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Corte di Giustizia dell'Unione europea (Prima sezione) - Sentenza 28 aprile 2011, causa C-61/11 PPU, El Dridi-In materia di immigrazione, rimpatrio di cittadini di paesi terzi con soggiorno irregolare (incompatibilità con la direttiva Ue 2008/115 della normativa italiana di cui all’art. 14, comma 5-ter, dlgs. n. 286/1998)  (CdG_28aprile2011.pdf, inserito venerdì 29 aprile 2011)

 

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CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

28 aprile 2011(*)

«Spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia – Direttiva 2008/115/CE – Rimpatrio dei cittadini

di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Artt. 15 e 16 – Normativa nazionale che prevede

la reclusione per i cittadini di paesi terzi in soggiorno irregolare in caso di inottemperanza

all’ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro – Compatibilità»

Nel procedimento C-61/11 PPU,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE,

proposta dalla Corte d’appello di Trento, con ordinanza 2 febbraio 2011, pervenuta in

cancelleria il 10 febbraio 2011, nel procedimento penale a carico di

Hassen El Dridi, alias Soufi Karim,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. J.-J. Kasel, M. Ilešič (relatore),

E. Levits e M. Safjan, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig.ra A. Impellizzeri, amministratore

vista la domanda del giudice del rinvio del 2 febbraio 2011, pervenuta alla Corte il 10

febbraio 2011 e integrata l’11 febbraio 2011, di sottoporre il rinvio pregiudiziale a

procedimento d’urgenza, a norma dell’art. 104 ter del regolamento di procedura della Corte,

vista la decisione della Prima Sezione del 17 febbraio 2011 di accogliere la suddetta

domanda,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 30 marzo 2011,

considerate le osservazioni presentate:

– per il sig. El Dridi, dagli avv.ti M. Pisani e L. Masera;

– per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal

sig. L. D’Ascia, avvocato dello Stato;

– per la Commissione europea, dalla sig.ra M. Condou-Durande e dal sig. L. Prete, in

qualità di agenti,

sentito l’avvocato generale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

2

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 15 e 16 della

direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante

norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi

il cui soggiorno è irregolare (GU L 348, pag. 98).

2 Detta domanda è stata proposta nell’ambito di un procedimento a carico del sig. El Dridi, il

quale è condannato alla pena di un anno di reclusione per il reato di permanenza irregolare

sul territorio italiano, senza giustificato motivo, in violazione di un ordine di allontanamento

emesso nei suoi confronti dal questore di Udine.

Contesto normativo

La normativa dell’Unione

3 I ‘considerando’ secondo, sesto, tredicesimo, sedicesimo e diciassettesimo della direttiva

2008/115 enunciano quanto segue:

«(2) Il Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 ha sollecitato l’istituzione

di un’efficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni

affinché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro

diritti fondamentali e della loro dignità.

(…)

(6) È opportuno che gli Stati membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare dei

cittadini di paesi terzi secondo una procedura equa e trasparente. (…)

(…)

(13) L’uso di misure coercitive dovrebbe essere espressamente subordinato al rispetto

dei principi di proporzionalità e di efficacia per quanto riguarda i mezzi impiegati e gli

obiettivi perseguiti. (…)

(…)

(16) Il ricorso al trattenimento ai fini dell’allontanamento dovrebbe essere limitato e

subordinato al principio di proporzionalità con riguardo ai mezzi impiegati e agli obiettivi

perseguiti. Il trattenimento è giustificato soltanto per preparare il rimpatrio o effettuare

l’allontanamento e se l’uso di misure meno coercitive è insufficiente.

(17) I cittadini di paesi terzi che sono trattenuti dovrebbero essere trattati in modo umano

e dignitoso, nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e in conformità del diritto

nazionale e internazionale. Fatto salvo l’arresto iniziale da parte delle autorità

incaricate dell’applicazione della legge, disciplinato dal diritto nazionale, il trattenimento

dovrebbe di norma avvenire presso gli appositi centri di permanenza temporanea».

4 L’art. 1 della direttiva 2008/115, rubricato «Oggetto», recita:

«La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri

al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel rispetto dei diritti

fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale,

compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell’uomo».

5 L’art. 2, nn. 1 e 2, di detta direttiva così dispone:

3

«1. La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di

uno Stato membro è irregolare.

2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare la presente direttiva ai cittadini di

paesi terzi:

(…)

b) sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione

penale, in conformità della legislazione nazionale, o sottoposti a procedure di

estradizione».

6 Ai sensi dell’art. 3, punto 4, della direttiva 2008/115 si intende per «decisione di rimpatrio»,

ai fini della medesima direttiva, «[una] decisione o [un] atto amministrativo o giudiziario che

attesti o dichiari l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o attesti

l’obbligo di rimpatrio».

7 L’art. 4, n. 3, di detta direttiva enuncia:

«La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di introdurre o

mantenere disposizioni più favorevoli alle persone cui si applica, purché compatibili con le

norme in essa stabilite».

8 A termini dell’art. 6, n. 1, della medesima direttiva, « [g]li Stati membri adottano una

decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno

nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5».

9 L’art. 7 della direttiva 2008/115, rubricato «Partenza volontaria», prevede quanto segue:

«1. La decisione di rimpatrio fissa per la partenza volontaria un periodo congruo di durata

compresa tra sette e trenta giorni, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2 e 4. Gli Stati

membri possono prevedere nella legislazione nazionale che tale periodo sia concesso

unicamente su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato. In tal caso, gli Stati

membri informano i cittadini di paesi terzi interessati della possibilità di inoltrare tale richiesta.

(…)

3. Per la durata del periodo per la partenza volontaria possono essere imposti obblighi

diretti a evitare il rischio di fuga, come l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la

costituzione di una garanzia finanziaria adeguata, la consegna di documenti o l’obbligo di

dimorare in un determinato luogo.

4. Se sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in

quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l’interessato costituisce un pericolo per

l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, gli Stati membri possono

astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o concederne uno inferiore a

sette giorni».

10 L’art. 8, nn. 1 e 4, di detta direttiva così dispone:

«1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di

rimpatrio qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria a norma

dell’articolo 7, paragrafo 4, o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il

periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell’articolo 7.

(…)

4

4. Ove gli Stati membri ricorrano – in ultima istanza – a misure coercitive per allontanare

un cittadino di un paese terzo che oppone resistenza, tali misure sono proporzionate e non

ecced[o]no un uso ragionevole della forza. Le misure coercitive sono attuate conformemente

a quanto previsto dalla legislazione nazionale in osservanza dei diritti fondamentali e nel

debito rispetto della dignità e dell’integrità fisica del cittadino di un paese terzo interessato».

11 L’art. 15 della medesima direttiva, compreso nel capo IV, relativo al trattenimento ai fini

dell’allontanamento, è redatto nei seguenti termini:

«1. Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure

sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese

terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare

l’allontanamento, in particolare quando:

a) sussiste un rischio di fuga o

b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o

dell’allontanamento.

Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo

necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.

(…)

3. In ogni caso, il trattenimento è riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta del

cittadino di un paese terzo interessato o d’ufficio. Nel caso di periodi di trattenimento

prolungati il riesame è sottoposto al controllo di un’autorità giudiziaria.

4. Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per

motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al

paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente

rilasciata.

5. Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il

periodo necessario ad assicurare che l’allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro

stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi.

6. Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un

periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale

nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di

allontanamento rischia di durare più a lungo a causa:

a) della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o

b) dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi».

12 L’art. 16 della direttiva 2008/115, rubricato «Condizioni di trattenimento», prevede al n. 1

quanto segue:

«Il trattenimento avviene di norma in appositi centri di permanenza temporanea. Qualora uno

Stato membro non possa ospitare il cittadino di un paese terzo interessato in un apposito

centro di permanenza temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, i cittadini di

paesi terzi trattenuti sono tenuti separati dai detenuti ordinari».

13 Ai sensi dell’art. 18 della direttiva 2008/115, rubricato «Situazioni di emergenza»:

5

«1. Nei casi in cui un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi da

rimpatriare comporta un notevole onere imprevisto per la capacità dei centri di permanenza

temporanea di uno Stato membro o per il suo personale amministrativo o giudiziario, sino a

quando persiste la situazione anomala detto Stato membro può decidere di (...) adottare

misure urgenti quanto alle condizioni di trattenimento in deroga a quelle previste all’articolo

16, paragrafo 1 (...).

2. All’atto di ricorrere a tali misure eccezionali, lo Stato membro in questione ne informa la

Commissione. Quest’ultima è informata anche non appena cessino di sussistere i motivi che

hanno determinato l’applicazione delle suddette misure eccezionali.

3. Nulla nel presente articolo può essere interpretato nel senso che gli Stati membri siano

autorizzati a derogare al loro obbligo generale di adottare tutte le misure di carattere

generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi ad essi incombenti ai

sensi della presente direttiva».

14 Ai sensi dell’art. 20, n. 1, primo comma, della direttiva 2008/115, gli Stati membri dovevano

mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per

conformarsi a quest’ultima entro il 24 dicembre 2010, eccezion fatta per l’art. 13, n. 4.

15 Conformemente al suo art. 22, detta direttiva è entrata in vigore il 13 gennaio 2009.

La normativa nazionale

16 L’art. 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni

concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero

(Supplemento ordinario alla GURI n. 191 del 18 agosto 1998), come modificato dalla legge

15 luglio 2009, n. 94, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica (Supplemento

ordinario alla GURI n. 170 del 24 luglio 2009; in prosieguo: il «decreto legislativo

n. 286/1998»), prevede ai commi 2 e 4 quanto segue:

«2. L’espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero:

a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato

respinto (…);

b) si è trattenuto nel territorio dello Stato (...) senza aver richiesto il permesso di

soggiorno nei termini prescritti, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero

quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più

di sessanta giorni e non è stato chiesto il rinnovo;

(...)

4. L’espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a

mezzo della forza pubblica ad eccezione dei casi di cui al comma 5».

17 L’art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998 è così redatto:

«1. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante

accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al

soccorso dello straniero, [ad] accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o

nazionalità, ovvero all’acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l’indisponibilità di

vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto

per il tempo strettamente necessario presso il centro di identificazione e di espulsione più

vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con i

6

Ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione

economica.

(…)

5-bis. Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di

identificazione ed espulsione, ovvero la permanenza in tale struttura non abbia consentito

l’esecuzione con l’accompagnamento alla frontiera dell’espulsione o del respingimento, il

questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque

giorni. L’ordine è dato con provvedimento scritto, recante l’indicazione delle conseguenze

sanzionatorie della permanenza illegale, anche reiterata, nel territorio dello Stato. L’ordine

del questore può essere accompagnato dalla consegna all’interessato della documentazione

necessaria per raggiungere gli uffici della rappresentanza diplomatica del suo Paese in Italia,

anche se onoraria, nonché per rientrare nello Stato di appartenenza ovvero, quando ciò non

sia possibile, nello Stato di provenienza.

5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello

Stato, in violazione dell’ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis, è punito con

la reclusione da uno a quattro anni se l’espulsione o il respingimento sono stati disposti per

ingresso illegale nel territorio nazionale (...), ovvero per non aver richiesto il permesso di

soggiorno o non aver dichiarato la propria presenza nel territorio dello Stato nel termine

prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso

revocato o annullato. Si applica la pena della reclusione da sei mesi ad un anno se

l’espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta

giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo, ovvero se la richiesta del titolo di soggiorno è stata

rifiutata (...). In ogni caso, salvo che lo straniero si trovi in stato di detenzione in carcere, si

procede all’adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla

frontiera a mezzo della forza pubblica per violazione all’ordine di allontanamento adottato dal

questore ai sensi del comma 5-bis. Qualora non sia possibile procedere

all’accompagnamento alla frontiera, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 5-bis del

presente articolo (...).

5-quater. Lo straniero destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5-ter e di

un nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis, che continua a permanere

illegalmente nel territorio dello Stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Si

applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui al comma 5-ter, terzo e ultimo periodo.

5-quinquies. Per i reati previsti ai commi 5-ter, primo periodo, e 5-quater si procede con rito

direttissimo ed è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

18 Il sig. El Dridi è un cittadino di un paese terzo entrato illegalmente in Italia e privo di

permesso di soggiorno. Nei suoi confronti il prefetto di Torino ha emanato un decreto di

espulsione in data 8 maggio 2004.

19 Un ordine di allontanamento dal territorio nazionale, emesso il 21 maggio 2010 dal questore

di Udine, in esecuzione di detto decreto di espulsione, gli è stato notificato in pari data. Tale

ordine di allontanamento era motivato dall’indisponibilità di un vettore o di altro mezzo di

trasporto, dalla mancanza di documenti di identificazione del sig. El Dridi nonché

dall’impossibilità di ospitarlo in un centro di permanenza temporanea per mancanza di posti

nelle apposite strutture.

20 Durante un controllo effettuato il 29 settembre 2010 è stato constatato che il sig. El Dridi non

si era conformato a detto ordine di allontanamento.

7

21 Il sig. El Dridi è stato condannato dal Tribunale monocratico di Trento, all’esito di giudizio

abbreviato, alla pena di un anno di reclusione per il reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, del

decreto legislativo n. 286/1998.

22 Egli ha impugnato tale decisione dinanzi alla Corte d’appello di Trento.

23 Quest’ultima s’interroga sulla possibilità di disporre una sanzione penale, nel corso della

procedura amministrativa di rimpatrio di uno straniero, per inosservanza di una delle fasi di

tale procedura; una simile sanzione sembra, infatti, contraria al principio di leale

cooperazione, al conseguimento degli scopi della direttiva 2008/115 e al suo effetto utile,

nonché ai principi di proporzionalità, di adeguatezza e di ragionevolezza della pena.

24 Essa precisa, al riguardo, che la sanzione penale di cui all’art. 14, comma 5-ter, del decreto

legislativo n. 286/1998 interviene dopo l’accertata violazione di un passaggio intermedio

della procedura graduale di attuazione della decisione di rimpatrio, prevista dalla direttiva

2008/115, ovverosia l’inottemperanza al solo ordine di allontanamento. Potendo andare da

uno a quattro anni, la pena della reclusione sarebbe connotata, peraltro, da un carattere di

estremo rigore.

25 Ciò considerato, la Corte d’appello di Trento ha deciso di sospendere il procedimento e di

proporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se alla luce dei principi di leale collaborazione all’effetto utile di conseguimento degli scopi

della direttiva e di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza della pena, gli artt. 15 e 16

della direttiva [2008/115] ostino:

– alla possibilità che venga sanzionata penalmente la violazione di un passaggio

intermedio della procedura amministrativa di rimpatrio, prima che essa sia

completata[,] con il ricorso al massimo rigore coercitivo ancora possibile

amministrativamente;

– alla possibilità che venga punita con la reclusione sino a quattro anni la mera mancata

cooperazione dell’interessato alla procedura di espulsione, ed in particolare l’ipotesi di

inosservanza al primo ordine di allontanamento emanato dall’autorità amministrativa».

Sul procedimento d’urgenza

26 La Corte d’appello di Trento ha chiesto che il presente rinvio pregiudiziale sia sottoposto al

procedimento d’urgenza previsto all’art. 104 ter del regolamento di procedura della Corte.

27 Il giudice del rinvio ha motivato tale domanda con il fatto che il sig. El Dridi è detenuto in

esecuzione della pena cui è stato condannato dal Tribunale di Trento.

28 La Prima Sezione della Corte, sentito l’avvocato generale, ha deciso di accogliere la

domanda del giudice remittente di sottoporre il rinvio pregiudiziale al procedimento

d’urgenza.

Sulla questione pregiudiziale

29 Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2008/115, in

particolare i suoi artt. 15 e 16, debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una

normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che

preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui

8

soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare

entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza

giustificato motivo.

30 Il giudice del rinvio fa riferimento, al riguardo, al principio di leale cooperazione di cui

all’art. 4, n. 3, TUE, nonché all’obiettivo di assicurare l’effetto utile del diritto dell’Unione.

31 In proposito si deve ricordare che, come enuncia il suo secondo ‘considerando’, la direttiva

2008/115 persegue l’attuazione di un’efficace politica in materia di allontanamento e

rimpatrio basata su norme comuni affinché le persone interessate siano rimpatriate in

maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità.

32 Come si apprende tanto dal suo titolo quanto dall’art. 1, la direttiva 2008/115 stabilisce le

«norme e procedure comuni» che devono essere applicate da ogni Stato membro al

rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare. Discende dalla locuzione

summenzionata, come pure dall’economia generale della succitata direttiva, che gli Stati

membri possono derogare a tali norme e procedure solo alle condizioni previste dalla

direttiva medesima, segnatamente quelle fissate al suo art. 4.

33 Di conseguenza, mentre il n. 3 di detto art. 4 riconosce agli Stati membri la facoltà di

introdurre o di mantenere disposizioni più favorevoli per i cittadini di paesi terzi il cui

soggiorno sia irregolare rispetto a quelle stabilite dalla direttiva 2008/115, purché compatibili

con quest’ultima, detta direttiva non permette invece a tali Stati di applicare norme più severe

nell’ambito che essa disciplina.

34 Occorre del pari rilevare che la direttiva 2008/115 stabilisce con precisione la procedura che

ogni Stato membro è tenuto ad applicare al rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui

soggiorno sia irregolare e fissa la successione delle diverse fasi di tale procedura.

35 In tal senso, l’art. 6, n. 1, di detta direttiva prevede anzitutto, in via principale, l’obbligo per gli

Stati membri di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un

paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio sia irregolare.

36 Nell’ambito di questa prima fase della procedura di rimpatrio va accordata priorità, salvo

eccezioni, all’esecuzione volontaria dell’obbligo derivante dalla decisione di rimpatrio; in tal

senso, l’art. 7, n. 1, della direttiva 2008/115 dispone che detta decisione fissa per la partenza

volontaria un periodo congruo di durata compresa tra sette e trenta giorni.

37 Risulta dall’art. 7, nn. 3 e 4, di detta direttiva che solo in circostanze particolari, per esempio

se sussiste rischio di fuga, gli Stati membri possono, da un lato, imporre al destinatario di

una decisione di rimpatrio l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, di prestare

una garanzia finanziaria adeguata, di consegnare i documenti o di dimorare in un

determinato luogo oppure, dall’altro, concedere un termine per la partenza volontaria

inferiore a sette giorni o addirittura non accordare alcun termine.

38 In quest’ultima ipotesi, ma anche nel caso in cui l’obbligo di rimpatrio non sia stato

adempiuto entro il termine concesso per la partenza volontaria, risulta dall’art. 8, nn. 1 e 4,

della direttiva 2008/115 che, al fine di assicurare l’efficacia delle procedure di rimpatrio, tali

disposizioni impongono allo Stato membro, che ha adottato una decisione di rimpatrio nei

confronti di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare, l’obbligo di

procedere all’allontanamento, prendendo tutte le misure necessarie, comprese,

all’occorrenza, misure coercitive, in maniera proporzionata e nel rispetto, in particolare, dei

diritti fondamentali.

9

39 Al riguardo, discende dal sedicesimo ‘considerando’ di detta direttiva nonché dal testo del

suo art. 15, n. 1, che gli Stati membri devono procedere all’allontanamento mediante le

misure meno coercitive possibili. Solo qualora l’esecuzione della decisione di rimpatrio sotto

forma di allontanamento rischi, valutata la situazione caso per caso, di essere compromessa

dal comportamento dell’interessato, detti Stati possono privare quest’ultimo della libertà

ricorrendo al trattenimento.

40 Conformemente all’art. 15, n. 1, secondo comma, della direttiva 2008/115, tale privazione

della libertà deve avere durata quanto più breve possibile e protrarsi solo per il tempo

necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio. Ai sensi dei nn. 3 e 4 di

detto art. 15, tale privazione della libertà è riesaminata ad intervalli ragionevoli e deve

cessare appena risulti che non esiste più una prospettiva ragionevole di allontanamento. I

nn. 5 e 6 del medesimo articolo fissano la sua durata massima in 18 mesi, termine tassativo

per tutti gli Stati membri. L’art. 16, n. 1, di detta direttiva, inoltre, prescrive che gli interessati

siano collocati in un centro apposito e, in ogni caso, separati dai detenuti di diritto comune.

41 Emerge da quanto precede che la successione delle fasi della procedura di rimpatrio

stabilita dalla direttiva 2008/115 corrisponde ad una gradazione delle misure da prendere per

dare esecuzione alla decisione di rimpatrio, gradazione che va dalla misura meno restrittiva

per la libertà dell’interessato – la concessione di un termine per la sua partenza volontaria –

alla misura che maggiormente limita la sua libertà – il trattenimento in un apposito centro –,

fermo restando in tutte le fasi di detta procedura l’obbligo di osservare il principio di

proporzionalità.

42 Perfino il ricorso a quest’ultima misura, la più restrittiva della libertà che la direttiva consente

nell’ambito di una procedura di allontanamento coattivo, appare strettamente regolamentato,

in applicazione degli artt. 15 e 16 di detta direttiva, segnatamente allo scopo di assicurare il

rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini interessati dei paesi terzi.

43 In particolare, la durata massima prevista all’art. 15, nn. 5 e 6, della direttiva 2008/115 ha lo

scopo di limitare la privazione della libertà dei cittadini di paesi terzi in situazione di

allontanamento coattivo (sentenza 30 novembre 2009, causa C-357/09 PPU, Kadzoev,

Racc. pag. I-11189, punto 56). La direttiva 2008/115 intende così tener conto sia della

giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo la quale il principio di

proporzionalità esige che il trattenimento di una persona sottoposta a procedura di

espulsione o di estradizione non si protragga oltre un termine ragionevole, vale a dire non

superi il tempo necessario per raggiungere lo scopo perseguito (v., in particolare, Corte eur.

D.U, sentenza Saadi c. Regno Unito del 29 gennaio 2008, non ancora pubblicata nel Recueil

des arrêts et décisions, §§ 72 e 74), sia dell’ottavo dei «Venti orientamenti sul rimpatrio

forzato» adottati il 4 maggio 2005 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, ai quali la

direttiva fa riferimento nel terzo ‘considerando’. Secondo tale principio, il trattenimento ai fini

dell’allontanamento deve essere quanto più breve possibile.

44 È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre valutare se le regole comuni

introdotte dalla direttiva 2008/115 ostino ad una normativa nazionale come quella in

discussione nel procedimento principale.

45 Al riguardo va rilevato, in primo luogo, che, come risulta dalle informazioni fornite sia dal

giudice del rinvio sia dal governo italiano nelle sue osservazioni scritte, la direttiva 2008/115

non è stata trasposta nell’ordinamento giuridico italiano.

46 Orbene, per costante giurisprudenza, qualora uno Stato membro si astenga dal recepire

una direttiva entro i termini o non l’abbia recepita correttamente, i singoli sono legittimati a

invocare contro detto Stato membro le disposizioni di tale direttiva che appaiano, dal punto di

vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise (v. in tal senso, in particolare,

10

sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall, Racc. pag. 723, punto 46, e 3 marzo

2011, causa C-203/10, Auto Nikolovi, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 61).

47 Ciò vale anche per gli artt. 15 e 16 della direttiva 2008/115, i quali, come si evince dal punto

40 della presente sentenza, sono incondizionati e sufficientemente precisi da non richiedere

ulteriori specifici elementi perché gli Stati membri li possano mettere in atto.

48 Peraltro, una persona che si trovi nella situazione del sig. El Dridi rientra nell’ambito di

applicazione ratione personae della direttiva 2008/115, la quale si applica, conformemente al

suo art. 2, n. 1, ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro sia

irregolare.

49 Come ha osservato l’avvocato generale ai paragrafi 22-28 della sua presa di posizione, non

incide su tale conclusione l’art. 2, n. 2, lett. b), di detta direttiva, ai sensi del quale gli Stati

membri possono decidere di non applicare la direttiva ai cittadini di paesi terzi sottoposti a

rimpatrio come sanzione penale o in conseguenza di una sanzione penale, in conformità

della legislazione nazionale, o sottoposti a procedura di estradizione. Invero, si apprende

dalla decisione di rinvio che l’obbligo di rimpatrio risulta, nel procedimento principale, da un

decreto del prefetto di Torino dell’8 maggio 2004. Peraltro, le sanzioni penali di cui a detta

disposizione non concernono l’inosservanza del termine impartito per la partenza volontaria.

50 Si deve constatare, in secondo luogo, che, sebbene il decreto del prefetto di Torino dell’8

maggio 2004, in quanto stabilisce un obbligo per il sig. El Dridi di lasciare il territorio

nazionale, integri una «decisione di rimpatrio» come definita all’art. 3, punto 4, della direttiva

2008/115 e menzionata, in particolare, agli artt. 6, n. 1, e 7, n. 1, della stessa, la procedura di

allontanamento prevista dalla normativa italiana in discussione nel procedimento principale

differisce notevolmente da quella stabilita da detta direttiva.

51 Infatti, mentre detta direttiva prescrive la concessione di un termine per la partenza

volontaria, compreso tra i sette e i trenta giorni, il decreto legislativo n. 286/1998 non

prevede una tale misura.

52 Per quanto riguarda, poi, le misure coercitive che gli Stati membri possono adottare ai sensi

dell’art. 8, n. 4, della direttiva 2008/115, in particolare l’accompagnamento coattivo alla

frontiera previsto all’art. 13, comma 4, del decreto legislativo n. 286/1998, è giocoforza

constatare che, in una situazione in cui tali misure non abbiano consentito di raggiungere il

risultato perseguito, ossia l’allontanamento del cittadino di un paese terzo contro il quale

sono state disposte, gli Stati membri restano liberi di adottare misure, anche penali, atte

segnatamente a dissuadere tali cittadini dal soggiornare illegalmente nel territorio di detti

Stati.

53 Occorre tuttavia rilevare che, se è vero che la legislazione penale e le norme di procedura

penale rientrano, in linea di principio, nella competenza degli Stati membri, su tale ambito

giuridico può nondimeno incidere il diritto dell’Unione (v. in questo senso, in particolare,

sentenze 11 novembre 1981, causa 203/80, Casati, Racc. pag. 2595, punto 27; 2 febbraio

1989, causa 186/87, Cowan, Racc. pag. 195, punto 19, e 16 giugno 1998, causa C-226/97,

Lemmens, Racc. pag. I-3711, punto 19).

54 Di conseguenza, sebbene né l’art. 63, primo comma, punto 3, lett. b), CE – disposizione che

è stata ripresa dall’art. 79, n. 2, lett. c), TFUE – né la direttiva 2008/115, adottata in

particolare sul fondamento di detta disposizione del Trattato CE, escludano la competenza

penale degli Stati membri in tema di immigrazione clandestina e di soggiorno irregolare,

questi ultimi devono fare in modo che la propria legislazione in materia rispetti il diritto

dell’Unione.

11

55 In particolare, detti Stati non possono applicare una normativa, sia pure di diritto penale, tale

da compromettere la realizzazione degli obiettivi perseguiti da una direttiva e da privare così

quest’ultima del suo effetto utile.

56 Infatti, ai sensi rispettivamente del secondo e del terzo comma dell’art. 4, n. 3, TUE, gli Stati

membri, in particolare, «adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad

assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle

istituzioni dell’Unione» e «si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la

realizzazione degli obiettivi dell’Unione», compresi quelli perseguiti dalle direttive.

57 Quanto, più specificamente, alla direttiva 2008/115, si deve ricordare che – come enuncia il

suo tredicesimo ‘considerando’ – essa subordina espressamente l’uso di misure coercitive al

rispetto dei principi di proporzionalità e di efficacia per quanto riguarda i mezzi impiegati e gli

obiettivi perseguiti.

58 Ne consegue che gli Stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare all’insuccesso

delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo conformemente

all’art. 8, n. 4, di detta direttiva, una pena detentiva, come quella prevista all’art. 14, comma

5-ter, del decreto legislativo n. 286/1998, solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo

che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro e che il termine

impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare nel territorio nazionale.

Essi devono, invece, continuare ad adoperarsi per dare esecuzione alla decisione di

rimpatrio, che continua a produrre i suoi effetti.

59 Una tale pena, infatti, segnatamente in ragione delle sue condizioni e modalità di

applicazione, rischia di compromettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito da detta

direttiva, ossia l’instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei

cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare. In particolare, come ha rilevato

l’avvocato generale al paragrafo 42 della sua presa di posizione, una normativa nazionale

quale quella oggetto del procedimento principale può ostacolare l’applicazione delle misure

di cui all’art. 8, n. 1, della direttiva 2008/115 e ritardare l’esecuzione della decisione di

rimpatrio.

60 Ciò non esclude la facoltà per gli Stati membri di adottare, nel rispetto dei principi della

direttiva 2008/115 e del suo obiettivo, disposizioni che disciplinino le situazioni in cui le

misure coercitive non hanno consentito di realizzare l’allontanamento di un cittadino di un

paese terzo il cui soggiorno sul loro territorio sia irregolare.

61 Alla luce di quanto precede, al giudice del rinvio, incaricato di applicare, nell’ambito della

propria competenza, le disposizioni del diritto dell’Unione e di assicurarne la piena efficacia,

spetterà disapplicare ogni disposizione del decreto legislativo n. 286/1998 contraria al

risultato della direttiva 2008/115, segnatamente l’art. 14, comma 5-ter, di tale decreto

legislativo (v., in tal senso, sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal,

Racc. pag. 629, punto 24; 22 maggio 2003, causa C-462/99, Connect Austria,

Racc. pag. I-5197, punti 38 e 40, nonché 22 giugno 2010, cause riunite C-188/10 e

C-189/10, Melki e Abdeli, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 43). Ciò facendo il

giudice del rinvio dovrà tenere debito conto del principio dell’applicazione retroattiva della

pena più mite, il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri

(sentenze 3 maggio 2005, cause riunite C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Berlusconi e a.,

Racc. pag. I-3565, punti 67-69, nonché 11 marzo 2008, causa C-420/06, Jager,

Racc. pag. I-1315, punto 59).

62 Pertanto, occorre risolvere la questione deferita dichiarando che la direttiva 2008/115, in

particolare i suoi artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una

normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che

12

preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui

soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare

entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza

giustificato motivo.

Sulle spese

63 Nei confronti delle parti nel procedimento principale il presente procedimento costituisce un

incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le

spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar

luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE,

recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di

cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, in particolare i suoi artt. 15 e 16,

deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato

membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda

l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno

sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro

un determinato termine

 

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