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Valido l'accertamento alla casalinga-Il regime di comunione legale non ferma il redditometro- (Cassazione civile Sentenza, Sez. Trib., 20/05/2011, n. 11213)-Ipsoa.it

 

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di Chiara Rossini

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 11213/2011: l'acquisto di beni da parte di un contribuente in regime di comunione legale col coniuge, nulla ha a che vedere con la disponibilita' dei beni stessi anche in capo ad altri soggetti. Al fine dell'accertamento sintetico, ha valore unicamente la concreta situazione fattuale data dal riscontro del potere del contribuente sottoposto a controllo, di trarre da ogni singolo bene una qualche utilita' economica.

 

L’Agenzia delle Entrate notificava nel corso del 2001 un avviso di accertamento alla Sig.ra G.M.A., di professione casalinga, contestandole un maggior reddito rideterminato sinteticamente in forza all’art. 38, D.P.R. n. 600/1973, a seguito dell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.

 

Tale maggior reddito derivava dall’aver sostenuto ingenti spese per l’acquisto di un’autovettura, nonché spese per incrementi patrimoniali relative all’acquisto di un immobile.

 

Avverso l’avviso di accertamento la ricorrente proponeva ricorso in Commissione Tributaria Provinciale, sostenendo che l’immobile era stato acquistato al 50% con il marito e l’auto di lusso era utilizzata dal figlio, che pagava i relativi premi assicurativi. I giudici di prime cure avevano accolto le eccezioni della contribuente, sulla base della documentazione presentata, annullando l’atto impositivo. Conseguentemente, l’Amministrazione finanziaria presentava appello contro la sentenza di primo grado, appello che veniva accolto dalla C.T.R. del Piemonte.

 

Contro la decisione dei giudici di secondo grado, la ricorrente proponeva ricorso per cassazione sulla base di sei motivi in diritto e in fatto.

 

Sull’accertamento sintetico da redditometro

 

Prima di analizzare la pronuncia della Corte di Cassazione, appare utile ripercorrere brevemente la disciplina relativa all’accertamento sintetico, sottolineando sin d’ora che nel caso in esame non sono applicabili le recenti novità intervenute in materia di redditometro e che hanno modificato la novella di cui all’art. 38, D.P.R. n. 600/1973.

 

Nel caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, l’Ufficio può determinare il reddito complessivo delle persone fisiche sulla “base di elementi e circostanze di fatto certi”, in forza dei quali presume l’esistenza di un reddito superiore rispetto a quello dichiarato (art. 38, comma 4, D.P.R. n. 600/1973, testo vigente prima della riforma introdotta dalla c.d. Manovra correttiva 2010).

 

Nello specifico, il redditometro è uno strumento che si fonda sul presupposto della disponibilità per il contribuente di alcuni “beni indice”, sui quali vengono applicati determinati coefficienti moltiplicatori stabiliti ex lege per quantificare la capacità contributiva del soggetto passivo.

 

Pertanto, il reddito complessivo viene determinato avendo riferimento alla capacità gestionale del contribuente, ossia al reddito necessario per gestire i beni di cui ne ha la disponibilità (e non solo la titolarità giuridica).

 

I principali elementi indicatori della capacità contributiva, individuati dal D.M. 10 settembre 1992, sono i seguenti:

 

- veicoli;

 

- immobili;

 

- assicurazioni;

 

- imbarcazioni;

 

- spese per colf.

 

A questi vanno ad aggiungersi altri indici di spesa, richiamati dalla circolare n. 1 del 29 dicembre 2008 della Guardia di Finanza, i quali sono presi fortemente in considerazione dall’Agenzia delle Entrate:

 

- pagamento di consistenti rate di mutuo e locazioni finanziarie;

 

- sostenimento di spese per ristrutturazione di immobili;

 

- spese per arredi di lusso;

 

- pagamento quote di iscrizione a circoli esclusivi;

 

- pagamento di rette scolastiche per la frequentazione di scuole private particolarmente costose;

 

- frequenti viaggi e crociere;

 

- acquisto di beni di grande valore come quadri d’autore, sculture, gioielli..

 

- hobby particolarmente costosi.

 

In merito alla spesa per incrementi patrimoniali, la legge prevede che essa si presume sostenuta, salvo prova contraria, “in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti” (art. 38, comma 5, D.P.R. n. 600/1973).

Nota beneTale previsione normativa è stata oggi eliminata, per cui, a partire dagli accertamenti relativi al periodo di imposta 2009, non vengono più prese in considerazione le spese per incrementi patrimoniali. Invero, le spese si intendono sostenute con i redditi conseguiti nello stesso anno.

Al contribuente è comunque riconosciuta la possibilità di dimostrare che tali spese sono state finanziate con redditi diversi, con redditi esenti o soggetti a ritenuta a titolo d’imposta o comunque legalmente esclusi dalla base imponibile. Il venir meno del richiamo alle spese per incrementi patrimoniali, previsto ex lege, comporta, quindi, che sarà a carico del contribuente fornire la prova che i redditi dichiarati negli anni precedenti hanno concorso a finanziare la spesa sostenuta nell’anno accertato.

 

La sentenza della corte di Cassazione

 

La Suprema Corte si è trovata a dover decidere in merito all’applicazione del meccanismo del redditometro in capo ad una persona fisica che ha sostenuto spese per acquistare un’autovettura di lusso e un immobile. La particolarità del caso risiede nel fatto che la spesa relativa all’immobile era stata sostenuta dalla ricorrente al 50%, in quanto il bene era in comunione legale con il marito.

 

Invece, per quanto concerne le spese relative all’autovettura, la Sig.ra G.M.A. si era difesa contestando che la stessa sopportava solo in parte le spese di mantenimento dell’auto, in quanto i premi assicurativi venivano pagati dal figlio.

 

La Corte di Cassazione ha, tuttavia, ritenuto infondato il ricorso presentato dalla ricorrente.

 

Secondo i giudici di legittimità, l’Amministrazione finanziaria ha legittimamente utilizzato lo strumento del redditometro basando la propria indagine sugli indici presuntivi ricollegabili alla contribuente.

 

In forza alla normativa, l’Ufficio considera gli importi relativi a ciascun bene o servizio disponibile al contribuente accertato al fine di rideterminare il reddito complessivo.

 

La Corte ha chiarito che, la “disponibilità” di un bene, “attesa la sua esclusiva valenza di significazione reddituale, prescinde del tutto dalla (ed è, quindi, indifferente alla) effettiva titolarità giuridica del bene (come pure al titolo giuridico fonte di essa "disponibilità") perché considera rilevante e sintomatico non già quella titolarità secondo la legge ma unicamente la concreta situazione fattuale data dal riscontro del potere del soggetto di trarre dallo stesso ed in proprio favore le utilità economiche che il bene, per sua natura, è in grado di fornire”.

 

Pertanto, l’acquisto di un immobile in regime di comunione legale dei beni non è condizione per far ricadere la disponibilità del bene stesso anche in capo ad altri soggetti.

 

Per quanto riguarda le spese relative alla manutenzione dell’autovettura di lusso intestata alla ricorrente, i giudici hanno precisato che il fatto che il figlio sopporti le spese per l’assicurazione prova esclusivamente che lo stesso si occupa di tale pagamento, “ma non l’effettiva “sopportazione” (ovverosia il finale carico economico) della spesa”.

 

A tale conclusione la Corte è giunta per il fatto che la ricorrente non ha in alcun modo provato la dissociazione soggettiva tra il soggetto che ha la concreta disponibilità dell’autovettura e la diversa intestazione del contratto assicurativo.

 

Dunque, non avendo la ricorrente provveduto a giustificare e controvertire le presunzioni utilizzate dall’Agenzia delle Entrate, l’accertamento sintetico è fondato.

 

 

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