Avv. Paolo Nesta


Palazzo Giustizia  Roma


Palazzo Giustizia Milano

Sede di Roma: C.so Vittorio Emanuele II,  252   00186 – Roma
Tel. (+39) 06.6864694 – 06.6833101 Fax (+39) 06.6838993
Sede di Milano:  Via Pattari,  6   20122 - Milano 
Tel. (+39) 02.36556452 – 02.36556453  Fax (+ 39) 02.36556454 

 

Spiare insistentemente il vicino di casa integra il reato di molestia: lo dice la Cassazione-  sentenza n. 15450/2011 - Patrizia D'Arcangelo

 

Home page

Note legali e privacy

Dove siamo

Profilo e attività

Avvocati dello Studio

Contatti

Cassa di Previdenza e deontologia forense

Notizie di cultura e di utilità varie

 

 

Con sentenza n. 15450/2011 di pochissimi giorni fa la Corte di Cassazione ha confermato la condanna per molestie emessa dal Tribunale di Pordenone a carico di un signore che si posizionava sul proprio terrazzo e spiava insistentemente nell’appartamento dei vicini di casa.

 

Perlatro,l’imputato sbeffeggiava anche i poveri vicini di casa facendo gesti con la bocca e con le mani sghignazzando e fischiando ogni volta che li incontrava sulle scale condominiali.

 

Ebbene, il molestatore in questione è stato condannato dal Tribunale di Pordenone alla pena dell’ammenda di €uro 600,00.

 

Questo è il testo della sentenza della Suprema Corte:

 

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 8 marzo – 15 aprile 2011, n. 15450

Presidente Chieffi – Relatore Capozzi

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza del 31 marzo 2010 il Tribunale di Pordenone ha condannato D. V. M. alla pena di Euro 600 di ammenda, siccome ritenuto responsabile del reato di cui agli articoli 81, 660 c.p. (avere in più occasioni arrecato molestie ai coniugi D. B. S. e R.G., suoi vicini di casa, posizionandosi su di un terrazzo posto a brevissima distanza dall’appartamento abitato dai predetti, scrutando in continuazione all’interno di esso, che aveva cinque finestre prospicienti su detto terrazzo, in tal modo costringendo le parti offese a tirare i tendaggi ed ad accendere la luce anche in pieno giorno per proteggersi dalla sua intrusione; per avere altresì fatto gesti con la bocca e con le mani a titolo beffardo, in tal modo arrecando fastidio alle parti offese, da lui altresì apostrofate con frasi irridenti, sghignazzi e fischi, quando erano da lui incontrate sulle scale dell’edificio ovvero sulla pubblica via).

2. Il Tribunale ha ritenuto provata la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato ascrittogli, avendo valorizzato le deposizioni rese dalle parti offese ed avendo rilevato come le dichiarazioni rese da queste ultime erano state altresì confermate dagli stessi due testi introdotti dall’imputato.

3. Avverso detta sentenza D. V. M. propone ricorso per cassazione per il tramite del suo difensore, che ha dedotto:

a) – inosservanza di norme processuali, in quanto l’udienza dell’8 marzo 2010 era stata tenuta dal Tribunale nonostante che il proprio difensore di fiducia, per il tramite di un sostituto nominato allo scopo, avesse chiesto un differimento dell’udienza per un proprio impedimento consistito nel suo stato influenzale, opportunamente documentato da certificazione medica; nonostante tale richiesta il Tribunale aveva ritenuto di procedere oltre nel dibattimento, assumendo le deposizioni dei testi indicati dal pubblico ministero e dalla parte civile e nonostante che il proprio difensore di fiducia non avesse potuto esercitare il proprio mandato difensionale;

b) – travisamento dei fatti e manifesta illogicità della motivazione, in quanto la sentenza di condanna emessa nei suoi confronti si era basata sulla sola testimonianza resa dalle parti offese, senza che fosse tenuto nel debito conto quanto riferito dai testi da lui indotti, D.V.F. e C.L., nonché dal teste DE. BI., ispettore di polizia; in particolare quest’ultimo teste aveva rilevato come diverse persone frequentavano il terrazzo, dal quale si sarebbe affacciato esso ricorrente e che dall’esame delle riprese video effettuate dalle stesse parti offese il teste non aveva desunto che esso ricorrente avesse posto in essere gesti od altri atti all’indirizzo delle patti offese; il Tribunale poi neppure aveva tenuto nella debito conto i contrasti che da tempo sussistevano fra le parti offese e la famiglia di esso ricorrente, tali da inficiare la genuinità delle dichiarazioni rese dalle prime;

dagli elementi acquisiti in corso di causa, era emerso che la terrazza, su cui esso ricorrente si trovava, era visibile soltanto da coloro che abitavano nello stabile frontistante; che trattavasi di terrazza che non costituiva oggetto di proprietà comune fra esso ricorrente e le parti offese, atteso che soltanto i proprietari degli appartamenti siti al primo ed al secondo piano dello stabile avevano diritto di accedervi; si che trattavasi di un luogo privato, con conseguente non ravvisabilità nella specie del reato previsto dall’articolo 660 c.p., per mancanza del requisito della pubblicità del luogo.

 

Considerato in diritto

 

1. È infondato il motivo di ricorso proposto da D. V. M. sub a). Non sussiste invero la dedotta nullità del giudizio di primo grado, per essersi l’udienza dell’8 marzo 2010 svolta, sebbene il difensore di fiducia del ricorrente avesse chiesto un rinvio per motivi di salute.

Dall’esame degli atti emerge invero come il Tribunale abbia adeguatamente motivato il diniego di rinviare l’udienza, avendo rilevato come la certificazione prodotta dal difensore di fiducia del ricorrente non fosse idonea a provare un assoluto suo impedimento ad essere presente, ai sensi dell’art. 420 ter quinto comma c.p.p., riferendo il certificato medico da lui prodotto solo di una sindrome influenzale del difensore, senza neppure indicare il grado di temperatura del medesimo (cfr., in termini, Cass. Sez. 5, 20/09/2005 n. 35170, dep. 30/09/2005, imp. Ornaghi, Rv. 232568).

Va inoltre ritenuto che il difensore di fiducia dell’imputato è stato regolarmente presente alla successiva udienza del 31 marzo 2010, nel corso della quale è stata pronunciata la sentenza, in tal modo mostrando di avere fatto acquiescenza al diniego di rinvio della precedente udienza, non emergendo dal relativo verbale di udienza che il medesimo abbia fatto constare alcuna sua riserva in ordine al diniego di rinvio disposto dal Tribunale nella precedente udienza.

2. È altresì infondato al limite della inammissibilità il motivo di ricorso proposto dal ricorrente sub b).

Esso contiene invero censure improponibili nella presente sede di legittimità, siccome riferite al merito della controversia, avendo esse ad oggetto la valutazione delle deposizioni rese dai testi escussi nel corso del giudizio di primo grado; in tal modo il ricorrente si è fatto promotore di una qualificazione dei fatti alternativa rispetto a quella ritenuta dal primo giudice. Questa Corte di legittimità è tenuta al contrario a valutare esclusivamente se la motivazione addotta dal primo giudice per ritenere la penale responsabilità del ricorrente sia o meno conforme ai principi della logica e della non contraddizione; e sotto tale aspetto la sentenza impugnata è pienamente condivisibile, avendo essa fondato la declaratoria di penale responsabilità del D. V. sulle concordi e convergenti deposizioni rese dalle parti offese D. B. S. e R.G., ritenute credibili anche perché indirettamente confermate dalle stesse dichiarazioni rese dai testi indotti dal ricorrente e cioè dai suoi genitori D. V. F. e C. L..

Non è poi idonea a scriminare la condotta del ricorrente la circostanza che fra la famiglia di quest’ultimo e le parti offese fossero insorte nel passato delle liti connesse proprio alla utilizzazione della terrazza, dalla quale esso ricorrente aveva posto in essere il comportamento sanzionato.

3. È infine infondato il motivo di ricorso proposto da D. V. M. sub c).

Con esso il ricorrente ha sostenuto che, essendo la terrazza dalla quale egli avrebbe posto in essere il comportamento penalmente sanzionato di proprietà esclusiva dei condomini proprietari degli appartamenti siti al primo ed al secondo piano dello stabile, mancava uno degli elementi indispensabili per aversi reato in esame e cioè che le molestie fossero state poste in essere in un luogo pubblico o aperto al pubblico.

Al riguardo la sentenza impugnata, con motivazione incensurabile nella presente sede, siccome conforme ai canoni della logica e della non contraddizione, ha specificato come la terrazza in questione si trovasse al piano ammezzato fra il primo piano, dove era ubicato l’appartamento delle odierne parti offese ed il secondo piano, dove era ubicato l’appartamento del ricorrente e che ad essa si accedeva attraverso un’apertura del comune vano scale condominiale, sicché la terrazza in questione ben poteva qualificarsi come luogo aperto alla generalità dei condomini.

4. Il ricorso proposta da D. V. M. va pertanto respinto, con sua condanna al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

 

 

Legislazione e normativa nazionale

Dottrina e sentenze

Consiglio Ordine Roma: informazioni

Rassegna stampa del giorno

Articoli, comunicati e notizie

Interventi, pareri e commenti degli Avvocati

Formulario di atti e modulistica

Informazioni di contenuto legale

Utilità per attività legale

Links a siti avvocatura e siti giuridici