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LA RINUNCIA AL LEGATO AVENTE AD OGGETTO BENI IMMOBILI RICHIEDE LA FORMA SCRITTA AD SUBSTANTIAM?Cassazione, sez. Unite Civili, 29 marzo 2011, n. 7098-Diritto e processo.it

 

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Il legittimario in favore del quale il testatore abbia disposto ai sensi dell'art. 551 c.c. un legato avente ad oggetto beni immobili in sostituzione di legittima, qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare al legato stesso in forma scritta ex art. 1350 n. 5 c.c..

 

 

Cassazione, sez. Unite Civili, 29 marzo 2011, n. 7098

(Pres. Vittoria – Rel. Mazzacane)

 

 

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 12-2-1994 B.G. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma F.R. , erede di G..F. , chiedendo accertarsi la lesione del diritto di legittima spettante alla propria madre B.M. (e successivamente al di lei figlio) con riferimento al testamento pubblico del 23-3-1992 con il quale il "de cuis" aveva nominato sua erede universale la sorella R..F. ed usufruttuaria di tutti i suoi beni la moglie M..B..

La F. costituendosi in giudizio contestava il fondamento della domanda attrice di cui chiedeva il rigetto.

Il Tribunale adito con sentenza del 2-3-2001 accoglieva la domanda attrice, riconoscendo al coniuge del "de cuius", e per suo tramite al figlio, la metà del patrimonio relitto da G..F..

Proposto gravame da parte della F. cui resisteva il B. la Corte di Appello di Roma con sentenza del 3-2-2004 ha rigettato l'impugnazione ed ha compensato interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio; in proposito la Corte territoriale ha negato che l'esercizio dell'azione di riduzione fosse precluso dalla preventiva mancata rinuncia formale da parte di B.M. al legato relativo a beni immobili con atto scritto, sostenendo che in caso di legato in sostituzione di legittima ex art. 551 c.c., non è necessaria una vera e propria rinuncia, perché l'acquisto non si verifica "ope legis" come per il legato ex art. 649 c.c., essendo sufficiente un mero rifiuto, ovvero un atto impeditivo dell'acquisto, non soggetto a vincoli formali; pertanto era idoneo allo scopo l'incarico orale dato dalla B. al proprio procuratore, che aveva poi formalizzato la volontà di non acquistare il legato con lettera del 10-2-1993.

Per la cassazione di tale sentenza la F. ha proposto un ricorso articolato in quattro motivi illustrato successivamente da una memoria cui il B. ha resistito con controricorso proponendo altresì un ricorso incidentale basato si di un unico motivo.

Con ordinanza interlocutoria del 23-7-2010 la seconda sezione civile di questa Corte ha rimesso la causa al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, sostenendo che l'esame del secondo motivo del ricorso del ricorso principale - avente ad oggetto la dedotta necessità della rinuncia formale al legato in sostituzione di legittima quale presupposto per l'esercizio dell'azione di riduzione delle disposizioni lesive della quota di riserva - comportava la decisione di una questione della massima importanza; al riguardo ha sollecitato un ripensamento critico della tesi tradizionale per la quale l'esercizio dell'azione di riduzione è precluso dalla preventiva mancata rinuncia formale al legato relativo a diritti reali immobiliari.

L'ordinanza menzionata ha affermato che l'opinione dominante secondo cui la rinuncia al legato avente ad oggetto beni immobili ai sensi dell'art. 1350 n. 5 c.c. deve avere forma scritta perché con essa il legatario si priva di un diritto già compreso nel suo patrimonio, trascura di considerare quella parte dell'art. 551 c.c. - che prevede la preferenza dell'onorato verso il conseguimento del legato - con la quale sarebbe disciplinata la necessità di una accettazione, ancorché tacita, del legato; ha evidenziato poi che l'adozione della interpretazione tradizionale dell'art. 551 c.c. conduce a ritenere che tale norma non prevederebbe una forma per l'atto positivo di scelta, che pure importa effetti giuridici rilevanti, quali la perdita del supplemento ed il mancato acquisto della qualità di erede; inoltre ha segnalato possibili effetti discriminatori laddove non si tenda ad una equiparazione tra la figura del legatario in sostituzione di legittima e quella dell'erede chiamato all'eredità, probabilmente voluta dal legislatore nel configurare il legato tacitativo; tali incongruenze sarebbero superate aderendo all'assunto sostenuto da una parte della dottrina che ritiene la rinuncia al legato come fatto impeditivo che porterebbe all'omissio acquirendi" e toglierebbe effetto alla delazione.

La ricorrente ha in seguito depositato una ulteriore memoria.

 

Motivi della decisione

 

Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima sentenza.

Venendo quindi all'esame del ricorso principale, si ritiene di esaminare prioritariamente per ragioni logico - giuridiche il secondo motivo con il quale la F, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 551 e 649 c.c. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione, assume che erroneamente la Corte territoriale ha escluso la possibilità di un acquisto "ope legis" dei legato in sostituzione di legittima e conseguentemente ha negato la necessità di una sua rinuncia, da eseguirsi in forma scritta in quanto riguardante un legato di beni immobili.

La ricorrente principale sostiene che tale assunto si pone in contrasto con l'indirizzo consolidato di questa Corte secondo cui anche il legato in sostituzione di legittima si acquista automaticamente all'apertura della successione; aggiunge inoltre che, poiché l'art. 551 primo comma c.c., impone una espressa rinuncia al legato qualora il legittimario voglia ottenere la quota ad esso spettante, interpretando anche il secondo comma della menzionata norma come una disposizione che imponga una espressione di volontà per il conseguimento del legato, si giungerebbe alla conclusione che il legato in sostituzione di legittima non produrrebbe alcun effetto fino a che il legatario non esprimesse la sua volontà in un senso o nell'altro; conclusione, quest'ultima, inaccettabile sia in relazione all'art. 649 c.c. in materia di legato, sia per l'impossibilità di configurare nell'art. 551 secondo comma ex, una deroga implicita alte regole generali sul legato, sia perché per questa via si finirebbe per equiparare la figura del legatario in sostituzione di legittima a quella dell'erede chiamato all'eredità che deve decidere se accettare o meno l'eredità medesima.

Con il terzo motivo la F., deducendo violazione degli artt. 551 e 649 c.c. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione, censura la sentenza impugnata per aver affermato che, poiché non sarebbe configurabile l'acquisto "ope legis" del legato, non sarebbe necessaria alcuna rinuncia, ma semplicemente e diversamente un mero rifiuto, anche tacito, che come tale può essere espresso anche mediante l'azione di riduzione.

La ricorrente principale rileva che in tal modo, nel tentativo di far prevalere una interpretazione fondata sulla lettera della legge (valorizzando sino all'estremo la locuzione "se preferisce conseguire" di cui all'art. 551 secondo comma c.c.), si finisce per stravolgere il senso e la lettera del primo comma dello stesso articolo, dove è previsto che il legittimario "può rinunziare al legato"; inoltre il giudice di appello non ha tenuto conto che il B, che non era erede legittimario di G..F., non poteva aver ereditato dalla propria madre la facoltà di rinunciare al legato dalla stessa ricevuto.

Le enunciate censure, da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione, attengono entrambe alla statuizione della Corte territoriale che, come già riferito, ha negato che l'esperibilità dell'azione di riduzione da parte di G..B. fosse preclusa dalla mancata rinuncia in forma scritta da parte di B.M. al legato avente ad oggetto beni immobili, avendo affermato, sulla scorta di autorevole indirizzo dottrinario, che la cosiddetta rinuncia al legato non si risolve in un atto dismissivo di diritti di cui il disponente è divenuto titolare, ma configura solamente un atto impeditivo del loro acquisto, come tale non soggetto a vincoli formali; tale assunto sarebbe poi specificatamente avvalorato riguardo at legato in sostituzione di legittima, posto che l'art. 551 secondo comma ex. prevede espressamente che il legittimario preferisca "conseguire il legato"; pertanto, trattandosi di un mero rifiuto, l'atto suddetto non necessiterebbe di forme solenni, e dunque potrebbe essere espresso anche mediante l'esercizio dell'azione di riduzione.

Orbene l'esame della questione ora enunciata, che ha determinato l'emissione della menzionata ordinanza interlocutoria della seconda sezione civile di questa Corte, comporta da un lato una rassegna dell'orientamento giurisprudenziale finora maturatosi al riguardo, e dall'altro una disamina degli spunti critici sollevati dalla dottrina in senso contrario che hanno costituito la base del convincimento espresso in proposito dalla sentenza impugnata.

Sotto un primo profilo quindi deve richiamarsi l'indirizzo giurisprudenziale costante di questa Corte secondo cui, poiché il legato si acquista senza bisogno di accettazione, la rinuncia al legato avente ad oggetto beni immobili, risolvendosi in un atto di dismissione della proprietà di beni già acquisiti al patrimonio del rinunciante, ai sensi dell'art. 1350 n. 5 c.c. deve essere espressa per iscritto a pena di nullità (vedi in tal senso "ex multis" Cass. 8-4-1954 n. 1040; Cass. 5-6-1971 n. 1683; Cass. 26-1-1990 n. 459; Cass. 2-2-1995 n. 1261; Cass. 3-7-2000 n. 8878; Cass. 22-7-2004 n. 13785; Cass. 22-6-2010 n. 15124); queste conclusioni vengono estese alla rinuncia al legato in sostituzione di legittima sulla base del rilievo che anche in questa ipotesi il legato si acquista di diritto all'apertura della successione, e l'automaticità dell'acquisto non è esclusa dalla facoltà alternativa attribuita al legittimario di rinunciare al legato e chiedere la quota di legittima, tale possibilità dimostrando soltanto che l'acquisto del legato a tacitazione della legittima è sottoposto alla condizione risolutiva costituita dalla rinuncia del beneficiario, condizione che però non sottrae quest'ultima, qualora riguardi beni immobili, alla forma scritta richiesta dalla esigenza fondamentale della certezza dei trasferimenti immobiliari (così in particolare in motivazione Cass. 2-2-1995 n. 1261).

In senso contrario si è sviluppata una dottrina la cui elaborazione, risalente a diversi decenni orsono, muove dalla considerazione che la rinuncia ai legato non avrebbe natura di vera rinuncia, ovvero di atto con cui si dismette un diritto già acquistato, ma piuttosto di atto ostativo o impeditivo dell'acquisto; la rinuncia quindi impedirebbe il perfezionarsi della fattispecie dell'acquisto, come sarebbe confermato dall'inciso "salva la facoltà di rinunziare" contenuto nell'art. 649 primo comma c.c., che invero altrimenti non avrebbe senso, atteso che ogni acquisto di un diritto privato e perciò disponibile fa sorgere nell'acquirente una tale facoltà; a conforto di tale assunto si sostiene che se la rinuncia al legato fosse dismissiva di un diritto già acquisito, essa dovrebbe comportare, per quanto riguarda gli immobili, il trasferimento della loro proprietà allo Stato (ai sensi dell'art. 827 c.c.), laddove invece è indubitabile che tali beni tornano a far parte del compendio ereditario come se il periodo intercorrente tra l'apertura della successione e la rinuncia al legato non fosse mai esistito.

L'adesione a tale impostazione determina quindi di per sé la conseguenza che anche la rinuncia al legato in sostituzione di legittima disciplinato dall'art. 551 c.c. avente ad oggetto beni immobili non è soggetta necessariamente alla forma scritta.

I fautori dell'orientamento in esame traggono comunque ulteriori motivi a sostegno del loro assunto, come pure evidenziato nell'ordinanza della seconda sezione di questa Corte sopra menzionata, dall'esame del secondo comma della disposizione da ultimo richiamata, secondo la quale il legittimario in sostituzione di legittima "Se preferisce di conseguire il legato, perde il diritto di chiedere un supplemento, nel caso che il valore del legato sia inferiore a quello della legittima, e non acquista la qualità di erede"; invero in tal caso l'adesione al fegato determina la perdita non solo del diritto alla rinuncia ma anche di quello alla quota di legittima, cosicché non sarebbe possibile prescindere dalla volontà del legittimario, e questa esigenza spiegherebbe il diritto di scelta attribuito a quest'ultimo dalla disposizione ora richiamata tra l'accettazione del legato ed il conseguimento della legittima onde bilanciare l'eccezionale potere attribuito ai testatore di privarlo del suo diritto ad una quota di eredità tacitandolo con il lascito di beni determinati; quindi, pur volendo ritenere automatico l'acquisto del legato ai sensi dell'art. 649 c.c., per il legittimario cui sia stato lasciato un legato in sostituzione di legittima la legge prevederebbe una accettazione del legato, con Sa conseguenza che prima di tale atto, non essendo ancora entrati i beni immobili oggetto del lascito nel patrimonio del legittimario stesso, non si porrebbe la necessità di una rinuncia a tale legato nella forma scritta.

Orbene nel procedere alla valutazione di tale autorevole indirizzo dottrinario occorre anzitutto muovere dall'interpretazione dell'art. 649 c.c., che disciplina l'acquisto del legato, per verificarne gli effetti per quanto riguarda la forma della rinuncia al legato avente ad oggetto beni immobili, e poi accertare se l'art. 551 c.c., dettato per il legato in sostituzione di legittima, autorizzi in ogni caso (e dunque anche a prescindere dalle conclusioni che si trarranno dall'analisi dell'art. 649 c.c.) una autonoma risposta al quesito relativo alla forma della rinuncia a tale legato, sempre ovviamente nel caso che il lascito abbia ad oggetto beni immobili.

Sotto un primo profilo deve ritenersi che l'art. 649 c.c. non giustifichi una sua lettura diversa da quella costantemente seguita da questa Corte ed anche da una buona parte della dottrina, considerato che il primo comma di tale norma, nel prevedere che "il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunziare", depone inequivocabilmente per l'automaticità dell'acquisto, con la conseguenza che l'esercizio della "facoltà" di rinuncia comporta la dismissione di una attribuzione già acquisita al patrimonio del legatario; non meno significativamente poi il secondo comma della disposizione in esame prescrive che "Quando oggetto del legato è la proprietà di una cosa determinata o altro diritto appartenente al testatore, la proprietà o il diritto si trasmette dal testatore al legatario al momento della morte del testatore", cosicché l'acquisto del legato avente ad oggetto beni immobili avviene senza soluzione di continuità fin dal momento dell'apertura della successione.

È opportuno aggiungere che tale prima conclusione, legittimata dal chiaro ed inequivocabile tenore della disposizione in esame, non comporta l'assoluta inutilità dell'accettazione del legato, posto che il comportamento del legatario può assumere rilevanza come manifestazione della sua volontà di rendere definitivo ed irretrattabile l'acquisto già verificatosi "ex lege", o come manifestazione della opposta volontà di spogliarsi del diritto e della qualità come innanzi acquistati, evenienza quest'ultima che produce tra l'altro l'effetto previsto dall'art. 467 secondo comma c.c. in materia di rappresentazione nella successione testamentaria, nel caso in cui l'istituito non possa o non voglia accettare il legato; in mancanza di conferma dell'acquisto o di rinuncia si determina pertanto una situazione di incertezza (che quindi riguarda non già l'acquisto del legato ma la stabilità del medesimo) che può essere rimossa, da parte di chiunque vi abbia interesse, attraverso l'azione prevista dall'art. 650 c.c. chiedendo all'autorità giudiziaria la fissazione di un termine entro il quale il legatario dichiari se intende esercitare la facoltà di rinunziare.

Tale regime dell'acquisto del legato, nel diversificarsi dall'acquisto dell'eredità (che ai sensi degli artt. 470 e seguenti ex. deve essere accettata per produrre effetto), è coerente con il principio della non responsabilità per i debiti ereditari da parte del legatario, il quale invero è tenuto all'adempimento del legato e di ogni altro onere a lui imposto dal testatore entro i limiti del valore della cosa legata (art. 671 c.c.).

Da queste premesse discende quindi la conseguenza che per la rinuncia ad un legato avente ad oggetto beni immobili è necessaria la forma scritta ai sensi dell'art. 1350 n. 5 c.c.; tali conclusioni non sono infirmate dal sopra enunciato rilievo in senso contrario secondo cui tale assunto non spiegherebbe come mai il bene oggetto del legato a seguito della rinuncia rientri nell'asse ereditario; invero ciò deriva dal fatto che la rinuncia determina la risoluzione dell'acquisto già avvenuto in favore del legatario con effetto retroattivo al tempo dell'apertura della successione, come è confermato sia dalla retroattività della rinuncia all'eredità espressamente prevista dall'art. 521 c.c., sia, come è stato osservato in dottrina, dalla equivalenza, ai fini dell'accrescimento tra collegatari, delle ipotesi in cui il legatario non possa o non voglia acquistare il legato (artt. 674 - 675 c.c.); pertanto la retroattività spiega il ripristino della situazione antecedente, e tale "fictio juris" opera come se l'acquisto del legato da parte del legatario rinunciante non fosse mai avvenuto.

Occorre a tal punto focalizzare l'attenzione sull'art. 551 c.c. che disciplina il legato in sostituzione di legittima; il primo comma di tale disposizione prevede che "Se a un legittimario è lasciato un legato in sostituzione di legittima, egli può rinunziare al legato e chiedere la legittima"; orbene tale norma, prevedendo espressamente la rinuncia al legato quale condizione del diritto di conseguire la legittima, sul presupposto che il testatore ha inteso soddisfare i diritti del legittimario con una disposizione a titolo particolare tacitativa di essi, stabilisce che la volontà del legittimario di ottenere la sua quota di riserva è condizionata alla dismissione del legato in esame, e conferma la necessità della rinuncia ad esso, rinuncia quindi da manifestare nella forma scritta qualora il legato abbia ad oggetto beni immobili; come invero è stato rilevato, la rinuncia al legato sostitutivo cui l'art. 551 primo comma c.c. subordina la facoltà dell'onorato di chiedere la legittima, non può desumersi di per sé dalla sola dichiarazione di rifiutare le disposizioni testamentarie in quanto lesive dei diritti del legittimario, non potendosi negare a priori a siffatta dichiarazione il significato proprio di una riserva di chiedere soltanto l'integrazione della legittima, ferma restando l'attribuzione del legato (Cass. 14-4-1992 n. 4527; Cass. 11-11-2008 n. 26955).

Il secondo comma dell'art. 551 c.c. prevede poi che se il legittimario "preferisce di conseguire il legato, perde il diritto di chiedere un supplemento, nel caso che il valore del legato sia inferiore a quello della legittima, e non acquista la qualità di erede. Questa disposizione non si applica quando il testatore ha espressamente attribuito al legittimario la facoltà di chiedere il supplemento"; secondo i fautori della tesi per la quale la rinuncia dei legittimario al legato avente ad oggetto beni immobili non richiede necessariamente la forma scritta, tale disposizione contemplerebbe una opzione e quindi un atto di accettazione del legato da parte del legittimario, come evidenziato dall'uso del termine "preferisce", sottolineando che tale scelta si impone per gli effetti rilevanti che derivano dalla adesione al legato, ovvero la privazione della quota di legittima.

Tale convincimento non è condivisibile sulla base delle seguenti considerazioni.

In realtà la disposizione in esame stabilisce gli ulteriori effetti derivanti dall'acquisizione del legato in sostituzione di legittima (oltre la preclusione a chiedere la legittima sancita dal primo comma dell'art. 551 c.c.), escludendo per il legittimario il diritto di chiedere un supplemento nell'ipotesi in cui il valore dell'oggetto del legato risulti inferiore a quello della quota di legittima; si tratta quindi di una disposizione che, disciplinando pur sempre le conseguenze discendenti dall'attribuzione e quindi dal conseguimento di un legato in sostituzione di legittima - conseguenze ulteriori rispetto a quelle già previste dai primo comma dello stesso articolo, laddove la rinuncia al legato, come si è visto, è espressamente prevista come condizione per chiedere la legittima - non può portare coerentemente a conclusioni diverse con riferimento ad una pretesa necessaria accettazione del legato in questo secondo caso, tantomeno estensibili alta ipotesi del legittimario che intenda chiedere la legittima disciplinata dal comma precedente (che è poi quella ricorrente nella fattispecie oggetto della presente controversia); pertanto l'interpretazione più corretta dell'espressione "se preferisce conseguire il legato, perde il diritto di chiedere il supplemento" induce a ritenere che la perdita del diritto di chiedere un supplemento derivi non già da una manifestazione di volontà di acquistare il legato (invero non necessaria al fine del conseguimento dello stesso), ma dalla mancata rinuncia, da effettuarsi nella forma scritta qualora il legato abbia ad oggetto beni immobili; in altri termini, quindi, l'interpretazione coordinata del primo e del secondo comma dell'art. 551 c.c. consente di affermare che la mancata rinuncia al legato in sostituzione di legittima (da effettuarsi nella forma scritta qualora abbia ad oggetto beni immobili) comporta la preclusione del diritto di chiedere sia la legittima, sia un suo supplemento nel caso che il valore del legato sia inferiore ad essa (salvo in quest'ultimo caso che il testatore abbia espressamente attribuito al legittimario la facoltà di chiedere il supplemento); il convincimento ora espresso pertanto trova conforto nell'inquadramento sistematico della norma di cui all'art. 551 secondo comma c.c. in un contesto caratterizzato non solo dal principio generale di cui all'art. 649 c.c. in materia di accettazione del legato e da quello dell'art. 1350 n. 5 c.c. in tema di forma scritta a pena di nullità per gli atti di rinuncia a beni immobili ed ai diritti su beni immobili, ma anche dalla disposizione dello stesso primo comma dell'art. 551 c.c.

Tali conclusioni sono avvalorate, come osservato anche in dottrina, dalla soppressione nel progetto definitivo dell'art. 244 del progetto preliminare, ove era stabilito che l'accettazione e la rinuncia al legato potevano effettuarsi espressamente e tacitamente, in quanto si ritenne che in proposito valevano i principi generali; invero la necessità della forma scritta per la rinuncia al legato avente ad oggetto beni immobili discende dal coordinamento delle disposizioni di carattere generale di cui agli artt. 649 c.c. e 1350 n. 5 c.c. sopra richiamati.

Infine deve rilevarsi che l'orientamento fin qui sostenuto non comporta gli effetti discriminatori accennati nell'ordinanza remittente tra chiamato all'eredità e legittimario cui sia stato attribuito un legato in sostituzione di legittima; non può invero disconoscersi la evidente diversità sul piano del diritto sostanziale della condizione giuridica di tali soggetti, considerato che il secondo deve essere qualificato pur sempre un legatario (almeno fino a quando non propende per il conseguimento della quota di legittima, posto che il legato sostitutivo è una disposizione a titolo particolare sottoposta alla condizione risolutiva - potestativa costituita dalla rinuncia), cosicché ben si spiega la distinta disciplina dettata dal legislatore per l'accettazione dell'eredità e per quella del legato, come già esposto più sopra; in proposito, pur nella consapevolezza dell'esistenza di un orientamento dottrinario che tende ad assimilare la posizione del legatario in sostituzione di legittima a quella del chiamato all'eredità, ed a ritenere che il legato sostitutivo si risolverebbe in una forma particolare di attribuzione della legittima, è decisivo rilevare che in realtà tale legato si colloca in un'ottica alternativa a quella dell'attribuzione della quota di riserva, non potendo dubitarsi che l'istituto in esame, rispondente ad una esigenza di bilanciamento tra la tutela dei diritti del legittimario ed il riconoscimento della volontà del legislatore di escludere quest'ultimo dalla partecipazione alla comunione ereditaria, resta pur sempre caratterizzato da una attribuzione a titolo particolare - di per sé svincolata da ogni riferimento alla concreta dimensione della quota di riserva - che esonera il legatario da responsabilità per i debiti ereditari.

Sempre nel senso di escludere una assimilazione della condizione del legatario in sostituzione di legittima al chiamato alla eredità, non è superfluo aggiungere che, se non si dubita che il legittimario pretermesso acquista la qualità di chiamato all'eredità solo dal momento della sentenza che accoglie la sua domanda di riduzione rimuovendo l'efficacia preclusiva delle disposizioni testamentarie (vedi "ex multis” Cass. 9-12-1995 n. 12632; Cass. 3-12-1996 n. 10775; Cass. 15-6-2006 n. 13804), a maggior ragione tali conclusioni sono avvalorate nell'ipotesi disciplinata dall'art. 551 c.c., laddove l'esclusione del legittimario dalla delazione ereditaria è accompagnata da una disposizione in suo favore a titolo particolare in sostituzione della quota di legittima.

In conclusione quindi, ritenuti fondati i motivi in esame, deve essere enunciato il seguente principio di diritto: il legittimario in favore del quale il testatore abbia disposto ai sensi dell'art. 551 c.c. un legato avente ad oggetto beni immobili in sostituzione di legittima, qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare al legato stesso in forma scritta ex art. 1350 n. 5 c.c..

Con il primo motivo la F.      , deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 551 e 649 c.c., 112 e 345 c.p.c. (quest'ultimo nella formulazione antecedente alla L n. 353/1990) nonché insufficiente e contraddittoria motivazione, censura la sentenza impugnata per aver escluso la tempestività dell'eccezione con cui l'esponente nell'atto di appello aveva rilevato che la B. non aveva mai rinunciato al legato in sostituzione di legittima disposto in suo favore nel testamento di F.G..

La ricorrente principale assume in proposito la rilevabilità d'ufficio della stessa, derivando la necessità dell'istanza di parte solo dall'esistenza di una eventuale specifica previsione normativa che non si rinviene nel nostro ordinamento; pertanto, considerato che al presente giudizio doveva applicarsi "ratione temporis" la vecchia formulazione dell'art. 345 c.p.c., che consentiva la proposizione in appello delle eccezioni rilevabili d'ufficio, l'eccezione predetta sollevata dall'esponente con l'atto introduttivo del gravame non poteva essere considerata tardiva.

La censura è fondata.

La Corte territoriale ha ritenuto tardiva l'eccezione sollevata dalla F. per la prima volta nell'atto di appello in ordine alla mancata rinuncia da parte della B. al legato attribuitole dal "de cuius" nella forma scritta; tale assunto non può essere condiviso, considerato che, coerentemente con il principio di diritto enunciato in occasione dell'esame del secondo e del terzo motivo del ricorso principale, deve ritenersi che la mancata rinuncia per iscritto ai sensi dell'art. 1350 n. 5 c.c., da parte dei legittimario che agisce per chiedere la legittima, al legato in sostituzione di legittima avente ad oggetto beni immobili, è rilevabile d'ufficio senza necessità di eccezione della controparte (Cass. 18-4-2000 n. 4971; Cass. 3-7-2000 n. 8878; Cass. 16-5-2007 n. 11288).

Per le considerazioni finora espresse il ricorso principale deve essere accolto.

Conseguentemente deve ritenersi assorbito il ricorso incidentale basato su di un unico motivo con il quale il B., deducendo violazione degli artt. 24 Cost. - 91 e 92 c.p.c. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione, censura la sentenza impugnata per aver compensato interamente le spese di entrambi i gradi di giudizio in ragione della complessità delle questioni affrontate.

In definitiva quindi la sentenza impugnata deve essere cassata all'esito dell'accoglimento del ricorso principale, e la causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per un nuovo esame della controversia in conformità del principio di diritto sopra enunciato in occasione dell'esame del secondo e del terzo motivo del ricorso principale nonché per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione all'accoglimento del ricorso principale e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.

 

 

 

 

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