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RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE: LA PROCEDURA PER IL RILASCIO DEL NULLA OSTA-Cassazione, sez. I, 30 marzo 2011, n. 7218-Diritto e processo.it

 

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(Pres. Salmè – Rel. Macioce)

 

 

Rileva in fatto

Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata l’11.11.2010 ha formulato considerazioni e proposte nel senso "CHE B.N.T.              , cittadina filippina munita di permesso di soggiorno italiano, in data 1.4.2008 presentò allo sportello unico di XXXXXX istanza di ricongiungimento dei propri genitori residenti nelle Filippine - pur avendo il Questore espresso il proprio nulla osta al ricongiungimento, l'Ambasciata Italiana di Manila in data 6.6.2009 negò il visto di ingresso sull'assunto della sopravvenienza ostativa del nuovo testo dell'art. 29 letT. D) del d.legs. 286/98 quale introdotto dall'art. 1 lett. D del d.lgs. 260 del 2008 - la B.     impugnò innanzi al Tribunale il diniego ma quel giudice con decreto 2.1.2010 lo respinse - la B.     propose reclamo ma la Corte di Appello di Ancona con decreto 13.3.2010 lo rigettò osservando che nel procedimento a formazione complessa diretto all'accertamento del diritto al ricongiungimento si era inserita la tempestiva sopravvenienza del nuovo disposto del d.lgs. 260/08 che condizionava il diritto de quo al requisito della vivenza a carico dei genitori privi di altri figli o della impossibilità di detti altri figli, per gravi ragioni di salute, di provvedere al mantenimento dei genitori ultrasessantacinquenni; CHE avverso detto decreto, notificato il 18.3.2010, la B.     ha proposto ricorso con quattro motivi notificato il 3.5.2010 all'Amministrazione degli Esteri, che non ha opposto difese; CHE ad un ricorso per cassazione avverso h provvedimento pubblicato, come nella specie, il 13.3.2010, devono essere applicate le disposizioni di cui all'art. 360 bis c.p.c. introdotto dall'art. 47 della legge n. 69 del 2009;

CHE nei quattro motivi del ricorso viene contestata con il primo motivo la falsa applicazione dell'art. 6 del dPR 394/99 in luogo del nuovo testo della norma portata dal dPR 334/04, avendo la Corte di merito continuato ad attribuire alla rappresentanza diplomatica italiana un potere valutativo - accertativo e non solo autenticatorio, in luogo di quello nella specie espletato positivamente dallo Sportello Unico con il rilascio nel nulla osta;con il secondo motivo l'indebita applicazione dell'art. 29 c. 7 del T.U. quale novellato dal d.lgs. 5 del 2007, essendo tale decreto viziato da insanato eccesso di delega; con il terzo motivo l'anomalo accollo alla richiedente dell'onere di provare i requisiti di vivenza a carico o di incapacità degli altri fratelli nelle Filippine, laddove era onere dell'Ufficio indagare ed accertare sul requisito (indagine positivamente compiuta dallo Sportello Unico); con il quarto motivo, la incostituzionalità della norma come interpretata dalla Corte di merito con riguardo ad una pretesa legittimazione esclusiva del familiare ricongiungendo ad impugnare il diniego di visto di ingresso. Premesso che non ha rilievo quanto osservato nel riferito quarto motivo, avendo la Corte di merito formulato le considerazioni censurate in questa sede solo ad abundantiam, in un inciso articolato a pag. 5 (Va inoltre rilevato che...), ed avendo di contro assunto a ratio decidendi la diversa questione della (non contestazione della) insussistenza del nuovo requisito, sopravvenuto nella procedura di ricongiungimento, pare indiscutibile Infondatezza dell'argomentazione adottata dal giudice del merito. Ed infatti:

1. è principio consolidato nella giurisprudenza in subjecta materia di questa Corte quello per il quale il procedimento di riconoscimento del diritto al ricongiungimento familiare è procedimento complesso, a formazione progressiva, nel quale le valutazioni accertative della Questura o dello Sportello Unico vengono seguite dagli accertamenti della Rappresentanza diplomatica (le prime sfocianti nel nulla osta e i secondi nel visto di ingresso, o nel suo diniego, impugnabile come atto terminativo innanzi al G.O. ed ex art. 30 c. 6 del T.U. (Cass. n. 209 del 2005 - n. 15247 del 2006 - n. 12661 del 2007);

2. è indiscutibile che gli atti dell'Amministrazione in materia siano privi di alcun profilo di discrezionalità ma attengano alla verifica della sussistenza/insussistenza dei requisiti delineati dalla legge per l'insorgenza del diritto al ricongiungimento, solo in tal quadro giustificandosi la disposizione dell'art. 30 c. 6 T.U. che radica in capo al G.O. la giurisdizione e sol per effetto di tal quadro dovendosi predicare che la domanda dell'interessato che contesti il diniego del visto di ingresso del suo familiare non ha alcun carattere impugnatorio dell'atto di diniego ed in ragione dei suoi vizi;

3. è altrettanto indiscutibile che, alla luce della articolazione proce-dimentale per giungere all'accertamento del diritto al ricongiungimento e considerando che il diritto viene accertato essere insorto solo all'esito del procedimento, la sopravvenienza normativa sui requisiti di insorgenza sia di immediata applicazione ove essa intervenga nel corso della procedura;

4. la disciplina dei requisiti di ricongiungimento a beneficio dei genitori dell'extracomunitario regolarmente soggiornante ha avuto un singolare avvicendarsi nel tempo: la disposizione di cui all'art. 29 c. 1 lett. C (genitori a carico) del T.U. approvato con d.lgs. 286/98 è stata sostituita dall'art. 23 della legge 189 del 2002 con una integrazione costituita dalla condizione negativa della inesistenza di altri figli nel Paese ovvero, ma solo per i genitori ultrasessantacinquenni, della inidoneità al loro sostentamento da parte di altri figli per documentate gravi ragioni di salute, condizione eliminata dalla più permissiva previsione di cui all'art. 1 comma 1 lett. E sub D) del d.lgs. 5 del 2007 (genitori a carico che non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel Paese di origine o di provenienza) ma poi ripristinata dalla meno permissiva previsione di cui all'art. 1 comma 1 lett. A) sub. D del d.lgs. 3.10.2008 n. 160;

5. l'ultima disposizione, ripristinatrice della previsione di cui all'art. 23 della legge 189 del 2006 è contenuta nel ridetto decreto delegato, pubblicato sulla G.U. del 21.10,2008 e quindi è entrata in vigore il 5.11.2008, dopo la richiesta della B.     ma ben prima che la Rappresentanza diplomatica italiana negasse il visto di ingresso per assenza del nuovo requisito (6.6.2009), ditalché non è dubbio alcuno che di tali requisiti dovesse farsi applicazione per concludere la procedura in essere, con il rilascio del visto (in loro presenza) o con il suo diniego (per il caso di loro difetto);

6. in tal quadro non ha alcun rilievo la pretesa della ricorrente di veder confinato alla sede del rilascio del nulla osta (alla stregua della sopravvenuta previsione dell'art. 6 del dPR 334 del 2004) il momento dell'accertamento dei requisiti sostanziali del ricongiungimento e di veder esclusa la possibilità di fare applicazione dello jus superveniens sol perché alla fase dell'esame per il rilascio del visto di ingresso - nella quale sarebbe intervenuta la modifica dei requisiti - sarebbe stato estraneo lo scrutinio sulla "sostanza" dei requisiti stessi (ad essa fase pertinendo solamente il riscontro documentale e lo scrutinio della relativa autenticità): una siffatta pretesa avrebbe plausibilità se il giudizio di accertamento demandato al G.O. fosse a contenuto impugnatorio nel quale la "incompetenza"di un organo assume rilievo viziante dell'intero procedimento e del suo esito, ma nessuna consistenza essa assume ove, come nel giudizio di cui trattasi, la indiscutibile inesistenza del requisito, cagionata dalla indiscutibile sopravvenienza normativa, assorbe ogni profilo di difformità procedimentale la quale, come nella specie, non venga a cagionare alcuna diminuzione delle garanzie difensive del richiedente;

7. nella specie si verifica la dianzi rilevata situazione di assorbimento, posto che l'accertamento della Corte di Appello (al seguito di quello del Tribunale) della insussistenza del nuovo requisito - posto che la parte istante non aveva né provato la vivenza a carico né la sussistenza dei "nuovi" requisiti (la mancanza di fratelli o la loro grave documentata invalidità) – non è stato revocato in dubbio nel ricorso;

8. infatti, per quanto non sia corretto il richiamo fatto dalla Corte di Appello al principio dell'onere probatorio, dovendosi intendere come sull'impugnante il diniego gravi solo un onere di precisa allegazione della condizione e del requisito (accertabile semmai dalla Rappresentanza diplomatica, in sede di verifica documentale), resta il fatto che neanche in ricorso viene affermato che a beneficio della richiedente sussisteva la situazione delineata dal reintrodotto requisito di cui all'art. 29 c. 1 lett. D, detto ricorso essendosi invece soltanto applicato a censurare le anomalie procedimentali occorse, la scorretta applicazione di un regolamento abrogato, la incostituzionalità del decreto delegato 5 del 2007 ma difettando totalmente della necessaria autosufficienza nel denunziare la violazione del proprio buon diritto, quello che sarebbe nato ove la richiedente fosse stata in possesso del requisito per operare il ricongiungimento.

CHE, ove si condividano i testé formulati rilievi, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e respinto per manifesta infondatezza".

osserva in diritto

Il Collegio che le articolate e trascritte considerazioni - sulle quali nessun rilievo critico è giunto dalla difesa della parte ricorrente - meritano piena condivisione. Devesi quindi rigettare il ricorso, senza provvedere sulle spese stante l'assenza di difese degli intimati.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

 

 

 

 

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