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I PRINCIPI GIURISPRUDENZIALI IN MATERIA DI FORMULAZIONE DEI QUESITI DAVANTI ALLA SUPREMA CORTE - In base all'art. 366 bis cod. proc. civ. non più vigente (Cassazione Sezione Lavoro n. 21484 del 18 ottobre 2011, Pres. Roselli, Rel. Tria).-Legge e giustizia.it

 

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Nell'ambito della giurisprudenza di legittimità relativa all'interpretazione dell'art. 366-bis cod. proc. civ. (oggi non più vigente), possono dirsi consolidati i seguenti orientamenti:

 

a) la formulazione di distinti e plurimi quesiti di diritto, in esito all'illustrazione di un unico motivo di ricorso per cassazione, non può ritenersi contrastante, di per sé, con la disposizione dell'art, 366-bis cod. proc. civ. per il solo fatto che questa esige che il motivo si concluda, a pena di inammissibilità, con "un quesito". Potendo, infatti, il motivo di ricorso essere articolato con riferimento a diverse e concorrenti censure, il quesito deve rispecchiare ciascuna di tali articolazioni, sicché può ben assumere una forma, anche dal punto dì vista grafico, separata in più capi, fermo restando che, nel complesso, deve esaurire tutti i punti in cui si sviluppa l'argomentazione della censura (Cass. 9 giugno 2010, n. 13868; Cass. SU 9 marzo 2009, n. 5624);

 

    b)è ammissibile il ricorso per cassazione nel quale si denunzino con un unico articolato motivo d'impugnazione vizi di violazione dì legge e di motivazione in fatto, qualora lo stesso si concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all'altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto (Cass. SU 31 marzo 2009, n. 7770; Cass. 18 gennaio 2008, n. 976; Cass. 26 marzo 2009, n. 7261);

    c) inoltre, la frammentazione di un unico motivo in una pluralità di quesiti non determina di per sé l'inammissibilità del ricorso, allorquando il giudice sia in grado di ridurre ad unità i quesiti formulati, attraverso una lettura che sia agevole ed univoca, per la chiarezza del dato testuale (Cass. 21 settembre 2007, n. 19560);

    d)d'altra parte, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione, nel caso in cui il quesito di diritto, dì cui all'art. 366-bis cod. proc. civ., si risolva in un'enunciazione tautologica, priva di qualunque indicazione sulla questione di diritto oggetto della controversia (Cass. SU 8 maggio 2008, n. 11210);

    e) infatti, la funzione propria del quesito di diritto, da formulare a pena di inammissibilità del motivo proposto, è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (Cass. 7 aprile 2009, n. 8463);

    f) il quesito, inoltre, deve essere conferente rispetto alla fattispecie dedotta in giudizio e rilevante per la decisione della controversia (Cass. 4 gennaio 2011, n. 80; Cass. SU 2 aprile 2008, n. 8466), nonché avere attinenza con il motivo formulato, senza introdurre temi nuovi (Cass. 17 luglio 2007, n. 15949);

    g)non è in contrasto con l'art. 366-bis cod. proc. civ., la formulazione in più parti del quesito, anche parzialmente sovrapposte, in quanto tale modalità può rendere più chiara e leggibile la pretesa sottoposta al giudizio della Corte, meglio assicurando la funzione del quesito medesimo (arg. ex Cass. 29 febbraio 2008, n. 5733; Cass. 6 novembre 2008, n. 26737);

    h)l'art. 366-bis cod. proc. civ., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, impone, ove venga in rilievo il motivo di cui al n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ. (il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata), la effettuazione di una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso - in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria - ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (Cass. 25 febbraio 2009, n. 4556; Cass. SU I ottobre 2007, n. 20603);

    i) infine, l'art. 366-bis cod. proc. civ., là dove esige che l'esposizione del motivo si debba concludere con il quesito di diritto, così come non significa che il quesito debba topograficamente essere inserito alla fine della esposizione di ciascun motivo (arg. ex Cass. SU 18 luglio 2008, n. 19811, Cass. 26 febbraio 2008, n. 5073), a maggior ragione non contiene prescrizioni topografiche con riferimento al "momento di sintesi" necessario in caso di denuncia di vizi di motivazione.

 

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