Immissioni acustiche-Normale
tollerabilità - Criteri pubblicistici - Osservanza degli
stessi – Insufficienza - Criterio comparativo -
Applicabilità
In assenza di disciplina specifica
e considerato che non può essere considerata “disciplina
specifica”, con conseguente applicabilità ex art. 6 ter
l. n..13 del 27/2/2009 dei parametri in essa previsti,
il DPMC 14 novembre 1997 (determinazione dei valori
limite delle sorgenti sonore), al fine della valutazione
della normale tollerabilità, come norma integrativa
dell’art. 6 ter lg.cit. e derogativa dell’art.844 c.c.,
ed in assenza di altri regolamenti che disciplinino
immissioni acustiche quali quelle oggetto di causa, ne
consegue che deve trovare applicazione, al caso di
specie, il tradizionale criterio comparativo di
elaborazione giurisprudenziale, il quale criterio
comparativo assume come punto di riferimento il rumore
di fondo della zona[ vale a dire quel complesso di suoni
di origine varia e non identificabile, continui e
caratteristici della zona sui quali si innestano di
volta in volta rumori più intensi] ed essendo tale
criterio notevolmente più restrittivo rispetto ai
criteri dettati dalla legislazione pubblicistica ed, in
particolare, dalla legge quadro e dal DPCM del 1997, ne
consegue che il rispetto dei secondi non importa per ciò
solo la valutazione delle immissioni in termini di
tollerabilità mentre ,certamente, se neppure i parametri
pubblicistici vengono rispettati, a maggior ragione le
immissioni dovranno essere giudicate
intollerabili.(Massima redazionale)
NOTA
La sentenza in oggetto tratta il
tema delle immissioni acustiche da locali
pubblici,adibiti a esercizio di bar, enoteche,
ristoranti e simili.
Il Tribunale di Genova dopo ampia
disamina della legislazione e della giurisprudenza;
confrontando i vari criteri proposti quali il criterio
comparativo e il c.d. criterio regolamentare conclude
come in massima.
Tutte le CTU espletate, effettuate
in periodi diversi dell’anno e del giorno, hanno dato il
medesimo risultato, ovvero il superamento dei limiti
previsti dalla disciplina pubblicistica ed in
particolare dalla legge quadro 447/95.
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
il Tribunale di Genova
sezione III civile
in composizione monocratica, in
persona della Dott.ssa Valentina Vinelli ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
nella causa promossa da XX e altri
-attori
contro YY s.n.c., in persona delle
amministratrici - convenuta -
CONCLUSIONI DELLE PARTI
per parte attrice: Piaccia
all’ill.mo Tribunale di Genova, contrariis reiectis,
previi i migliori accertamenti e declaratorie e previa
conferma dell’ordinanza del 28-29.07.2004, previa
eventuale ammissione di tutti i mezzi di prova orali e
c.t.u. dedotti dagli attori e remissione della causa sul
ruolo istruttorio, ritenuto quanto esposto dagli attori
nel corso dei giudizi cautelari e di merito:
accertare e dichiarare
l’intollerabilità e/o la nocività alla salute degli
attori dei rumori, suoni, vibrazioni e fumi causati e/o
provenienti dall’interno e dall’esterno dell’esercizio
della società convenuta e/o della ditta LL Anna Maria
e/o qualsiasi altro comportamento posto in essere dalla
società convenuta e/o dalla ditta LL Anna Maria in
violazione dei diritti degli attori e conseguentemente
inibire definitivamente alla YY s.n.c. in persona del
suo legale rappresentante pro tempore ed alla Ditta LL
Anna Maria, in persona del suo titolare …………….. dal
proseguire l’attività all’interno del medesimo locale ed
in ogni subordine dal proseguire l’attività oltre le ore
23.00, disponendone a tal fine la chiusura anticipata ed
altresì ordinare alla convenuta e/o alla Ditta LL
AnnaMaria di procedere alla totale in sonorizzazione
dell’esercizio per cui è causa ovvero di porre in essere
ogni attività volta all’eliminazione e/o riduzione del
rumore di cui è causa e comunque ogni attività volta
all’eliminazione dei fumi e delle immissioni di odori a
danno degli attori.
Accertare e dichiarare tenuta e
quindi condannare la società convenuta in persona del
suo legale rappresentante pro tempore al risarcimento di
tutti i danni patrimoniali, morali, esistenziali patiti
e patiendi dai singoli attori nella misura che risulterà
in corso di causa e/o in via equitativa.
Con vittoria di spese e onorari
oltre i.v.a. e c.p.a.
per parte convenuta: Piaccia al
Tribunale Ill.mo, disattesa ogni diversa e contraria
istanza, previa revoca del provvedimento cautelare e
rinnovazione dell’indagine peritale e previa altresì
ammissione della prova per testimoni dedotta in memoria
ex art. 184 c.p.c. 23.12.2006 e memoria di replica ex
art. 184 23.01.2006 con i testi ivi indicati anche in
controprova nella denegata ipotesi di ammissione delle
prove ex adverso dedotte: 1) Assolvere la conchiudente
società da ogni avversaria domanda; 2) In accoglimento
della domanda riconvenzionale che si propone dichiarare
tenuti e condannare gli attori, in solido o come meglio
ritenuto, al risarcimento dei danni tutti in favore
della convenuta società, danni da liquidarsi
nell’ammontare che risulterà dal corso del giudizio e/o,
ove del caso, in via equitativa. Vinte le spese.
MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO
Con atto di citazione regolarmente
notificato gli attori indicati in epigrafe, titolari di
immobili siti nelle immediate vicinanze di un locale
adibito a bar enoteca e ritrovo notturno denominato
“YY”… convenivano in giudizio la società YY s.n.c.,
titolare della gestione del locale, assumendo la
presenza di immissioni acustiche, di odori e di fumi
eccedenti la normale tollerabilità e chiedevano pertanto
in via principale l’inibizione dell’attività ivi
esercitata e, in via subordinata, la riduzione
dell’orario di apertura e l’adozione delle opere
necessarie ad effettuare la totale insonorizzazione del
locale e/o ogni opera necessaria all’eliminazione di
dette immissioni,oltre al risarcimento dei danni.
Rilevavano in particolare come la
presenza di immissioni acustiche intollerabili fosse già
stata accertata all’esito del procedimento cautelare ex
art. 700 cpc, con ordinanza resa in data 28.07.2004 e
confermata in sede di reclamo.
Parte convenuta contestava le
risultanze della ctu resa nella fase cautelare ed
evidenziava come, tra gli attori, solo alcuni fossero
titolari di immobili limitrofi all’esercizio in
contestazione e vi risiedessero stabilmente, mentre i
restanti nove invero occupassero gli stessi solo
saltuariamente o risiedessero altrove.
Avanzava quindi domanda
riconvenzionale volta ad ottenere il ristoro dei danni
patrimoniali subiti a seguito della chiusura anticipata
del locale ordinata all’esito della fase cautelare con
l’ordinanza sopra citata.
In corso di causa, all’esito
dell’espletamento di due CTU che, per quanto si dirà,
accertavano comunque la presenza di immissioni acustiche
intollerabili, parte convenuta all’udienza del 27.3.2008
dava atto dell’avvenuto affitto di azienda con contratto
registrato in data 19.2.2008 a LL Anna Maria, che vi
esercitava non più attività di enoteca bar ma di
ristorante, onde riteneva cessata la materia del
contendere.
Veniva quindi espletata nuova CTU
volta a descrivere la nuova attività esercitata ed a
rilevare il persistere o meno delle immissioni acustiche
intollerabili.
Va premesso in primo luogo come non
sussista alcun problema di legittimazione attiva, per
effetto dell’affitto di azienda sopra esercitato,
dovendo trovare applicazione il disposto dell’art. 111
c. 4 cpc.
Passando ai profili di merito, va
evidenziato quanto segue.
a) in ordine alle immissioni di
fumi o odori
La CTU resa nella fase di reclamo,
con considerazioni logiche e condivisibili, ha escluso
che dalla cucina del locale oggetto di causa derivino
fumi, odori, esalazioni eccedenti la normale
tollerabilità; il ctu, sentito a chiarimenti all’udienza
del 06.04.2005 ha precisato inoltre che le prove
all’interno del locale sono state fatte utilizzando al
massimo le potenzialità dei macchinari esistenti in
cucina indicati nella CTU depositata.
Si ritiene che tali conclusioni
siano sostanzialmente valide anche per l’attività
attualmente esercitata presso il locale oggetto di causa
(che, per quanto si dirà, non ha subito radicali
mutamenti). Nella cucina di detto locale, secondo quanto
è risultato dalla CTU Ing. Giordano depositata in data
31.10.2008, è stata installata una cappa industriale per
l’aspirazione dei fumi durante la cottura degli
alimenti, elemento questo che, a prescindere dalla
tipologia dei cibi preparati, non può che avere
migliorato ulteriormente la situazione con riferimento
alla sussistenza di immissioni di fumi e odori ed
esalazioni.
b) sulle immissioni acustiche.
Prima di passare agli elementi
rilevanti nel caso in esame ed all’analisi delle
risultanze della CTU espletata in corso di causa, è
opportuna una rapida disamina dell’istituto delle
immissioni acustiche, alla luce degli sviluppi
giurisprudenziali e normativi verificatisi nel tempo.
Le immissioni rumorose tra fondi
(non necessariamente contigui)sono consentite solo
laddove non superino la normale tollerabilità, come
sancito dall’art. 844 c. 1 c.c.
Il legislatore del 1942
(diversamente, per quanto si dirà, del legislatore del
2009 intervenuto in materia con una disposizione
decisamente innovativa) ha rimesso al giudice il compito
di valutare, di volta in volta, i conflitti tra
proprietà immobiliari, affidandogli cioè il compito di
valutare la normale tollerabilità e riconoscendogli
quindi un potere altamente discrezionale.
L’evoluzione giurisprudenziale in
materia, nella ricerca di trovare comunque un criterio
oggettivo,è approdata alla fine degli anni ’70
nell’enucleazione del c.d. criterio comparativo, secondo
il quale per valutare il limite di tollerabilità delle
immissioni sonore occorre tener conto della rumorosità
di fondo della zona, in relazione alla reattività
dell’uomo medio e considera intollerabili le immissioni
che eccedono di tre decibel la rumorosità di fondo
(Cass. 6.1.1978 n. 38).
Tale criterio, tutt’ora
condivisibile, è un criterio oggettivo e
relativo:oggettivo in quanto consente di valutare la
rumorosità sulla base del parametro oggettivo dell’uomo
medio, prescindendo dalle specificità delle singole
persone interessate dalle immissioni (Cass. cit.) e
relativo in quanto tiene conto della particolare
situazione ambientale e cioè delle condizioni naturali e
sociali dei luoghi, delle abitudini della popolazione,
del contesto produttivo nel quale si svolge l’attività
in conflitto e degli interessi in conflitto (Cass.
11118/97, Cass. 10735/01; Cass. 1151/2003).
Il criterio comparativo assume
appunto come punto di riferimento il rumore di fondo
della zona, vale a dire quel complesso di suoni di
origine varia e non identificabile, continui e
caratteristici della zona sui quali si innestano di
volta in volta rumori più intensi.
Il rumore di fondo è (o silenzio
relativo)è costituito dal complesso dei rumori di
origine varia, spesso non esattamente identificabili e
caratteristici di una certa zona, senza l’apporto della
fonte rumorosa che si assume inquinante, ovvero quel
livello acustico che insiste per lo meno per il 95% del
tempo di osservazione, in conformità alla definizione
data dalla raccomandazione ISO R 1996 del 1971.
Come correttamente indicato in
dottrina, esso in pratica è “il livello minimo più
frequente definito come il livello della distribuzione
cumulativa superato per il 95% del tempo (L95)”.
La giurisprudenza di merito, in
casi analoghi a quello ora sub iudice, si è orientata
nel senso di ritenere violato il limite della normale
tollerabilità delle immissioni acustiche allorché sul
luogo che subisce le immissioni si riscontri un
incremento dell’intensità del livello medio del rumore
di fondo di oltre 3 decibel.
Tale criterio è notevolmente più
restrittivo di quello introdotto dalla legge quadro
sull’inquinamento acustico (legge 26.10.195 n. 447 e dal
relativo decreto attuativo D.P.C.M. 14.11.97) che
prevede invece un criterio misto di valutazione del
rumore, che devono essere entrambi rispettati, accanto
all’indicazione di limiti assoluti si accettabilità
(art. 6/1) vengono fissati i limiti della differenza tra
il rumore ambientale ed il rumore residuo.
Nonostante anche il decreto citato
assuma il valore di 3 db (per il solo periodo notturno,
essendo invece il limite di accettabilità del periodo
diurno di 5 db), il criterio giurisprudenziale e quello
legislativo differiscono notevolmente in quanto il primo
assume come riferimento il “rumore residuo” (comprensivo
peraltro anche del rumore del traffico) e la seconda il
“rumore di fondo”.
Ne consegue che il rumore di fondo
è generalmente minore del rumore residuo (potendo al più
essere uguale nella misura un cui il rumore residuo
abbia ampiezza costante durante tutto il tempo della
misura) ed il relativo criterio giurisprudenziale è
pertanto più restrittivo della legge quadro per quanto
riguarda la valutazione differenziale del rumore.
Tale rilievo ha indotto la
giurisprudenza a ritenere ininfluenti i parametri
dettati dalle leggi citate, evidenziando il diverso
ambito applicativo delle leggi citate e dell’art. 844
cc.
Dai rilievi sopra esposti discende
da un lato che le immissioni acustiche che rispettino i
limiti del DPCM 1997 e pertanto accettabili possano
nondimeno essere considerate intollerabili alla stregua
del criterio giurisprudenziale citato e, dall’altro, che
immissioni non conformi al decreto citato siano, a
maggior ragione, intollerabili.
In questo panorama legislativo e
giurisprudenziale va fatto cenno infine alla recente
disposizione dettata dall’art. 6 ter della legge 13 del
27.2.2009 (normale tollerabilità delle immissioni
acustiche) che ha prescritto che nell’accertare la
normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni
acustiche, ai sensi dell’art. 844 del codice civile,
sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e
di regolamento vigenti che disciplinano specifiche
sorgenti e la priorità di un determinato uso”.
La norma presenta profili
interpretativi incerti e alcuni dubbi di legittimità
costituzionale in quanto: a) introduce il concetto di
emissione accanto a quello, tradizionale di immissione;
b) fa salve le disposizioni di “regolamento” vigenti
accanto ad una fonte primaria quale quella dell’art.844
cc c) considera la “priorità di un determinato uso”
quale criterio non più facoltativo (come per l’art. 844
cc) ma obbligatorio d)preclude la valutazione della
singolarità e della peculiarità dei casi di specie per
le sole immissioni acustiche (peraltro potenzialmente
lesive per la salute), introducendo un limite
legislativo, necessariamente generale ed astratto ed
inidoneo quindi a considerare adeguatamente la diversità
e peculiarità delle situazioni concrete.
La disposizione in oggetto ha quale
fine la soppressione, in determinati ambiti, del
criterio giurisprudenziale comparativo, enucleato
proprio grazie alla struttura flessibile dell’art. 844
c.c. in favore di un criterio definito in dottrina
“regolamentare”, poiché prescritto dal legislatore (per
lo più) con fonte secondaria.
Il legislatore tuttavia non si è
spinto sino al punto di attrarre nell’ambito del
criterio c.d. regolamentare tutte le immissioni
acustiche, ma, per quanto si dirà, si ritiene ne abbia
limitato l’utilizzo ai soli casi in cui vi sia una
disciplina di “specifiche sorgenti” sonore.
Rientrano in detto ambito
certamente alcuni decreti che, in ottemperanza alle
previsioni dell’art 11 LQ: 447/1995, hanno disciplinato
“specifiche sorgenti” sonore, quali, a titolo
esemplificativo:
D.M. 11.12.1996 (applicazione del
criterio differenziale per gli impianti a ciclo
produttivo continuo);
DM 31.10.97 (“metodologia di misura
del rumore aeroportuale”);
DPCM 5.12.97 ( “determinazione dei
requisiti acustici passivi degli edifici);
DPR11.12.97 (regolamento recante
norme per la riduzione dell’inquinamento acustico
prodotto dagli aeromobili civili”);
DPR 8.11.98 (inquinamento acustico
derivante da traffico ferroviario);
DPCM 16.4.99 (regolamento recante
norme per la determinazione dei requisiti acustici delle
sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante e
di pubblico spettacolo e nei pubblici esercizi);
DPR 2.4.2001 n. 304 (emissioni
sonore da attività motoristiche).
E’opportuno precisare che non
esiste una “specifica disciplina” che regoli le
immissioni acustiche oggetto di causa:non è in
particolare applicabile il DM 16.4.99 citato che è
destinato a regolamentare unicamente le immissioni
provenienti da impianti di diffusione musicale.
Al di fuori pertanto dell’esistenza
di “specifiche discipline” deve trovare applicazione
nuovamente il criterio sopra evidenziato di elaborazione
giurisprudenziale.
Per completezza espositiva va
infatti precisato che non può essere considerata
“disciplina specifica”, con conseguente applicabilità ex
art. 6 ter lg cit. dei parametri in essa previsti, il
DPMC 14 novembre 1997 (determinazione dei valori limite
delle sorgenti sonore).
Il DPCM 14.11.97 contiene infatti
una disciplina generale e concerne i limiti delle zone e
degli ambienti abitativi con riferimento a generiche
sorgenti, riservando invece ad altri decreti (quali
appunto quelli sopra citati) la disciplina di
“specifiche sorgenti” (infrastrutture stradali,
ferroviarie, marittime ed aeroportuali per le quali, ex
art. 4 c. 2 DPCM cit. non si applica il limite
differenziale del primo comma).
L’opinione contraria, di quanti
ravvisano anche nel decreto citato una disciplina
specifica, integrativa quindi dell’art. 6 ter e
derogativa dell’art. 844 cc non è condivisibile atteso
che tale interpretazione:
- contrasta con la lettera
dell’art. 6 ter (che richiede che le norme regolamentari
disciplinino”sorgenti specifiche” di immissioni);
- contrasta con l’intenzione del
legislatore che non ha voluto introdurre una disciplina
generalizzata e differenziata per le immissioni
acustiche (come dimostrano i lavori preparatori che,
esemplificando un’ipotesi di specifica sorgente, fanno
riferimento alla vicenda dell’autodromo di Monza,
precisando come nel caso di specie la salvezza dello
stesso discenda dall’applicazione di un decreto ad esso
specificamente dedicato );
- come efficacemente rilevato in
dottrina “la disciplina applicativa, nelle sole ipotesi
dei rumori, sarebbe contenuta in una deroga ad una
regola generale contenuta in un decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri complessivamente emanato in
attuazione della legge quadro sull’inquinamento
acustico, senza che l’art. 844 venga ad essere
modificato”.
Se quindi, per le ragioni sopra
evidenziate, il DPCM in esame non può essere
considerato, al fine della valutazione della normale
tollerabilità, come norma integrativa dell’art. 6 ter,
ed in assenza di altri regolamenti che disciplinino
immissioni quali quelle oggetto di causa, ne consegue
che deve trovare applicazione, al caso di specie, il
tradizionale criterio comparativo di elaborazione
giurisprudenziale sopra ricordato.
Si è già più volte precisato come
detto criterio sia notevolmente più restrittivo rispetto
ai criteri dettati dalla legislazione pubblicistica ed,
in particolare, dalla legge quadro e dal DPCM del 1997:
ne consegue che il rispetto dei secondi non importa per
ciò solo la valutazione delle immissioni in termini di
tollerabilità mentre certamente se neppure i parametri
pubblicistici vengono rispettati, a maggior ragione le
immissioni dovranno essere giudicate intollerabili.
Nel caso di specie, prima di
valutare le risultanze e le misurazioni del CTU, sono
opportune alcune precisazioni.
In primo luogo va evidenziato come
l’attività originariamente esercitata, ovvero enoteca-
bar destinata alla somministrazione di bevande, è stata
oggetto di cessione: in particolare con contratto
registrato il 19.2.08 la Società convenuta. ha locato
l’azienda esercitata nei locali di vico San Giorgio 28 a
LL AnnaMaria. Parte convenuta sostiene quindi che sia
mutata radicalmente il tipo di attività esercitata (non
più enoteca ma ristorante) con conseguente cessazione
della materia del contendere non essendovi più
immissioni acustiche intollerabili.
Va premesso come le immissioni
precedentemente rilevate dal CTU nelle relazioni
espletate nel giudizio cautelare ed in quella depositata
in data fossero prevalentemente tutte di origine
antropica e provenienti cioè dal vocio e dal rumore
prodotto dai clienti all’interno del locale o che
consumavano le bevande fuori dal locale o sostavano
davanti alla soglia per parlare o fumare.
La presenza di tali soggetti era
evidentemente connessa al locale enoteca ivi presente,
atteso che trattatasi di clienti del locale che, in
assenza del locale stesso,non avrebbero avuto ragione
per sostare sotto le abitazioni degli attori.
Tale conclusione, ovvero quella che
ritiene sussista un nesso causale tra le immissioni
sonore dei clienti e l’attività esercitata, con
conseguente responsabilità civile penale ed
amministrativa del gestore della seconda per i primi, è
condivisa anche dalla giurisprudenza amministrativa (TAR
Puglia 15.4.2009 n. 871) e penale (Cass. 45484 del
24.11.2004).
Secondo parte attrice la
sostanziale modifica della tipologia di attività
esercitata ha comportato la cessazione di tali rumori,
atteso in particolare che gli avventori del locale non
sostano più davanti ad esso ma entrano subito nello
stesso per consumare i pasti.
Il rilievo non è condivisibile.
L’attività svolta nei locali
oggetto di causa non è sostanzialmente mutata, nel senso
che all’attività di enoteca è stata affiancata quella di
ristorante, atteso che la sala adiacente al locale
principale è stata dotata di tavolini per la
somministrazione di pasti. La sala principale, come
accertato dal CTU nel sopralluogo effettuato in data
25.7.2008, “ha mantenuto le sue caratteristiche che lo
rendono atto alla vendita al banco di bevande. Nella
cucina è stata installata una cappa industriale per
l’aspirazione di fumi durante la cottura degli alimenti.
Nel locale continua ad essere assente un impianto di
condizionamento aria, la qual cosa obbliga l’esercizio a
lavorare con le porte aperte, in particolare durante la
stagione calda, e comunque obbliga i fumatori a
spostarsi all’esterno ed a sostare sulla soglia del
locale. Al momento del sopralluogo, all’esterno del
locale ed in adiacenza all’ingresso erano posizionati un
tavolino e sedie per i clienti”.
Sia durante i sopralluoghi
effettuati prima dell’affitto dell’azienda che dopo, il
ctu ha sempre rilevato la presenza di avventori anche
all’esterno del locale.
D’altra parte, la sostanziale
continuità tra l’attività esercitata dalla società
locatrice e la conduttrice emerge anche dal sopralluogo
del 25.7.08 ove il CTU, in accordo con il CTP di parte
convenuta che non ha formulato alcun rilievo in merito,
ha dato atto che l’attività è caratterizzata dalla
presenza del ristorante ma continua la somministrazione
di bevande all’interno ed all’esterno dove è presente un
tavolino con sedie.
Tutte le CTU espletate, effettuate
in periodi diversi dell’anno e del giorno, hanno dato il
medesimo risultato, ovvero il superamento dei limiti
previsti dalla disciplina pubblicistica ed in
particolare dalla legge quadro 447/95.
In particolare:
la CTU resa nella fase
cautelare e depositata in data 21.4.2004 ha accertato il
superamento dei limiti differenziali della legge quadro,
soprattutto nelle ore notturne, indicando come dette
immissioni siano per lo più di origine antropica e
prodotte direttamente dagli avventori del locale;
la CTU resa nella fase di
merito e depositata in data 21.2.2008 (che ha effettuato
le misurazioni in tutti gli immobili degli attori) ha
confermato che le immissioni conseguenti allo
svolgimento dell’attività del convenuto ed in
particolare connesse alla permanenza di avventori sulla
soglia e di fronte al locale eccedono i limiti
differenziali della legge quadro e quindi, a maggior
ragione, il limite utilizzato nel criterio comparativo
di elaborazione giurisprudenziale e questo sia
nell’abitazione dei Sigg.ri XX, prossima ai locali, che
nelle abitazioni più distanti dallo stesso (v. pag. 14
CTU cit.);
la CTU depositata in data
31.10.2008 e successiva all’affitto di azienda sopra
menzionato, ha accertato nuovamente che i valori
differenziali dei livelli equivalenti superano sempre
sia il valore di 5 db ammesso dalla legge quadro durante
il periodo diurno che il valore di 3 db ammesso durante
il periodo notturno (ovvero dopo le 22).
Parte convenuta critica le
risultanze delle CTU sulla base di alcuni rilievi
riassunti nella comparsa conclusionale.
Nessuno di tali rilievi è tuttavia
condivisibile.
In primo luogo parte convenuta
evidenzia come il CTU nominato non risulti nell’elenco
dei tecnici competenti in acustica ambientale della
Regione Liguria.
Il rilievo non è condivisibile. La
legge 447/95 indica che la figura del tecnico competente
deve essere in possesso del diploma di scuola media
superiore a indirizzo tecnico, del diploma universitario
ad indirizzo scientifico ovvero del diploma di laurea ad
indirizzo scientifico. La legge demanda alle Regioni la
formazione di una specifico albo secondo i contenuti
dell’atto di indirizzo e coordinamento contenuto nel
DPCM 31.3.98. Detto atto fa riferimento, quale titolo
per l’inserimento negli albi regionali, al comprovato
svolgimento di almeno una tra diverse attività, una
delle quali riguarda “misure in ambiente esterno ed
abitativo unitamente a valutazioni sulla conformità dei
valori riscontrati ai limiti di legge ed eventuali
progetti di bonifica”.
Il CTU nominato, sebbene non
iscritto nell’albo, possiede tutti i requisiti per detta
iscrizione, essendo laureato in ingegneria industriale,
avendo sostenuto in particolare l’esame di fisica
tecnica, ed avendo svolto l’attività sopra indicata.
In particolare ha svolto per il
Tribunale di Genova 26 consulenze in campo acustico. Si
ritiene pertanto che la mancata iscrizione negli albi
regionali (determinata probabilmente dal fatto che il
CTU non svolge attività di progettazione acustica) sia
del tutto ininfluente.
In merito al secondo rilievo,
relativo al mutamento di attività esercitata, è
sufficiente richiamare i rilievi sopra svolti.
Infine al punto III della comparsa
conclusionale si censura la CTU in quanto avrebbe
effettuato i rilievi fonometrici in due giorni diversi,
ovvero uno giovedì 21.8.2008 ad esercizio chiuso per
riposo settimanale e l’altro venerdì 22.8.2008 ad
esercizio aperto, ritenendo le prime rappresentative del
rumore residuo e le seconde del rumore ambientale e
quindi sulla base di dati non omogenei.
In proposito va ribadito e
precisato quanto sopra indicato, ovvero che il criterio
differenziale considera il confronto tra il rumore
ambientale misurato in presenza di disturbo ed il rumore
residuo misurato in sua assenza.
“Il livello di riferimento è
determinato dal Leq- livello equivalente o livello
energetico medio) rilevato in un arco di tempo ritenuto
significativo per la descrizione del rumore residuo (il
rumore residuo è quello presente in assenza di
disturbo). Il valore da confrontare è invece quello del
rumore ambientale, rappresentato dal Leq misurato in un
arco di tempo ritenuto anch’esso significativo per la
descrizione del disturbo” (CTU depositata in data
31.10.2008 pagg 3-4).
Correttamente pertanto il CTU ha
misurato il rumore residuo in assenza della fonte
disturbante,quando cioè l’esercizio era chiuso nella
giornata di giovedì, confrontando detto dato con i
valori del giorno seguente, ad esercizio aperto.
I rilievi del difensore di parte
attrice potrebbero essere condivisibili solo laddove il
rumore residuo presente nelle due giornate fosse
sensibilmente differente. Nel caso di specie tuttavia
come specificato a pag. 4 della CTU in contestazione il
CTU ha verificato l’assenza in entrambi i giorni, ed in
particolare nella giornata di venerdì, di rumori
estranei o anomali, onde ha espressamente concluso per
la equivalenza del rumore residuo presente in periodi
corrispondenti delle due giornate.
Tale conclusione non è inficiata
dall’aumento del traffico di veicoli (auto e moto) nella
giornata di apertura del locale, sia perché detto
aumento è definito dallo stesso CTU “leggero”, sia
perché anche detti transiti sono casualmente
riconducibili all’attività oggetto di causa (atteso che
trattasi, come accertato dal CTU, di persone che
transitano e sostano per brevi periodi nanti il locale
per verificare la presenza di amici).
Inoltre come più volte ribadito da
tutte le ctu espletate, le immissioni sono prodotte sia
da rumori provenienti dall’interno, atteso che durante
la stagione estiva le porte vengono lasciate aperte,
attesa la mancanza di un meccanismo di condizionamento,
sia dalla presenza di avventori all’esterno, agevolata
dalla presenza di tavolini e sedie nella parte esterna
e, comunque, dall’assenza di una “sala fumatori” che
costringe quindi questi ultimi a recarsi fuori dal
locale per fumare.
A tale rilievo va aggiunto quello
secondo cui tutte le misure effettuate in occasione
delle precedenti CTU avevano considerato confronti nella
stessa giornata portando alle stesse conclusioni: in
definitiva la terza CTU ha ribadito una risposta
intuibile, ovvero che non essendo sostanzialmente
variata l’attività svolta nel locale, non è nemmeno
variato il rumore generato dall’attività stessa.
Parte convenuta rileva inoltre (il
rilievo è contenuto in comparsa di risposta e non è più
stato reiterato in sede di comparsa conclusionale) come,
tra gli attori, solo i coniugi XX abitino effettivamente
in un appartamento sito in prossimità al locale oggetto
di causa, mentre gli altri o abitano in immobili più
distanti, o risiedono altrove, o vi trascorrano solo
limitati periodi o, infine, non possono neppure abitarlo
perché in corso di ristrutturazione.
In proposito sono opportuni alcuni
rilievi, così riassumibili:
in linea generale la normativa
sulle immissioni acustiche è, in primo luogo, stante la
collocazione ed il tenore letterale, un rimedio a tutela
del diritto di proprietà che, nel tempo, è stato poi
utilizzato anche a tutela del diritto alla salute.
Stante comunque la sua primaria formulazione e finalità,
è certamente esperibile dal proprietario, a prescindere
che abiti o meno stabilmente nell’immobile pregiudicato
dalle immissioni, atteso peraltro che la presenza di
immissioni potenzialmente intollerabili può comportare
anche una diminuzione del valore commerciale
dell’immobile stesso;
nel caso di specie in ogni caso
va rilevato come la residenza è elemento diverso dalla
dimora abituale, non essendo assolutamente infrequente
che la prima e la seconda non siano coincidenti;
la presenza di immissioni
intollerabili va censurata a prescindere dal numero di
giorni durante il quale l’immobile viene utilizzato
attesa peraltro la potenziale lesività delle immissioni
acustiche intollerabili per la salute, che non può
subire limitazioni neppure se temporalmente
circoscritte.
la CTU depositata in data
21.2.2008 ha accertato che le immissioni acustiche
superavano la normale tollerabilità con riferimento a
tutti gli appartamenti degli attori (pag. 14 ctu
citata).
In conclusione, per i rilievi che
precedono, si ritiene che le immissioni acustiche
superino la normale tollerabilità, soprattutto nel
periodo notturno (dalle 22,00 in avanti), alla luce
delle misurazioni svolte dal CTU e considerata
l’ubicazione del locale, in una zona residenziale
destinata a soddisfare esigenze di tipo abitativo.
Ne consegue che è fondata la
domanda volta all’inibizione di dette immissioni e,
correlativamente, non può essere accolta la domanda
risarcitoria avanzata da parte convenuta.
In ordine alla tipologia dei rimedi
da adottare va evidenziato come l’art. 844 c. 2 imponga
al giudice di contemperare le ragioni della produzione
(intesa in senso ampio come comprensiva anche delle
attività commerciali) con le ragioni della proprietà.
Tale contemperamento si ritiene
vada compiuto non solo al fine di valutare la
tollerabilità o meno delle immissioni ma anche per
scegliere, tra più soluzioni astrattamente praticabili,
quella che meglio realizza un equo contemperamento degli
interessi.
Nel caso di specie la soluzione di
chiudere il locale, appare eccessivamente onerosa per i
convenuti, onde vanno disposti rimedi meno
penalizzanti,- peraltro chiesti in via subordinata dagli
stessi attori, parimenti sattisfattivi al fine di
ridurre le immissioni acustiche nella soglia della
normale tollerabilità.
Le immissioni intollerabili si sono
verificate soprattutto in orario notturno: la tipologia
del locale ed il rumore residuo inducono invece a
ritenere che il superamento dei limiti in orario diurno,
quale accertata nelle ctu espletate, sia occasionale.
La presenza delle immissioni
acustiche è determinata per lo più sia dai rumori
provenienti dall’interno del locale, privo di meccanismo
di in sonorizzazione e meccanismo di condizionamento e
costretto pertanto, specie nella stagione estiva, a
lavorare con la porta aperta, sia ai rumori degli
avventori che sostano all’esterno per fumare o consumare
bevande.
Si ritiene pertanto opportuno, al
fine di inibire le immissioni oggetto di causa,
- ordinare la predisposizione
all’interno del locale di pannelli fonoassorbenti da
applicare su tutta la superficie delle pareti, del
soffitto e del pavimento e la sostituzione delle vetrate
con altre a doppia camera;
- ordinare la predisposizione di un
adeguato impianto di condizionamento (evidentemente
strutturato e posizionato in modo da non costituire a
propria volta fonte di immissioni intollerabili);
- predisporre all’interno del
locale una sala adibita ai fumatori;
- eliminare le sedie e i tavolini
posti all’esterno;
-anticipare la chiusura del locale
alle ore 23.00.
Detti rimedi vanno ordinati a parte
convenuta: gli effetti della sentenza tuttavia si
estenderanno anche nei confronti di LL Anna Maria, ex
art. 111 cpc.
…………………………………..omissis………………………………..
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente
pronunciando, disattesa ogni contraria istanza:
in accoglimento della domanda
avanzata da parte attrice, dichiara tenuto e condanna
parte convenuta alla cessazione delle immissioni
acustiche intollerabili;
conseguentemente, in accoglimento
della domanda avanzata in via subordinata da parte
attrice, dichiara tenuta e condanna parte convenuta a:
- ordinare la predisposizione
all’interno del locale di pannelli fonoassorbenti da
applicare su tutta la superficie delle pareti, del
soffitto e del pavimento e la sostituzione delle vetrate
con altre a doppia camera;
- predisporre un adeguato impianto
di condizionamento all’interno del locale;
- predisporre all’interno del
locale una sala adibita ai fumatori;
- eliminare le sedie e i tavolini
posti all’esterno;
-anticipare la chiusura del locale
alle ore 23.00.
respinge le ulteriori domande
avanzate da parte attrice perché non provate.
Respinge perché infondata la
domanda riconvenzionale avanzata da parte convenuta;
condanna parte convenuta al
pagamento delle spese di lite in favore di parte
attrice, nella misura di € 3.904,00 per diritti, €
7.000,00 per diritti, € 296,00 per esborsi oltre spese
generali iva e accessori di legge.
Pone in via definitiva a carico di
parte convenuta le spese per il compenso al CTU. Ing.
Giordano, già liquidate in corso di causa.
Pone in via definitiva a carico di
parte attrice le spese per il compenso al CTU ing.
Tommaselli, già liquidato in corso di causa.
Genova, lì 23.04.2010 Il Giudice
Dott.ssa Valentina Vinelli |