Avv. Paolo Nesta


Palazzo Giustizia  Roma


Palazzo Giustizia Milano

Sede di Roma: C.so Vittorio Emanuele II,  252   00186 – Roma
Tel. (+39) 06.6864694 – 06.6833101 Fax (+39) 06.6838993
Sede di Milano:  Via Pattari,  6   20122 - Milano 
Tel. (+39) 02.36556452 – 02.36556453  Fax (+ 39) 02.36556454 

 

GIUDICE NATURALE di Roberto Romboli-Diritto di tutti.it

 

Home page

Note legali e privacy

Dove siamo

Profilo e attività

Avvocati dello Studio

Contatti

Cassa di Previdenza e deontologia forense

Notizie di cultura e di utilità varie

 

 

 

 

 

1.      Il principio del giudice naturale nelle costituzioni rivoluzionarie francesi e nell'art. 71 dello Statuto albertino.

 

2.      L'interpretazione e le prime applicazioni dell'art. 25 comma 1 cost. e il divieto di istituire giudici straordinari.

 

3.      La sentenza n. 88 del 1962 della Corte costituzionale e i valori tutelati dalla garanzia della precostituzione del giudice.

 

4.      La riserva di legge in materia di competenza giurisdizionale e le sue possibili violazioni. La posizione della Corte costituzionale.

 

5.      La costituzione del giudice prima del fatto da giudicare.

 

6.      Il campo di applicazione del principio del giudice naturale. I limiti alla possibilità della parte di «scegliersi» il giudice.

 

7.      Il significato del termine «giudice» come organo giudicante o come singolo magistrato componente l'organo.

 

8.      (Segue): la composizione dell'organo giudicante ed il sistema tabellare.

 

9.      (Segue): la soluzione del problema secondo la «ratio» del principio costituzionale in esame e i valori da esso tutelati.

 

10.  La possibilità di far valere eventuali violazioni dell'art. 25 comma 1 cost. nel corso del processo.

 

11.  La precostituzione per legge del giudice come garanzia di pluralismo e come strumento per un certo modello di ordinamento giudiziario.

 

 

 

1. Il principio del giudice naturale nelle costituzioni rivoluzionarie francesi e nell'art. 71 dello Statuto albertino.

 

L'art. 25 comma 1 cost. contiene il principio secondo cui «nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge».

 

I precedenti storici di tale garanzia si rinvengono in maniera più specifica nell'ordinamento francese ed in particolare nelle costituzioni rivoluzionarie del periodo 1790-1795, in cui il principio del giudice naturale si affermò, per poi diffondersi in tutta l'Europa, come reazione all'ingerenza regia negli affari giudiziari, nonché in quelle successive del periodo 1814-1848.

 

La prima affermazione comparsa in un testo normativo del principio in questione si rinviene nell'art. 17 della legge rivoluzionaria francese sull'ordinamento giudiziario del 16-24 agosto 1790, secondo cui «l'ordre constitutionnel des juridictions ne pourra être troublé, ni les justiciables distraits de leurs juges naturels par aucune commission, ni par d'autres attributions ou évocations que celles qui seront déterminées par la loi».

 

Il richiamo al giudice naturale costituisce momento significativo della reazione ad un fenomeno che già da tempo si andava manifestando e che aveva spesso causato le vivaci lamentele della popolazione, consistente nell'ingerenza negli affari giudiziari da parte del re, il quale, attraverso i poteri ad esso riconosciuti, influenzava in vario modo i giudizi affinché si concludessero, a seconda dei casi, in una maniera oppure in un'altra.

 

Come rimedio ad un simile stato di cose e per garantire al cittadino un giudizio imparziale, fu stabilito quindi che soltanto la legge, come espressione della sovranità nazionale, potesse disciplinare la materia dell'ordinamento giudiziario e la relativa organizzazione.

 

La distrazione del giustiziabile dal giudice naturale poteva verificarsi, secondo la ricordata legge francese del 1790 e la costituzione dell'anno successivo, attraverso l'uso dei poteri di commissione, di attribuzione e di evocazione.

 

Con il primo termine si voleva escludere il potere di istituire ex novo un giudice straordinario, creato appositamente per giudicare certi fatti specifici o persone ben individuate, mentre con il secondo si voleva vietare la costituzione di giudici speciali, creati cioè per conoscere di una generalità di controversie attinenti a certe materie, le quali, diversamente, sarebbero ricadute nella competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria. Il potere di evocazione consisteva infine nello spostamento di un procedimento dal giudice competente ad altro che non lo era al verificarsi del fatto da giudicare, anch'esso però facente parte dell'ordine giudiziario.

 

I tre divieti sopra ricordati non erano però espressi con uguale intensità: mentre infatti, in considerazione del più grave perturbamento da esso portato all'«ordine delle giurisdizioni», quello di commissione aveva carattere assoluto, quelli di attribuzione e di evocazione valevano solo con riferimento al potere esecutivo, restando invece legittimo lo spostamento di competenza o l'istituzione di giudici speciali stabiliti attraverso la legge.

 

La distrazione dal giudice naturale poteva quindi avvenire non soltanto attraverso la creazione di un giudice straordinario, ma altresì con l'istituzione di un giudice speciale o lo spostamento di competenza da un giudice all'altro (1).

 

Nelle successive costituzioni francesi del 4 giugno 1814 e del 1830 il divieto di distogliere il cittadino dal giudice naturale era posto in stretta correlazione con quello di creare commissioni straordinarie e non vi era più traccia alcuna dei divieti di evocazione e di attribuzione. Questo trova una spiegazione ed una giustificazione nel fatto che, a partire dalle costituzioni francesi del 1814, nel capo concernente l'ordinamento giudiziario, accanto al principio del giudice naturale era altresì contenuto quello della riserva di legge in materia di organizzazione giurisdizionale, cosa che invece mancava nelle costituzioni francesi del periodo 1790-1795.

 

Il principio secondo cui niente di quanto concerneva gli organi giudiziari poteva essere cambiato se non attraverso la legge, rendeva infatti superflua, e quindi inutile, quella seconda parte che nelle costituzioni precedenti seguiva il divieto assoluto di giudici straordinari e che vietava la distrazione del cittadino dal giudice naturale mediante l'istituzione di giudici speciali o la modifica delle norme sulla competenza operata con atti diversi dalla legge (2).

 

L'esperienza costituzionale francese viene a svolgere una chiara influenza sull'ordinamento italiano, tanto che molte fra le disposizioni della Carta costituzionale concessa da Carlo Alberto nel 1848 (Statuto albertino) risultano essere una traduzione letterale delle corrispondenti disposizioni delle costituzioni francesi. E così è pure per l'art. 71 dello Statuto il quale stabiliva che «Niuno può essere distolto dai suoi giudici naturali. Non potranno perciò essere creati tribunali o commissioni straordinarie»; v. Statuto albertino (3).

 

Nella prima fase storica di applicazione dello Statuto (periodo monarchico-liberale 1848-1921), il giudice naturale era prevalentemente inteso come il giudice la cui competenza era stabilita dalla legge prima del sorgere della controversia da giudicare, mentre giudice straordinario era ritenuto non soltanto quello istituito post factum, ma più generalmente quello che, per composizione, modalità di funzionamento e tipo di procedura seguita, contrastava con i principi e le garanzie fondamentali dell'ordinamento vigente. Appare evidente come il giudice naturale non veniva affatto identificato con il giudice ordinario, bensì con quello competente secondo una legge entrata in vigore prima del fatto da giudicare (4) .

 

L'interpretazione del principio operata nel successivo periodo fascista (1922-1941) ed in quello costituzionale provvisorio (1942-1947), causa i caratteri politici concretamente assunti dall'uno e dall'altro ordinamento, condusse ad un nesso di consequenzialità più stretto tra il divieto di distogliere il cittadino dal giudice naturale e quello di istituire giudici straordinari - identificati tout court con quelli creati ex post facto - il quale finiva così con il divenire l'unico e non più uno tra i modi di possibile violazione della garanzia del giudice naturale. Si venne, di conseguenza, a perdere coscienza anche di un altro importante contenuto proprio di tale garanzia, quello cioè riguardante il divieto di spostare, anche con legge, la competenza dal giudice competente precostituito ad altro giudice anch'esso precostituito, perché già facente parte dell'ordine giudiziario, ma incompetente al momento della commissione del fatto da giudicare (5) .

 

NOTA:

 

(1) Il divieto di giudici straordinari, costituiti appositamente per giudicare su fatti o persone determinate, trova un suo precedente nella reazione alle commissioni regie che si ebbe nell'ordinamento inglese con la Petition of Rights del 1628 ed il Bill of Rights del 1689.

 

NOTA:

 

(2) Sulle origini storiche del principio del giudice naturale v. PISANI, La garanzia del «giudice naturale» nella Costituzione italiana, in Riv. it. dir. proc. pen., 1961, 414 ss.; COCCIARDI, Sul concetto di giudice naturale precostituito per legge e di giudice straordinario nella nostra Costituzione, ivi, 1962, 277 ss.; SOMMA, «Naturalità» e «precostituzione» del giudice nell'evoluzione del concetto di legge, ivi, 1963, 797 ss.; TAORMINA, Giudice naturale e processo penale, Roma, 1972.

 

Con riguardo all'ordinamento costituzionale francese sulle origini dell'espressione «juge naturel», v. RENOUX, Il principio del giudice naturale nel diritto costituzionale francese, in Il principio di precostituzione del giudice (Atti del Convegno organizzato dal Consigliosuperiore della magistratura e dall'Associazione «Vittorio Bachelet», Roma, 14-15 febbraio 1992), in Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura, 1993, n. 66, 158 ss.

 

NOTA:

 

(3) In questa Enciclopedia, XLIII, in particolare 992.

 

NOTA:

 

(4) Questo concetto, accolto pressoché da tutta la dottrina del tempo, è espresso con estrema chiarezza da CHIOVENDA (Principii di diritto processuale civile, Napoli, 1912, 389), il quale osservava come «ogni controversia, astrattamente considerata, cioè prima che sorga effettivamente, appartiene ad un dato giudice. È questo il giudice naturale da cui il litigante non può essere distolto».

 

NOTA:

 

(5) Per riferimenti all'interpretazione giurisprudenziale e dottrinaria dell'art. 71 dello Statuto albertino nel periodo monarchico-liberale, in quello fascista ed in quello costituzionale provvisorio v. ROMBOLI, Il giudice naturale. Studio sul significato e la portata del principio nell'ordinamento costituzionale italiano, Milano, 1981, 18 ss.

 

2. L'interpretazione e le prime applicazioni dell'art. 25 comma 1 cost. e il divieto di istituire giudici straordinari.

 

L'Assemblea costituente, eletta dopo la caduta del regime fascista con il compito di elaborare ed approvare la nuova costituzione, non dedicò un'attenzione particolare al principio in questione, il quale fu espresso con la formula «nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge» (art. 25 comma 1 cost.) ed inserito nella parte della Costituzione relativa ai «diritti e doveri dei cittadini», mentre il divieto di istituire giudici straordinari compare nell'art. 102 comma 2, posto nella parte relativa all'«ordinamento della Repubblica» e nel titolo dedicato alla «magistratura».

 

Nei primi anni di applicazione della Costituzione repubblicana, la disgiunta collocazione topografica dei due divieti non è stata valorizzata, ai fini della ricostruzione della portata del principio del giudice naturale, dalla prevalente dottrina, la quale ha invece provveduto a riunire gli stessi, considerando l'art. 25 comma 1 come la premessa dell'art. 102 comma 2, sviluppo e corollario del primo ed entrambi come già compresi e coincidenti nel loro contenuto con l'art. 71 dello Statuto albertino.

 

L'autorità giudiziaria - la quale in attesa dell'entrata in funzione della Corte costituzionale esercitava pure un controllo «diffuso» sulla costituzionalità delle leggi - ritenne sempre infondate le questioni di costituzionalità avanzate dalle parti del processo per presunta violazione dell'art. 25 comma 1 cost., il quale venne interpretato nel senso di escludere in ogni caso una sua applicazione come parametro per la legittimità delle norme regolanti la competenza, individuandone lo scopo nel vietare la creazione di magistrature straordinarie e venendo così ad aderire, in linea di massima, alla posizione espressa dalla dottrina allora dominante.

 

Agli inizi degli anni '60, soprattutto in considerazione del problema della legittimità costituzionale dell'istituto della cosiddetta competenza prorogata, fu concretamente posto e dibattuto, specie da parte dei processualpenalisti, il tema dei rapporti tra l'art. 25 comma 1 e l'art. 102 comma 2 cost., fin allora risolto in maniera assai frettolosa e senza adeguata motivazione nel senso della identificazione.

 

Si trattava in sostanza di verificare se il contenuto del principio del giudice naturale dovesse esaurirsi nel divieto di istituire giudici straordinari oppure si dovesse attribuirgli il significato ulteriore e specifico di parametro costituzionale della competenza. In altre parole se il divieto di distrarre dal giudice naturale comportasse il divieto di istituire giudici straordinari oppure anche o soltanto quello di spostare ex post facto la competenza da un giudice all'altro.

 

Le conseguenze pratiche, discendenti dall'interpretazione seguita in ordine ai rapporti sussistenti tra l'art. 25 comma 1 e l'art. 102 comma 2 cost. apparvero evidenti allorché, a seguito dell'entrata in funzione della Corte costituzionale, fu sollevata davanti ad essa la questione di costituzionalità dell'art. 30 comma 2 c. p.p., nella parte in cui prevedeva il potere del procuratore della Repubblica di disporre, con provvedimento discrezionale ed insindacabile, prima dell'apertura del dibattimento, la rimessione al pretore di un procedimento di competenza del tribunale (cosiddetta competenza prorogata).

 

Per quanti identificavano il divieto di distrazione dal giudice naturale con quello di istituire giudici straordinari, il riferimento all'art. 25 comma 1 cost. era evidentemente fuori luogo, in quanto si trattava di uno spostamento di competenza tra organi (pretore e tribunale) entrambi precostituiti e quindi «naturali», mentre chi indicava nelle norme sulla competenza il campo operativo della garanzia del giudice naturale, sosteneva l'incostituzionalità della cosiddetta proroga di competenza, in quanto essa portava una deroga alla competenza per materia e lo faceva a posteriori con provvedimento discrezionale ed insindacabile del pubblico ministero o del giudice istruttore.

 

La Corte costituzionale accolse la suddetta questione di costituzionalità, affermando, a proposito dei rapporti del principio in esame con il divieto di giudici straordinari, che «in realtà queste due norme, a parte ogni considerazione circa la coincidenza della istituzione di giudici straordinari con la sottrazione al giudice naturale, hanno contenuto ben diverso. Anche se genericamente ispirate ad una comune finalità di retto svolgimento delle funzioni di giustizia, esse rispondono ad esigenze distinte, cioè: unità della giurisdizione per l'art. 102; divieto della costituzione del giudice a posteriori per l'art. 25» (6) .

 

NOTA:

 

(6) C. cost. 7 luglio 1962, n. 88, in Giur. cost., 1962, 959 ss., in particolare 966.

 

3. La sentenza n. 88 del 1962 della Corte costituzionale e i valori tutelati dalla garanzia della precostituzione del giudice.

 

La decisione della Corte costituzionale del 1962 rappresenta un momento significativo ed irrinunciabile per la ricostruzione del significato e della portata del principio del giudice naturale; in essa infatti si sostiene, con estrema chiarezza, che la precostituzione del giudice per legge consiste nella «previa determinazione della competenza, con riferimento a fattispecie astratte realizzabili in futuro, non già, a posteriori, in relazione, come si dice, a una regiudicanda già insorta», «una competenza [cioè] fissata, senza alternative, immediatamente ed esclusivamente dalla legge», escludendo la possibilità di una «alternativa fra un giudice e un altro, preveduta dalla legge, ma risolubile a posteriori, con provvedimento singolo, in relazione a un dato procedimento», dal momento che «precostituzione del giudice e discrezionalità nella sua concreta designazione sono criteri tra i quali non si ravvisa possibile una conciliazione» (7) .

 

Tale pronuncia apre una nuova fase per il principio del giudice naturale e pone in evidenza l'utilità di questo ai fini della realizzazione di ben altri e più importanti risultati per la tutela dei diritti dei cittadini rispetto a quelli precedentemente pensabili e per una organizzazione giudiziaria maggiormente aderente ai principi costituzionali. Con essa infatti si veniva ad individuare: a) una riserva di legge in materia di competenza del giudice, espressamente qualificata dalla Corte come assoluta, con esclusione quindi della possibilità di una sua determinazione a seguito di qualsiasi intervento di altra autorità pubblica o privata; b) un obbligo per il legislatore non solo di intervenire direttamente, ma altresì di farlo comunque prima della realizzazione del fatto da giudicare, dando così alla riserva un carattere rinforzato.

 

Circa la ratio del principio della precostituzione del giudice ed il valore da esso garantito, essi sono stati individuati nella tutela della imparzialità del giudice.

 

Questa indicazione ha poi trovato conferma nella dottrina che si è successivamente occupata del tema, tanto che possiamo ritenere la stessa una delle affermazioni senz'altro più ricorrenti e che nessuno penserebbe mai di mettere in discussione, avendo avuto pure l'autorevole avallo da parte di una giurisprudenza della Corte costituzionale assolutamente consolidata (8) .

 

La nostra Costituzione non prevede espressamente il principio di imparzialità con riguardo all'attività giurisdizionale, ma ne parla solo con riguardo alla pubblica amministrazione in una accezione e significato ovviamente diverso, stante la diversa posizione che nella nostra Costituzione vengono ad assumere la pubblica amministrazione e la magistratura. Nonostante ciò può senz'altro ritenersi che il valore dell'imparzialità del giudice discenda direttamente dal principio di uguaglianza, nonché dal suo stretto collegamento con la garanzia della indipendenza del giudice.

 

La tutela della indipendenza del giudice (9) , sia nel suo aspetto di indipendenza «esterna» o organica o istituzionale, relativa ai rapporti della magistratura con gli altri poteri dello Stato, sia in quello di indipendenza «interna», appare infatti come strumentale al perseguimento di un unico risultato: quello di rendere il giudice libero, al momento in cui è chiamato ad esercitare la sua funzione giurisdizionale, da illecite influenze ed ingerenze che gli potrebbero derivare appunto dall'esterno come dall'interno della stessa magistratura ed il concetto di imparzialità del giudice, come unanimemente riconosciuto, si riferisce appunto al momento «funzionale» in cui il giudice è chiamato concretamente ad applicare la legge ad un singolo caso reale.

 

In particolare attraverso l'affermazione della indipendenza interna o funzionale del giudice - espressa dall'art. 107 comma 3 cost. che fissa il principio secondo cui i magistrati si distinguono tra di loro soltanto per diversità di funzioni - viene superata la concezione gerarchica dell'organizzazione giudiziaria ed affermato al contrario il carattere diffuso del potere giudiziario, che trova una conferma nel riconoscimento della legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità di una legge a qualsiasi autorità giudiziaria nel corso di un giudizio e nella giurisprudenza costituzionale la quale, in tema di conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, ha da tempo qualificato il singolo giudice come potere dello Stato, legittimandolo quindi a sollevare ed a resistere in sede di conflitto.

 

Questa connotazione è tale da caratterizzare in maniera assolutamente particolare il nostro modello di ordinamento giudiziario rispetto agli altri conosciuti, quello inglese, francese e sovietico (10) .

 

L'evoluzione e la effettiva realizzazione di quel modello credo dipenda in buona parte anche dal modo come si intende e soprattutto viene applicato il principio della precostituzione del giudice.

 

Presupposto per attribuire allo stesso un qualche reale significato e valore nel condizionare i caratteri del nostro ordinamento giudiziario, è il riconoscimento della natura creativa dell'attività interpretativa del giudice e quindi la possibilità di diverse soluzioni pur in presenza di casi analoghi ai quali dover applicare la stessa legge.

 

Tutto questo porta a concludere che è proprio la «diversità» dei giudici al momento della decisione che costituisce al tempo stesso un valore costituzionale ed il presupposto operativo del principio della precostituzione del giudice, il quale tende così a realizzare ed a garantire la permanenza di un effettivo pluralismo all'interno della magistratura, impedendo manovre ed interventi non consentiti e post factum sulla individuazione del giudice competente a decidere un determinato caso.

 

NOTA:

 

(7) C. cost. 7 luglio 1962, n. 88, cit., 966 s.

 

NOTA:

 

(8) Per alcuni esempi, nella più recente giurisprudenza costituzionale, v. C. cost. 25 marzo 1992, n. 124, in Giur. cost., 1992, 1064; C. cost., ordinanza, 2 aprile 1992, n. 161, ivi, 1246; C. cost. 22 aprile 1992, n. 186, ivi, 1343; C. cost. 7 luglio 1993, n. 305, ivi, 1993, 2449; C. cost., ordinanza, 17 febbraio 1994, n. 42, ivi, 1994, 256; C. cost. 30 dicembre 1994, n. 453, ivi, 3918; C. cost., ordinanza, 14 aprile 1995, n. 130, ivi, 1995, 1042; C. cost., ordinanza, 8 marzo 1996, n. 69, ivi, 1996, 657.

 

NOTA:

 

(9) Sul principio di indipendenza del giudice, v., tra gli altri, GUARNIERI, L'indipendenza della magistratura, Padova, 1981; BONIFACIO e GIACOBBE, in Commentario della Costituzione a cura di G. BRANCA, La magistratura, t. 3. (Art. 104-107), Bologna-Roma, 1986, 9 ss. e 162 ss.; FERRARI G., La giustizia è il giudice, Padova, 1989, 31 ss.; PIZZORUSSO, L'organizzazione della giustizia in Italia, Torino, 1990, 22 ss., 61 ss. e ID., Indipendenza del magistrato e assegnazione di funzioni, in Questione giustizia, 1991, 288 ss.; BARTOLE, Giudice: I) Teoria generale, in Enc. giur., XV, 1989, e ID., Indipendenza del giudice (teoria generale), ivi, XVI; FUSARO, Indipendenza della magistratura, composizione e sistema elettorale del CSM, in Nomos, 1990, 2, 63 ss.; ATRIPALDI, Indipendenza della magistratura alla luce della Carta costituzionale, in I diritti dell'uomo, 1992, 3, 5 ss.; MEZZANOTTE, Sulla nozione di indipendenza del giudice, in Magistratura, CSM e principi costituzionali a cura di B. CARAVITA, Bari, 1994, 3 ss.; ROMBOLI, L'indipendenza della magistratura, in L'equilibrio tra i poteri nei moderni ordinamenti costituzionali a cura di L. LUATTI, Torino, 1994, 140 ss.

 

NOTA:

 

(10) Sul punto cfr. in particolare PIZZORUSSO, Recenti modelli europei di ordinamento giudiziario, in Anuario de derecho publico y estudios politicos, El poder judicial, Granada, 1988, 99 ss., e ID., Ordinamento giudiziario (dir. comp. e stran.), in Enc. giur., XXI, 1990.

 

Sul significato ed i problemi applicativi del principio del giudice naturale negli ordinamenti tedesco, spagnolo e francese, v. HARTWIG, Il Gesetzliche richter di cui all'art. 101, 1° comma, 2a proposizione, del Grundgesetz, in Il principio di precostituzione del giudice, cit., 82 ss.; DIEZ PICAZO, Il juez ordinario predeterminado por la ley di cui all'art. 24, comma 2, della costituzione spagnola, ivi, 104 ss.; RENOUX, Il principio del giudice naturale, cit., 158 ss.

 

4. La riserva di legge in materia di competenza giurisdizionale e le sue possibili violazioni. La posizione della Corte costituzionale.

 

A seguito ed in ragione della ricordata decisione della Corte costituzionale del 1962 (11) e della ricostruzione che in essa viene operata del principio contenuto nell'art. 25 comma 1 cost., si apre per questo una stagione assai intensa e ricca di prospettive per l'eliminazione di tutta una serie di disposizioni, specie del codice di procedura penale, che sembravano in insanabile contrasto con le affermazioni ricavate dalla Corte dal principio in considerazione.

 

Furono infatti molte le questioni di legittimità costituzionale che, a seguito di quella decisione, giunsero all'esame del giudice delle leggi, per lo più relative, come era abbastanza facile attendersi, a presunte violazioni della riserva assoluta di legge in materia di determinazione della competenza del giudice (cosiddetta norma formale).

 

È appena il caso di ricordare come, a differenza di quanto tradizionalmente avviene per le altre riserve di legge stabilite dalla Costituzione, quella in esame non ha tanto operato nel senso di escludere che la materia de qua fosse disciplinata attraverso atti di normazione secondaria del Governo, ma è stata invocata esclusivamente nei confronti di atti di autorità giurisdizionali i quali, essendo legittimati dalla legge o da una certa interpretazione della stessa a sostituirsi all'atto legislativo nella determinazione del giudice competente, violavano, a giudizio di molti giudici a quibus, la riserva di legge contenuta nell'art. 25 comma 1 cost.

 

Più in particolare è possibile dividere le varie questioni sollevate in due gruppi, nel primo dei quali possiamo ricomprendere tutte quelle questioni di costituzionalità attraverso le quali si censurava l'esistenza di disposizioni che, nel prevedere fattispecie astratte al cui verificarsi era ricollegato uno spostamento di competenza, lo facevano descrivendo tali fattispecie attraverso l'uso di termini o di espressioni talmente generiche da lasciare ampiamente spazio ad un intervento discrezionale dell'interprete (12) .

 

In un secondo gruppo possono invece essere inserite altre questioni di costituzionalità le quali tendevano invece ad evidenziare l'inconciliabilità con la garanzia della precostituzione per legge, del potere assolutamente libero dell'autorità giudiziaria, ed in particolare della Corte di cassazione, di indicare il giudice competente una volta che quello originariamente tale era venuto meno per il verificarsi di eventi oggettivi espressamente previsti dalla legge.

 

L'atteggiamento della Corte costituzionale rispetto ai due diversi gruppi di questioni ad essa sottoposte è stato diverso.

 

Con riguardo al primo gruppo infatti essa ha proceduto ad una ridefinizione, se non addirittura ad una sostanziale riduzione, di quanto forse troppo categoricamente enunciato nella sentenza del 1962, giungendo nel maggior numero dei casi a rigettare le eccezioni di costituzionalità, negando che si trattasse di criteri non oggettivi oppure, quando era del tutto evidente l'intervento di un'attività discrezionale dell'interprete, parlando di una discrezionalità regolata, che trovava nell'ordinamento i suoi limiti e comunque necessaria per ovvie esigenze e necessità pratiche di speditezza dei giudizi. La Corte ha altresì in più occasioni sostenuto che un margine di relativa discrezionalità nell'accertare la sussistenza delle condizioni volute dalla legge è inseparabilmente connesso all'esercizio del potere-dovere di interpretazione proprio del giudice, ma che si tratta di una discrezionalità regolata, razionalmente indispensabile e quindi del tutto legittima (13) .

 

Il giudice delle leggi quindi, pur limitando fortemente i principi espressi nella più volte ricordata sentenza del 1962, li ha sempre in qualche modo implicitamente ribaditi o quanto meno mai smentiti, sforzandosi di motivare le proprie pronunce di infondatezza, evidenziando le particolarità delle disposizioni impugnate (14) .

 

Al contrario, per quanto concerne i problemi di costituzionalità indicati nel secondo gruppo, la Corte costituzionale ha lasciato completamente cadere la garanzia della riserva di legge ed infatti la pressoché totale discrezionalità della Corte di cassazione nell'indicare il nuovo giudice competente, a seguito del venir meno di quello che lo era originariamente per il verificarsi di fatti previsti dalla legge, è stata ritenuta assolutamente «necessaria» ed «ineliminabile» e legittimata attraverso il richiamo a non meglio precisate «esigenze pratiche» oppure alla necessità di tutelare la speditezza dei giudizi (15) .

 

NOTA:

 

(11) C. cost. 7 luglio 1962, n. 88, cit.

 

NOTA:

 

(12) Ciò specificamente per le ipotesi di rimessione di procedimenti per cui essa veniva legittimata sulla base di non meglio precisati «motivi di ordine pubblico o di legittimo sospetto» (art. 55 c.p.p. abr.) o per quanto riguardava la possibilità e le condizioni per la riunione o la separazione di procedimenti connessi previste dal passato codice di procedura penale, dove si parlava genericamente di «altri gravi motivi», «natura del reato», «rilevanza», «particolari motivi», «quando sia conveniente», «purché giovi alla speditezza» (art. 413 c.p.p. abr.), ecc.

 

NOTA:

 

(13) Costante è la giurisprudenza della Cassazione nell'affermare che le disposizioni le quali prevedono uno spostamento di competenza a causa della rimessione di procedimenti o per ragioni di connessione debbono essere interpretate in maniera restrittiva, costituendo esse una deroga al principio del giudice naturale: v., tra le tante, Cass. 23 gennaio 1995, in Giust. pen., 1995, III, 388.

 

Sulla base delle stesse motivazioni la Cassazione ha sostenuto la necessità di intendere in maniera particolarmente rigorosa le disposizioni relative alla notifica della richiesta di rimessione alla parte che potrebbe subire lo spostamento di competenza: v. Cass. 16 novembre 1993, in Mass. cass. pen., 1994, n. 3, m. 78; Cass. 11 aprile 1994, ivi, 1994, n. 8, m. 63.

 

NOTA:

 

(14) Un'apparente deroga, dovuta però ad un infortunio in cui la Corte costituzionale è incorsa nel citare un proprio precedente, potrebbe apparire l'affermazione contenuta nelle C. cost. 5 maggio 1993, n. 217, in Foro it., 1993, I, 712, e C. cost. 12 giugno 1992, n. 269, ivi, 2992, dove si legge che la garanzia della precostituzione del giudice «nulla ha da vedere con la ripartizione della competenza territoriale tra giudici, dettata da normativa nel tempo anteriore alla istituzione del giudice» (ivi, 713). Per una ricostruzione della vicenda v. ROMBOLI, Precostituzione del giudice e limiti al potere di scelta ad opera della parte di fronte ad una Corte costituzionale incredibilmente distratta , ivi, 2992 ss.

 

NOTA:

 

(15) Per un'analisi particolareggiata della giurisprudenza costituzionale successiva alla C. cost. 7 luglio 1962, n. 88, cit., e una valutazione circa la progressiva specificazione e riduzione dei principi in quella espressi v. NOBILI, in Commentario della Costituzione a cura di G. BRANCA, cit., Rapporti civili, t. 1 (Art. 24-26), 1981, sub art. 25 comma 1, 161 ss.; ROMBOLI, Il giudice naturale, cit., 160 ss. e ID., Giudice naturale, in Nss. D.I., Appendice, 1982, III, 968 ss.; SPANGHER, La rimessione dei procedimenti. Precedenti storici e profili di legittimità costituzionale, Milano, 1984, 196 ss.; PIZZORUSSO, Giudice naturale, in Enc. giur., XV, 1988, 2; ALFIERI, Giudice naturale, in D. disc. pen., V, 1991, 445 ss.; RICCIO, DE CARO e MAROTTA, Principi costituzionali e riforma della procedura penale, Napoli, 1991, 53 ss.; AGRÒ e LIPARI, La giurisprudenza della Corte costituzionale, in Il principio di precostituzione del giudice, cit., 198 ss.

 

5. La costituzione del giudice prima del fatto da giudicare.

 

Rispetto ai problemi posti, affrontati o anche solo discussi di presunte violazioni del principio del giudice naturale con riferimento alla riserva di legge contenuta nell'art. 25 comma 1 cost., le questioni suscitate sotto l'aspetto della precostituzione del giudice, della necessità cioè che il legislatore detti la disciplina della competenza prima del fatto da giudicare (cosiddetta norma sostanziale), sono numericamente assai inferiori, anche se certamente non meno importanti per la realizzazione di quel principio.

 

Le eccezioni di costituzionalità giunte all'esame della Corte costituzionale sotto questo profilo della garanzia del giudice naturale riguardano: il caso della modificazione delle circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari, di cui all'art. 9 d.P.R. 31 dicembre 1963, n. 2105, il quale prevedeva che gli affari pendenti al giorno della sua entrata in vigore erano devoluti alla cognizione degli uffici competenti secondo le nuove norme, riconoscendo quindi efficacia retroattiva alle modificazioni delle regole di distribuzione della competenza (16) ; quello della sottrazione, con effetto retroattivo, alla competenza della corte d'assise, con conseguente attribuzione al tribunale, della cognizione dei delitti di rapina aggravata, di estorsione aggravata e di sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (17) ; quello di cui all'art. 6 l. 6 ottobre 1980, n. 75 che attribuiva alla giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi regionali le controversie in tema di indennità di buonuscita anche con riferimento ai giudizi pendenti che venivano dichiarati estinti (18) , o ancora il caso dell'art. 27 d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, che ha ripristinato, con effetto anche per i giudizi in corso, il limite massimo di settantacinque anni di età, già elevato a settantotto anni, per i membri chiamati a far parte delle commissioni tributarie (19) .

 

La Corte costituzionale ha pure affrontato, per presunta violazione della precostituzione del giudice, la questione di costituzionalità relativa all'art. 5 c.p.c. sospettato per non estendere il principio della perpetuatio iurisdictionis ai mutamenti di competenza provocati, anziché dal cambiamento dei fatti, da norme sopravvenute nel corso del giudizio (20) , nonché dell'art. 104 comma 1 l. 1° aprile 1981, n. 121, circa il trasferimento dei giudizi pendenti davanti ai tribunali militari, ed a carico del personale del disciolto corpo delle guardie di pubblica sicurezza, all'autorità giudiziaria competente per territorio e per materia (21) .

 

La Corte costituzionale ha comunque sempre dichiarato l'infondatezza delle questioni di costituzionalità che, sotto il profilo in parola, le sono pervenute, sostenendo in tutti i casi esaminati che il principio del giudice naturale è violato quando il giudice venga designato a posteriori dal legislatore in via di eccezione singolare alle regole generali, mentre non lo è quando la legge, sia pure anche con effetto sui processi in corso, modifica in generale i presupposti o i criteri in base ai quali deve essere individuato il giudice competente: in questo caso lo spostamento di competenza non avverrebbe in conseguenza di una deroga alla disciplina generale, che sia adottata in vista di una determinata controversia, ma per effetto di un nuovo ordinamento e dunque della designazione di un nuovo «giudice naturale» che il legislatore, nell'esercizio del suo insindacabile potere di merito, sostituisce a quello vigente.

 

La motivazione posta a base delle ricordate pronunce di infondatezza (anche se non altrettanto può forse dirsi, in generale, per la conclusione cui esse pervengono) non può essere condivisa.

 

Se, come nessuno riteniamo possa dubitare, l'art. 25 comma 1 cost. richiede la precostituzione del giudice e non la semplice costituzione e se dobbiamo ritenere che la Costituzione nel fissare tale obbligo si riferisca al legislatore - e anche su questo pensiamo non possano nutrirsi dubbi, visto che l'unico soggetto abilitato a dettare una disciplina della competenza è appunto, stante la riserva di legge, il legislatore - non si vede come possa escludersi una violazione della precostituzione nel caso di una legge che fissi la competenza del giudice con effetto retroattivo, non autorizzando l'art. 25 comma 1 a distinguere, come invece fa la Corte, tra leggi generali e leggi eccezionali o particolari.

 

Questo non significa che nelle ipotesi sopra ricordate la Corte costituzionale dovesse necessariamente giungere in tutti i casi ad una pronuncia di incostituzionalità, che poteva certamente essere evitata, ma attraverso una diversa motivazione la quale non escludesse la palese ed evidente violazione del principio di precostituzione del giudice.

 

Nel sistema dei principi e dei valori costituzionali, come ricavabili dalla nostra Carta fondamentale, nessuno di essi si pone come principio assolutamente intangibile e superiore, per quanto sicuramente di fondamentale importanza (si pensi alla libertà personale o a quella di manifestazione del pensiero), ma al contrario ognuno deve coordinarsi con gli altri valori costituzionali, di modo che può trovarsi a dover subire limitazioni ad opera di questi, qualora ritenuti rispetto ad esso prevalenti ed entrambi i principi non siano congiuntamente realizzabili.

 

Tutto ciò vale ovviamente anche per il principio della precostituzione del giudice e per il valore da questo espresso, per cui, senza escludere la sua violazione, si poteva evitare la dichiarazione di incostituzionalità motivando l'infondatezza attraverso il riferimento, assai frequente specie nella più recente giurisprudenza costituzionale, ad un bilanciamento tra i diversi valori costituzionali che giustificasse un sacrificio della garanzia della precostituzione, anche in considerazione del fatto, di per sé assolutamente non decisivo, che una modifica generale delle regole sulla competenza fa sorgere meno sospetti circa la «maliziosità» della stessa rispetto al caso in cui la modifica avvenga con riferimento ad un preciso e specifico procedimento (22) .

 

Il richiamo ad altri valori costituzionali e no è stato spesso operato attraverso una lettura dell'art. 25 comma 1 cost., la quale - contrariamente a quanto sostenuto fin dalle prime decisioni in materia da parte della Corte costituzionale, secondo cui i due termini formano un'endiadi e la qualificazione di «naturale» nulla aggiunge alla precostituzione per legge del giudice (23) - ha individuato nel termine «naturale» un significato diverso ed ulteriore rispetto a quello desumibile dalla precostituzione per legge. In particolare si è fatto riferimento all'esigenza di garantire il diritto di difesa, la purezza e la regolarità della funzione giurisdizionale, uno svolgimento delle funzioni di giustizia più regolare e più ricco di garanzie ed il giudice naturale è stato individuato in quello indipendente, idoneo, in riferimento sia alla sua specializzazione che all'attitudine a svolgere i suoi compiti istituzionali o ancora in quello del luogo del commesso reato.

 

Esprimendosi per lo più nel senso di voler perseguire l'intento di un allargamento della garanzia della precostituzione del giudice, attraverso l'attribuzione alla stessa di ulteriori significati e valori che sarebbero rappresentati e richiamati dal generico termine «naturale», si è giunti al contrario a ridurne la portata, legittimando una restrizione della stessa in nome di valori costituzionali, o presunti tali, per la maggior parte espressi in altre e diverse disposizioni costituzionali (24) , che verrebbero ad operare pertanto come un limite «interno» all'art. 25 comma 1 cost.

 

NOTA:

 

(16) C. cost. 5 maggio 1967, n. 56, in Giur. cost., 1967, 654.

 

NOTA:

 

(17) C. cost. 8 aprile 1976, n. 72, in Giur. cost., 1976, I, 445.

 

NOTA:

 

(18) C. cost. 10 dicembre 1981, n. 185, in Giur. cost., 1981, I, 1826.

 

NOTA:

 

(19) C. cost. 23 maggio 1985, n. 156, in Giur. cost., 1985, I, 1111.

 

NOTA:

 

(20) C. cost. 10 dicembre 1981, n. 185, cit.

 

Sui rapporti tra l'art. 5 c.p.c. e la garanzia della precostituzione del giudice, v. pure C. conti, sez. I, 7 marzo 1994, n. 60, in Riv. C. conti, 1994, II, 63 e C. conti 25 ottobre 1994, n. 33, ivi, VI, 92.

 

NOTA:

 

(21) C. cost. 28 maggio 1987, n. 207, in Giur. cost., 1987, I, 1553.

 

NOTA:

 

(22) Così ad esempio con riguardo alla legge di delega, avente ad oggetto la istituzione del giudice unico in primo grado (l. 16 luglio 1997, n. 254), dove, tra l'altro, il Governo è delegato ad emanare una disciplina che fissi «le fasi oltre le quali i procedimenti non passano ad altro ufficio secondo le nuove regole di competenza» (v. Gazzetta giuridica-Italia oggi 5 dicembre 1997, n. 43, p. 40).

 

NOTA:

 

(23) Tale posizione è sempre stata ribadita e tenuta ferma dalla Corte: v., da ultimo, C. cost. 30 dicembre 1994, n. 460, in Giur. cost., 1994, 3967.

 

NOTA:

 

(24) V., in proposito, l'analisi svolta da PIZZORUSSO, Il principio del giudice naturale nel suo aspetto di norma sostanziale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1975, 1 ss.

 

6. Il campo di applicazione del principio del giudice naturale. I limiti alla possibilità della parte di «scegliersi» il giudice.

 

Diversi, e diversamente rilevanti ai fini dell'efficacia della garanzia in esame, sono stati i problemi che si sono posti con riferimento all'individuazione del campo di applicazione del principio di precostituzione del giudice; si è così discusso se esso dovesse valere solo per il campo penale o anche per i procedimenti civili e amministrativi, se solo per i giudici ordinari o anche per quelli speciali, se solo per la fase del giudizio oppure anche per quella istruttoria, se solamente per gli organi giudicanti o anche per quelli requirenti, se fosse riferibile all'organo oppure anche alle singole persone fisiche che lo compongono.

 

Con riguardo al campo di applicazione dell'art. 25 comma 1 cost. si è posto il problema se la garanzia in esso compresa debba o meno valere anche per gli organi del pubblico ministero.

 

La dottrina assolutamente prevalente, salvo poche eccezioni, si è espressa nel senso di escludere che il pubblico ministero possa essere ricompreso nel concetto di «giudice naturale» (25) e dello stesso avviso è stata pure la Corte costituzionale, in coerenza con l'interpretazione da questa da sempre sostenuta dei termini «giudice» e «autorità giudiziaria» ai fini del riconoscimento della legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità in via incidentale, attraverso la quale ha sempre escluso una simile legittimazione in capo agli organi del pubblico ministero (26) .

 

Per quanto concerne invece in particolare l'applicabilità della garanzia della precostituzione del giudice anche al campo civile ed amministrativo, essa era stata in un primo momento esclusa sulla base di una lettura dell'art. 25 comma 1, effettuata congiuntamente al comma 2 cost., derivandone che, come quest'ultimo valeva chiaramente solo per il giudizio penale, altrettanto si sarebbe dovuto dire anche per il primo.

 

La dottrina successiva - fondandosi principalmente sulla ratio del principio e sui valori da esso espressi, i quali debbono indubbiamente valere per qualsiasi tipo di procedimento e di giudizio - ha unanimemente riconosciuto l'applicabilità del principio anche al processo civile e amministrativo, pur non sottacendo, rispetto al processo penale, la minore drammaticità che questa viene ad assumere, in considerazione degli interessi fatti valere in questo tipo di giudizi (27) . Nello stesso senso si è espressa, ormai in moltissime occasioni, la Corte costituzionale, affrontando nel merito questioni di costituzionalità di disposizioni relative al processo civile o amministrativo, per presunta violazione dell'art. 25 comma 1 cost.

 

Per quanto riguarda la riferibilità della garanzia della precostituzione del giudice ai giudici costituzionali, l'applicazione dell'art. 25 comma 1 pone indubbiamente tutta una serie di problemi che dovrebbero essere attentamente valutati. Innanzi tutto, il quesito circa la possibilità di qualificare la Corte come «giudice» e la sua attività come giurisdizionale. Infatti, nonostante che la Corte stessa abbia da tempo riconosciuto la propria legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità come «giudice» a quo, è ancora aperto un ampio dibattito nella dottrina costituzionalistica, il quale riguarda in sostanza il ruolo della Corte nella nostra forma di governo. Inoltre occorre tenere nella dovuta considerazione le particolarità del processo costituzionale rispetto ai giudizi ordinari e quindi il diverso valore che in esso vengono necessariamente ad assumere certi istituti ed anche certi principi generali di diritto processuale, nonché il fatto che per due terzi i giudici costituzionali sono eletti da organi politici secondo una procedura che risponde inevitabilmente alle caratteristiche proprie di tali organi. Detto questo occorre aggiungere come il riferimento della garanzia della precostituzione del giudice alla Corte costituzionale avrebbe comunque riguardo non a profili attinenti ovviamente alla competenza (trattandosi di una competenza «unica» ed «accentrata» in tale organo), bensì alla composizione del collegio giudicante. Inoltre, per quest'ultima, il riferimento all'art. 25 comma 1 cost. verrebbe a porsi in termini particolari rispetto a quelli affrontati dalla dottrina e dalla giurisprudenza con riguardo ai giudici ordinari, per i quali infatti il problema della composizione dell'organo giudicante è riferito specificamente alla scelta dei magistrati che andranno a comporre il collegio, mentre per i giudici costituzionali esso si pone naturalmente come possibilità di incidere sul numero dei componenti e non certo sulle persone. Il principio del giudice naturale, nel caso della Corte costituzionale, potrebbe quindi essere richiamato come garanzia che impone al legislatore di fissare in anticipo, rispetto alle cause da decidere, il numero dei giudici che compongono il collegio giudicante.

 

La garanzia di precostituzione per legge del giudice sembra chiaramente destinata ad essere applicata ad una realtà differente, quale quella della magistratura ordinaria e quindi a problemi assai diversi, per cui inevitabilmente mal si adatta alle particolarità di un processo quale è quello del controllo della costituzionalità delle leggi e crea evidenti, ed in certi casi quasi insuperabili, difficoltà applicative (si pensi ad esempio all'individuazione del dies a quo cui ancorare la precostituzione) (28) .

 

Un aspetto della problematica sul giudice naturale che si è evidenziato in particolare nell'applicazione del principio della precostituzione del giudice ai procedimenti civili, è quello relativo alla legittimità di una disciplina che consenta alla parte di un giudizio di influire sulla individuazione del giudice competente, giungendo a scegliersi il giudice da cui farsi giudicare, nell'ambito di una rosa, più o meno ampia, prevista dal legislatore.

 

L'interesse per questo aspetto del problema è confermato dalla presenza di una serie di decisioni giurisprudenziali le quali ci mostrano come spesso la parte, con artifici vari, tenti di influire sulla determinazione del giudice competente; questo è avvenuto attraverso la presentazione di una sede fittizia, il frazionamento di un credito in realtà unico, la costituzione di una parte fittizia o la prospettazione artificiosa della domanda da parte dell'attore, la rinuncia e la successiva ripresentazione di identico ricorso (29) .

 

Il Consiglio superiore della magistratura, nella circolare relativa alla formazione delle tabelle di composizione degli uffici giudiziari, ha richiamato l'attenzione su questo problema invitando, con riguardo alla distribuzione dei processi tra i magistrati delle preture e dei tribunali addetti alle sezioni lavoro, ad operare attraverso sistemi di assegnazione tali da «evitare sia la prevedibilità dell'assegnazione, sia la possibilità che il sistema automatico venga utilizzato in modo tale da consentire la scelta del giudice ad opera della parte».

 

In varie occasioni la Corte costituzionale ha avuto modo di occuparsi di questioni di costituzionalità per presunta violazione dell'art. 25 comma 1, nelle quali si poneva appunto un problema di una possibile influenza della parte nella scelta del giudice competente (30) .

 

La Corte costituzionale, in tutte le ipotesi sopra richiamate, ha sempre concluso per l'infondatezza delle eccezioni di costituzionalità, dal che si potrebbe desumere che essa ha ritenuto non contrastante con la riserva di legge contenuta nell'art. 25 comma 1, la possibilità per la parte del giudizio di incidere sulla determinazione del giudice competente, anche se deve essere sottolineata in proposito una evoluzione della giurisprudenza costituzionale, che assomiglia molto ad un sostanziale mutamento di giurisprudenza (31) .

 

La conclusione, nel senso della infondatezza, cui è giunta la Corte crediamo debba essere comunque condivisa, soprattutto nella considerazione che l'attività della parte, pur se decisiva nella determinazione del giudice competente, è un qualcosa che vale ad integrare la fattispecie in base alla quale scatta il collegamento con un determinato giudice, una diversa soluzione porterebbe paradossalmente a ritenere in contrasto con il principio di precostituzione del giudice, come si è già avuto modo di sostenere (32) , anche «la scelta del ladro di commettere un furto a Pontedera, anziché a Cascina, in modo tale da essere giudicato dal pretore della prima città».

 

Diversa deve invece ritenersi l'ipotesi prevista dall'art. 20 c.p.c. il quale consente all'attore di adire il convenuto alternativamente, a propria libera scelta, nel luogo in cui l'obbligazione è sorta oppure in quello in cui l'obbligazione stessa deve eseguirsi.

 

In questo caso la fattispecie prevista dalla legge è completata interamente in ogni suo elemento e, successivamente alla sua realizzazione, è consentito all'attore di scegliere liberamente tra una rosa di giudici tutti astrattamente competenti. Si tratta pertanto di una chiara ipotesi di alternativa prevista dalla legge, ma risolubile a posteriori attraverso una scelta lasciata alla discrezionalità assoluta di un soggetto diverso dal legislatore, il quale viene così a vincolare definitivamente anche le altre parti del giudizio.

 

Escludere, in ragione della riserva di legge di cui all'art. 25 comma 1, la possibilità di un'autorità pubblica ed in particolare di un organo giudiziario, la cui attività deve essere ispirata al principio di imparzialità (ad esempio la Corte di cassazione nelle ipotesi di rimessione di un procedimento per ragioni di ordine pubblico o di legittimo sospetto oppure per i giudizi di rinvio), di indicare il giudice competente in una rosa stabilita dal legislatore e riconoscere invece la stessa possibilità alla parte privata, chiaramente «interessata» ad una certa soluzione della controversia, con vincolo anche per le altre parti del giudizio, non sembra possa conciliarsi né con le conseguenze derivanti dall'esistenza in materia di una riserva di legge, né con le finalità sottostanti al principio di precostituzione del giudice (33) .

 

NOTA:

 

(25) In tal senso v., da ultimo, ZANON, Pubblico ministero e Costituzione, Padova, 1996, 27 ss., mentre in senso favorevole all'estensione della garanzia, di cui all'art. 25 comma 1 cost., al pubblico ministero si è espresso CONSO, Relazione introduttiva, in Il principio di precostituzione del giudice, cit., 20 ss., fondandosi in particolare sulla più recente disciplina dell'organizzazione e delle funzioni attribuite al pubblico ministero.

 

NOTA:

 

(26) Nel senso che gli organi del pubblico ministero non sono legittimati a sollevare questioni di legittimità costituzionale in via incidentale, v. C. cost. 28 luglio 1995, n. 415, in Foro it., 1995, I, 3374.

 

Per un'esplicita affermazione della Corte costituzionale secondo cui la garanzia dell'art. 25 comma 1 cost. non si applica al pubblico ministero, v. C. cost. 15 marzo 1996, n. 70, in Giur. cost., 1996, 659.

 

NOTA:

 

(27) In ordine all'applicazione del principio del giudice naturale nel processo civile v. MOROZZO DELLA ROCCA, La giurisprudenza civile della Corte suprema di cassazione, in Il principio di precostituzione del giudice, cit., 222 ss.

 

NOTA:

 

(28) Sul tema v. LUTHER, I giudici costituzionali sono giudici naturali, in Giur. cost., 1991, 2478 ss.; ROMBOLI, Composizione del collegio giudicante e assegnazione delle cause nei giudizi davanti alla Corte costituzionale, in L'organizzazione ed il funzionamento della Corte costituzionale a cura di P. COSTANZO, Torino, 1996, 324 ss.

 

NOTA:

 

(29) Cfr. Trib. Asti 29 maggio 1989, in Soc., 1990, 648; Cass. 3 ottobre 1983, n. 5755, in Foro pad., 1984, I, 365; Pret. Genova 3 giugno 1982, in Foro it., 1984, I, 2010.

 

Si fa riferimento ad ipotesi in cui sarebbe riconosciuta alla parte la possibilità di incidere sulla determinazione del giudice competente, anche nelle questioni affrontate, non nel merito, da C. cost. 16 dicembre 1993, n. 439, in Giur. cost., 1993, 3587; C. cost., ordinanza, 8 marzo 1996, n. 69, ivi, 1996, 657 ss.; C. cost., ordinanza, 25 giugno 1996, n. 218, ivi, 1907 ss.

 

NOTA:

 

(30) In particolare per la competenza del giudice del luogo del primo approdo della nave (in quanto determinabile a discrezione del comandante della nave stessa) (C. cost. 28 gennaio 1965, n. 1, in Giur. cost., 1965, 1 ss.), per quella della sezione istruttoria della corte d'appello nel cui distretto si trova l'imputato o il condannato (in quanto manovrabile attraverso lo spostamento del soggetto da un istituto all'altro) (C. cost. 16 gennaio 1975, n. 6, ivi, 1975, 17 ss.), per la possibilità di precostituirsi la commissione tributaria competente attraverso la scelta del notaio rogante (C. cost. 3 agosto 1976, n. 214, ivi, 1976, I, 1348 ss.), per la competenza alternativa tra pretore e tribunale risolubile solo a seconda che la polizia giudiziaria faccia o meno rapporto al pretore (C. cost. 29 luglio 1982, n. 158, ivi, 1982, I, 1357 ss.), per quella del giudice dell'esecuzione competente per la libertà controllata influenzabile dal condannato residente all'estero al suo rientro in Italia (C. cost. 28 maggio 1987, n. 208, ivi, 1987, I, 1562), per quella del giudice tutelare, che deve concedere l'autorizzazione all'aborto della minorenne, che viene indicato nel giudice del luogo in cui opera il medico, il consultorio o la struttura socio-sanitaria cui si è rivolta la donna, finendo così per far dipendere da questa l'individuazione del giudice competente (C. cost., ordinanza, 14 aprile 1988, n. 463, ivi, 1988, I, 2098), per lo spostamento di competenza al giudice civile sulle domande in caso di applicazione di pena su richiesta (C. cost. 25 luglio 1990, n. 443, ivi, 1990, 2633), per la competenza del giudice del lavoro nel luogo ove ha sede l'INPS (in quanto l'ente potrebbe influire sulla determinazione del giudice, affidando discrezionalmente l'affare ad uno o altro ufficio) (C. cost. 19 dicembre 1991, n. 477, ivi, 1991, 3864), per la competenza del tribunale militare del luogo dove l'imputato volontariamente si costituisce (C. cost. 5 maggio 1993, n. 217, ivi, 1993, I, 1622).

 

NOTA:

 

(31) Circa il riconoscimento di una riserva assoluta di legge nell'art. 25 comma 1 cost. (v. supra, § 4), la Corte ha, infatti, escluso la legittimità di una disciplina che preveda un'alternativa tra più giudici risolubile solo a posteriori in forza di una «scelta discrezionale operata da organi non legislativi», facendo, quindi, chiaro riferimento a qualsiasi soggetto - pubblico o privato, parte o meno del giudizio - diverso dal legislatore (C. cost. 29 luglio 1982, n. 158, in Giur. cost., 1982, I, 1357 ss.). In una successiva occasione invece la Corte afferma che, per rispettare il principio del giudice naturale, la indicazione del giudice sia sottratta «ad ogni determinazione discrezionale da parte di pubbliche autorità», lasciando intendere che non viola quel principio l'analoga determinazione della parte privata di un giudizio (C. cost., ordinanaza, 14 aprile 1988, n. 463, ivi, 1988, I, 2098 ss.). La Corte costituzionale ha poi precisato ulteriormente il concetto, specificando che «l'alternativa tra più giudici [da ritenersi contrastante con l'art. 25 comma 1 cost.] è quella risolubile in base unicamente a scelte discrezionali, specificamente inerenti alla designazione del giudice per il singolo processo, operante a posteriori "con provvedimento" autoritativo e insindacabile, di organi dello stesso potere giudiziario» (C. cost. 12 giugno 1992, n. 269, ivi, 1992, 2065).

 

NOTA:

 

(32) ROMBOLI, Il giudice naturale, cit., 197.

 

NOTA:

 

(33) Per tali motivi non può essere condivisa la decisione con cui la Corte costituzionale ha dichiarato infondata, in riferimento all'art. 25 comma 1 cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 c.p.c. (C. cost. 12 giugno 1992, n. 269, cit.).

 

7. Il significato del termine «giudice» come organo giudicante o come singolo magistrato componente l'organo.

 

L'aspetto attualmente più importante - e si può dire decisivo, per l'effettiva capacità di incidere - della garanzia della precostituzione del giudice per la realizzazione dell'imparzialità dell'autorità giudiziaria, è quello concernente l'interpretazione della garanzia stessa come riferita all'organo decidente oggettivamente inteso oppure alla persona fisica del giudice, ai componenti cioè l'organo giudiziario. Se, in altri termini, la precostituzione per legge deve arrestarsi alla previsione dell'organo giudicante oppure debba spingersi oltre a determinare anche la composizione dell'organo stesso.

 

Questo profilo attinente al campo applicativo del principio del giudice naturale è sicuramente quello di cui maggiormente si è discusso negli ultimi anni in dottrina e molte sono state anche le pronunce giurisdizionali, dei giudici di merito e della Corte costituzionale, attraverso le quali esso è stato più o meno esplicitamente affrontato.

 

La posizione assunta in proposito dalla Corte di cassazione è stata da sempre molto chiara ed univoca, infatti in molteplici occasioni essa si è espressa nel senso che per «giudice naturale» deve intendersi l'organo giudiziario e non il singolo componente l'organo stesso, chiudendo così in maniera radicale qualsiasi dubbio in ordine alla legittimità costituzionale di tutta una serie di disposizioni (34) .

 

Molto più oscillante, e quindi non decifrabile immediatamente con la stessa sicurezza, è stata invece la giurisprudenza costituzionale sullo stesso tema.

 

Fino a circa il 1985, decidendo su tutta una serie di questioni, relative alla composizione dell'organo giudicante o al potere di assegnazione delle cause da parte dei capi degli uffici giudiziari, la cui soluzione coinvolgeva l'interpretazione da dare al termine «giudice», la Corte ha legittimato l'intervento di soggetti diversi dal legislatore nella determinazione del giudice, in considerazione di «obiettive ed imprescindibili esigenze di servizio», per «un'efficiente organizzazione dell'ufficio e di una razionale distribuzione del lavoro giudiziario» o per la «continuità e prontezza della funzione giurisdizionale» (35) .

 

Nella considerazione che, come abbiamo detto, analoghe ragioni erano state dalla Corte ritenute valide a limitare in pratica la riserva di legge contenuta nell'art. 25 comma 1, senza che nessuno avesse pensato che con ciò intendesse negare l'esistenza della riserva stessa, se ne poteva fondatamente desumere che sul tema che ci occupa la Corte avesse accolto la tesi secondo cui per «giudice naturale» dovesse intendersi il singolo magistrato che compone l'organo giudicante e non l'organo oggettivamente inteso. Diversamente riuscirebbe abbastanza difficile capire perché la Corte avesse dedicato diverse pagine di motivazione per giustificare la propria decisione di infondatezza di certe questioni di costituzionalità e avesse fatto richiamo ad altri valori costituzionali che avrebbero legittimato una compressione della garanzia della precostituzione (continuità e funzionalità della giustizia, esigenze di servizio ecc.). Sarebbe stato, infatti, molto più semplice - qualora si fosse ritenuto che giudice naturale è solo l'organo giudicante - che la questione fosse stata risolta, così come avviene da parte della Cassazione, motivando semplicemente con un'affermazione di questo tipo: il principio del giudice naturale è stato invocato dal giudice a quo inopportunamente, in quanto competente a giudicare resta chiaramente lo stesso organo astrattamente inteso.

 

Nella successiva giurisprudenza la Corte costituzionale, mentre da un lato ha pronunciato tutta una serie di decisioni con cui ha seguito più o meno lo schema sopra ricordato, per cui nei loro confronti si potrebbero ripetere le osservazioni appena fatte, in altre pronunce pare invece prendere inequivocabilmente posizione, ora a favore della tesi per cui la garanzia della precostituzione del giudice si arresterebbe alla previsione della competenza dell'organo giudicante, ora per la sua estensione alle persone fisiche che lo compongono.

 

Per la prima ipotesi, la Corte ha precisato che l'art. 25 comma 1 «non garantisce la permanenza delle persone fisiche in un determinato organo giurisdizionale, ma la certezza del cittadino di vedere tutelati i propri diritti e interessi da un organo già preventivamente stabilito dall'ordinamento e indipendente da ogni influenza esterna». Ancora più chiara e lapidaria è l'affermazione contenuta in una successiva decisione, in cui si legge che «il giudice naturale precostituito per legge è l'ufficio giudiziario individuabile secondo i criteri di competenza previamente stabiliti, rispetto a fattispecie astratte, dell'ordinamento processuale e non corrono rapporti di competenza tra le varie sezioni in cui si articolano gli uffici giudiziari complessi» (36) .

 

Nonostante le espressioni della Corte sembrino, nella loro perentorietà, lasciare poco spazio a conclusioni diverse, riteniamo che il problema legato alla interpretazione del termine «giudice» da parte della giurisprudenza costituzionale possa considerarsi ancora aperto e non ancora definitivamente pregiudicato e ciò in particolare per due ragioni.

 

Innanzi tutto per la contemporanea presenza di altre pronunce che, sebbene in maniera più implicita, lascerebbero concludere in senso opposto. Inoltre perché le affermazioni cui si è fatto riferimento sono contenute, soprattutto le due più radicali ed apparentemente «definitive» sul punto, in ordinanze di «manifesta infondatezza», caratterizzate, com'è noto, da una scarsa motivazione ed impiegate dalla Corte in ipotesi in cui la questione sollevata dal giudice a quo è stata già decisa, negli stessi termini, con precedente pronuncia oppure, anche se affrontata per la prima volta, si mostra ictu oculi totalmente priva di qualsiasi reale consistenza.

 

Il problema connesso all'interpretazione del termine «giudice» ha interessato, per anni dottrina e giurisprudenza (compresa ovviamente quella costituzionale), che hanno posto in evidenza l'importanza dello stesso, certamente presente anche ai giudici della Corte, per cui appare assai improbabile che una presa di posizione così decisa e decisiva per le sorti di un principio costituzionale sia contenuta in due pronunce di manifesta infondatezza.

 

Per la seconda ipotesi, l'estensione cioè della competenza dell'organo giudicante alle persone fisiche che lo compongono, la Corte esclude la incostituzionalità della disposizione impugnata, nella considerazione che l'individuazione del giudice competente ad opera di una delle parti «se consente d'individuare l'ufficio giudiziario ove s'incardinerà il procedimento, non per questo consente la scelta del magistrato che in quel processo promuoverà l'azione penale o lo giudicherà» (37) .

 

Senza incertezze in proposito è invece stata la posizione assunta sull'argomento dal Consiglio superiore della magistratura, in particolare attraverso l'emanazione delle proprie circolari per la formazione delle tabelle di composizione degli uffici giudiziari, dove si fa a più riprese riferimento al principio del giudice naturale come ispiratore del sistema tabellare stesso e della opportunità di adottare criteri automatici per l'assegnazione degli affari o comunque criteri obiettivi e predeterminati che non vanifichino il principio costituzionale (38) .

 

NOTA:

 

(34) In tal senso è la giurisprudenza assolutamente consolidata della Cassazione: v. Cass. 22 aprile 1992, n. 4838, in Foro it., 1993, I, 899. Analogamente v. pure Comm. trib. centr. 14 gennaio 1993, n. 186, in Comm. centr., 1995, I, 64. MOROZZO DELLA ROCCA (La giurisprudenza civile, cit., 228) giustifica l'atteggiamento di chiusura della Cassazione, osservando che «in questa nostra situazione, che si trascina da tempo, caratterizzata da notevoli carenze di organico, da frequenti trasmutamenti di magistrati e da impellenti quanto frequenti necessità di sostituzione e di supplenza [...] la scelta della Cassazione civile è stata ed è una scelta necessitata».

 

NOTA:

 

(35) C. cost. 3 dicembre 1969, n. 146, in Giur. cost., 1969, 2217; C. cost. 3 giugno 1970, n. 80, ivi, 1970, 1066; C. cost. 2 dicembre 1970, n. 173, ivi, 2069; C. cost. 12 dicembre 1972, n. 170, ivi, 1972, 2088; C. cost. 18 luglio 1973, n. 143, ivi, 1973, 143; C. cost. 18 luglio 1973, n. 144, ivi, 447; C. cost. 25 marzo 1975, n. 71, ivi, 1975, 760; C. cost. 30 marzo 1977, n. 52, ivi, 1977, I, 589.

 

NOTA:

 

(36) Cfr. C. cost. 23 maggio 1985, n. 156, cit., e C. cost., ordinanza, 18 maggio 1989, n. 271, in Giur. cost., 1989, I, 1271. Nello stesso senso parrebbe una più recente decisione in cui la Corte sostiene l'estraneità della norma impugnata rispetto al principio della precostituzione per legge del giudice «dal momento che la stessa non investe la competenza, ma risulta preordinata a risolvere i dissensi tra giudici facenti parte del medesimo ufficio giudiziario» (C. cost., ordinanza, 22 gennaio 1992, n. 15, ivi, 1992, 70).

 

NOTA:

 

(37) Cfr. C. cost. 5 maggio 1993, n. 217, cit. Sul significato di tale affermazione v. ROMBOLI, Precostituzione del giudice, cit., 2993.

 

NOTA:

 

(38) In proposito v. SENESE, La prassi applicativa del Consiglio superiore della magistratura, in Il principio di precostituzione del giudice, cit., 232 ss.

 

Il Presidente della Repubblica, nel messaggio trasmesso alle Camere il 26 luglio 1990, ha fornito un'interpretazione del termine «giudice» come riferito ai singoli componenti l'organo giudicante, allorché ha ritenuto quanto meno sospetta la costituzionalità dell'art. 18 l. 24 marzo 1958, n. 195 sul Consiglio superiore della magistratura, che riconosce al Presidente della Repubblica la facoltà di presiedere la sezione disciplinare «in tutti i casi in cui lo ritiene opportuno», consentendogli di alterare, a propria discrezione e senza alcun riferimento a fatti o criteri oggettivi, la composizione di un organo giurisdizionale come la sezione disciplinare. La norma, ad avviso del Presidente, «sembra più precisamente intaccare il principio costituzionale del giudice naturale e merita, dunque, un'attenta considerazione ed una approfondita valutazione delle implicazioni gravi della sua eventuale applicazione e della sua stessa esistenza».

 

Di diverso avviso è stata invece la Cassazione la quale, sul presupposto che «giudice naturale» è da riferirsi invece all'organo giudicante oggettivamente inteso, ha escluso un contrasto tra la disposizione in questione e l'art. 25 comma 1 cost. (Cass. 9 febbraio 1993, n. 1615, in Giust. civ., 1994, I, 1669, con nota di ACQUAVIVA, Il principio del giudice naturale in una particolare ipotesi di modificazione della composizione della sezione disciplinare del CSM ).

 

8. (Segue): la composizione dell'organo giudicante ed il sistema tabellare.

 

Le ipotesi che hanno richiamato l'attenzione di quanti si sono occupati della precostituzione per legge del giudice, sull'importanza di riferire la garanzia in questione al singolo giudice componente l'organo giudicante oppure all'organo astrattamente inteso e che hanno causato diversi interventi della Corte costituzionale e dei giudici di merito, sono in particolare quelle della ripartizione degli uffici giudiziari in sezioni, della formazione dei collegi giudicanti, dell'assegnazione dei processi da parte del «capo» dell'ufficio, della disciplina delle supplenze e delle applicazioni.

 

Per quanto concerne la composizione degli organi giudicanti un ruolo di decisiva importanza per l'attuazione concreta della garanzia della precostituzione del giudice è quello svolto dal sistema tabellare che il Consiglio superiore della magistratura è venuto via via specificando e puntualizzando attraverso le proprie circolari a partire dal 1968 fino ad oggi.

 

I principali risultati che, attraverso questo sistema, sono stati raggiunti possono sinteticamente indicarsi in una più dettagliata disciplina della precostituzione dei collegi e dei tramutamenti interni agli organi giudicanti, in un'esplicita attuazione della garanzia della precostituzione del giudice anche per la distribuzione degli affari ed in un'estensione delle regole tabellari anche alla Corte di cassazione (39) .

 

Del procedimento di approvazione delle tabelle si può parlare come di un istituto partecipativo ed aperto alle osservazioni degli interessati.

 

La circolare del Consiglio superiore della magistratura, infatti, inviata a tutti i presidenti di corte d'appello, chiede di far pervenire entro una certa data le proposte di composizione degli uffici giudiziari ed indica criteri per l'assegnazione degli affari. Le tabelle sono predisposte dai capi degli uffici, i quali debbono motivare le variazioni rispetto agli anni precedenti; le proposte sono poi depositate ed ogni magistrato interessato può prenderne visione e presentare reclami o osservazioni entro cinque giorni al consiglio giudiziario oppure al Consiglio superiore, il quale le approva definitivamente dopo che gli sono state trasmesse dai capi delle corti con il parere dei consigli giudiziari.

 

In proposito è stato affermato che, attraverso il sistema tabellare, si viene a conciliare il massimo possibile di partecipazione con il massimo possibile di efficienza (40) .

 

Le circolari del Consiglio superiore per la formazione delle tabelle contengono anche un'indicazione dei criteri per l'assegnazione degli affari, i quali devono essere «tali da non vanificare il principio della precostituzione del giudice». Per questo viene richiesto che, contestualmente alle proposte tabellari, siano date indicazioni «sui criteri obiettivi e predeterminati», «formulati in modo da consentire la successiva verifica della loro osservanza», che i dirigenti degli uffici adotteranno per l'assegnazione degli affari, richiedendo una adeguata motivazione allorché ritengano di dover «derogare ad una automatica assegnazione dei processi e comunque ai criteri prefissati».

 

Per la materia civile si richiede che i criteri di assegnazione dovranno essere particolarmente precisi in modo da evitare «l'incontrollata discrezionalità del potere di assegnazione alle singole sezioni del capo dell'ufficio e di designazione del magistrato nell'ambito di ogni sezione», mentre per la distribuzione dei processi in materia di lavoro si ritiene che, data l'omogeneità professionale dei giudici del lavoro, «gli affari dovranno di regola essere assegnati con il criterio automatico».

 

Il tema riguardante l'assegnazione delle cause ed i poteri in proposito dei capi degli uffici giudiziari, strettamente connesso alla garanzia del giudice naturale e alla interpretazione che di questo si fornisce come riferito all'organo o alla persona fisica, è stato alquanto dibattuto in dottrina, la quale si è espressa con varie motivazioni a favore o contro un sistema di assegnazione automatica degli affari, indicando sistemi o meccanismi tali da eliminare qualsiasi discrezionalità nell'individuazione del giudice competente o ponendo in evidenza i limiti degli stessi (41) .

 

E mentre la Corte costituzionale ha continuato a legittimare in sostanza il potere del capo dell'ufficio di distribuire gli affari, in quanto necessario per il buon andamento dell'ufficio e comunque svolto per obiettive ed imprescindibili esigenze di servizio allo scopo di rendere possibile il funzionamento dell'ufficio e di agevolarne l'efficienza (42) , il Parlamento, con l'art. 4 d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, ha stabilito che «l'assegnazione degli affari penali è operata secondo criteri obiettivi e predeterminati indicati in via generale dal C.S.M. ed approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con la medesima procedura dal dirigente dell'ufficio alle singole sezioni e dal presidente della sezione ai singoli collegi e giudici».

 

NOTA:

 

(39) In ordine all'evoluzione del sistema tabellare e del suo svolgimento v. BRUTI LIBERATI, Le delibere del Consiglio superiore della magistratura in tema di precostituzione del giudice, in La giustizia tra diritto e organizzazione, Torino, 1989, 172 ss.; GILARDI, Tabelle di composizione degli uffici giudiziari, in Norme e prassi in tema di direzione degli uffici giudiziari con particolare riferimento ai procedimenti tabellari, in Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura, 1989, n. 24, p. 38 ss.; PIZZORUSSO, L'organizzazione della giustizia in Italia, cit., 112, 132 ss.; PANIZZA, Sistema tabellare e ordinamento giudiziario, in Nomos, 1992, fasc. 2-3, 55 ss.

 

NOTA:

 

(40) PIZZORUSSO, in Commentario della Costituzione fondato da G. BRANCA, continuato da A. PIZZORUSSO, La magistratura, t. 3 (Art. 108-110), Bologna-Roma, 1992, sub art. 108, p. 26.

 

NOTA:

 

(41) Per riferimenti alla dottrina, sul problema dell'assegnazione degli affari, v. ROMBOLI, Sull'assegnazione dei processi, in Foro it., 1984, I, 2011, cui adde SARZANA, L'organizzazione burocratica interna degli uffici giudiziari: il potere di assegnazione dei processi, in L'ordinamento giudiziario a cura di N. PICARDI e A. GIULIANI, III, Rimini, 1985, 309 ss.; MATTONE, Il giudice naturale, in La professione del giudice (quaderno di Questione giustizia), 1985, 37 ss.; GILARDI, La gestione degli uffici giudiziari civili a Milano, in Questione giustizia, 1986, II, 331 ss.; PEPINO, Automatismo nell'assegnazione degli affari giudiziari: un problema superato?, ivi, 1988, 349 ss.; BRESCIANI, Assegnazione degli affari penali, in D. disc. pen., Appendice, V, 1992, 814 ss.

 

NOTA:

 

(42) V. supra, nt. 39.

 

9. (Segue): la soluzione del problema secondo la «ratio» del principio costituzionale in esame e i valori da esso tutelati.

 

La soluzione del problema concernente l'interpretazione del termine «giudice» di cui all'art. 25 comma 1 cost. pare discendere senza eccessive difficoltà e in maniera quasi obbligata se si pone mente alla ratio del principio ed ai valori che con questo si tende tutelare.

 

Se infatti, come unanimemente riconosciuto, la garanzia della precostituzione per legge del giudice tutela l'imparzialità dello stesso, non si può non rilevare come tutti coloro che si sono occupati di quest'ultima nozione, anche in rapporto a quella di indipendenza (interna ed esterna) del giudice, hanno sempre riferito l'imparzialità al momento in cui il giudice è chiamato concretamente a decidere su un caso reale e specifico, ad un momento cioè che richiama non tanto l'attività dell'organo oggettivamente inteso, quanto quella del giudice come persona.

 

Il riferimento della garanzia in questione all'organo giudicante verrebbe al contrario a svuotare di qualsiasi reale contenuto e di qualunque efficacia la stessa, in quanto, come sostenne Gaetano Foschini con una espressione efficacissima e divenuta ormai un classico nella letteratura sul giudice naturale, «impedire che un dato processo possa esser giudicato dal tribunale di Catania invece che da quello di Ragusa non vale niente, se non resta impedito anche che si costituisca il tribunale di Ragusa applicando ad esso i giudici del tribunale di Catania» (43) .

 

Pure quanti hanno definito «astratta» oppure «oltranzista» la posizione di chi sostiene la necessità di spingere la precostituzione alla persona fisica del giudice, misurandosi poi con gli effetti pratici della tesi opposta hanno dovuto ammettere che escludere qualsiasi effetto del principio del giudice naturale sullo statuto giuridico delle persone che fanno parte degli uffici giudicanti significherebbe aprire la porta ad una vanificazione del contenuto sostanziale di quel principio (44) .

 

Le principali motivazioni addotte da quanti sostengono la riferibilità dell'art. 25 comma 1 cost. solo all'organo e non alla persona sono essenzialmente di due tipi.

 

Una prima serie di motivazioni si fonda principalmente sulla impossibilità pratica di realizzare in concreto un sistema che riesca a precostituire il giudice inteso come persona, o sulle gravi conseguenze che potrebbero derivare da un sistema di assegnazione automatica degli affari che non permettesse di tenere nel dovuto conto la professionalità e la specializzazione dei singoli magistrati, oppure sulla inadeguatezza di un tale sistema in riferimento alle particolarità del nostro ordinamento giudiziario, nel senso che simili criteri sarebbero accettabili in quei Paesi dove l'orientamento culturale dei giudici è uniforme e la loro preparazione omogenea, ma non sarebbero applicabili in Italia a causa delle accentuate disparità di formazione e di posizioni culturali esistenti tra i magistrati.

 

In proposito sembra vero esattamente il contrario. L'esistenza di un pluralismo ideologico all'interno della magistratura impone infatti criteri di assegnazione automatica dei processi, proprio ad evitare il sospetto che l'assegnazione dell'affare a questo o a quel giudice, se fatta discrezionalmente dal capo dell'ufficio, sia fatta proprio in considerazione della particolare posizione da quello precedentemente espressa (45) .

 

Un giudice pertanto individuato a posteriori e verso il quale potrebbe nutrirsi il sospetto che l'assegnazione di un certo processo, per il modo come è avvenuta, possa essere stata fatta proprio in vista di un certa soluzione di quel caso. Un giudice cioè scelto per un processo e per una certa soluzione dello stesso: in una parola tutto quello che appunto la garanzia del giudice naturale vuol evitare.

 

Il secondo ordine di ragioni, in parte connesso alle prime, si fonda principalmente sul richiamo ad altri principi e valori costituzionali, ritenuti prevalenti, i quali sarebbero sacrificati dal riferimento del principio alla persona e da un sistema di assegnazione automatica degli affari.

 

I valori cui si fa riferimento sono essenzialmente quelli dell'efficienza della giustizia, della funzionalità, delle obiettive esigenze di servizio, della valorizzazione della professionalità del giudice.

 

Neppure questo tipo di motivazione pare meriti accoglimento.

 

Il principio del giudice naturale non assume certamente nel sistema dei principi costituzionali un carattere rigido, ma al contrario, come già detto, esso deve necessariamente coordinarsi con altri principi pure stabiliti a livello costituzionale in un'opera di bilanciamento con gli stessi, a seguito della quale ben può darsi che sia la garanzia della precostituzione del giudice a doversi ritenere recessiva, purché i principi costituzionali invocati non siano realizzabili congiuntamente e possano ritenersi prevalenti.

 

Detto questo, sembra che sicuramente non tutti i valori invocati si pongano in contrasto con un'interpretazione «forte» dell'art. 25 comma 1 e ad esempio con un'assegnazione automatica delle cause, ma alcuni sembrano al contrario addirittura meglio realizzarsi, anziché essere danneggiati.

 

In ogni caso i valori invocati non sono tali da potersi ritenere prevalenti su quello espresso dal principio della precostituzione del giudice, il quale si pone in stretto collegamento con la realizzazione della indipendenza interna del giudice (art. 107 cost.) e di un certo modello di ordinamento giudiziario.

 

Si è parlato del tema relativo alla riferibilità dell'art. 25 comma 1 all'organo o alla persona come di un «complesso problema, le cui soluzioni tradiscono l'adesione a ideologie determinate e a programmi ben definiti» (46) .

 

In questo senso indubbiamente l'interpretazione del termine «giudice» come singolo componente l'ufficio giudiziario «tradisce» il «programma» di vedere il principio del giudice naturale come garanzia che coopera, dando un apporto di tutto rilievo, per il raggiungimento dell'indipendenza interna del giudice e la realizzazione di una magistratura come potere diffuso e non gerarchicamente ordinato, e di tutelare la presenza di un pluralismo all'interno della stessa; mentre l'altra tesi «tradisce» il «programma» di non veder realizzato questo particolare tipo di ordinamento giudiziario e di volerne uno fondato su differenti caratteristiche.

 

NOTA:

 

(43) FOSCHINI, Giudici in nome del popolo, non già commissari del capo della corte, in Foro it., 1963, II, 168.

 

NOTA:

 

(44) MAZZIOTTI, Garanzia del giudice naturale precostituito per legge e indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, in Cons. St., 1985, II, 1254-1256.

 

NOTA:

 

(45) Nel senso che la condizione di applicabilità e di effettiva operatività della garanzia della precostituzione del giudice è la diversità e non fungibilità dei giudici v. NOBILI, Rapporti civili, cit., 164 s., secondo cui un sistema sociale, governativo, giudiziario che riesca ad ottenere un grado assai elevato di conformismo tra i suoi magistrati pone il criterio di precostituzione in termini inevitabilmente riduttivi; SENESE, Relazione, in La magistratura italiana nel sistema politico e nell'ordinamento costituzionale. (Atti del Seminario, Pisa, 28 aprile 1977), Milano, 1978, 44 ss. e ID., Giudice (nozione e diritto costituzionale), in D. disc. pubbl., VII, 1991, 205 ss.

 

NOTA:

 

(46) Così ALFIERI, Giudice naturale, cit., 459.

 

10. La possibilità di far valere eventuali violazioni dell'art. 25 comma 1 cost. nel corso del processo.

 

Un ultimo aspetto relativo ai problemi suscitati dal principio del giudice naturale è quello, meno trattato dalla dottrina, ma non per questo meno importante, concernente la cosiddetta azionabilità del diritto al giudice naturale, ossia la reale possibilità di far valere le eventuali violazioni dello stesso nel corso del processo.

 

L'indicazione dei soggetti e dei modi attraverso cui far valere le violazioni delle regole poste a tutela ed attuazione della garanzia della precostituzione deve tenere esattamente presente le due diverse anime che il principio in esame ha mostrato fin dalle discussioni svoltesi all'Assemblea costituente: l'una rivolta verso il cittadino e tesa a garantirgli la certezza del giudice che lo dovrà giudicare (rectius la certezza che a giudicarlo non sarà un giudice della cui imparzialità, per il modo come è stato indicato, si può dubitare), l'altra relativa invece al giudice ed all'organizzazione giudiziaria. Entrambi questi aspetti devono essere tenuti presenti, senza trascurare l'uno a vantaggio dell'altro, al fine di una effettiva realizzazione dei valori di cui è espressione l'art. 25 comma 1 e che, nelle pagine precedenti, si è cercato di indicare.

 

In considerazione della posizione soggettiva riconosciuta al cittadino dalla Costituzione, sia che la si voglia poi qualificare come diritto soggettivo o come interesse legittimo, deve escludersi che qualsiasi violazione, anche la più palese, delle regole predisposte per realizzare la precostituzione del giudice possa non produrre conseguenze di sorta nel processo. Al contrario, assolutamente inutili risulterebbero all'evidenza tutte quelle ricostruzioni e soluzioni elaborate in dottrina ed in giurisprudenza fin qui esaminate, o la predisposizione di un sistema accurato e complesso quale il sistema tabellare, così come sarebbero frustrati gli scopi perseguiti dagli interventi del legislatore tendenti ad attuare l'art. 25 comma 1.

 

La violazione delle regole predisposte ad attuazione della precostituzione del giudice non dovrà necessariamente condurre alla previsione di una nullità assoluta, la quale certamente comporterebbe un'eccessiva «ingessatura» del processo, ma appare indispensabile almeno una nullità relativa, sanabile (o «sanabilissima»), ciò a meno di non voler perseguire quello che è stato definito doppio effetto sociale della legge inapplicata, la soddisfazione cioè di chi l'ha voluta nel vederla finalmente approvata e di quanti invece l'hanno avversata nel vederla del tutto inattuata. A dimostrazione di quanto sopra detto si può ricordare il caso, giustamente criticato in maniera severa in dottrina (47) , in cui la Corte di cassazione, nel designare il nuovo giudice competente a seguito dell'accoglimento della richiesta di rimessione di un procedimento, aveva commesso un evidente errore materiale nell'applicare le regole prefissate dalla legge - la quale stabilisce criteri automatici di individuazione - indicando come giudice più vicino l'autorità giudiziaria di Verona, anziché quella di Venezia. La Cassazione (48) ha ritenuto inammissibile il conflitto di competenza sollevato dall'autorità giudiziaria erroneamente individuata, giacché la pronuncia della prima sulle questioni di competenza assumerebbe comunque autorità di cosa giudicata, anche se l'eventuale errore in cui la medesima sia incorsa incide sul principio costituzionale della precostituzione del giudice.

 

La discutibile posizione assunta in proposito dalla Cassazione ha successivamente trovato conferma in un'altrettanto discutibile pronuncia della Corte costituzionale (49) , la quale, a fronte di un'ordinanza di rinvio in cui si evidenziava proprio tale limite di azionabilità della garanzia del giudice naturale, ha dichiarato inammissibile la relativa eccezione di costituzionalità in quanto tendente ad ottenere dalla Corte una pronuncia additiva con cui introdurre una sorta di «revisione in grado ulteriore» della sentenza della Cassazione e ribadendo che «dalla autorità di giudicato delle decisioni della Cassazione in materia discende la irrilevanza di questioni che tendano a rimettere in discussione la competenza attribuita nel caso concreto dalla Cassazione medesima, in quanto ogni ulteriore indagine sul punto deve ritenersi definitivamente preclusa e quindi nessuna influenza potrebbe avere una qualsiasi pronuncia di questa Corte nel giudizio a quo» (50) .

 

Per questo suscita notevoli perplessità e forti dubbi di costituzionalità, che riteniamo fondati, il combinato disposto degli art. 33 e 178 c.p.p., per la parte in cui, nel prevedere che è prescritta a pena di nullità l'osservanza delle disposizioni relative alle condizioni di capacità del giudice, non considera tali «le disposizioni sulla destinazione del giudice agli uffici giudiziari ed alle sezioni, sulla formazione dei collegi e sull'assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici» (51) .

 

Una diversa soluzione è stata invece seguita, successivamente, a proposito della costituzione delle preture circondariali. L'art. 1 d.l. 15 maggio 1989, n. 173 (convertito in l. 11 luglio 1989, n. 251) ha infatti stabilito che la «violazione dei criteri di cui al 1° comma [cioè dei criteri di distribuzione degli affari], nonché di quelli indicati nella tabella di composizione degli uffici, è rilevata, anche d'ufficio, non oltre la prima udienza ovvero, nel processo penale, subito dopo compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento insieme alle questioni preliminari. Il pretore decide immediatamente con ordinanza» (52) .

 

Indubbiamente una scelta differente compiuta dal legislatore sullo stesso tema, la quale, come è stato evidenziato, viene a creare incongruenze e diversità di trattamento difficilmente giustificabili tra processo civile e processo penale e soprattutto tra giudizi che si svolgono davanti al pretore penale e quelli che si tengono invece davanti agli altri giudici penali.

 

NOTA:

 

(47) GREVI, Errore della suprema Corte nell'attribuzione della competenza ex art. 58 comma 3° c.p.p. e garanzia del giudice precostituito per legge (art. 25, 1° comma), in Cass. pen., 1989, 97 ss., il quale parla di una «totale insensibilità per la garanzia della predeterminazione ex lege del giudice competente».

 

NOTA:

 

(48) Cass. 20 novembre 1997, in Cass. pen., 1989,101 ss.

 

NOTA:

 

(49) C. cost. 5 luglio 1995, n. 294, in Giur. cost., 1995, 2293 ss.

 

NOTA:

 

(50) Per l'affermazione secondo cui l'inosservanza dei criteri previsti per l'individuazione del giudice di rinvio, la distribuzione delle cause e la sostituzione del giudice impedito non danno luogo a nullità del procedimento, ma ad una mera irregolarità di carattere interno che non incide sulla costituzione del giudice, v. Cass. 22 aprile 1992, n. 4839, in Foro it., 1993, I, 899; Cass. 17 ottobre 1994, in Cass. pen., 1995, II, 77; Cass. 28 dicembre 1994, n. 11238.

 

NOTA:

 

(51) Il progetto preliminare per il nuovo codice di procedura penale, elaborato nel 1978 da apposita Commissione ministeriale, conteneva al contrario una disposizione (art. 37) la quale prevedeva che la designazione dei giudici, collegi o sezioni a conoscere dei singoli processi avvenisse secondo criteri prestabiliti, indicando la sanzione della nullità relativa per gli atti compiuti da un giudice che fosse stato designato a conoscere di un affare, in violazione dei criteri per l'assegnazione dei procedimenti fissati dalle leggi di ordinamento giudiziario. L'intento, esplicitato nella Relazione della Commissione, era stato quello di attribuire rilevanza esterna agli atti di assegnazione, consentendo non solo al giudice, per ragioni di dignità professionale, ma anche alle parti, per un concreto interesse processuale, di intervenire ove avessero ritenuto violate le norme ed i criteri di individuazione del giudice-persona fisica.

 

Nella Relazione al nuovo codice di procedura penale l'abbandono di quella soluzione viene giustificato richiamandosi ai rilievi espressi in proposito dalla Commissione per l'adeguamento delle norme dell'ordinamento giudiziario al nuovo codice, secondo la quale «una previsione di nullità (non importa di quale specie) per la violazione delle norme riguardanti le disposizioni da ultimo accennate [circa la destinazione del giudice agli uffici e la formazione dei collegi] si sarebbe negativamente riflettuta su delicate questioni di ordinamento giudiziario» (Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale, in G.U. 24 ottobre 1988, n. 250, suppl. ordinario n. 2, sub art. 178 comma 2, p. 56).

 

NOTA:

 

(52) In ordine alla possibilità di qualificare i rapporti tra pretura circondariale e sezioni staccate come rapporti di competenza ed alle conseguenze derivanti dall'applicazione dell'art. 25 comma 1 cost., v. Cass. 10 febbraio 1994, n. 1374; Pret. Napoli, ordinanza, 13 novembre 1993, in Foro it., 1994, I, 1401 s.; Pret. Castellammare di Stabia, ordinanza, 2 marzo 1993, ivi. In dottrina, IZZO, La legge n. 30/89 sulle preture circondariali. Problemi interpretativi, in Documenti giustizia, 1989, n. 6, 35; SASSANI, Preture circondariali e sezioni distaccate: prime considerazioni sui riflessi processualcivilistici della l. 30/1989, in Riv. dir. civ., 1990, 321; SCOTTI, Preture circondariali: violazione dei criteri di distribuzione del lavoro e capacità del giudice, in Foro it., 1990, V, 180 ss.; CAPPONI, La «competenza» interna della nuova pretura circondariale, in Corriere giuridico, 1991, 469; PROTO PISANI, La nuova disciplina del processo civile, Napoli, 1991, 446 e 542; RASCIO, In tema di competenza territoriale sull'opposizione ad ordinanza-ingiunzione e di rapporti fra pretura circondariale e sezioni staccate , in Foro it., 1991, I, 3254 ss.; TOMMASEO, Le sezioni distaccate delle preture circondariali in un'importante sentenza, in Corriere giuridico, 1992, 188 ss.; DE SANTIS, Sedi di pretura circondariale e sezioni staccate: problemi attinenti al riparto territoriale delle cause ed al rispetto del principio del giudice naturale , in Documenti giustizia, 1994, n. 1-2, 52.

 

11. La precostituzione per legge del giudice come garanzia di pluralismo e come strumento per un certo modello di ordinamento giudiziario.

 

In conclusione, in una prospettiva che guarda essenzialmente a quello che presumibilmente potrebbe essere il futuro del principio in esame, ci sembra innanzi tutto da segnalare un elemento di per sé assai indicativo: occorre risalire molto indietro nel tempo (ben oltre dieci anni) per ritrovare una decisione della Corte costituzionale la quale abbia accolto una questione di costituzionalità sollevata per presunta violazione dell'art. 25 comma 1 cost.

 

La Corte, dopo la grande apertura operata con la sentenza del 1962 (53) , ha progressivamente ridotto la reale efficacia del principio, da un lato annullando in pratica gli effetti della cosiddetta norma sostanziale attraverso la riduzione della precostituzione del giudice ad una semplice costituzione per legge e dall'altro legittimando chiare violazioni della riserva di legge in nome di generiche esigenze di servizio o per la speditezza dei giudizi.

 

Qualora nei prossimi sviluppi della giurisprudenza costituzionale dovesse trovare conferma l'interpretazione che crediamo di cogliere in alcune più recenti decisioni in materia, relativamente al termine «giudice» come riferito solo all'organo giudicante e non ai componenti dello stesso, sul principio del giudice naturale calerebbe una pietra tombale ed esso tornerebbe ad essere una «formula magica priva di effettivo contenuto», così come lo definiva nel 1951 Carlo Arturo Jemolo (54) .

 

Anche in conseguenza di tale giurisprudenza, che è venuta a chiudere tutta una serie di possibili applicazioni del principio in questione, al fine di attribuire comunque ad esso un significato utile, l'attenzione degli interpreti si è spostata dalla nozione più tecnica e precisa di precostituzione a quella più generica di «naturalità», la quale lascia molto più spazio alla fantasia (55) .

 

Così in alcune ricostruzioni operate dalla dottrina e soprattutto dai giudici a quibus nel rimettere questioni all'esame della Corte, il giudice naturale diviene il giudice «razionalmente idoneo» a giudicare (56) oppure il giudice terzo e imparziale (57) e l'art. 25 comma 1 cost. viene invocato a tutela del libero convincimento del giudice (58) , ad evitare il sorgere di un contrasto di giudicati (59) o il rischio per il giudice stesso di essere ricusato (60) .

 

Le prospettive di una simile interpretazione possono destare qualche preoccupazione, dal momento che si abbandona tutto quello che rappresenta la specificità della garanzia della precostituzione del giudice per legge per annegare la stessa nel mare del generale dovere di ragionevolezza che incombe sul legislatore e che la giurisprudenza costituzionale ha tratto dal principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 cost.

 

Esattamente quindi la Corte costituzionale, in alcune occasioni (61) , ha sottolineato come non assuma rilievo, ai fini del rispetto dell'art. 25 comma 1, la presunta maggiore o minore idoneità o qualificazione che possa essere rivendicata o riconosciuta all'uno o all'altro organo della giurisdizione, rientrando la scelta in proposito nella discrezionalità del legislatore.

 

Con riguardo invece alla ratio ed ai valori tutelati dall'art. 25 comma 1, nessuno, o quasi, oggi considera più il giudice come «bocca della legge» e mette in dubbio che l'attività di interpretazione della stessa comporti in ogni caso un apporto creativo, per cui è possibile che si giunga ad una diversa soluzione pur dovendo applicare la stessa legge ad analoghi o anche identici casi concreti.

 

Ciò è alla base dell'esistenza di un pluralismo all'interno della magistratura, strettamente collegato all'indipendenza interna del giudice (art. 107 cost.), per la cui realizzazione è strumento, tra i più importanti, la garanzia della precostituzione del giudice solamente ad opera della legge.

 

Se non può negarsi che l'esistenza di un pluralismo nella magistratura trovi riscontro e tutela a livello costituzionale, è indubbio che anche la certezza del diritto, l'uniformità giuridica dei principi sono da ritenersi valori che trovano fondamento nella Costituzione e che comunque occorre tenere conto anche di altri principi costituzionali, come quello del buon andamento della giustizia (fra cui rientra la necessità di una omogeneità della funzione giurisdizionale) o ancora dello stesso principio di uguaglianza, perché le differenti interpretazioni possono far dubitare che la legge non sia uguale per tutti.

 

Ai giudici, o meglio alla magistratura nel suo insieme, si richiede da più parti un tipo di attività «ordinante», sostenendo che le tecniche della interpretazione sono garanzie non della assoluta libertà del giudice, ma finalizzate al perseguimento della soluzione e del risultato più ragionevoli.

 

Un tipo di legislazione «contrattata», quale quella che caratterizza il nostro Paese, con un'enorme mole di leggi e leggine richieste ed ottenute da specifici settori o gruppi di interessi, rende indubbiamente maggiori gli spazi per il potere interpretativo-creativo del giudice con la conseguenza di rendere, invece, al tempo stesso più difficile il perseguimento dell'omogeneità del «prodotto» giurisdizionale e la funzione «ordinante» della magistratura.

 

Anche la certezza del diritto, intesa come uniformità delle decisioni, sarà perseguibile, come è stato rilevato, solo in presenza di testi normativi omogenei e di un contesto sociale non lacerato da spinte contraddittorie, mentre «diviene una chimera in una società, come quella italiana [...] dove si affrontano concezioni politiche e sociali spesso inconciliabili [...]. Inseguire la certezza in tale contesto può significare solo voler elidere surrettiziamente uno dei due poli delle antinomie» (62) .

 

L'esistenza di diversi valori, presenti e garantiti a livello costituzionale, comporta la necessità che, attraverso un'opera di bilanciamento tra gli stessi, si debba operare in modo tale da non sopprimere l'importante garanzia della indipendenza interna del giudice, senza per questo trascurare gli altri valori assolutizzando la prima.

 

Se è fuori discussione la necessità di tenere nel debito conto e di perseguire i valori della certezza del diritto e della «omogeneità» giudiziaria, i problemi sorgono allorché si tratta di indicare come ed in che misura ciò debba avvenire.

 

Una via, che potremmo definire «democratica», potrebbe essere quella di valorizzare certi istituti come quelli del «precedente» e dell'attività di nomofilachia della Corte di cassazione e di far sì che l'«omogeneità» sorga dal confronto dialettico fra le diverse interpretazioni, svolto anche e soprattutto attraverso l'esame delle motivazioni dei provvedimenti giurisdizionali, mentre quella che sarebbe da temere è la via che potremmo dire «autoritaria», per la quale l'uniformità viene ottenuta attraverso la gerarchizzazione della magistratura ed un impiego delle sanzioni disciplinari tendente ad escludere un certo modo di interpretare la legge.

 

Due diverse vie per ottenere uno stesso risultato, ad ognuna delle quali però sottostà la volontà di concretizzare un differente modello di ordinamento giudiziario, l'uno caratterizzato dalla discrezionalità nella composizione dell'organo giudicante e dall'indiscusso potere del capo dell'ufficio di distribuire gli affari, con conseguente gerarchizzazione dei rapporti all'interno della magistratura ed eliminazione di quel pluralismo alla tutela del quale è invece ispirato l'altro modello di ordinamento giudiziario che guarda alla magistratura come ad un potere diffuso.

 

Una certa interpretazione del principio di precostituzione del giudice, ed in particolare del termine «giudice» come riferito alla persona fisica, appare quindi maggiormente in linea con quella indicata come la via «democratica» ed ispirata alla realizzazione di un certo tipo di ordinamento giudiziario, mentre intendere la garanzia come rivolta unicamente all'organo giudicante astrattamente inteso pare invece mirare a realizzare un opposto modello di ordinamento giudiziario, quello cioè che si pone in sintonia con la via «autoritaria».

 

NOTA:

 

(53) C. cost. 7 luglio 1962, n. 88, cit.

 

NOTA:

 

(54) JEMOLO, Sugli asseriti riflessi costituzionali della ricusazione, in Giur. it., 1951, I, 645.

 

NOTA:

 

(55) Sempre più frequente è il caso in cui, ai fini della reale questione di costituzionalità sollevata dal giudice, il riferimento al parametro di cui all'art. 25 comma 1 cost. avviene in maniera impropria o ad integrazione di altro parametro costituzionale, quasi ad abundantiam (v., da ultimo, C. cost., ordinanza, 15 aprile 1992, n. 180, in Giur. cost., 1992, 1324; C. cost. 10 giugno 1994, n. 231, ivi, 1994, 1925; C. cost. 10 novembre 1994, n. 385, ivi, 3493; C. cost. 27 gennaio 1995, n. 32, ivi, 1995, 348; C. cost. 31 marzo 1995, n. 103, ivi, 847; C. cost. 26 luglio 1995, n. 404, ivi, 2864; C. cost. 24 ottobre 1995, n. 448, ivi, 3527; C. cost., ordinanza, 18 aprile 1996, n. 125, ivi, 1996, 1042).

 

NOTA:

 

(56) Sul punto v. ROMBOLI, Tortuosi itinerari della giurisprudenza costituzionale in tema di giudice naturale, in Foro it., 1980, I, 2961 ss. Per alcune applicazioni nella più recente giurisprudenza costituzionale v. C. cost., ordinanza, 15 aprile 1992, n. 180, in Giur. cost., 1992, 1324; C. cost. 16 giugno 1993, n. 286, ivi, 1993, 2055, con nota di CONFALONIERI, «Naturalità» e «competenza» del giudice dell'esecuzione penale; e, con riguardo all'identificazione del giudice naturale con quello del luogo del commesso reato, C. cost. 25 luglio 1994, n. 344, ivi, 1994, 2846; C. cost. 20 luglio 1995, n. 336, ivi, 1995, 2552; C. cost. 23 febbraio 1996, n. 42, ivi, 1996, 330.

 

NOTA:

 

(57) Cfr. C. cost. 25 marzo 1992, n. 124, cit.; C. cost. 16 giugno 1992, n. 269, in Giur. cost., 1992, 2065; C. cost. 22 giugno 1992, n. 292, ivi, 2242; C. cost. 7 luglio 1993, n. 305, cit.; C. cost., ordinanza, 17 febbraio 1994, n. 42, cit.; C. cost. 30 dicembre 1994, n. 453, cit.; C. cost., ordinanza, 5 febbraio 1996, n. 24, ivi, 1996, 219.

 

NOTA:

 

(58) Cfr. C. cost., ordinanza, 27 luglio 1992, n. 376, in Giur. cost., 1992, 2988; C. cost. 16 giugno 1994, n. 231, ivi, 1994, 1925; C. cost. 10 novembre 1995, n. 484, ivi, 1995, 4160.

 

NOTA:

 

(59) Cfr. C. cost., ordinanza, 23 maggio 1995, n. 191, in Giur. cost., 1995, 1496.

 

NOTA:

 

(60) Cfr. C. cost., ordinanza, 22 luglio 1996, n. 278, in Giur. cost., 1996, 2422.

 

NOTA:

 

(61) C. cost. 30 dicembre 1994, n. 460, in Giur. cost., 1994, 3967 e C. cost., ordinanza, 16 giugno 1995, n. 257, ivi, 1995, 1874.

 

NOTA:

 

(62) Così SENESE, Relazione, in La magistratura italiana, cit., 46.

 

 

 

Torna all'inizio del testo

 

 

 

FONTI.

 

Art. 25 comma 1 cost.

 

LETTERATURA.

 

 

Oltre alle opere citate nelle note al testo, v.: ANDRIOLI, La precostituzione del giudice, in Riv. dir. proc., 1964, 325 ss.;

BARGIS, Dubbi di costituzionalità nel passaggio di competenza dalla corte d'assise al tribunale per determinate categorie di reati, in Riv. it. dir. proc. pen., 1975, 302 ss.;

BOCCHINI, VUOSI, Il principio del giudice naturale nella Costituzione italiana, in Dir. giur., 1974, 161 ss.;

CAMPO, Considerazioni sui rapporti tra l'art. 25, 1° comma, Cost. e le norme relative all'istituto della supplenza dei magistrati, in Giur. it., 1965, IV, 25 ss.;

CARCANO, Capacità del giudice: imparzialità e garanzia di precostituzione, in Cass. pen., 1994, 360 ss.;

CONSO, Costituzione e processo penale, Milano, 1969, 399-499;

CORDERO, Connessione e giudice naturale, in La testimonianza nel processo penale (Atti del Convegno di studio «Enrico de Nicola» - Problemi attuali di diritto e procedura penale, Foggia, 13-15 ottobre 1972), Milano, 1976, 53 ss.;

D'OTTAVI, Il giudice naturale nella Costituzione, in L'Eloquenza, 1968, 660 ss.;

DALIA, Sulla precostituzione del giudice naturale come fondamentale garanzia di certezza per l'imputato, con particolare riguardo ai rapporti tra la competenza penale dei consoli e dei comandanti di porto , in Riv. it. dir. proc. pen., 1965, 507 ss.;

DE LALLA, La scelta del rito istruttorio, Napoli, 1971 ss.;

DELISO, «Naturalità» e «precostituzione» del giudice nell'art. 25 della Costituzione, in Giur. cost., 1969, 2671 ss.;

FOSCHINI, Tornare alla giurisdizione, Milano, 1971, 81-100;

GALLI, Ancora sui rapporti tra dirigente della pretura e magistrati «in sottordine»: una sentenza eludente e deludente, in Giur. cost., 1973, 2251 ss.;

ID., La competenza del tribunale per i delitti di rapina aggravata, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, secondo l'art. 1 l. 497/1974: una scontata, e discutibile, sentenza della Corte costituzionale in tema di giudice naturale , in Riv. it. dir. proc. pen., 1976, 1473 ss.;

GAZZANIGA, La rimessione dei procedimenti: deroga o attuazione del principio del giudice naturale?, in Cass. pen., 1987, 1158 ss.;

GHIARA, Legittimità delle norme sulle applicazioni e supplenze dei magistrati con riferimento agli art. 25, 1° comma, 105 e 107, 1° comma, della Costituzione , in Giur. cost., 1970, 2071 ss.;

ID., Rapporti tra il dirigente della pretura e gli altri magistrati dell'ufficio: profili costituzionali, in Riv. it. dir. proc. pen., 1971, 546 ss.;

GREVI, Davvero legittima la competenza del giudice non specializzato nei confronti dei minorenni coimputati con maggiorenni?, in Giur. cost., 1966, 121 ss.;

ID., Norme modificatrici delle circoscrizioni giudiziarie e garanzia del giudice naturale precostituito per legge, in Riv. it. dir. proc. pen., 1967, 1010 ss.;

ID., Giudice precostituito e modifiche alla competenza nelle «nuove norme contro la criminalità», ivi, 1974, 879 ss.;

GRIMALDI, Il principio del giudice naturale precostituito per legge: valore di un principio, in Foro pad., 1969, 119 ss.;

GUELI, Il «foro dello Stato» tra ragion di stato e stato di diritto, in Giur. cost., 1964, 1191;

ICHINO, Precostituzione e naturalità del giudice nello spostamento di competenza per materia previsto dalla l. 14 ottobre 1974 n. 497 (nuove norme contro la criminalità) , in Riv. it. dir. proc. pen., 1975, 582 ss.;

LIEBMAN, Giudice naturale e costituzione del giudice, in Riv. dir. proc., 1964, 331;

MADDALENA, Scelta del rito istruttorio e inderogabilità del principio del giudice naturale precostituito per legge, in Giur. cost., 1968, 2101 ss.;

MAMBRANI, Un'ipotesi ricostruttiva del significato del termine «naturale» di cui all'art. 25, comma 1, Cost., in Archivio della nuova procedura penale, 1990, 315 ss.;

MARRONE, L'art. 25 della Costituzione ed i criteri di assegnazione dei processi all'interno dei grandi uffici giudiziari, in Dem. dir., 1968, 603 ss.;

MAZZIOTTI, Garanzia del giudice naturale precostituito per legge e indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, in Cons. St., 1985, II, 1253 ss.;

MENCARELLI, Il principio del giudice naturale, in Giur. merito, 1970, II, 272 ss.;

NANNUCCI, Le regole di competenza quali norme strumentali al principio del giudice naturale, in Diritto penale e processo, 1995, 461 ss.;

NOBILI, Il giudice nella società contemporanea ed i criteri di assegnazione delle cause, in Riv. dir. proc., 1974, 77 ss.;

PATALANO, Il principio del giudice naturale ed i suoi limiti di applicabilità, in Arch. pen., 1974, 241 ss.;

PERONACI, La nuova Costituzione come fonte diretta di norme penali, ivi, 1949, I, 76 ss.;

PINTO, Giudice naturale e legittima suspicione, in Riv. pen., 1967, I, 133 ss.;

PITTARO, La posizione dei vice pretori onorari, la VII disp. transitoria della Costituzione ed il principio della «naturalità» del giudice , in Arch. pen., 1970, II, 215 ss.;

PIZZORUSSO, La competenza del giudice come materia coperta da riserva di legge, in Giur. it., 1963, I, 1313 ss.;

ID., Sul significato dell'espressione «giudice» nell'art. 25, 1° comma, della Costituzione, in Giur. cost., 1970, 1068 ss.;

PREDIERI, Interpretazione autentica e collisioni con i diritti costituzionali alla difesa e al giudice naturale e precostituito nelle leggi sulle concentrazioni editoriali , in Quaderni di Nomos, 1989, n. 1, 123 ss.;

ROMBOLI, Il principio del giudice naturale tra «esigenze di servizio» e «tribunale più vicino»: una sentenza specificativa o una interpretazione riduttiva? , in Giur. cost., 1975, I, 3142 ss.;

ID., La azionabilità del diritto al giudice naturale, in Studi in onore di V. Palazzolo, Milano, 1986, 747 ss.;

ID., Teoria e prassi del principio di precostituzione del giudice, in Giur. cost., 1992, 3244 ss.;

SABATINI Gius., La competenza surrogatoria ed il principio del giudice naturale nel processo penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1962, 941 ss.;

SCAPARONE, Conforme alla Costituzione la rimessione dei procedimenti riguardanti magistrati, ivi, 1963, 943 ss.;

ID., Sulla costituzionalità della rimessione della competenza penale per gravi motivi di ordine pubblico e per legittima suspicione, in Giur. cost., 1963, 473 ss.;

ID., Giudice naturale e scelta della sezione nel giudizio direttissimo, ivi, 1969, 2219 ss.;

SENESE, Giudice naturale e nuovo processo del lavoro, in Foro it., 1974, V, 113 ss.;

SINISCALCO, La garanzia della precostituzione del giudice ed il mutamento delle circoscrizioni territoriali, in Giur. cost., 1967, 656 ss.;

SPANGHER, Proroga dei termini per la perizia istruttoria e principio del giudice naturale precostituito per legge, in Riv. it. dir. proc. pen., 1982, 690 ss.;

TESSITORE, L'istruzione sommaria ed il principio della inderogabilità del giudice naturale, in Giur. it., 1965, II, 241 ss.;

ID., La designazione del giudice di rinvio e l'art. 25, 1° comma, Cost., in Giur. cost., 1970, 580 ss.;

TURCO, Il principio«tempus regit actum» e l'art. 25 Cost., in Riv. pen., 1993, 200 ss.;

UBERTIS, «Naturalità» del giudice e valori socio-culturali nella giurisdizione, in Riv. it. dir. proc. pen., 1977, 1058 ss.;

VICINI, Precostituzione del giudice e discrezionalità nella sua designazione, ivi, 1969, 244 ss.;

ZAGREBELSKY V., Connessione e giudice naturale, in Connessione di procedimenti e conflitti di competenza (Atti del Convegno di studio «Enrico de Nicola» - Problemi attuali di diritto e procedura penale, Trieste-Grignano, 3-5 ottobre 1975), Milano, 1976, 59 ss.;

ID., Nuovo codice di procedura penale e modifiche di ordinamento giudiziario, in Verso una nuova giustizia penale (Atti del Convegno di studio «Enrico de Nicola» - Problemi attuali di diritto e procedura penale, Lecce, 18-20 marzo 1988) Milano, 1989;

ZUCCONI, Limiti della disciplina vigente sulla rimessione dei procedimenti: rapporti col principio del giudice naturale e con la garanzia costituzionale dell'imparzialità , in Riv. pen., 1988, 1041 ss.

 

 

 

Legislazione e normativa nazionale

Dottrina e sentenze

Consiglio Ordine Roma: informazioni

Rassegna stampa del giorno

Articoli, comunicati e notizie

Interventi, pareri e commenti degli Avvocati

Formulario di atti e modulistica

Informazioni di contenuto legale

Utilità per attività legale

Links a siti avvocatura e siti giuridici