(Michele Iaselli)
Con la sentenza 25 ottobre 2011 la
Corte di Giustizia dell'Unione Europea decidendo in
merito a due cause riunite (C-509/09 e C-161/10)
affronta e risolve una delle questioni più delicate in
ambito europeo e cioè quella della corretta definizione
della competenza giurisdizionale nel caso in cui venga
leso un diritto della personalità attraverso Internet.
Originariamente le cause erano due
poi riunite.
Nella prima, un cittadino tedesco
condannato per omicidio e poi ammesso alla libertà
condizionale, chiedeva ai giudici tedeschi la rimozione
di notizie che lo riguardavano da un sito di
informazione via web gestito da una società austriaca e
nello stesso tempo diffidava la società a non riportare
più il suo nome per esteso in relazione al crimine
commesso. Per contro la società austriaca contestava la
competenza internazionale dei giudici tedeschi a
dirimere la controversia in quanto riteneva di poter
essere convenuta soltanto dinanzi ai giudici austriaci.
Nella seconda causa, un cittadino
francese, lamentando violazioni della sua vita privata e
del diritto all'immagine, agiva in giudizio contro una
società britannica, editrice del Sunday Mirror, che
aveva pubblicato sul sito internet del quotidiano un
articolo di gossip che lo riguardava. Anche in questo
caso la società inglese contestava la competenza
internazionale del tribunale francese adito in quanto
riteneva non sussistere un collegamento sufficientemente
stretto tra la pubblicazione in rete nel Regno Unito e
il presunto danno sul territorio francese.
La Corte nell'affrontare la ben
nota problematica non può fare a meno di osservare che
la pubblicazione di contenuti su un sito Internet si
distingue dalla diffusione circoscritta territorialmente
di un mezzo di comunicazione quale una stampa, poiché
gli stessi possono essere consultati istantaneamente da
un numero indefinito di internauti, ovunque al mondo,
indipendentemente da qualsiasi intenzione del loro
emittente in ordine alla loro consultazione al di là del
proprio Stato membro di stabilimento e al di fuori del
proprio controllo. Pertanto, rileva la Corte, tale
diffusione universale, può sia aumentare la gravità
delle violazioni dei diritti della personalità ma anche
rendere estremamente difficile individuare il locus
commissi delicti.
La Corte risolve la questione
attraverso l'interpretazione di due fondamentali norme
in materia e cioè l'art. 5 punto 3 del regolamento (CE)
del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente
la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e
l’esecuzione delle decisioni in materia civile e
commerciale e l'art. 3 della direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE,
relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della
società dell’informazione, in particolare il commercio
elettronico, nel mercato interno («direttiva sul
commercio elettronico»).
Secondo l'organo giurisdizionale
europeo la prima norma deve essere interpretata nel
senso che, in caso di asserita violazione dei diritti
della personalità per mezzo di contenuti messi in rete
su un sito Internet, la persona che si ritiene lesa ha
la facoltà di esperire un’azione di risarcimento, per la
totalità del danno cagionato, o dinanzi ai giudici dello
Stato membro del luogo di stabilimento del soggetto che
ha emesso tali contenuti, o dinanzi ai giudici dello
Stato membro in cui si trova il proprio centro
d’interessi. In luogo di un’azione di risarcimento per
la totalità del danno cagionato, tale persona può
altresì esperire un’azione dinanzi ai giudici di ogni
Stato membro sul cui territorio un’informazione messa in
rete sia accessibile oppure lo sia stata. Naturalmente
questi ultimi sono competenti a conoscere del solo danno
cagionato sul territorio dello Stato membro del giudice
adito.
La seconda norma e cioè l'art. 3
della direttiva 2000/31 CE deve essere interpretata nel
senso che esso non impone un recepimento in forma di
norma specifica di conflitto. Nondimeno gli Stati membri
devono assicurare che, fatte salve le deroghe
autorizzate alle condizioni previste dall’art. 3, n. 4,
della direttiva 2000/31, il prestatore di un servizio
del commercio elettronico non sia assoggettato a
prescrizioni più rigorose di quelle previste dal diritto
sostanziale applicabile nello Stato membro di
stabilimento di tale prestatore stesso.
In altri termini la Corte
stabilisce che il gestore di un sito Internet, cui si
applica la direttiva sul commercio elettronico non può
essere assoggettato, nello Stato di residenza della
vittima, a prescrizioni più rigorose di quelle previste
dal diritto dello Stato membro in cui è stabilito.
Questa sentenza della Corte di
Giustizia assume quindi una rilevanza notevole per la
delicatezza della materia trattata che ha fatto nascere
delle vere scuole di pensiero in ambito dottrinario.
Internet non è un’entità fisica o
tangibile, ma piuttosto una gigantesca rete che
interconnette un numero infinito di gruppi più ristretti
di reti informatiche collegate fra di loro. Si tratta
dunque di una rete di reti.
Internet non appartiene a nessuno,
non è finanziata da istituzioni, governi o
organizzazioni internazionali e non è un servizio
commerciale. Questa realtà costituisce
contemporaneamente sia la forza che la debolezza di
Internet. La forza poiché tale rete planetaria non può
essere soggetta a nessuna influenza esterna assumendo
quindi un’indipendenza assoluta; la debolezza poiché la
sua connotazione acentrica ed in un certo senso
“anarchica” comporta tutti quegli inconvenienti
derivanti dalla mancanza di un effettivo controllo
dall’alto, con la nascita di nuove fattispecie criminose
sulle quali torneremo in seguito.
Organismi internazionali come ISOC,
IAB, IEFT ai quali con il tempo se ne sono aggiunti
anche altri, si occupano essenzialmente del governo
tecnico della Rete, mentre non è individuabile alcuna
infrastruttura né identificabile alcun soggetto
responsabile a cui si possa imputare l’effettiva
gestione della Rete.
Per molti Internet non è altro che
un accorgimento tecnico, fondato su regole tecniche, che
consente il collegamento tra un numero indefinito di
soggetti che si trovano nelle stesse condizioni. In
altri termini Internet è da considerarsi una struttura
logica.
Considerato, quindi, che Internet
non è un soggetto, questa dottrina sul presupposto che
tutti i rapporti telematici non si realizzano con la
Rete, ma nella Rete tra soggetti diversi, ritiene che
Internet sia un luogo. A questo punto, però, la dottrina
in esame comprendendo che la nozione tradizionale di
territorio mal si adatta ad una realtà virtuale come
Internet (dove non è possibile determinare un confine
fra le varie reti territoriali che attraversano i
singoli stati) ha creato un nuovo concetto il cd.
“meta-territorio” che sarebbe una sorta di territorio
virtuale dove i confini fra i vari stati sarebbero non
fisici, ma logici. Internet, quindi secondo questa
costruzione dottrinaria è un meta-territorio.
Una seconda dottrina pur
condividendo l’impostazione della prima dottrina pone
l’accento sul connotato di sovranazionalità di Internet
più che di transnazionalità, quasi a voler sottolineare
la portata del fenomeno che investe non il singolo
stato, ma tutte le nazioni dotate di un’infrastruttura
di telecomunicazioni. Questa dottrina più che ricorrere
a costruzioni particolarmente audaci ritiene opportuno
ricondurre la problematica della natura giuridica di
Internet nell’ambito dell’inquadramento giuridico di
tutti i servizi di Internet, esaminando in particolare
il regime di responsabilità dell’Internet Service
Provider, del sysop da intendersi come il gestore del
sistema informatico, del proprietario delle
infrastrutture di rete.
Una terza dottrina soffermandosi
sulla definizione di Internet come procedimento di
telecomunicazione a livello planetario, ritiene che
Internet comporti l’avvento di un’epoca nuova definita
della “metapolitica”, poiché verrebbero superati gli
attuali termini di riferimento politico quali lo Stato
nazionale, la sovranità limitata dal territorio (il cd.
meta-territorio?), la definizione dei confini e degli
attributi di potere fra Stato e Stato etc.
Una quarta teoria sulla natura
giuridica di Internet si fonda prevalentemente sulla
concezione anarchica e libertaria di Internet e viene
enunciata per la prima volta nella “Dichiarazione di
indipendenza del Cyberspazio” promulgata da John Perry
Barlow a Davos, in Svizzera, l’8 febbraio 1996.
Sostanzialmente, secondo questa
teoria, Internet è un Cyberspazio in cui: i cybernauti
possono navigare nella più totale autonomia rispetto ad
ogni Autorità Statale; non hanno alcun riconoscimento
sia i concetti che le categorie giuridiche tradizionali;
è possibile creare una cultura della mente che sia più
giusta ed umana.
Il problema della natura giuridica
di Internet assume una rilevanza particolare in quanto
strettamente collegato, come abbiamo visto nel caso di
specie, agli altri rilevanti problemi
dell’individuazione della legge applicabile per la
regolamentazione di Internet e dell’identificazione del
foro competente in caso di conflitti di interessi
nell’ambito della Rete.
Problemi, questi, di non facile
soluzione poiché nel campo del diritto internazionale i
tradizionali principi di individuazione della legge
applicabile e del giudice competente in caso di
controversie sono stati elaborati pensando ad uno spazio
fisico e territoriale per cui sicuramente gli stessi
concetti si adattano male ad atti e comportamenti che
possono essere commessi in uno spazio cd. virtuale.
. Nota di Michele Iaselli. Sulla
materia vedi il volume Diritto e nuove tecnologie dello
stesso autore) |