rilievo dirimente della carenza di prova dei
danni subiti per effetto del lamentato ritardo, sia
sotto il profilo di danni da stress, sia sotto il
profilo di danni all’attività professionale, escludendo
altresì la configurabilità di danni all’immagine, in
quanto l’Amministrazione non risultava aver emesso alcun
giudizio sfavorevole sulla persona dell’istante o sulla
sua affidabilità, ma sollevato unicamente la questione
della pericolosità dell’attività svolta.
2. Avverso tale sentenza proponeva
appello il ricorrente soccombente, censurando l’erronea
reiezione della domanda volta al conseguimento del
risarcimento del danno esistenziale conseguente
all’illegittimo ritardo dell’Amministrazione a
provvedere sull’istanza di rinnovo della licenza di
porto d’armi, avendo egli indicato una serie di criteri
presuntivi idonei a procedere alla liquidazione del
danno in via equitativa, non valorizzati dai primi
giudici.
L’appellante chiedeva dunque, in
riforma della gravata sentenza, l’accoglimento del
ricorso in primo grado.
3. Costituendosi, l’Amministrazione
appellata contestava la fondatezza dell’appello e ne
chiedeva il rigetto.
4. All’udienza pubblica del 18
gennaio 2011 la causa
Deve essere provata la sussistenza
e all’ammontare dei lamentati danni non patrimoniali
Presidente: Luigi Maruotti
Consiglio di Stato Sezione
giurisdizionale n. 01672/2011, sez. sesta del 18/3/2011
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veniva trattenuta in decisione.
5. L’appello è infondato e va
respinto.
5.1. Giova premettere in linea di
diritto, per quanto qui interessa, che in tema di
responsabilità della pubblica amministrazione da ritardo
o da attività provvedimentale lesiva di interessi
legittimi pretensivi il ricorrente ha l’onere di
provare, secondo i principi generali la sussistenza e
l’ammontare dei danni dedotti in giudizio.
Infatti, la limitazione dell’onere
della prova gravante sulla parte che agisce in giudizio,
che caratterizza il processo amministrativo, si fonda
sulla naturale ineguaglianza delle parti di consueto
connotante il rapporto amministrativo di natura
pubblicistica intercorrente tra la parte privata e la
pubblica amministrazione, mentre l’esigenza di
un’attenuazione dell’onere probatorio a carico della
parte ricorrente viene meno con riguardo alla prova
dell’an e del quantum dei danni azionati in via
risarcitoria, inerendo in siffatte ipotesi i fatti
oggetto di prova alla sfera soggettiva della parte che
si assume lesa (soprattutto qualora questa agisca per il
risarcimento dei danni non patrimoniali), e trovandosi
le relative fonti di prova normalmente nella sfera di
disponibilità dello stesso soggetto leso.
In applicazione del c.d. criterio
della vicinanza della prova, costituente principio
regolatore della disciplina della distribuzione
dell’onere della prova tra le parti processuali, grava
dunque
sulla parte ricorrente l’onere di
dimostrare la sussistenza e l’ammontare dei danni non
patrimoniali azionati in giudizio.
Sebbene la prova dell’an e del
quantum dei danni possa essere fornita anche in via
presuntiva, la stessa deve pur sempre fondarsi su
circostanze di fatto concrete e certe, integranti un
quadro indiziario connotato da elementi plurimi, precisi
e concordanti che consentano di risalire, in via
inferenziale e secondo un criterio di ragionevolezza e
di normalità, al fatto ignoto costituente l’oggetto
principale di prova (nella specie, alla sussistenza e
all’ammontare dei lamentati danni non patrimoniali).
In linea di principio, anche in
sede di giustizia amministrativa può essere dedotta la
sussistenza di danni c.d. esistenziali, che, secondo
l’orientamento di Cass. Sez. Un., 11 novembre 2008, n.
26972, vanno ricondotti nell’alveo dei danni non
patrimoniali, la cui risarcibilità è subordinata a
precise condizioni, rappresentate alternativamente (i)
dalla sussistenza di una delle ipotesi previste dalla
legge e (ii) dalla violazione di un diritto della
persona costituzionalmente garantito a condizione, in
quest’ultimo caso, che la violazione sia stata grave e
che le conseguenze della lesione non siano stati futili.
Va dunque innanzitutto esclusa la
risarcibilità del danno non patrimoniale consistito in
meri disagi e fastidi, non scaturenti da lesioni di
diritti costituzionalmente garantiti (v. in tal senso
Cass. Civ., Sez. IV, 9 aprile 2009, n. 8703, che ha
escluso la risarcibilità del danno esistenziale
asseritamente patito dal contribuente per il ritardo,
col quale l’amministrazione aveva disposto lo sgravio di
somme non dovute).
Inoltre, la pretesa risarcitoria –
ove non si sia verificato un mero disagio o fastidio -
esige un’allegazione di elementi concreti e specifici da
cui desumere, secondo un criterio di valutazione
oggettiva, l’esistenza e l’entità del pregiudizio
subito, il quale non può essere ritenuto sussistente in
re ipsa, né è consentito l’automatico ricorso alla
liquidazione equitativa (v. Cass. Sez. Un. Civ., 16
febbraio 2009, n. 3677; Cass. Civ., Sez. lav., 17
settembre 2010, n. 19785).
5.2. Orbene, applicando le esposte
coordinate normative e giurisprudenziali alla
fattispecie dedotta in giudizio, deve pervenirsi alla
conclusione della carenza assoluta di prova in ordine ai
danni lamentati dal ricorrente sub specie di danni
esistenziali ed esposti nell’importo di euro 150.000,00.
L’odierno appellante ha, invero,
omesso di offrire qualsiasi elemento di prova (ad es., a
mezzo di certificazioni mediche) del paventato danno da
“ansia da evitamento” che, secondo il suo stesso
assunto, “si estrinseca come fobia specifica,
clinicamente significativa, provocata
dall’esposizione a situazioni
temute, che determina condotte di evitamento
significative nell’interferire con la normale routine
dell’individuo, con l’esercizio lavorativo e con le
relazioni sociali” (v. così, testualmente, p. 11 del
ricorso in appello).
Lo stesso, inoltre, non ha fornito
neppure un principio di prova in ordine ad eventuali
ripercussioni negative del ritardato trattamento
dell’istanza di rinnovo della licenza di porto d’armi
sulla propria attività professionale o sulle proprie
consuetudini di vita (ad es., sub specie di un’eventuale
limitazione significativa della propria libertà di
movimento).
5.3. Non risulta invece investita
da motivo specifico di gravame la statuizione di prime
cure avente ad oggetto l’esclusione della
configurabilità di danni all’immagine, sicché nulla è
dato statuire al riguardo.
5.4. Per le ragioni che precedono,
si deve ritenere non provata la sussistenza dei danni
dedotti.
Diventa pertanto irrilevante ogni
ulteriore esame:
a) sulla idoneità del
provvedimento, a suo tempo emesso, a cagionare sotto il
profilo causale le conseguenze esposte dall’appellante:
b) sulla effettiva sussistenza
degli altri elementi costitutivi dell’illecito
amministrativo, e in particolare della rimproverabilità
della pubblica amministrazione.
6. In applicazione del criterio
della soccombenza, le spese del grado, liquidate in
parte dispositiva, vanno poste a carico del ricorrente.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente
pronunciando sull’appello n. 5806 del 2007, come in
epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto,
conferma l’impugnata sentenza; condanna l’appellante a
rifondere all’Amministrazione resistente le spese di
causa, che si liquidano nell’importo complessivo di euro
5.000,00, oltre agli accessori di legge. Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 18 gennaio 2011, con l'intervento
dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Roberto Garofoli, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere,
Estensore
L'ESTENSORE IL
PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/03/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
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