Avv. Paolo Nesta


Palazzo Giustizia  Roma


Palazzo Giustizia Milano

Sede di Roma: C.so Vittorio Emanuele II,  252   00186 – Roma
Tel. (+39) 06.6864694 – 06.6833101 Fax (+39) 06.6838993
Sede di Milano:  Via Pattari,  6   20122 - Milano 
Tel. (+39) 02.36556452 – 02.36556453  Fax (+ 39) 02.36556454 

 

Restituzione nel termine dell’imputato irreperibile difeso d’ufficio-(Cass. Sez. II Pen. n.11585/11)

 

Home page

Note legali e privacy

Dove siamo

Profilo e attività

Avvocati dello Studio

Contatti

Cassa di Previdenza e deontologia forense

Notizie di cultura e di utilità varie

 

 

 

 

 

Le notificazioni effettuate al difensore di ufficio sono di per sé inidonee a dimostrare che l’imputato irreperibile ebbe l’effettiva conoscenza del processo quando non c’è alcun elemento dal quale poter desumere che lo stesso difensore sia riuscito a rintracciare l’imputato e ad instaurare con il medesimo un effettivo rapporto professionale.

Per tale motivo la Corte di Cassazione ha restituito nel termine per la proposizione dell’impugnazione il soggetto giudicato in contumacia e difeso d’ufficio ritenendo che lo stesso non abbia avuto effettiva conoscenza del processo a suo carico né abbia rinunciato volontariamente a comparire.

“… la nuova disciplina introdotta dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, di conversione del D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, che ha modificato, tra l’altro, l’art. 175 c.p.p. riconosce al contumace il diritto alla restituzione nel termine per impugnare, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione o opposizione (art. 175 c.p.p., comma 2). La suddetta norma è preordinata a porre riparo alla mancata effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell’imputato, qualora essa non sia il risultato di un comportamento doloso e volontario, la cui eventuale sussistenza deve essere congruamente motivata dal giudice (Cass. Sez. 2^, 21 febbraio 2006, n. 9105, Doum, rv. 233514).

Nel caso in cui, attraverso gli accertamenti compiuti, il giudice verifichi l’esistenza di entrambi i presupposti indicati dal secondo comma del novellato art. 175 c.p.p. (effettiva conoscenza e rinuncia) deve respingere la domanda, mentre, in caso contrario – ossia quando faccia difetto anche uno solo dei presupposti suindicati, come si desume dall’uso della congiuntiva e – deve restituire il richiedente nel termine per proporre impugnazione (Cass. Sez. 1^, 11 aprile 2006, n. 15543, Z. A. alias J. K., rv. 233879).

L’art. 175/2 c.p.p., quindi, richiede i seguenti requisiti:

1. pronuncia di una sentenza contumaciale (o decreto di condanna);
2. il condannato: a) non deve avere avuto conoscenza del procedimento o del provvedimento; b) non deve avere volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione.

La prova dei suddetti requisiti non è più a carico dell’imputato (come nel previgente testo), in quanto, ora, è l’autorità giudiziaria che è tenuta a compiere “ogni necessaria verifica”. La nuova disciplina ha, quindi, introdotto una vera e propria inversione dell’onere probatorio, nel senso che non spetta più all’imputato dimostrare di avere ignorato l’esistenza del procedimento o del provvedimento senza sua colpa, ma è l’autorità giudiziaria che deve provare, sulla base degli atti di causa, che l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e che abbia volontariamente rinunciato a comparire (Cass., Sez. 1^, 21 febbraio 2006, n. 10297, H., rv. 233515; Cass. Sez. 1^, 2 febbraio 2006, n. 7403, Russo, rv. 233137; Cass., Sez. 5^, 18 gennaio 2006, n. 6381, P., cit.). Il novellato art. 175 c.p.p., non ha, però, inficiato la presunzione di conoscenza derivante dalla rituale notificazione dell’atto, limitandosi, infatti, ad escluderne la valenza assoluta e imponendo al giudice di verificare l’effettività della conoscenza dell’atto stesso e la consapevole rinuncia a comparire/impugnare (Cass., 14262/2006 rv. 233614 – Cass. 9104/2006, rv. 233611).

la sentenza deve essere passata in giudicato e le notifiche devono essere state regolarmente eseguite: infatti, presupposto per l’accoglimento dell’istanza è proprio la regolarità delle notifiche, perché, in caso contrario, il rimedio che la legge appronta per l’imputato è o l’impugnazione tardiva ovvero l’impugnazione del titolo esecutivo avanti il giudice dell’esecuzione (in terminis Cass. 36517/2009 riv 245082 – Cass. 19646/2007 riv 236660).

In ordine al concetto di “effettiva conoscenza” del procedimento o del provvedimento, costituisce consolidato principio di questa Corte, al quale va data continuità, quello secondo il quale, la suddetta locuzione deve essere intesa quale sicura consapevolezza della pendenza del processo e precisa cognizione degli estremi del provvedimento (autorità, data, oggetto), collegata alla comunicazione di un atto formale, che consenta di individuare senza equivoci il momento in cui detta conoscenza si sia verificata (Cass., Sez. 1^, 11 aprile 2006, ric. Z. A., alias J. K., cit; Cass., Sez. 1^, 9 maggio 2006, n. 20036, rie. El Aidoudi, rv. 233864; Cass., Sez. 1^, 9 febbraio 2006, n. 14272, rie. Coppola; Cass., Sez. 2^, 14 febbraio 2006 rie. A. ed altri, n. 15903).

Nella prospettiva dell’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, la “conoscenza effettiva” del procedimento presuppone un atto formale di contestazione idoneo ad informare l’accusato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico, al fine di consentirgli di difendersi nel “merito” (Cass., Sez. 1^, 21 febbraio 2006, Dioum B., rv. 233514). Secondo la costante giurisprudenza della Corte Europea, “avvisare qualcuno delle azioni penali rivoltegli costituisce un atto giuridico di tale importanza da dover corrispondere a condizioni di forma e di sostanza idonee a garantire l’esercizio effettivo dei diritti dell’accusato”, non essendo sufficiente “una conoscenza vaga e non ufficiale” (sent. Corte eur. Dir. uomo, 12 ottobre 1992, T. e. Italia; sent. Corte eur. dir. uomo 18 maggio 2004, S.; sent. Corte eur. dir. uomo 9 giugno 2005, R.R. c. Italia).

In ordine al requisito della volontaria rinuncia a comparire, questa Corte, con giurisprudenza costante, ha statuito che la rinuncia può consistere in un comportamento concludente, purché inequivoco e rigorosamente accertato dal giudice con ogni necessaria diligenza (sent. Corte eur. dir. uomo 18 maggio 2004, Somogyi c. Italia; sent. Corte eur. dir. uomo, 16 ottobre 2002, E. c. Francia; Cass., Sez. 1^, 9 marzo 2006, n. 14272, Coppola, rv. 233516; Cass., Sez. 3^, 1 febbraio 2006, n. 13215, Morgillo ed altri, rv. 233640; Cass., Sez. 5^, 18 gennaio 2006, n. 6381, Picuti, rv. 234003; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2005, n. 19363, Braidic, rv. 231698), come del resto desumibile anche dalla circostanza che l’accertamento dei presupposti per la restituzione nel termine non è più effettuata sulla base di ciò che “risulta dagli atti” (secondo l’originaria previsione contenuta nel D.L. 21 febbraio 2005, n. 17), ma è affidato al giudice che, a tal fine, compie ogni “necessaria verifica”. La giurisprudenza di legittimità, quindi, rifuggendo da astratte generalizzazioni e valorizzando, piuttosto, un “metodo casistico”, ha individuato, quali elementi concorrenti, univocamente indicativi della conoscenza effettiva del procedimento e/o del provvedimento e della volontà di non comparire personalmente nel giudizio la nomina di un difensore di fiducia, l’elezione di domicilio presso lo stesso, l’effettività della difesa fiduciaria nel corso del processo, la notifica degli atti nel domicilio eletto (ex plurimis Cass. 29482/2006 rv. 235237 – Cass.25618/2006 rv. 234369 – Cass. 19907/2006 rv. 233868 – Cass.33935/2006 rv. 235252 – Cass. 16704/2008 riv 240118 – Cass. 3746/2009 riv 242535 – Cass. 66/2009 riv 245343). Ritenere che la rinuncia possa essere espressa mediante comportamenti concludenti non significa, però, ammettere presunzioni fondate su una conoscenza indiretta dell’apertura di un procedimento per poi inferire da esse una “volontaria” assenza dal processo: la rinuncia tacita deve consistere in un comportamento incompatibile con l’esercizio del diritto di partecipare al proprio processo preceduta, almeno, da una comunicazione all’imputato, che, secondo la Corte Europea, può essere fornita anche al difensore, qualora l’imputato abbia eletto domicilio presso quest’ultimo. In tale prospettiva, l’avviso deve contenere le imputazioni contestate, la data del processo e l’indicazione delle conseguenze cui il soggetto va incontro in caso di mancata presentazione all’udienza fissata, così da metterlo in condizione di scegliere “consapevolmente” come esercitare il proprio diritto di difesa (Cass. 29977/2006, rv. 235238 – Cass.25041/2005, rv. 231887)”.

 

 

 

 

Legislazione e normativa nazionale

Dottrina e sentenze

Consiglio Ordine Roma: informazioni

Rassegna stampa del giorno

Articoli, comunicati e notizie

Interventi, pareri e commenti degli Avvocati

Formulario di atti e modulistica

Informazioni di contenuto legale

Utilità per attività legale

Links a siti avvocatura e siti giuridici