Staiano Rocchina, MC redazione
Massima
La disposizione dell'art. 42 bis,
d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 rientra tra le norme
dettate a tutela dei valori costituzionalmente
garantiti, inerenti la famiglia ed in particolare la
cura dei figli minori fino a tre anni d'età, con
entrambi i genitori impegnati in attività lavorativa.
1. Premessa
La pronuncia in esame riguarda
l'art. 42 bis del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, che
recita come segue: "1. Il genitore con figli minori fino
a tre anni di età dipendente di amministrazioni
pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive
modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche
in modo frazionato e per un periodo complessivamente non
superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata
nella stessa provincia o regione nella quale l'altro
genitore esercita la propria attività lavorativa,
subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e
disponibile di corrispondente posizione retributiva e
previo assenso delle amministrazioni di provenienza e
destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato.
L'assenso o il dissenso devono essere comunicati
all'interessato entro trenta giorni dalla domanda".
Un certo indirizzo
giurisprudenziale ha ritenuto che la formulazione della
norma ne escluda applicabilità in caso di richiesta di
assegnazione ad ufficio diverso della stessa
amministrazione, richiamando il dato letterale che
richiede l'assenso "delle amministrazioni di provenienza
e destinazione. La tesi, a mio avviso, non può essere
condivisa. Come ha affermato il TAR (1), per quanto
riguarda il profilo della mobilità si deve riconoscere
che il dato testuale dell'art. 42 bis contiene espressi
riferimenti alla sola ipotesi del trasferimento tra
distinte amministrazioni, ma tale circostanza, se è
decisiva per consentire di applicare la norma alla
mobilità esterna, non basta per escluderne la
riferibilità anche a quella interna. Ad avviso del Tar è
determinante, in proposito, il richiamo (operato anche
dal T.A.R. Trieste nella sentenza n. 706/2004) al
principio di continenza, secondo cui il più contiene il
meno, in virtù del quale è ragionevole ritenere che
l'istituto introdotto dall'art. 42 bis, se certamente
riguarda il caso più complesso e oneroso, sotto il
profilo organizzativo, della mobilità tra
amministrazioni, non può non riguardare anche l'ipotesi
minore della mobilità interna alla medesima
amministrazione. Se, com'è evidente, la norma ha inteso
tutelare (attraverso il temporaneo avvicinamento del
dipendente al coniuge nei primi tre anni di vita dei
figli) la famiglia e, più specificamente, l'esercizio
delle funzioni genitoriali, conformemente al dettato
degli artt. 2931 della Costituzione, risulterebbe non
ragionevole, né proporzionata alle finalità perseguite,
una lettura della norma stessa di non generalizzata
applicazione, dunque incomprensibilmente
discriminatoria" (2).
Inoltre, è stato ritenuto che
l'inciso dell'art. 42 bis del d.lgs. n. 151/2001, che
prevede "assenso dell'amministrazione di provenienza e
di destinazione", può ben riferirsi sia a passaggi fra
amministrazioni diverse che a trasferimenti ad altre
sedi della medesima amministrazione: quanto sopra, sia
per la palese illogicità di una norma, che imponesse per
il soddisfacimento di esigenze di assistenza dei figli
minori di lasciare l'Amministrazione di appartenenza e
non cambiare più semplicemente sede di lavoro, sia
perché - come già osservato dalla giurisprudenza (3) -
in una previsione normativa di contenuto ampio non
possono non essere comprese fattispecie analoghe minori,
sia infine perché anche le singole sedi di lavoro di una
medesima amministrazione costituiscono apparati
organizzatori, che costituiscono centri d'imputazione di
specifici interessi pubblici, come quelli -
riconducibili a situazioni di carenza o esubero di
personale - che giustificano le esigenze di assenso,
specificate dalla norma in esame. T.A.R. Lazio, Roma,
sez. I quater, 24 agosto 2008, n. 8126 (4).
2. Ambito di applicazione dell’art.
42 bis del d.lgs. 151/2001
Con riferimento alle categorie dei
pubblici dipendenti, la giurisprudenza ritiene
condivisibile l'orientamento già espresso nella citata
sentenza (la cui validità va oltre il riferimento al
personale militare), secondo cui, pur essendo innegabili
le peculiarità che caratterizzano il rapporto tra le
amministrazioni militari e il proprio personale, esse
non bastano, di per sé, per escludere l'applicabilità
dell'art. 42 bis anche al personale predetto, in
mancanza di un adeguato supporto normativo. La
disposizione fa testuale e indistinto riferimento ai
dipendenti delle "amministrazioni pubbliche di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni";
quest'ultima norma, a sua volta, definisce come
amministrazioni pubbliche "tutte le amministrazioni
dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni
ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed
amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le
Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e
loro consorzi e associazioni, le istituzioni
universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le
Camere di commercio, industria, artigianato e
agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici
non economici nazionali, regionali e locali, le
amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio
sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le
Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n.
300". Il richiamo operato dall'art. 42 bis all'art. 1
comma 2 del testo normativo recante "Norme generali
sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche" non consente di differenziare
il personale in relazione alle amministrazioni statali
di appartenenza (ad esempio, per quanto riguarda il caso
di specie, militari o non). Diverso sarebbe stato se la
norma avesse, ad esempio, citato l'art. 3 del D.Lgs. n.
165/2001, che specificamente riguarda il "Personale in
regime di diritto pubblico" ed annovera, al primo comma,
"i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli
avvocati e procuratori dello Stato, il personale
militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale
della carriera diplomatica e della carriera prefettizia,
nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro
attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del
decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17
luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n.
281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10
ottobre 1990, n. 287"; se il legislatore avesse inteso
escludere il personale predetto dall'applicazione del
beneficio di cui si tratta non avrebbe avuto certo
difficoltà a citare la disposizione appena richiamata; e
neppure avrebbe incontrato difficoltà di formulazione
della norma ove avesse voluto limitare un'eventuale
esclusione al solo personale militare. In assenza di un
tale supporto risulta forzato pretendere di introdurre
distinzioni tra il personale delle pubbliche
amministrazioni che in realtà contrastano con il dato
testuale. E d'altra parte, se ci si sofferma ad
inquadrare l'art. 42 bis nell'ambito del testo unico n.
151/2001 - relativo alle "disposizioni legislative in
materia di tutela e sostegno della maternità e della
paternità" - si può notare:
- che l'art. 2 comma 1 lett. e) del
T.U. stabilisce che "per "lavoratrice" o "lavoratore",
salvo che non sia altrimenti specificato, si intendono i
dipendenti, compresi quelli con contratto di
apprendistato, di amministrazioni pubbliche, di privati
datori di lavoro nonché i soci lavoratori di
cooperative";
- che le disposizioni del testo
unico si applicano dunque in via generalizzata a tutti i
lavoratori e che il legislatore, quando ne ha avvertito
l'esigenza in relazione a talune categorie di personale,
ha dettato norme specifiche: si vedano l'art. 9 (che
riguarda il personale della Polizia di Stato,
penitenziaria e municipale) e l'art. 10 (che riguarda il
personale militare femminile), inseriti nel Capo II
relativo alla "Tutela della salute della lavoratrice";
- che l'art. 42 bis è inserito nel
Capo VI "Riposi, permessi e congedi", che non contiene
alcun elemento di differenziazione tra i lavoratori
destinatari delle norme ivi comprese, per cui si deve
ritenere che le stesse siano di applicazione
generalizzata.
Sotto altro profilo, l'esclusione
del personale militare dall'ambito dei destinatari della
disposizione in esame non appare giustificata, in
concreto, se si tiene conto della "limitatezza degli
effetti ordinamentali derivanti dall'applicazione del
nuovo istituto, stante la provvisorietà del
tramutamento, la recessività dello stesso in presenza di
trasferimenti definitivi di altri soggetti interessati
alla sede, l'impossibilità di assegnazioni
soprannumerarie......", come evidenziato dal TAR Lazio,
Sez. I, nella citata sentenza n. 57/2006. E la pretesa
esclusione appare ancor più censurabile a fronte
dell'applicabilità anche al personale militare di altri
benefici che pure incidono sulla determinazione della
sede di lavoro, quali quelli di cui all'art. 33 della
legge n. 104/1992 (5).
Il Consiglio di Stato, in alcune
pronunce di segno diverso, facendo leva sull'art. 3
dello stesso decreto n. 165/01 in cui si afferma che
"rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i
magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli
avvocati e procuratori dello Stato, il personale
militare e le Forze di polizia di Stato, il personale
della carriera diplomatica e della carriera prefettizia
nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro
attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del
decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17
luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n.
281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10
ottobre 1990, n. 287....", ha ritenuto che "la materia
dei trasferimenti, temporanei o definitivi che siano,
del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni
riguarda il rapporto di lavoro del medesimo, concernendo
direttamente la variazione del luogo in cui la
prestazione deve essere effettuata. Onde, l'ampia
individuazione delle pubbliche amministrazioni,
contenuta nel II comma dell'art. 1 del decreto n.
165/01, viene integrata, anche ai fini dell'applicazione
dell'art. 42bis del decreto n. 151 del 26 marzo 2001,
dal successivo art. 3, per il quale " il personale
militare e le Forze di polizia di Stato", rimangono
disciplinati dai rispettivi ordinamenti" (6).
Va, dunque, ricordato che l'art. 42
bis è stato aggiunto al d.lgs. n. 151/2001 dal comma 105
dell'art. 3 della legge 24 dicembre 2003 n. 350, senza
richiamare espressamente l'art. 3 del d.lgs. n.
165/2001, ancorché lo stesso d.lgs. n. 151/2001 contenga
disposizioni specifiche di adattamento della disciplina
al personale di polizia o a quello militare (artt. 9 e
58).
La giurisprudenza ha sostenuto che
l'art. 3 del più volte citato d.lgs. n. 165/01 il quale
dispone che alcune categorie di personale - fra cui il
personale militare e le Forze di Polizia - "rimangano
disciplinati dai rispettivi ordinamenti", tanto prevede
"in deroga all'art. 2, commi 2 e 3, del medesimo d.lgs.,
ovvero con riferimento al rinvio - operato da queste
ultime norme - alle disposizioni del codice civile ed
alle leggi sui rapporti di lavoro subordinato
nell'impresa, nonché ai contratti collettivi di lavoro:
quanto sopra, per le ovvie peculiarità di alcune
tipologie di rapporti di lavoro, che per ragioni
istituzionali possono essere sottratte alla
contrattazione collettiva e ad altre disposizioni
privatistiche, ma che ricadono comunque, in assenza di
deroghe esplicite, nell'alveo applicativo di norme
dettate - per tutti coloro che siano dipendenti, in via
generale, da pubbliche amministrazioni - a tutela di
altri valori costituzionalmente protetti, come quelli
della famiglia ed in particolare dell'assistenza ai
figli minori (7).
Rocchina Staiano Docente all’Univ.
Teramo; Docente formatore accreditato presso il
Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con
delibera del 30 novembre 2010
Avvocato, Componente, dal 1 °
novembre 2009 ad oggi, della Commissione Informale per
l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile
e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del
Dipartimento della Gioventù.
__________
(1) T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna,
sez. II, 15.1.2007 n. 7.
(2) Nello stesso senso, cfr. T.A.R.
Lazio Roma, sez. I, 01 dicembre 2005, n. 12729; T.A.R.
Lazio Roma, sez. I, 04 gennaio 2006, n. 57; T.A.R. Lazio
Roma, sez. I, 14 febbraio 2008, n. 1349.
(3) T.A.R. Emilia - Romagna,
Bologna, sez. II, 15.1.2007 n. 7.
(4) Sulla specifica questione, in
senso estensivo, cfr.: T.A.R. Lazio, Roma, sez. I. n.
57/2006; TAR Lazio, Roma, sez. I quater, nn. 6027/2006 e
7417/2006; in senso contrario, cfr. Cons. St., sez. IV,
n. 7472/2005.
(5) Cfr. Consiglio di Stato, Sez.
IV, 20 marzo 2006, n. 1457 e 21 febbraio 2005, n. 565.
(6) Consiglio Stato, sez. IV, 28
dicembre 2005, n. 7472.
(7) TAR Lazio, Roma, sez. I quater,
24 agosto 2007, n. 8128.
Forze armate – Diniego -
Trasferimento sede (Cons. Stato, n. 5730/2011)
Consiglio di Stato n. 5730/2011,
sez. III del 26/10/2011
FATTO e DIRITTO
1.- Con atto ritualmente notificato
e depositato, il Ministero dell’Interno ha proposto
appello avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio n.
3760/2011 che aveva accolto il ricorso dell’agente
scelto A. C. inteso all’annullamento del telegramma
datato 23.06.2009, n.333.D/25011 del Ministero
dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza -
Direzione Centrale per le Risorse Umane - Servizio
Sov.ti, Ass.ti ed Agenti - Divisione 2^ - Sezione
assegnazioni temporanee, acquisito dal Compartimento
Polizia stradale Toscana in data 23.6.2009 al prot.
n.09-12307/106°-14 e notificato in data 07.07.2009 dalla
Polizia di Stato - Sezione Polizia Stradale Avellino -
Ufficio Affari Generali e del Personale con la quale è
stata comunicata al ricorrente la reiezione della
domanda presentata per ottenere l'assegnazione
temporanea presso la sede di Avellino ai sensi dell’art.
42 bis del D.lgs. n. 151 del 2001.
2. - Il primo giudice aveva
ritenuto fondate le censure prospettate dalla parte
ricorrente, rilevando in particolare di ritenere
applicabile al personale della polizia di Stato
l’articolo 42 bis del decreto legislativo n. 151/2001
recante disposizioni in materia di sostegno della
maternità e paternità, in quanto, in materia di tutela
di valori costituzionalmente protetti quali la famiglia
e l’assistenza ai figli minori, solo l’esistenza di
specifiche
norme contrarie può impedire la
estensione di tali norme generali anche alle categorie
del pubblico impiego che, a norma dell’articolo 3 del
testo unico n. 165/2001, rimangono disciplinate dai
rispettivi ordinamenti.
3.- L’appellante contesta tali
statuizioni, deducendone la erroneità alla luce del
chiaro disposto normativo dell’articolo 42 bis del
D.lgs. n. 151 del 2001, che ne limita l’applicazione
alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1,
comma 2, del D.lgs. n. 165/2001, e della giurisprudenza
del Consiglio di Stato, che ha già in precedenti
occasioni chiarito che l’articolo 42 bis non può
applicarsi alle categorie non disciplinate del decreto
legislativo n.165 del 2001, in quanto a norma
dell’articolo 3 del medesimo decreto restano
disciplinate dai rispettivi ordinamenti (Cons. Stato n.
7472/2005, 3876/2007 e più di recente 3278/2010 e
n.7506/2010).
4. - La causa è passata in
decisione all’udienza del 16 settembre 2011.
5. - Il Collegio, dato il preavviso
alle parti, ha ritenuto di poter decidere direttamente
nel merito la controversia.
6. – Il Collegio ritiene che
l’appello debba essere accolto alla luce della normativa
che regola la materia e della giurisprudenza consolidata
di questo Consiglio di Stato, che ha più volte escluso
l’applicabilità al personale della polizia di Stato
dell’art. 42 bis, comma 1, del D.lgs. 26 marzo 2001, n.
151. Questa norma - introdotta dall’art. 3, comma 105,
della legge n. 350 del 2003 – prevede che “il genitore
con figli minori fino a tre anni di età dipendente di
amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e
successive modificazioni, può essere assegnato, a
richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo
complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede
di servizio ubicata nella stessa provincia o regione
nella quale l’altro genitore esercita la propria
attività lavorativa….”.
Al riguardo la citata
giurisprudenza ha da tempo affermato che il destinatario
del beneficio in oggetto è, alla luce del chiaro tenore
della norma, il solo personale civile dipendente delle
pubbliche amministrazioni disciplinate dal D.lgs. n. 165
del 2001. (cfr. IV Sez. n. 7472/2005, 3876/2007,
3278/2010 e n.7506/2010). Nel successivo art. 3 dello
stesso decreto viene chiarito che “rimangono
disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati
ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e
procuratori dello Stato, il personale militare e le
Forze di polizia di Stato, il personale della carriera
diplomatica e della carriera prefettizia nonché i
dipendenti degli enti che svolgono
la loro attività nelle materie
contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del
Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e
dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive
modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n.
287….”.
Perciò “il personale militare e le
Forze di polizia di Stato”, rimangono disciplinati dai
rispettivi ordinamenti, che prevedono norme sulla stessa
materia. In particolare, il regime di mobilità del
personale di polizia risulta disciplinato da dettagliate
disposizioni rapportate al particolare status giuridico
di quel personale, le cui specifiche funzioni
giustificano un regime differenziato, che non è in
contrasto con le norme costituzionali. In aggiunta può
essere comunque notato che, anche a voler accogliere sul
punto l’impostazione interpretativa del T.A.R.,
l’applicabilità del beneficio del trasferimento
temporaneo di cui al citato articolo 42 bis, resta
subordinato alle esigenze di funzionalità delle
Amministrazioni interessate e al loro consenso.
7.- In conclusione, il ricorso in
appello deve essere accolto. Sussistono giusti motivi
per compensare le spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
accoglie l 'appello e, per l'effetto, in riforma della
sentenza appellata, respinge il ricorso presentato in
primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa. |