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A cura della Dott.ssa Paola Popolla, della Dott.ssa Maria Fabiana Briganti e della Dott.ssa Rossella Greco

 

Psicologia GiuridicaI maltrattamenti e gli abusi sui minori costituiscono un fenomeno vasto e complesso. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 1999, ha definito i maltrattamenti all'infanzia “ tutte le forme di cattiva cura fisica e affettiva, di abusi sessuali, di trascuratezza o di trattamento trascurante, di sfruttamento commerciale o altre, che comportano un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, la sua sopravvivenza, il suo sviluppo o la sua dignità nel contesto di una relazione di responsabilità, di fiducia o di potere".

 

Per chiarezza espositiva le forme di abuso possono essere così schematizzate e definite:

 

- Maltrattamento (fisico e psicologico): “ gli atti e le carenze che turbano gravemente i bambini e le bambine, attentano alla loro integrità corporea, al loro sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di terzi” (IV Seminario Criminologico, Consiglio d’Europa, Strasburgo 1978).

 

 

 

- Patologia delle cure: si caratterizza per l’inadeguatezza delle cure fornite al bambino da parte del caregiver, e comprende l’incuria (cure carenti rispetto ai bisogni propri della fase evolutiva del bambino, siano essi di tipo fisico che psicologico), la discuria (cure inadeguate rispetto all'età) , e l’ipercuria (cure eccessive). La forma più grave dell'ipercuria è la sindrome di Munchausen per procura, nella quale il figlio è investito, solitamente dalla madre, del fantasma di una malattia, che porta a sottoporre il minore ad analisi, e cure inutili. E' una forma di abuso nella quale il bambino rischia seri danni fisici e psichici e, a volte, la vita.

 

- Abuso sessuale: avviene “quando un bambino è coinvolto in attività sessuali che non può comprendere, per le quali è psicologicamente impreparato e per le quali non può dare il proprio consenso e/o che violano le leggi o i tabù sociali. Le attività sessuali possono includere tutte le forme di contatto oro-genitale, genitale o anale con o al bambino, o abusi senza contatto diretto quali l’esibizionismo, il voyerismo o usando il bambino per la produzione di materiale pornografico. L’abuso sessuale include uno spettro di attività che va dallo stupro all’abuso meno intrusivo” (America Academy Pediatrics, 1999). L’abuso sessuale si distingue in: abuso sessuale intrafamiliare, abuso sessuale extrafamiliare e perifamiliare.

 

 

 

- Violenza assistita: avviene quando un bambino è testimone di ogni forma di violenza perpetrata e agita da un genitore sull'altro o su un figlio/a.

 

 

 

Tale classificazione, utile a fini didattici ed esplicativi non riflette tuttavia la complessità del fenomeno, che in realtà spesso vede il minore contemporaneamente vittima di diverse forme di maltrattamento.

 

Montecchi  parla di "caratteristiche generali" che sono valide in tutte le forme di abuso:

 

- l'abuso può avvenire sia all'interno che all'esterno della famiglia;

 

- tende ad essere negato o tenuto segreto;

 

- è difficilmente rilevabile con sufficiente certezza;

 

- le condizioni di abuso incidono su: sviluppo della personalità, relazioni con la famiglia, relazioni al di fuori della famiglia, relazioni con i coetanei;

 

- tende ad aggravarsi nel tempo e non ha una risoluzione spontanea.

 

Secondo molti studiosi, le conseguenze vanno considerate in relazione a 5 tipi di variabili. Esse sono:

 

- tipo di abuso subito (maltrattamenti, abusi sessuali, durata, intensità)

 

- caratteristiche di personalità  della vittima;

 

- natura della relazione tra vittima e abusante;

 

- reazione della famiglia alla notizia dell’abuso.

 

- risposta dell’ambiente all’abuso (sostegno sociale, intervento giuridico psicologico);

 

Pertanto, gli esiti clinici dell’abuso sono variabili ed in funzione dei fattori di rischio e protettivi presenti nel soggetto e nell’ambiente familiare e sociale in cui è inserito.

 

Si è concordi comunque nel ritenere che  tutte le forme di abuso incidano sullo sviluppo fisico, psicologico, emotivo, comportamentale e relazionale del minore, destabilizzando e condizionando la personalità in formazione di un bambino. Questa forte incidenza traumatica può essere meglio compresa se si considera la fonte del trauma: nell’abuso infantile intrafamiliare, contrariamente ad altre forme di trauma interpersonale e non, a generare l’evento è la figura che dovrebbe offrire sicurezza, contenimento e aiuto nel superamento dei traumi stessi; quando poi è coinvolto un genitore “l’abuso, oltre ad essere un trauma di per sé, tende ad interferire pesantemente nello sviluppo del sistema comportamentale dell’attaccamento” e nei casi più gravi, nel corso dello sviluppo possono verificarsi forti alterazioni del senso di continuità e coesione del Sé, nel tempo e nello spazio, insieme a deficit nella regolazione delle emozioni (Giannantonio, 2003, 112).

 

Felicity De Zulueta ha dimostrato che il trauma rappresenta per la vittima, specie se questa è piccola, una frustrazione al bisogno fondamentale di controllare la realtà esterna. Molti bambini che subiscono un abuso, proprio per i pensieri, i sentimenti e le emozioni da cui si sentono invasi si percepiscono come attivatori del comportamento dell’adulto e questa convinzione amplifica i sentimenti di deprezzamento per se stessi. Il maltrattamento e/o l'abuso distruggono, nel bambino che ne è vittima, la possibilità di dare un senso positivo alla propria esperienza, compromettono lo sviluppo dell’ autostima  e dell’organizzazione del Sé.

 

Sperimentare questi sentimenti rende difficile rivelare agli altri ciò che accade, alimentando così quella segretezza che caratterizza tutte le forme di abuso. Il bambino è spesso chiuso in se stesso e non ripone  fiducia e speranza nella possibilità che un adulto possa aiutarlo e proteggerlo. La mancata condivisione dell’evento traumatico può contribuire all’alterazione dei ricordi legati a questo (“falsi ricordi”) e accrescere l’evitamento accompagnato da vergogna, terrore, sentimenti di colpa (Giannantonio, 2003, 97).

 

Tra le caratteristiche emotive e psicologiche che si riscontrano nei bambini maltrattati e/o abusati  abbiamo frequentemente: pianto costante, panico, paura, accessi di aggressività, comportamenti regressivi, comportamenti sessualizzati, rifiuto di contatto fisico di ogni tipo e ansia eccessiva per gli approcci relazionali. Inoltre, è possibile che si presenti un’ innalzamento del livello di vigilanza per i pericoli in generale e verso l’ambiente circostante. I bambini maltrattati spesso si mostrano timidi, remissivi e paurosi in ambienti estranei, ma al rientro nel loro contesto  diventano aggressivi e sfogano la loro rabbia con i bambini più piccoli con la modalità del gioco violento.

 

Per questi bambini l’aggressività rischia di diventare l’unica via di comunicazione percorribile e, man mano che crescono, tali bambini  finiscono per considerare normale tale modello di comunicazione.

 

Assistiamo in numerosi bambini vittime di abusi e maltrattamenti, allo sviluppo del Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD): nel DSM IV viene sottolineato che per diagnosticare il PTSD deve essersi verificata un’esperienza oggettiva emozionalmente dolorosa, angosciosa o terrorizzante, che travalica la quotidianità e la capacità individuale di farvi fronte, che implichi una minaccia per la vita o per l’integrità fisica propria o altrui. Viene, inoltre, specificato che nel caso dei minori “gli eventi traumatici dal punto di vista sessuale possono includere le esperienze sessuali inappropriate dal punto di vista dello sviluppo, senza violenza o lesioni reali o minacciate” (APA, 1994). Il disturbo consiste nell’evoluzione di un disturbo acuto da stress che si sviluppa immediatamente a seguito dell’evento traumatico o dopo un periodo di latenza.

 

I sintomi caratteristici del PTSD si possono raggruppare in tre categorie sintomatologiche: intrusione, evitamento/ottundimento, iperarousal; tra questi vi sono: rivivere continuamente l'evento traumatico, (il minore può presentare ricordi intrusivi del trauma che gli generano ansia, panico, disagio psichico), tentativi di evitamento degli stimoli legati all'abuso (ciò può comportare amnesie ed incapacità nel ricordare elementi importanti legati all'esperienza traumatica), aumento dell'ansia e dell'eccitazione accompagnate da esagerate risposte di allarme, irritabilità e difficoltà nella concentrazione soprattutto a scuola.

 

Va tenuto presente che, in età evolutiva, la psicopatologia è caratterizzata da una flessibilità dei sintomi, poichè il bambino reagisce ad un evento stressante a seconda della sua personalità e, soprattutto in base allo stadio evolutivo in cui si trova, in base alla sua storia pregressa, e al tipo di ambiente in cui vive. I sintomi che il bambino presenta in reazione ad un evento stressante sono sempre aspecifici, e soprattutto sono in relazione ai fattori protettivi e di rischio che ha sperimentato all'interno del suo ambiente familiare.

 

Cook et al. (2009) individuano sette aree di difficoltà tipiche dei bambini che hanno subito traumi complessi (abuso emotivo, fisico, sessuale, trascuratezza, violenza, etc.): attaccamento; funzioni biologiche; regolazione affettiva, dissociazione; regolazione comportamentale; funzioni cognitive; concetto di sé.

 

Da un punto di vista clinico è importante, inoltre, poter considerare una prospettiva longitudinale, poiché “una storia personale di abuso, specie durante l’infanzia, sembra rappresentare uno dei maggiori fattori che predispongono una persona a diventare un paziente psichiatrico” (Herman, 2009, 271). L’abuso infantile è associato, in età adulta, a deficit nella modulazione delle emozioni e nell’integrazione in generale, dunque a un vasto quadro di patologie: Disturbi dell’Alimentazione, disturbi di personalità (frequente è quello Borderline), Disturbo Dissociativo dell’Identità, Depressione, autolesionismo, abuso di alcol e di sostanze, disturbi sessuali (Giannantonio, 2003, 116).

 

Occorre sempre tenere in considerazione che ogni segnale non va mai considerato isolato dal contesto in cui il minore è inserito e che è fondamentale una valutazione complessiva della situazione per poter formulare ipotesi di maltrattamenti e/o abusi ed effettuare eventualmente le segnalazioni  all’Autorità Giudiziaria e al Tribunale per i Minorenni, secondo quanto previsto dagli obblighi di legge.

 

Appare rilevante, a tal proposito, citare l’introduzione, con riferimento alla legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Norme sulla violenza sessuale), degli articoli dal 609-bis al 609-decies all’interno dei delitti contro la persona, in particolare:

 

-          il fatto che, comporti un aggravamento della pena commettere violenza sessuale su un minore (art. 609-ter c.p. Violenza sessuale aggravata);

 

-          il “minore” in nei cui confronti possono essere compiuti gli atti puniti è colui che non ha ancora compiuto 14 anni; oppure, che non ne ha ancora compiuti 16, se il colpevole è una persona a lui particolarmente vicina (art. 609-quater c.p. Atti sessuali con minorenne);

 

-          è considerato un atto punibile far assistere un minore di 14 anni ad atti sessuali (art. 609-quinquies c.p. Corruzione di minorenne);

 

-          in caso dei suddetti il colpevole non può invocare, a propria scusa, l'ignoranza dell'età della persona offesa se il minore ha meno di 14 anni (art. 609-sexies c.p. Ignoranza dell’età della persona offesa),

 

-          la condanna per uno dei reati sessuali introdotti implica una serie di pene accessorie  quali: la perdita della potestà genitoriale, quando la qualità di genitore è elemento costitutivo del reato; l’interdizione perpetua dagli uffici di tutore o curatore; la perdita del diritto agli alimenti e l’esclusione dalla successione della persone offesa (609-novies c.p. Pene accessorie ed altri effetti penali).

 

-          Quando si procede per alcuno dei delitti previsti sovracitati in danno di minorenni, ovvero per il delitto previsto dall`articolo 609 quater il procuratore della Repubblica ne dà notizia al Tribunale per i Minorenni mettendolo così in grado di intervenire tempestivamente con i provvedimenti più idonei a tutela della personalità e dei diritti del minore, compreso, ove necessario, il suo allontanamento dal nucleo familiare (609 decies c. p. Comunicazione al Tribunale per i Minorenni).

 

L’introduzione di tali articoli esprime la consapevolezza anche in ambito giuridico dei danni evolutivi che comporta la violenza e testimonia l’importanza di promuovere interventi e strategie efficaci per contrastare comportamenti maltrattanti e tutelare i diritti dei minori.

 

 

 

 

 

 

 

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