Avv. Paolo Nesta


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PARERE SULL'APPLICABILITA' DEGLI ARTT. 9, 28 E 48 DEL CODICE DEONTOLOGICO

 

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- L’Avv. …………………. ha riferito di aver ricevuto incarico di seguire una controversia in materia di diritto del lavoro e di aver esperito, nelle more del giudizio, delle trattative con la controparte terminate con esito negativo per giudicata insufficienza dei termini economici proposti.

Conclusa la fase istruttoria del giudizio, il collega di controparte ha inviato una mail –riservata personale- all’Avv. ………………. con la quale, sostanzialmente, rappresentava che, in ragione dell’esito non positivo dell’udienza, controparte aveva manifestato la volontà di proporre denuncia-querela per falsa testimonianza nei confronti di tutti i testi escussi, a meno che, in una “ottica transattiva”, il cliente dell’istante non avesse versato l’importo offerto nell’ultima proposta transattiva (rifiutato a suo tempo da controparte).

L’avvocato di controparte concludeva la sua mail dichiarando che, ove fosse stato versato l’importo di cui sopra, il suo cliente non avrebbe proposto denuncia querela e avrebbe rinunciato a ulteriori somme relative anche ai contributi.

Ciò premesso, l’istante, precisato che la mail ricevuta era a firma del solo collega di controparte e non anche del suo assistito, ha avanzato domanda di parere deontologico, pervenuta il 28 ottobre 2011, al fine di conoscere se il comportamento sopra descritto sia sanzionabile, sia sotto un profilo deontologico che sotto un profilo penalistico, in particolare per l’utilizzo della dicitura “riservata personale”.

Il Consiglio

- Udito il Consigliere Avv. Livia Rossi quale Coordinatore della Commissione Deontologica;

Osserva

- la regola deontologica dell’art. 28 del Codice Deontologico Forense “Divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il Collega” recita: “Non possono essere prodotte o scambiate in giudizio le lettere qualificate riservate e, comunque, la corrispondenza contenente proposte transattive scambiate con i Colleghi”;

- quanto previsto da detta regola dovrà poi essere analizzato in relazione al disposto dell’art. 9 del Codice Deontologico Forense “Dovere di segretezza e riservatezza”, con il quale vengono fissati i limiti entro i quali il professionista dovrà sempre tutelare la riservatezza del cliente. Il IV canone complementare di detto articolo prevede i casi specifici in forza dei quali è possibile derogare, entro i limiti strettamente necessari e riferibili al caso di specie, alla regola deontologica. Il termine “corrispondenza” può intendersi comprensivo di ogni scritto apposto sia su missive, sia su bozze di atti. In caso di mancato perfezionamento di un accordo è naturalmente ragionevole interpretare negativamente la producibilità o il riferimento in giudizio di tale corrispondenza;

- la soluzione della questione impone, altresì, il richiamo ai doveri di lealtà e correttezza contemplati dall’art. 6 del Codice Deontologico Forense, i cui termini si riferiscono essenzialmente sia all’attività processuale con relazione all’art. 88 c.p.c. “Dovere di lealtà e probità”, e all’art. 105, 4 comma, c.p.p. “Abbandono e rifiuto della difesa”, disponendo che l’autorità giudiziaria debba riferire al Consiglio dell’Ordine ogni fatto che costituisca violazione di tali doveri, sia all’orientamento specifico della Corte di Cassazione e del Consiglio Nazionale Forense; analoghi doveri sono, altresì, previsti dalla regola deontologica dell’art. 22 del Codice Deontologico Forense “Rapporto di colleganza”;

- la regola deontologica dell’art. 48 del citato codice, “Minaccia di azioni alla controparte”, prevede che “L’intimazione fatta dall’avvocato alla controparte tendente ad ottenere particolari adempimenti sotto comminatoria di azioni, istanze fallimentari, denunce o altre sanzioni, è consentita quando tenda a rendere avvertita la controparte delle possibili iniziative giudiziarie in corso o da intraprendere; è deontologicamente scorretta, invece, tale intimazione quando siano minacciate azioni o iniziative sproporzionate o vessatorie”.

In ragione di quanto esposto,

ritiene

tuttavia che, secondo giurisprudenza consolidata di questo Consiglio, non è possibile esprimere pareri preventivi in ordine alla rilevanza deontologica di comportamenti posti in essere dai propri iscritti atteso che detti comportamenti, potrebbero formare oggetto di valutazione da parte del Consiglio in altra sede e che l’emissione del richiesto parere potrebbe, pertanto, costituire anticipazione di giudizio.

 

 

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