Staiano Rocchina
Massima
Ai fini della valutazione
discrezionale sulla opportunità di procedere alla
sospensione cautelare facoltativa del magistrato dalle
funzioni e dallo stipendio, ai sensi dell'art. 22 del
d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, assume un rilievo
essenziale la gravità della contestazione, alla quale
innanzitutto è correlata la compatibilità della
permanenza nelle funzioni, mentre non può considerarsi
determinante la prospettiva di un imminente
trasferimento dell'incolpato.
1. Premessa
La pronuncia in esame riprende un
precedente orientamento delle sezioni unite che hanno
precisato che l'adozione della misura cautelare della
sospensione di un magistrato dalle funzioni e dallo
stipendio ai sensi degli artt. 21 e 22 del d.lgs. 23
febbraio 2006, n. 109 non concretando l'irrogazione di
una sanzione disciplinare, non richiede un completo
accertamento in ordine alla sussistenza degli addebiti
(riservato al giudizio di merito sull'illecito
disciplinare), ma presuppone esclusivamente una
valutazione della rilevanza dei fatti contestati,
astrattamente considerati, e la delibazione della
possibile sussistenza degli stessi (sentenza n.
28046/2008). In tali termini si è confermato l'indirizzo
giurisprudenziale formatosi nella vigenza del precedente
orientamento disciplinare (1).
Naturalmente tale particolare e
delimitata estensione degli oneri di
motivazione del giudice
disciplinare non possono non riflettersi sul tipo di
censure formulabili nel giudizio di cassazione e sul
sindacato esercitabile dalle Sezioni unite sulla
motivazione del provvedimento impugnato. Del resto, in
relazione all'ipotesi della sospensione cautelare dal
servizio di magistrato sottoposto a procedimento penale,
si è osservato (sia pure in riferimento alla previgente
normativa disciplinare) che il giudice disciplinare
dispone di ampi spazi di libera valutazione, i quali
comportano un divieto di sindacabilità diretta da parte
del giudice di legittimità, che può esercitare un
controllo limitato alla ragionevolezza della compiuta
applicazione delle previsioni normative, attraverso la
correttezza e congrua là logica della motivazione (2).
2. La sospensione cautelare del
magistrato
L’art. 22 del d.lgs. n. 109 del
2006 prevede l'adottabilità della misura cautelare della
sospensione dalle funzioni e dallo stipendio, con
collocamento fuori dal ruolo organico della
magistratura, anche prima dell'inizio del procedimento
disciplinare, nei confronti del magistrato sottoposto a
procedimento penale per delitto non colposo punibile,
anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando
al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti
sotto il profilo disciplinare incompatibili per la loro
gravità con l'esercizio delle funzioni.
E' condivisibile la tesi formulata
nella ordinanza impugnata che, ai fini della valutazione
discrezionale sulla opportunità di procedere a tale
sospensione "facoltativa", assume un rilievo essenziale
la gravità della contestazione, alla quale innanzitutto
è correlata la compatibilità della permanenza nelle
funzioni (in senso analogo, nel quadro del precedente
ordinamento disciplinare, cfr. Cass. S.U. n.
13602/2004). Sicchè, da un lato, risulta congrua la
motivazione adottata nella specie, secondo cui la
gravità dei fatti incideva in maniera tale sul prestigio
e la credibilità dell'incolpato da imporre l'adozione di
un provvedimento interdittivo. Dall'altro, non possono
considerarsi determinanti le censure correlate alla
prospettiva di un imminente trasferimento a domanda e
alla iniziale mancata richiesta del provvedimento
cautelare da parte della Procura generale.
Infine, la sospensione cautelare
facoltativa dei magistrati dalle funzioni e dallo
stipendio, di cui all'art. 22 d.lgs. n. 109 del 2006,
comportando il collocamento fuori del ruolo organico,
può essere disposta anche nei confronti di coloro che
sono in congedo per maternità, non potendo trovare
applicazione al rapporto di servizio dei magistrati il
divieto di sospensione (e di licenziamento) di cui
all'art. 54 del d.lgs. n. 151 del 2001, che presuppone
la natura contrattuale del rapporto di lavoro, dovendosi
ritenere estranea al tema della legittimità della
sospensione cautelare la questione, di natura meramente
patrimoniale, se il magistrato sospeso abbia diritto
all'assegno alimentare oppure alle provvidenze
economiche previste per la tutela della maternità (3).
Rocchina Staiano
Docente all’Univ. Teramo; Docente
formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e
Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre
2010
Avvocato, Componente, dal 1 °
novembre 2009 ad oggi, della Commissione Informale per
l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile
e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del
Dipartimento della Gioventù.
__________
(1) Cfr. Cass.
Civ., S.U. nn. 11284/1994, 12949/1995, 13602/2004.
(2) Cass. civ., S.U. n. 10214 del
2006.
(3) Cass. civ.,
Sez. Unite, 01/06/2010, n. 13337.
Magistrato – Sospensione dal lavoro
– Procedimento disciplinare (Cass. n. 22570/2011)
Corte di Cassazione Sezioni
unite civili n. 22570/2011 del 28/10/2011
Fatto
1. il dott. G. D.B., giudice del
Tribunale di Bari, era incolpato dell’illecito
disciplinare di cui all’art. 4, lettera d), del d.lgs.
23 febbraio 2006, n. 109, in relazione ai reati di cui:
a) agli artt. 81, comma 2, c.p. e 2 della legge n. 895
del 1967, come sostituito dall’art. 10 della legge n.
497 del 1974, in relazione all’art. 1, comma 2, della
legge n. 110 del 1975; b) agli artt. 61 n. 2 e 110 c.p.
e 3 della legge n. 110 del 1975. In particolare al dott.
D.B. era contestato di aver illecitamente detenuto, con
più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
due armi classificate tipo-guerra, e precisamente un
fucile marca FEG modello NGM cal. 223, matricola (…),
con calcio collassabile pieghevole in sostituzione di
quello originale e dotato di un selettore di tiro idoneo
a consentire il tiro automatico con munizioni cal. 5.5
NATO e un fucile marca FAL di fabbricazione belga cal.
308 winchester, con selettore di tiro anch’esso
predisposto per lo sparo automatico a raffica.
Dalle indagini emergeva inoltre -
si legge nell’impugnata ordinanza della sezione
disciplinare del CSM - che il dott. D.B., in concorso
con altre persone ed
allo scopo di commettere il delitto
di cui alla lettera a), alterava le caratteristiche
originali del suddetto fucile marca FEG mediante la
sostituzione del calciolo e la modifica del selettore di
tiro in modo da rendere l’arma idonea al tiro automatico
a raffica, con ciò aumentandone illecitamente la potenza
offensiva e rendendone più agevole il porto e
l’occultamento.
Per tali fatti - accertati in
Molfetta (BA) il 27 ottobre 2010, poi trascritti nel
capo di imputazione formulato dal procuratore della
Repubblica di Trani nel procedimento penale n. (…) RGNR
- il dott. D.B., in data 28 ottobre 2010, è stato tratto
in arresto dai Carabinieri di Santa Maria Capua Vetere.
Il successivo 29 ottobre, il gip
del Tribunale di Trani ha convalidato l’arresto senza
adottare misure cautelari. Il relativo procedimento
penale è attualmente pendente, ai sensi dell’art. 11
c.p.p. presso la Procura della Repubblica di Lecce (n. …
RGNR).
2. In riferimento a tali fatti è
stato promosso procedimento disciplinare per gli
illeciti suddetti nei confronti del dott. G. D.B.
Nell’ambito di tale procedimento la
Sezione disciplinare del C.S.M. ha disposto in via
cautelare il trasferimento provvisorio del magistrato
incolpato al Tribunale di Matera, in tali limiti
accogliendo la richiesta cautelare di sospensione dalle
funzioni e dallo stipendio formulata dalla Procura
generale presso la Corte di Cassazione.
Del provvedimento cautelare di
trasferimento provvisorio è stata tuttavia disposta la
sospensione da parte del Tribunale amministrativo
regionale del Lazio, adito dall’incolpato.
3. Nelle more di tale giudizio e di
quello per cassazione pure promosso dallo stesso dott.
G. D.B., il Procuratore generale presso la Corte di
Cassazione ha chiesto nuovamente applicarsi al dott. G.
D.B. la più grave misura cautelare della sospensione
dalle funzioni e dallo stipendio, con collocamento fuori
dal ruolo organico della magistratura.
A giustificazione della richiesta
del pubblico ministero ha dedotto che da indagini
successive il dott. G. D.B. era risultato sia
proprietario di altre armi, anche da guerra, una delle
quali con punzonatura abrasa, sia detentore di sedici
cartucce, in violazione del divieto imposto ai
collezionisti. Inoltre la sua collezione di armi, benché
regolarmente autorizzata, doveva considerarsi nondimeno
illegale, perché per ben cinquantacinque modelli era
dotata di più esemplari identici e le armi risultavano
ripetutamente usate in violazione dello specifico
divieto imposto ai collezionisti, mentre una pistola
inclusa nella collezione non era stata rinvenuta, con la
conseguenza che ne era ipotizzabile
una cessione illegale. Sicché,
secondo il Procuratore generale, l’aggravarsi della
posizione processuale dell’indagato rendeva ancor più
palese l’inidoneità del dott. G. D.B. allo svolgimento
di funzioni giurisdizionali e la sua incompatibilità con
il ruolo del magistrato.
Con memoria difensiva il dott. G.
D.B. contestava innanzitutto che fossero da guerra le
nuove armi menzionate nella richiesta del pubblico
ministero: rilevava poi che la contraffazione di una
delle armi era stata considerata dalla polizia
giudiziaria non certa ma solo verosimile ed era stata
esclusa in sede penale; aggiungeva che sei pistole e due
fucili appartenevano a sua moglie, mentre 158 fucili
erano estranei alla collezione e, essendo da caccia, era
possibile detenerne in numero illimitato.
Sosteneva ancora che le armi erano
tutte diverse per marchi identificativi, non potendo
perciò considerarsi identiche pur quando dello stesso
modello, mentre le cartucce erano lecitamente detenute
quali munizioni della pistola destinata a difesa
personale; e che la pistola di cui si ipotizzava
l’illecita cessione era stata plausibilmente smarrita
dalla stessa polizia giudiziaria. Negava infine che
dalle intercettazioni telefoniche risultasse un’abituale
utilizzazione da parte sua delle armi collezionate,
potendo solo ipotizzarsi che egli avesse intenzione di
rendere utilizzabile un fucile.
4. La sezione Disciplinare del
Consiglio Superiore della Magistratura con ordinanza n.
85 del 17-26 maggio 2011, in applicazione dell’art. 22
del d.lgs. 23 febbraio 2006 n. 109, ha disposto la
sospensione cautelare facoltativa delle funzioni e dallo
stipendio nonché il collocamento fuori dal ruolo
organico della magistratura del dott. G. D.B. con
corresponsione al medesimo di un assegno alimentare
nella misura indicata nell’art. 10, comma 2, del d.lgs.
n. 109 del 2006.
Ha ritenuto la sezione disciplinare
che la richiesta del P.G. di aggravamento della misura
cautelare applicata al dott. D.B. dovesse essere
accolta.
A tal fine ha richiamato il
disposto dell’art. 299 comma 4 c.p.p. ritenuto nella
specie applicabile, che prevede che, nel procedimento
penale, una misura cautelare può essere sostituita con
altra più grave, quando le esigenze cautelari risultano
aggravate.
Tale disposizione è stata ritenuta
applicabile anche nel procedimento disciplinare, non
solo per il richiamo alle norme del Codice di procedura
penale contenuto negli artt. 16 e 18 del d.lgs. n. 109
del 2006, ma anche per la funzione stessa della tutela
cautelare disciplinare, intesa a rimuovere
tempestivamente situazioni di incompatibilità con
l’esercizio della giurisdizione.
Quanto al presupposto di fatto
dell’aggravata misura cautelare la sezione disciplinare
ha
ritenuto che, dopo la precedente
ordinanza del 16 dicembre 2010, applicativa della misura
cautelare di trasferimento provvisorio, era sopravvenuto
un aggiornamento delle esigenze cautelari, essendo
emersi dall’indagine penale ulteriori elementi.
Risultava infatti - dalle intercettazioni prodotte
dall’accusa (nelle quali si faceva riferimento, ad
esempio, alla possibilità del ripresentarsi del difetto
di funzionamento di un’arma) che il dott. D.B., violando
la legge, avesse ripetutamente fatto uso delle armi
collezionate: circostanza questa - ha ritenuto la
sezione disciplinare - in definitiva ammessa in udienza
dallo stesso incolpato, sia pure con qualche ambiguità.
La situazione che si era
determinata vedeva il dott. D.B. continuare ad
esercitare le funzioni giurisdizionali nella medesima
sede nella quale si erano verificati i fatti oggetto del
suddetto procedimento penale. Sussisteva quindi
l’imprescindibile esigenza di prevenire ulteriori
lesioni del prestigio della giurisdizione e di
ripristinare le condizioni per un buon andamento
dell’amministrazione della giustizia.
5. Avverso questa pronuncia ricorre
per cassazione il dott. G. D.B. con due motivi
illustrati anche da successiva memoria.
Motivi della decisione
1. con il primo motivo di ricorso
il dott. G. D.B. denuncia l’illegittimità dell’ordinanza
impugnata perché lo statuto relativo agli illeciti
disciplinari dei magistrati non prevede che la misura
cautelare applicata possa essere sostituita con una più
grave; e comunque solo apparente è la motivazione
dell’ordinanza impugnata attesa l’evidente mancanza del
presupposto di aggravamento della situazione cautelare
per essere i fatti addebitatigli gli stessi di quelli
posti a fondamento della prima misura cautelare del
trasferimento provvisorio.
Con il secondo motivo di ricorso,
il ricorrente censura l’ordinanza impugnata perché
intervenuta sei giorni dopo la sentenza del TAR per il
Lazio di annullamento dell’ordinanza cautelare del 30
novembre 2010 nel punto relativo all’ufficio di
destinazione per effetto del trasferimento provvisorio.
La sezione disciplinare si sarebbe dovuta adeguare alla
pronuncia del Tar, oppure avrebbe dovuto proporre
impugnazione davanti al Consiglio di Stato.
Nella memoria il ricorrente da in
particolare atto degli esiti dell’incidente probatorio
espletato dal gip presso il tribunale di Lecce in data 7
giugno 2011.
2. Il ricorso - i cui due motivi
possono essere esaminati congiuntamente in quanto
strettamente connessi - è fondato nei limiti di cui si
viene ora a dire.
3. Innanzitutto deve ritenersi non
fondata la tesi in diritto, svolta dalla difesa del
ricorrente, secondo cui la Sezione Disciplinare del
C.S.M. non avrebbe potuto in alcun caso adottare
l’impugnata misura cautelare della sospensione dalle
funzioni e dallo stipendio in
ragione del ritenuto aggravamento delle esigenze
cautelari dopo la precedente adozione del trasferimento
provvisorio.
È vero che - come sostiene la
difesa del ricorrente - non è invocabile nella specie
l’art. 299, comma 4, del codice di procedura penale che
prevede che, nel procedimento penale, quando le esigenze
cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta
del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata
con un’altra più grave ovvero ne dispone l’applicazione
con modalità gravose.
Deve infatti considerarsi che il
d.lgs. n. 109 del 2006 non prevede una generale
applicabilità delle norme del codice di procedura
penale; ma limita il richiamo di tali disposizioni sotto
tre profili specifici.
Da una parte l’art. 16, comma 2,
prescrive che le norme del codice di procedura penale si
applicano quanto alle indagini svolte nel procedimento
disciplinare. L’art. 18, comma 4, poi contempla
l’applicabilità delle norme del codice di procedura
penale quanto al dibattimento innanzi alla sezione
disciplinare. Ed infine l’art. 24 richiama le forme e i
termini previsti dal codice di procedura penale per la
proposizione del ricorso per cassazione.
Sono quindi specifici gli ambiti in
cui può farsi applicazione della normativa dettata dal
codice di procedura penale; sicché da una parte non c’è
una generale applicabilità di tale normativa, come
invece ritiene l’ordinanza impugnata; d’altra parte il
disposto dell’art. 299, comma 4, del codice di procedura
penale, che prevede l’ipotesi della modifica della
misura cautelare per l’aggravamento delle esigenze
cautelari, costituisce una disposizione particolare e
peculiare del procedimento penale.
4. Ciò però non comporta
l’illegittimità della ordinanza della Sezione
Disciplinare.
Deve infatti considerarsi che
l’art. 22 del d.lgs. 109 del 2006 prevede la sospensione
cautelare facoltativa in un duplice caso: quando il
magistrato ha commesso un reato gli - o gli viene
contestato un reato- per un delitto non colposo punibile
con pena detentiva oppure quando sul piano disciplinare
gli viene addebitato un illecito connotato dalla gravità
dell’infrazione. Ricorrendo una di queste due ipotesi è
possibile l’adozione della misura cautelare della
sospensione dalle funzioni e dalla retribuzione.
La stessa disposizione però -
l’art. 22 - prescrive anche che nei casi di minore
gravità è possibile l’adozione del trasferimento
cautelare. Quindi è lo stesso art. 22 - nel far
riferimento ai “casi di minore gravità” a prevedere una
graduazione delle possibili misure cautelari.
Ciò comporta anche un’ulteriore
considerazione: il potere cautelare non
si esaurisce con l’adozione della
misura cautelare. E’ ben possibile che dopo tale
adozione sopravvengano fatti che si qualifichino come
aggravamento dell’originario illecito disciplinare
contestato al magistrato incolpato tale da comportare
l’inadeguatezza della prima misura cautelare adottata.
Si ha quindi che il potere
cautelare, espressione più specifica del potere
disciplinare, non viene meno con l’adozione della misura
del trasferimento cautelare laddove inizialmente la
sezione disciplinare ritenga ravvisabile un illecito non
connotato da tale gravità da richiedere la sospensione
dalle funzioni e dallo stipendio.
Ma il potere cautelare, proprio per
essere connesso all’esercizio del potere disciplinare,
già estrinsecandosi nella adozione della misura
cautelare del trasferimento provvisorio, non si
esaurisce per effetto della adozione di tale precedente
misura cautelare: è ben possibile che la situazione di
fatto muti nel tempo e si presenti con caratteristiche
diverse e più gravi in termini di addebito disciplinare,
rispetto al momento originario.
Depongono per la perdurante
sussistenza del potere cautelare sia la graduazione
prevista dall’art. 22 che in ragione della gravità del
fatto distingue - come già rilevato - tra trasferimento
cautelare e sospensione cautelare; sia anche la
flessibilità della misura che può desumersi dalla
previsione contenuta nel terzo comma dell’art 22
secondo cui è possibile la revoca anche d’ufficio della
sospensione cautelare ove, in prosieguo di tempo, ne
vengano meno i presupposti.
Tutto ciò mostra che c’è una
perdurante possibilità di adeguamento della misura
cautelare alle effettive esigenze cautelari sia in
melius con la revoca della misura sia in ipotesi in
peius con l’aggravamento della misura stessa tra le due
previste dall’art. 22.
In sostanza, l’esercizio del potere
cautelare non si completa, in termini di piena
realizzazione della sua funzione, già nel momento in
cui, adottata la prima misura cautelare del
trasferimento provvisorio, viene inizialmente ritenuta
sussistente l’ipotesi meno grave di quelle previste
dall’art. 22 citato. E’ possibile che successivi
sviluppi dell’attività di indagine nel procedimento
disciplinare mostrino una fattispecie più grave di
quella originariamente apprezzata e che pertanto si
renda necessaria una misura cautelare più intensiva del
trasferimento provvisorio, qual è appunto la sospensione
dalle funzioni e dallo stipendio.
In tale evenienza ben può la
sezione disciplinare adottare la misura cautelare più
grave - ossia la sospensione dalle funzioni e dallo
stipendio- che va a sovrapporsi e quindi a schermare la
precedente misura cautelare del trasferimento
provvisorio, senza perciò comportare la revoca di
quest’ultimo.
Ed è ciò
che ha fatto la Sezione
Disciplinare che ha appunto verificato che il fatto
addebitato al magistrato si presentava in termini di
maggiore gravità rispetto all’originaria incolpazione e
che pertanto occorreva adottare la più incisiva misura
cautelare della sospensione facoltativa prevista per i
casi che non possono qualificarsi come di minore
gravità.
5. Inammissibile è poi la censura
del ricorrente nella parte in cui deduce il vizio di
motivazione dell’impugnata ordinanza in riferimento al
ritenuto presupposto dell’aggravamento delle esigenze
cautelari.
Rientra infatti nella valutazione
di merito della Sezione Disciplinare la individuazione
del presupposto di fatto di tale aggravamento; ciò che
nella specie ha fatto - con motivazione sufficiente e
non contraddittoria - l’impugnata ordinanza.
Ha ritenuto infatti la sezione
disciplinare che dalle risultanze del procedimento
penale in corso era emerso l’ulteriore fatto consistente
nel ripetuto (illecito) uso delle armi collezionate da
parte del magistrato incolpato; fatto questo che sarebbe
stato “in definitiva ammesso in udienza dallo stesso
incolpato, sia pure con qualche ambiguità”.
6. Fondata è invece la censura del
ricorrente nella parte in cui il dedotto vizio di
motivazione afferisce all’idoneità dell’aggravata misura
cautelare della sospensione del magistrato dalle
funzioni e dallo stipendio rispetto all’originaria
misura cautelare del trasferimento provvisorio.
Infatti la ritenuta possibilità di
aggravamento della misura cautelare - desumibile dal
citato art. 22 del d.lgs. n. 109 del 2006, nella parte
in cui rapporta le due misure cautelari, rispettivamente
della sospensione dalle funzioni e dallo stipendio e del
trasferimento provvisorio, alla maggiore gravità
dell’addebito disciplinare - implica non solo la
verifica del presupposto di fatto dell’aggravamento
delle esigenze cautelari, ma anche la sopravvenuta
insufficienza della misura cautelare inizialmente
adottata.
Questa valutazione comparata non è
stata adeguatamente operata dalla Sezione Disciplinare.
L’impugnata ordinanza pone
l’accento sul fatto che il magistrato incolpato
“continua a esercitare le funzioni giurisdizionali nella
medesima sede nella quale si sono verificati i fatti
oggetto di un procedimento penale la cui sola pendenza
ne pregiudica di per sé l’immagine sociale”. Appare
pertanto che non si sia tenuto sufficientemente conto
del fatto che la precedente misura cautelare - il
trasferimento provvisorio - già precludeva al magistrato
incolpato di “esercitare le funzioni giurisdizionali
nella medesima sede” (ossia in Bari).
Vero è che al momento in cui la
Sezione Disciplinare ha adottato la misura cautelare
aggravata della sospensione facoltativa dalle funzioni e
dallo stipendio la precedente misura cautelare del
trasferimento provvisorio
era stata oggetto inizialmente di
un provvedimento di sospensione del tribunale regionale
amministrativo del Lazio e successivamente della
sentenza di annullamento del medesimo tribunale. Però
-come è pacifico tra le parti e come del resto risulta
dai procedimenti giudiziari promossi, in questa stessa
vicenda, rispettivamente dall’Avvocatura dello Stato per
il Ministero della Giustizia ed il CSM (v. Cass. sez.
un. 26 settembre 2011. n. 19568) e dal dott. D.B. (v
cass. sez. un. 26 settembre 2011, n. 19566) - il
trasferimento provvisorio che era stato impugnato
risultava annullato dal T.a.r. per il Lazio al momento
della pronuncia dell’ordinanza attualmente impugnata -
limitatamente alla designazione dell’ufficio di
destinazione (Matera) e non già anche quanto alla
rimozione del magistrato dall’ufficio di provenienza
(Bari).
Quindi l’effetto di precludere al
magistrato di “esercitare le funzioni giurisdizionali
nella medesima sede” (ossia in Bari) era giù raggiunto
con l’originario provvedimento cautelare di
trasferimento provvisorio, che - come già rilevato - non
era stato impugnato quanto all’allontanamento del
magistrato da quella sede, controvertendosi soltanto in
ordine alla legittimità o meno dell’individuazione
dell’ufficio di destinazione nel provvedimento
giurisdizionale adottato dalla stessa Sezione
Disciplinare; ufficio che in ipotesi avrebbe potuto
anche essere individuato dal CSM in provvisoria
ottemperanza alla pronuncia del giudice amministrativo.
Essendo mancata questa comparazione
tra l’originaria misura cautelare del trasferimento
provvisorio, solo parzialmente annullata dalla sentenza
menzionata del Tar per il Lazio, e l’aggravata misura
cautelare della sospensione facoltativa dalle funzioni e
dallo stipendio, l’impugnata ordinanza della Sezione
Disciplinare mostra una insufficienza motivazionale
deducibile - e nella specie dedotta dal ricorrente -
come vizio di motivazione che inficia l’ordinanza
stessa.
7. Limitatamente a questa parte ed
a questa ragione, il ricorso va accolto con conseguente
cassazione dell’ordinanza impugnata e rinvio alla
Sezione Disciplinare del CSM in diversa composizione per
nuovo esame che non potrà non tener conto anche dei
successivi sviluppi costituiti dall’esito dell’istanza
per regolamento preventivo di giurisdizione proposta
dall’Avvocatura di Stato (e definita con la citata
sentenza n. 19568 del 2011 di queste Sezioni Unite) e
del ricorso per cassazione proposto dal dott. D. B. (e
definito con la citata sentenza n. 19566 del 2011 di
queste Sezioni Unite).
Sussistono giustificati motivi (in
considerazione anche della novità della questione) per
compensare tra le parti le spese di questo giudizio di
cassazione.
P. Q. M.
La Corte, a Sezioni Unite, accoglie
il ricorso; cassa l’ordinanza impugnata e rinvia alla
Sezione disciplinare del CSM in diversa composizione;
compensa tra le parti le spese di questo giudizio
Depositata in Cancelleria il
28.10.2011 |