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La disciplina del credito artigianale e l'ammissione al passivo fallimentare-(LEX24.it)

 

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Francesco Palumbo, avvocato

 

La disciplina

Ai sensi dell’art. 2751-bis n. 5 l. fall.. “Hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti : … 5) i crediti dell’impresa artigiana e delle società od enti cooperativi di produzione e di lavoro, per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti”. 

 

Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la  "funzione  preminente"  del  lavoro  sul  capitale,  che ai sensi dell'art.  3,  secondo comma, della legge 8 agosto 1985 n. 443 rileva al  fine  dell'individuazione dell'impresa artigiana, comporta che il rapporto  tra  il  fattore  lavoro  ed  il  capitale  investito nella impresa  puo'  essere  inteso  non  solo  in  senso quantitativo, con riferimento  alla  preponderanza  del  ruolo di un fattore produttivo sull'altro,  ma  anche in senso funzionale e qualitativo, in rapporto con  le caratteristiche  strutturali  fondamentali  dell'impresa artigiana  ed  alla natura del bene prodotto o del servizio reso, con la  conseguenza  della  inclusione tra le imprese artigiane di quelle caratterizzate  dall'opera  qualificante dell'imprenditore o dei suoi collaboratori    e  che  tuttavia,  pur  a  fronte  di  una  limitata organizzazione,  hanno bisogno strutturalmente di un notevole impiego di  capitali.  L'elemento  funzionale  o qualitativo, peraltro, perde rilievo ed  il  giudizio di preminenza resta affidato essenzialmente al  ruolo del  rapporto  quantitativo  tra capitale e lavoro, quando l'oggetto dell'attivita' svolta dall'imprenditore, pur caratterizzata da una qualificazione professionale dello stesso, non e' espressione di un'arte o di una perizia strettamente ricollegabile alla persona che qualitativamente la caratterizza, ne' richieda, strutturalmente  nel  tipo  e  necessariamente,  rilevanti investimenti  di capitale, potendosi svolgere da caso a caso, sia con elevati sia con modesti capitali (così, Cass. 95/6221 ).

 

In realtà, la qualificazione artigianale o meno dell’attività di un imprenditore, ai fini dell’applicazione del privilegio di cui al n. 5 dell’art. 2751bis Cod. civ. deve compiersi sulla base della legge n. 860 del 1956 ( oggi l. 443/85 ),   costituente naturale integrazione, e cioè specificazione ed ampliamento dell’art. 2083 Cod. civ. ( Cass. 94/9080 ). Sulla base di tali presupposti, requisiti essenziali perché un’attività possa definirsi artigiana sono ( art. 1 ) la finalità di produzione di beni o prestazione di natura artistica o usuale, l’organizzazione ed attuazione di lavoro professionale, anche manuale del suo titolare e, eventualmente, anche di quello dei suoi familiari e la piena responsabilità di detto titolare circa l’esercizio aziendale e gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e alla sua gestione, salvi gli ulteriori requisiti ( ex art. 2 e 3 successivi ) afferenti la forma di costituzione dell’impresa, la prevalenza dell’elemento lavoro sull’elemento capitale nella relativa gestione ed il tipo di procedimento di lavorazione adottato nella creazione del prodotto ( Cass. 83/5633 ).

 

Peraltro, va aggiunto che l'iscrizione  nell'albo  delle imprese artigiane, a norma dell'art. 1 della    legge   25  luglio  1956  n.  860,  costituisce  presupposto indispensabile  per  fruire  delle agevolazioni tributarie disposte a favore  di  tale  categoria  di  imprese,  ma  non  e' vincolante per l'affermazione,  ad altri fini, del carattere artigianale dell'impresa,  ne'  puo'  essere  fonte  di  presunzioni sulla natura dell'impresa  medesima.  In  particolare  detta iscrizione non vale a rendere  applicabile  il privilegio di cui al n. 5 dell'art. 2751 bis cod.  civ.,  dovendosi  a  tal  fine  accertare la natura artigianale dell'impresa  in  base  al  positivo  riscontro  della coesistenza di tutti gli elementi sopra indicati ( Cass. 1996/3108 ; Cass. 1993/12519 ).

 

Ed invero, il riconoscimento del privilegio del credito dell’impresa artigiana presuppone in primo luogo la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge l. 443/85 e, a tal fine, la produzione del certificato d’iscrizione nell’apposito albo può valere solo come presunzione semplice ; in secondo luogo, è necessario valutare l’utile di impresa e quello dei singoli soci ( Trib. Verona 23.12.1987, F. it., 90, 1398 ).

Va anche aggiunto, che, secondo la suddetta legge n. 860 del 1956, l’impresa artigianale può avere per oggetto, concorrendo i requisiti di cui all’art. 1 sopra ricordato, anche attività economicamente commerciali, quale il servizio di trasporto, espressamente previsto dall’art. 2, 2 comma, lett. d), della legge sopra menzionata ( Cass. 90/11693 ).   

 

Da ultimo, può pertanto affermarsi che, in tema di fallimento, ai fini dell’ammissione al passivo di un credito in via privilegiata anziché chirografaria, ex art. 2751 bis Cod. civ., la qualifica dell’impresa individuale come artigianale - in cui si estende la disciplina relativa alla società artigianale di cui all’art. 3 della legge n. 443 del 1985 - postula la preminenza del fattore lavoro sul capitale investito, e la prevalenza del lavoro personale, connotato anche dal carattere della manualità, del titolare dell’impresa nel processo produttivo. (Cass. sent. n. 15785 del 14.12.2000 ).  

 

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