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La Corte Ue salva i download illegali? Corte di Giustizia dell’Unione Europea,   sentenza 24 novembre 2011 (procedimento C-70/10-)Leggioggi.it

 

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I giudici nazionali non possono imporre l’applicazione di filtri anti-pirateria. Lo vietano la direttiva sul commercio elettronico e la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue

 

emule

 

I giudici nazionali non possono imporre alle societa’ che forniscono accesso ad internet di applicare filtri per prevenire il download di contenuti illegali.

 

Di conseguenza tali società di fornitura non sono tenute a vigilare sui download illegali dei suoi utenti e un giudice che imponga un simile obbligo contravviene al diritto dell’Unione.

 

Lo ha deciso la terza sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza 24 novembre 2011 (procedimento C-70/10) risolvendo una controversia originata in Belgio tra una società fornitrice di accesso a Internet e l’agenzia nazionale che protegge i diritti d’autore.

 

”Il diritto dell’Unione vieta un’ingiunzione di un giudice nazionale diretta ad imporre ad un fornitore di accesso ad Internet di predisporre un sistema di filtraggio per prevenire gli scaricamenti illegali di file”, si legge nella sentenza.

 

«Un’ingiunzione di tale genere non rispetta il divieto di imporre a siffatto prestatore un obbligo generale di sorveglianza né l’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra il diritto di proprietà intellettuale, da un lato, e la libertà d’impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni, dall’altro», spiega la Corte nel comunicato stampa. Il diritto dell’Unione, quindi, «vieta che sia rivolta a un fornitore di accesso ad Internet un’ingiunzione di predisporre un sistema di filtraggio di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, applicabile indistintamente a tutta la sua clientela, a titolo preventivo, a sue spese esclusive e senza limiti nel tempo».

 

La vicenda trae origine nel 2004, quando la Sabam, cioè l’agenzia nazionale belga sulla tutela dei diritti d’autore (la nostra Siae, per intenderci) ha scoperto che alcuni utenti di Internet che si avvalevano dei servizi della società fornitrice Scarlet scaricavano da Internet, senza autorizzazione e senza pagarne i diritti, opere contenute nel suo catalogo, utilizzando reti “peer-to-peer”.

 

Su istanza della Sabam, il presidente del Tribunale di prima istanza di Bruxelles ha ordinato, a pena di ammenda, alla Scarlet, in qualità di fornitore di accesso a Internet, di far cessare tali violazioni del diritto d’autore, rendendo impossibile ai suoi clienti qualsiasi forma di invio o di ricezione mediante un programma “peer to peer” di file che contenessero un’opera musicale appartenente al repertorio della Sabam.

 

La Scarlet ha impugnato la sentenza di primo grado davanti la Corte d’Appello di Bruxelles, asserendo che l’ingiunzione non era conforme al diritto dell’Unione in quanto le imponeva, de facto, un obbligo generale di sorveglianza sulle comunicazioni che transitano sulla sua rete, circostanza a suo avviso incompatibile con la direttiva sul commercio elettronico e con i diritti fondamentali.

 

Il giudice di secondo grado ha chiesto perciò alla Corte di giustizia «se il diritto dell’Unione consenta agli Stati membri di autorizzare un giudice nazionale a ingiungere a un fornitore di accesso a Internet di predisporre, in modo generalizzato, a titolo preventivo, esclusivamente a spese di quest’ultimo e senza limiti nel tempo, un sistema di filtraggio delle comunicazioni elettroniche avente la finalità di identificare gli scaricamenti illegali di file».

 

Nella sentenza, la Corte precisa che i titolari di diritti di proprietà intellettuale possono chiedere che venga emanata un’ordinanza nei confronti degli intermediari, come appunto le società fornitrici di accessi alla rete Internet, i cui servizi siano utilizzati dagli utenti “terzi” per violare i loro diritti. Le modalità delle ingiunzioni sono stabilite dal diritto nazionale.

 

Tuttavia, queste norme nazionali devono rispettare le limitazioni derivanti dal diritto dell’Unione in particolare, il divieto imposto dalla direttiva sul commercio elettronico alle autorità nazionali di adottare misure che obblighino un fornitore di accesso a Internet a procedere ad una sorveglianza generalizzata sulle informazioni che esso trasmette sulla propria rete.

 

Sul caso in questione, la Corte osserva come l’ingiunzione obbligherebbe la Scarlet a effettuare una sorveglianza attiva e penetrante su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale.

 

L’ingiunzione imporrebbe quindi una sorveglianza generalizzata, che i giudici definiscono incompatibile con la direttiva sul commercio elettronico.

 

La Corte Ue precisa infatti che: «Sebbene la tutela del diritto di proprietà intellettuale sia sancita dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non può desumersi né da tale Carta né dalla giurisprudenza della Corte che tale diritto sia intangibile e che la sua tutela debba essere garantita in modo assoluto.

 

L’ingiunzione di predisporre un sistema di filtraggio implica una sorveglianza, nell’interesse dei titolari di diritti d’autore, su tutte le comunicazioni elettroniche realizzate sulla rete del fornitore di accesso ad Internet coinvolto. Tale sorveglianza sarebbe peraltro illimitata nel tempo. Pertanto, un’ingiunzione di questo genere causerebbe una grave violazione della libertà di impresa della Scarlet, poiché l’obbligherebbe a predisporre un sistema informatico complesso, costoso, permanente e interamente a sue spese».

 

Ma la questione incide anche sui diritti fondamentali degli utenti.

 

“Il sistema di filtraggio controverso è idoneo a ledere anche i diritti fondamentali dei suoi clienti, ossia i loro diritti alla tutela dei dati personali e la loro libertà di ricevere o di comunicare informazioni, diritti, questi ultimi, tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea” – si legge nel comunicato stampa della Corte. “Da un lato, infatti, è pacifico che tale ingiunzione implicherebbe un’analisi sistematica di tutti i contenuti, nonché la raccolta e l’identificazione degli indirizzi IP degli utenti che effettuano l’invio dei contenuti illeciti sulla rete, indirizzi che costituiscono dati personali. Dall’altro – proseguono i giudici – detta ingiunzione rischierebbe di ledere la libertà di informazione, poiché tale sistema potrebbe non essere in grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto illecito e un contenuto lecito, sicché il suo impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare comunicazioni aventi un contenuto lecito”

 

Pertanto, la Corte dichiara che, emettendo un’ingiunzione che costringa la ditta fornitrice di accesso a Internet a predisporre un tale sistema di filtraggio, il giudice nazionale non rispetterebbe l’obbligo di garantire un giusto equilibrio tra il diritto di proprietà intellettuale, da un lato, e la libertà di impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni, dall’altro.

 

SENTENZA CORTE UE (Terza Sezione) 24 novembre 2011

«Società dell’informazione – Diritto d’autore – Internet – Programmi “peer-to-peer” – Fornitori di accesso a Internet – Predisposizione di un sistema di filtraggio delle comunicazioni elettroniche al fine di impedire gli scambi dei file che ledono i diritti d’autore – Assenza di un obbligo generale di sorvegliare le informazioni trasmesse»

 

Testo

 

Nel procedimento C-70/10,

 

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267

 

TFUE, dalla cour d’appel de Bruxelles (Belgio), con decisione 28 gennaio 2010, pervenuta in

 

cancelleria il 5 febbraio 2010, nella causa

 

Scarlet Extended SA

 

contro

 

Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM),

 

con l’intervento di:

 

Belgian Entertainment Association Video ASBL (BEA Video),

 

Belgian Entertainment Association Music ASBL (BEA Music),

 

Internet Service Provider Association ASBL (ISPA),

 

LA CORTE (Terza Sezione),

 

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. J. Malenovský (relatore), dalla

 

sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász e G. Arestis, giudici,

 

avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

 

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

 

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 gennaio 2011,

 

considerate le osservazioni presentate:

 

– per la Scarlet Extended SA, dagli avv.ti T. De Meese e B. Van Asbroeck, avocats;

 

– per la Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM), la Belgian

 

Entertainment Association Video ASBL (BEA Video) e la Belgian Entertainment Association

 

Music ASBL (BEA Music), dagli avv.ti F. de Visscher, B. Michaux e F. Brison, avocats;

 

– per la Internet Service Provider Association ASBL (ISPA), dall’avv. G. Somers, avocat;

 

– per il governo belga, dai sigg. T. Materne e J.-C. Halleux, nonché dalla sig.ra C. Pochet, in

 

qualità di agenti;

 

– per il governo ceco, dal sig. M. Smolek e dalla sig.ra K. Havlíčková, in qualità di agenti; – per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal

 

sig. S. Fiorentino, avvocato dello Stato;

 

– per il governo olandese, dalle sig.re C. Wissels e B. Koopman, in qualità di agenti;

 

– per il governo polacco, dai sigg. M. Szpunar, M. Drwięcki e J. Goliński, in qualità di agenti;

 

– per il governo finlandese, dalla sig.ra M. Pere, in qualità di agente;

 

– per la Commissione europea, dalle sig.re J. Samnadda e C. Vrignon, in qualità di agenti,

 

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 aprile 2011,

 

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle seguenti direttive:

 

– direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a

 

taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio

 

elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178, pag. 1);

 

– direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE,

 

sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società

 

dell’informazione (GU L 167, pag. 10);

 

– direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/48/CE, sul rispetto dei

 

diritti di proprietà intellettuale (GU L 157, pag. 45; rettifiche nella GU 2004, L 195, pag. 16);

 

– direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE, relativa alla

 

tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera

 

circolazione di tali dati (GU L 281, pag. 31), e

 

– direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 luglio 2002, 2002/58/CE, relativa al

 

trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni

 

elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201,

 

pag. 37).

 

2 Questa domanda è stata presentata nel contesto di una controversia tra la Scarlet Extended SA (in

 

prosieguo: la «Scarlet») e la Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM) (in

 

prosieguo: la «SABAM») vertente sul rifiuto della Scarlet di predisporre un sistema di filtraggio

 

delle comunicazioni elettroniche realizzate tramite programmi per lo scambio di archivi (detti

 

«peer-to-peer»), onde impedire gli scambi dei file che ledono i diritti d’autore.

 

Contesto normativo

 

Il diritto dell’Unione

 

La direttiva 2000/31

 

3 Ai sensi del quarantacinquesimo e del quarantasettesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/31: «(45) Le limitazioni alla responsabilità dei prestatori intermedi previste nella presente direttiva

 

lasciano impregiudicata la possibilità di azioni inibitorie di altro tipo. Siffatte azioni inibitorie

 

possono, in particolare, essere ordinanze di organi giurisdizionali o autorità amministrative

 

che obbligano a porre fine a una violazione o impedirla, anche con la rimozione

 

dell’informazione illecita o la disabilitazione dell’accesso alla medesima.

 

(…)

 

(47) Gli Stati membri non possono imporre ai prestatori un obbligo di sorveglianza di carattere

 

generale. Tale disposizione non riguarda gli obblighi di sorveglianza in casi specifici e, in

 

particolare, lascia impregiudicate le ordinanze emesse dalle autorità nazionali secondo le

 

rispettive legislazioni».

 

4 L’art. 1 di questa direttiva così recita:

 

«1. La presente direttiva mira a contribuire al buon funzionamento del mercato interno

 

garantendo la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione tra Stati membri.

 

2. La presente direttiva ravvicina, nella misura necessaria alla realizzazione dell’obiettivo di cui

 

al paragrafo 1, talune norme nazionali sui servizi della società dell’informazione che interessano il

 

mercato interno, lo stabilimento dei prestatori, le comunicazioni commerciali, i contratti per via

 

elettronica, la responsabilità degli intermediari, i codici di condotta, la composizione extragiudiziaria

 

delle controversie, i ricorsi giurisdizionali e la cooperazione tra Stati membri.

 

(…)».

 

5 L’art. 12 di detta direttiva, che figura nella Sezione 4 del Capo II della stessa ed è intitolato

 

«Responsabilità dei prestatori intermediari», dispone quanto segue:

 

«1. Gli Stati membri provvedono affinché, nella prestazione di un servizio della società

 

dell’informazione consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da

 

un destinatario del servizio, o nel fornire un accesso alla rete di comunicazione, il prestatore non

 

sia responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che egli:

 

a) non dia origine alla trasmissione;

 

b) non selezioni il destinatario della trasmissione; e

 

c) non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse.

 

(…)

 

3. Il presente articolo lascia impregiudicata la possibilità, secondo gli ordinamenti degli Stati

 

membri, che un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa esiga che il prestatore

 

impedisca o ponga fine ad una violazione».

 

6 Ai sensi dell’art. 15 della direttiva 2000/31, anch’esso incluso nella sua Sezione 4 del Capo II:

 

«1. Nella prestazione dei servizi di cui agli articoli 12, 13 e 14, gli Stati membri non impongono

 

ai prestatori un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano

 

né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di

 

attività illecite.

 

2. Gli Stati membri possono stabilire che i prestatori di servizi della società dell’informazione

 

siano tenuti ad informare senza indugio la pubblica autorità competente di presunte attività o

 

informazioni illecite dei destinatari dei loro servizi o a comunicare alle autorità competenti, a loro

 

richiesta, informazioni che consentano l’identificazione dei destinatari dei loro servizi con cui hanno

 

accordi di memorizzazione dei dati».

 

La direttiva 2001/29 7 A norma del sedicesimo e del cinquantanovesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29:

 

«(16)(…) La presente direttiva dovrebbe essere attuata in tempi analoghi a quelli previsti per [la

 

direttiva 2000/31], in quanto tale direttiva fornisce un quadro armonizzato di principi e

 

regole che riguardano tra l’altro alcune parti importanti della presente direttiva. Questa

 

direttiva lascia impregiudicate le regole relative alla responsabilità della direttiva suddetta.

 

(…)

 

(59) In particolare in ambito digitale, i servizi degli intermediari possono essere sempre più

 

utilizzati da terzi per attività illecite. In molti casi siffatti intermediari sono i più idonei a porre

 

fine a dette attività illecite. Pertanto fatte salve le altre sanzioni e i mezzi di tutela a

 

disposizione, i titolari dei diritti dovrebbero avere la possibilità di chiedere un provvedimento

 

inibitorio contro un intermediario che consenta violazioni in rete da parte di un terzo contro

 

opere o altri materiali protetti. Questa possibilità dovrebbe essere disponibile anche ove gli

 

atti svolti dall’intermediario siano soggetti a eccezione ai sensi dell’articolo 5. Le condizioni e

 

modalità relative a tale provvedimento ingiuntivo dovrebbero essere stabilite dal diritto

 

nazionale degli Stati membri».

 

8 L’art. 8 della direttiva 2001/29 stabilisce quanto segue:

 

«1. Gli Stati membri prevedono adeguate sanzioni e mezzi di ricorso contro le violazioni dei

 

diritti e degli obblighi contemplati nella presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie a

 

garantire l’applicazione delle sanzioni e l’utilizzazione dei mezzi di ricorso. Le sanzioni previste

 

devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.

 

(…)

 

3. Gli Stati membri si assicurano che i titolari dei diritti possano chiedere un provvedimento

 

inibitorio nei confronti degli intermediari i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare un diritto

 

d’autore o diritti connessi».

 

La direttiva 2004/48

 

9 Il ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/48 così recita:

 

«[Senza pregiudizio di] eventuali altre misure, procedure e mezzi di ricorso disponibili, i titolari dei

 

diritti dovrebbero avere la possibilità di richiedere un provvedimento inibitorio contro un

 

intermediario i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare il diritto di proprietà industriale del

 

titolare. Le condizioni e modalità relative a tale provvedimento inibitorio dovrebbero essere stabilite

 

dal diritto nazionale degli Stati membri. Per quanto riguarda le violazioni del diritto d’autore e dei

 

diritti connessi, la direttiva [2001/29] prevede già un ampio livello di armonizzazione. Pertanto

 

l’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva [2001/29] non dovrebbe essere pregiudicato dalla presente

 

direttiva».

 

10 Ai termini dell’art. 2, n. 3, della direttiva 2004/48:

 

«La presente direttiva fa salve:

 

a) le disposizioni comunitarie che disciplinano il diritto sostanziale di proprietà intellettuale (…),

 

la direttiva [2000/31] in generale e le disposizioni degli articoli da 12 a 15 [di quest’ultima]

 

in particolare;

 

(…)».

 

11 L’art. 3 della direttiva 2004/48 così recita:

 

«1. Gli Stati membri definiscono le misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad

 

assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale di cui alla presente direttiva. Tali misure,

 

procedure e mezzi di ricorso sono leali ed equi, non inutilmente complessi o costosi e non

 

comportano termini irragionevoli né ritardi ingiustificati. 2. Le misure, le procedure e i mezzi di ricorso sono effettivi, proporzionati e dissuasivi e sono

 

applicati in modo da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da prevedere

 

salvaguardie contro gli abusi».

 

12 L’art. 11 della direttiva 2004/48 così dispose:

 

«Gli Stati membri assicurano che, in presenza di una decisione giudiziaria che ha accertato una

 

violazione di un diritto di proprietà intellettuale, le autorità giudiziarie possano emettere nei

 

confronti dell’autore della violazione un’ingiunzione diretta a vietare il proseguimento della

 

violazione. Se previsto dalla legislazione nazionale, il mancato rispetto di un’ingiunzione è oggetto,

 

ove opportuno, del pagamento di una pena pecuniaria suscettibile di essere reiterata, al fine di

 

assicurarne l’esecuzione. Gli Stati membri assicurano che i titolari possano chiedere un

 

provvedimento ingiuntivo nei confronti di intermediari i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare

 

un diritto di proprietà intellettuale, senza pregiudizio dell’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva

 

[2001/29]».

 

Il diritto nazionale

 

13 L’art. 87, n. 1, primo e secondo comma, della legge 30 giugno 1994, sul diritto d’autore e sui

 

diritti connessi (Moniteur belge del 27 luglio 1994, pag. 19297) prevede quanto segue:

 

«Il presidente del tribunal de première instance (…) consta[ta] l’esistenza e [ordina] la cessazione

 

di qualsiasi violazione del diritto d’autore o di un diritto connesso.

 

[Può] altresì emanare un provvedimento inibitorio contro intermediari i cui servizi siano utilizzati da

 

un terzo per violare il diritto d’autore o un diritto connesso».

 

14 Gli artt. 18 e 21 della legge 11 marzo 2003, su taluni aspetti giuridici dei servizi della società

 

dell’informazione (Moniteur belge del 17 marzo 2003, pag. 12962), recepiscono nel diritto

 

nazionale gli artt. 12 e 15 della direttiva 2000/31.

 

Causa principale e questioni pregiudiziali

 

15 La SABAM è una società di gestione che rappresenta gli autori, i compositori e gli editori di opere

 

musicali ed autorizza l’utilizzo delle loro opere tutelate da parte di terzi.

 

16 La Scarlet è un fornitore di accesso ad Internet (in prosieguo: «FAI») che procura ai propri clienti

 

tale accesso, senza proporre altri servizi come lo scaricamento o la condivisione dei file.

 

17 Nel corso del 2004, la SABAM perveniva alla conclusione che gli utenti di Internet che si

 

avvalevano dei servizi della Scarlet scaricavano da Internet, senza autorizzazione e senza pagarne i

 

diritti, opere contenute nel suo catalogo utilizzando reti «peer-to-peer», che costituiscono uno

 

strumento aperto per la condivisione di contenuti, indipendente, decentralizzato e dotato di

 

avanzate funzioni di ricerca e di scaricamento di file.

 

18 Con atto di ricorso del 24 giugno 2004 essa citava pertanto la Scarlet dinanzi al presidente del

 

tribunal de première instance de Bruxelles, sostenendo che, nella sua qualità di FAI, tale società si

 

trovava nella situazione ideale per adottare misure volte a far cessare le violazioni del diritto

 

d’autore commesse dai suoi clienti.

 

19 LA SABAM chiedeva, anzitutto, che venisse riconosciuta la violazione dei diritti d’autore sulle opere

 

musicali appartenenti al suo repertorio, in particolare dei diritti di riproduzione e di comunicazione

 

al pubblico, dovuta allo scambio non autorizzato di file musicali realizzato grazie a software «peer

 

to peer». Tali violazioni sarebbero state commesse avvalendosi dei servizi della Scarlet.

 

20 Essa domandava inoltre che la Scarlet fosse condannata, a pena di ammenda, a far cessare tali

 

violazioni rendendo impossibile o bloccando qualsiasi forma di invio o di ricezione da parte dei suoi clienti, mediante programmi «peer to peer», senza autorizzazione dei titolari dei diritti, di file

 

contenenti un’opera musicale, pretendendo infine che la Scarlet le comunicasse la descrizione delle

 

misure che intendeva applicare per ottemperare all’emananda sentenza, a pena di ammenda.

 

21 Con sentenza 26 novembre 2004, il presidente del tribunal de première instance de Bruxelles

 

accertava l’esistenza delle violazioni del diritto d’autore denunciate dalla SABAM. Tuttavia, prima di

 

statuire sull’istanza di provvedimenti inibitori, esso incaricava un perito di verificare se le soluzioni

 

tecniche proposte dalla SABAM fossero tecnicamente realizzabili, se esse consentissero di filtrare

 

unicamente gli scambi illeciti di file e se esistessero altri dispositivi idonei a controllare l’utilizzo di

 

programmi «peer to peer», nonché di quantificare il costo dei dispositivi considerati.

 

22 Nella sua relazione, il perito designato traeva la conclusione che, nonostante la presenza di

 

numerosi ostacoli tecnici, non si poteva escludere completamente che il filtraggio ed il blocco degli

 

scambi illeciti di file fosse realizzabile.

 

23 Con sentenza 29 giugno 2007, il presidente del tribunal de première instance de Bruxelles

 

condannava pertanto la Scarlet a far cessare le violazioni del diritto d’autore accertate con la

 

sentenza 26 novembre 2004, rendendo impossibile qualsiasi forma, realizzata mediante un

 

programma «peer to peer», di invio o di ricezione, da parte dei suoi clienti, di file che contenessero

 

un’opera musicale appartenente al repertorio della Sabam, a pena di ammenda.

 

24 La Scarlet interponeva appello contro tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, affermando,

 

anzitutto, che le risultava impossibile ottemperare a tale ingiunzione poiché l’efficacia e la durata

 

nel tempo dei dispositivi di blocco o di filtraggio non erano dimostrate e l’attuazione di tali

 

dispositivi era ostacolata da diversi fattori pratici, quali problemi di capacità della rete e di impatto

 

sulla stessa. Inoltre, qualsiasi tentativo di bloccare i file incriminati, a suo avviso, sarebbe stato

 

destinato al fallimento a breve termine, stante l’esistenza di numerosi programmi «peer-to-peer»

 

che avrebbero reso impossibile la verifica del loro contenuto da parte di terzi.

 

25 La Scarlet sosteneva poi che detta ingiunzione non era conforme all’art. 21 della legge 11 marzo

 

2003, su taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, che recepisce nel diritto

 

nazionale l’art. 15 della direttiva 2000/31, in quanto imponeva, de facto, un obbligo generale di

 

sorveglianza sulle comunicazioni veicolate dalla sua rete, posto che qualsiasi dispositivo di blocco o

 

di filtraggio del traffico «peer to peer» presuppone una sorveglianza generalizzata su tutte le

 

comunicazioni che passano per tale rete.

 

26 Infine, la Scarlet spiegava che la predisposizione di un sistema di filtraggio avrebbe leso le

 

disposizioni del diritto dell’Unione in materia di tutela dei dati personali e di segreto delle

 

comunicazioni, in quanto tale filtraggio implica il trattamento degli indirizzi IP, che sono dati

 

personali.

 

27 In tale contesto il giudice del rinvio ha ritenuto che, prima di verificare se un meccanismo di

 

filtraggio e di blocco dei file «peer-to-peer» esista e possa essere efficace, occorre assicurarsi che

 

gli obblighi da porre eventualmente a carico della Scarlet siano conformi al diritto dell’Unione.

 

28 In tale contesto, la cour d’appel de Bruxelles ha deciso di sospendere il procedimento e di

 

sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

 

«1) Se le direttive 2001/29 e 2004/48, lette in combinato disposto con le direttive 95/46,

 

2000/31 e 2002/58, interpretate, in particolare, alla luce degli artt. 8 e 10 della Convenzione

 

europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, consentano agli

 

Stati membri di autorizzare un giudice nazionale, adito nell’ambito di un procedimento nel

 

merito e in base alla sola disposizione di legge che prevede che “[i giudici nazionali] possono

 

altresì emettere un’ingiunzione recante un provvedimento inibitorio nei confronti di

 

intermediari i cui servizi siano utilizzati da un terzo per violare il diritto d’autore o un diritto

 

connesso”, ad ordinare ad un [FAI] di predisporre, nei confronti della sua intera clientela, in

 

abstracto e a titolo preventivo, esclusivamente a spese di tale FAI e senza limitazioni nel

 

tempo, un sistema di filtraggio di tutte le comunicazioni elettroniche, sia entranti che uscenti,

 

che transitano per i suoi servizi, in particolare mediante l’impiego di software “peer to peer”,

 

al fine di individuare, nella sua rete, la circolazione di file contenenti un’opera musicale, cinematografica o audiovisiva sulla quale il richiedente affermi di vantare diritti, e in seguito

 

di bloccare il trasferimento di questi, al momento della richiesta o in occasione dell’invio.

 

2) In caso di risposta affermativa alla [prima] questione (…), se tali direttive obblighino il

 

giudice nazionale, adito per statuire su una richiesta di ingiunzione nei confronti di un

 

intermediario dei cui servizi si avvalgano terzi per violare il diritto d’autore, ad applicare il

 

principio della proporzionalità quando è chiamato a pronunciarsi sull’efficacia e sull’effetto

 

dissuasivo della misura richiesta».

 

Sulle questioni pregiudiziali

 

29 Con le sue questioni il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le direttive 2000/31, 2001/29,

 

2004/48, 95/46 e 2002/58, lette nel loro combinato disposto ed interpretate alla luce delle

 

condizioni che la tutela dei diritti fondamentali applicabili implica, debbano essere interpretate nel

 

senso che ostano all’ingiunzione rivolta ad un FAI di predisporre un sistema di filtraggio:

 

– di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, in particolare

 

mediante programmi «peer-to-peer»;

 

– che si applichi indistintamente a tutta la sua clientela;

 

– a titolo preventivo;

 

– a sue spese esclusive, e

 

– senza limiti nel tempo,

 

idoneo ad identificare nella rete di tale fornitore la circolazione di file contenenti un’opera musicale,

 

cinematografica o audiovisiva rispetto alla quale il richiedente affermi di vantare diritti di proprietà

 

intellettuale, onde bloccare il trasferimento di file il cui scambio pregiudichi il diritto d’autore (in

 

prosieguo: il «sistema di filtraggio controverso»).

 

30 In proposito, occorre anzitutto ricordare che, ai sensi degli artt. 8, n. 3, della direttiva 2001/29 e

 

11, terza frase, della direttiva 2004/48, i titolari di diritti di proprietà intellettuale possono chiedere

 

un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari, come i FAI, i cui servizi siano utilizzati

 

da terzi per violare i loro diritti.

 

31 Dalla giurisprudenza della Corte risulta poi che la competenza attribuita, a norma di tali

 

disposizioni, agli organi giurisdizionali nazionali deve consentire a questi ultimi di ingiungere a detti

 

intermediari di adottare provvedimenti che contribuiscano in modo effettivo, non solo a porre fine

 

alle violazioni già inferte ai diritti di proprietà intellettuale mediante i loro servizi della società

 

dell’informazione, ma anche a prevenire nuove violazioni (v., in questo senso, sentenza 12 luglio

 

2011, causa C-324/09, L’Oréal e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 131).

 

32 Infine, dalla medesima giurisprudenza si evince che le modalità delle ingiunzioni che gli Stati

 

membri devono prevedere ai sensi di detti artt. 8, n. 3, e 11, terza frase, quali quelle relative alle

 

condizioni che devono essere soddisfatte e alla procedura da seguire, devono essere stabilite dal

 

diritto nazionale (v., mutatis mutandis, sentenza L’Oréal e a., cit., punto 135).

 

33 Pertanto, tali norme nazionali, al pari della loro applicazione da parte degli organi giurisdizionali

 

nazionali, devono rispettare i limiti derivanti dalle direttive 2001/29 e 2004/48, nonché dalle fonti

 

del diritto alle quali tali direttive fanno riferimento (v., in questo senso, sentenza L’Oréal e a., cit.,

 

punto 138). 34 Di conseguenza, in conformità al sedicesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29 e all’art. 2,

 

n. 3, lett. a), della direttiva 2004/48, dette norme, emanate dagli Stati membri, non possono

 

intaccare le disposizioni della direttiva 2000/31 e, più precisamente, i suoi artt. 12-15.

 

35 Tali norme devono quindi rispettare l’art. 15, n. 1, della direttiva 2000/31, che vieta alle autorità

 

nazionali di adottare misure che impongano ad un FAI di procedere ad una sorveglianza

 

generalizzata sulle informazioni che esso trasmette sulla propria rete.

 

36 A questo riguardo, la Corte ha già statuito che siffatto divieto abbraccia in particolare le misure

 

nazionali che obbligherebbero un prestatore intermedio, come un FAI, a realizzare una vigilanza

 

attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di

 

proprietà intellettuale. Peraltro, un obbligo siffatto di vigilanza generale sarebbe incompatibile con

 

l’art. 3 della direttiva 2004/48, il quale enuncia che le misure contemplate da detta direttiva

 

devono essere eque e proporzionate e non eccessivamente costose (v. sentenza L’Oréal e a., cit.,

 

punto 139).

 

37 Ciò considerato, occorre verificare se l’ingiunzione oggetto della causa principale, che impone al

 

FAI di predisporre il sistema di filtraggio controverso, implichi in tale circostanza l’obbligo di

 

procedere ad una sorveglianza attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire

 

qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale.

 

38 A questo proposito, è pacifico che l’attuazione di tale sistema di filtraggio presuppone:

 

– che il FAI identifichi, in primo luogo, nell’insieme delle comunicazioni elettroniche di tutti i

 

suoi clienti, i file che appartengono al traffico «peer-to-peer»;

 

– che esso identifichi, in secondo luogo, nell’ambito di tale traffico, i file che contengono opere

 

sulle quali i titolari dei diritti di proprietà intellettuale affermino di vantare diritti;

 

– in terzo luogo, che esso determini quali tra questi file sono scambiati in modo illecito e,

 

– in quarto luogo, che proceda al blocco degli scambi di file che esso stesso qualifica come

 

illeciti.

 

39 Siffatta sorveglianza preventiva richiederebbe così un’osservazione attiva sulla totalità delle

 

comunicazioni elettroniche realizzate sulla rete del FAI coinvolto e, pertanto, includerebbe tutte le

 

informazioni da trasmettere e ciascun cliente che si avvale di tale rete.

 

40 Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare che l’ingiunzione rivolta al FAI in questione di

 

predisporre il sistema di filtraggio controverso lo obbligherebbe a procedere ad una sorveglianza

 

attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di

 

proprietà intellettuale. Da ciò si evince che tale ingiunzione imporrebbe a detto FAI una

 

sorveglianza generalizzata, che è vietata dall’art. 15, n. 1, della direttiva 2000/31.

 

41 Per vagliare la conformità di tale ingiunzione al diritto dell’Unione, occorre inoltre tenere conto

 

delle condizioni che discendono dalla tutela dei diritti fondamentali applicabili, come quelli

 

menzionati dal giudice del rinvio.

 

42 In proposito va ricordato che l’ingiunzione oggetto della causa principale è volta a garantire la

 

tutela dei diritti d’autore, che appartengono alla sfera del diritto di proprietà intellettuale e che

 

possono essere lesi dalla natura e dal contenuto di talune comunicazioni elettroniche realizzate per

 

il tramite della rete del FAI in questione.

 

43 Sebbene la tutela del diritto di proprietà intellettuale sia sancita dall’art. 17, n. 2, della Carta dei

 

diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), non può desumersi né da tale

 

disposizione né dalla giurisprudenza della Corte che tale diritto sia intangibile e che la sua tutela

 

debba essere garantita in modo assoluto. 44 Come emerge, infatti, dai punti 62-68 della sentenza 29 gennaio 2008, causa C-275/06,

 

Promusicae (Racc. pag. I-271), la tutela del diritto fondamentale di proprietà, di cui fanno parte i

 

diritti di proprietà intellettuale, deve essere bilanciata con quella di altri diritti fondamentali.

 

45 Più precisamente, dal punto 68 di tale sentenza emerge che è compito delle autorità e dei giudici

 

nazionali, nel contesto delle misure adottate per proteggere i titolari di diritti d’autore, garantire un

 

giusto equilibrio tra la tutela di tali diritti e quella dei diritti fondamentali delle persone su cui

 

incidono dette misure.

 

46 Pertanto, in circostanze come quelle della causa principale, le autorità ed i giudici nazionali devono

 

in particolare garantire un giusto equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui

 

godono i titolari di diritti d’autore, e quella della libertà d’impresa, appannaggio di operatori come i

 

FAI in forza dell’art. 16 della Carta.

 

47 Orbene, nella presente fattispecie, l’ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio controverso

 

implica una sorveglianza, nell’interesse di tali titolari, su tutte le comunicazioni elettroniche

 

realizzate sulla rete del FAI coinvolto. Tale sorveglianza è inoltre illimitata nel tempo, riguarda

 

qualsiasi futura violazione e postula che si debbano tutelare non solo opere esistenti, bensì anche

 

opere future, che non sono state ancora create nel momento in cui viene predisposto detto

 

sistema.

 

48 Pertanto, un’ingiunzione di questo genere causerebbe una grave violazione della libertà di impresa

 

del FAI in questione, poiché l’obbligherebbe a predisporre un sistema informatico complesso,

 

costoso, permanente e unicamente a suo carico, il che risulterebbe peraltro contrario alle condizioni

 

stabilite dall’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/48, il quale richiede che le misure adottate per

 

assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale non siano inutilmente complesse o costose.

 

49 Ciò premesso, occorre dichiarare che l’ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio

 

controverso non rispetta l’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, la tutela del

 

diritto di proprietà intellettuale, di cui godono i titolari dei diritti d’autore, e, dall’altro, quella della

 

libertà d’impresa, appannaggio di operatori come i FAI.

 

50 Per di più, gli effetti di detta ingiunzione non si limiterebbero al FAI coinvolto, poiché il sistema di

 

filtraggio controverso è idoneo a ledere anche i diritti fondamentali dei clienti di tale FAI, ossia i

 

loro diritti alla tutela dei dati personali e alla libertà di ricevere o di comunicare informazioni, diritti,

 

questi ultimi, tutelati dagli artt. 8 e 11 della Carta.

 

51 Da un lato, infatti, è pacifico che l’ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio controverso

 

implicherebbe un’analisi sistematica di tutti i contenuti, nonché la raccolta e l’identificazione degli

 

indirizzi IP degli utenti all’origine dell’invio dei contenuti illeciti sulla rete, indirizzi che costituiscono

 

dati personali protetti, in quanto consentono di identificare in modo preciso suddetti utenti.

 

52 Dall’altro, detta ingiunzione rischierebbe di ledere la libertà di informazione, poiché tale sistema

 

potrebbe non essere in grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto lecito ed un

 

contenuto illecito, sicché il suo impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare comunicazioni

 

aventi un contenuto lecito. Infatti, è indiscusso che la questione della liceità di una trasmissione

 

dipende anche dall’applicazione di eccezioni di legge al diritto di autore che variano da uno Stato

 

membro all’altro. Inoltre, in certi Stati membri talune opere possono rientrare nel pubblico dominio

 

o possono essere state messe in linea gratuitamente da parte dei relativi autori.

 

53 Pertanto, occorre dichiarare che, adottando l’ingiunzione che costringe il FAI a predisporre il

 

sistema di filtraggio controverso, il giudice nazionale in questione non rispetterebbe l’obbligo di

 

garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, il diritto di proprietà intellettuale e, dall’altro, la libertà

 

di impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la libertà di ricevere o di comunicare

 

informazioni.

 

54 Alla luce di quanto precede, occorre risolvere le questioni sottoposte dichiarando che le direttive

 

2000/31, 2001/29, 2004/48, 95/46 e 2002/58, lette in combinato disposto e interpretate tenendo

 

presenti le condizioni derivanti dalla tutela dei diritti fondamentali applicabili, devono essere interpretate nel senso che ostano all’ingiunzione ad un FAI di predisporre il sistema di filtraggio

 

controverso.

 

Sulle spese

 

55 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente

 

sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da

 

altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

Le direttive:

 

– del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a

 

taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il

 

commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio

 

elettronico»);

 

– del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE,

 

sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella

 

società dell’informazione;

 

– del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/48/CE, sul rispetto

 

dei diritti di proprietà intellettuale;

 

– del Parlamento europeo e del Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE, relativa alla

 

tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché

 

alla libera circolazione di tali dati, e

 

– del Parlamento europeo e del Consiglio 12 luglio 2002, 2002/58/CE, relativa al

 

trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle

 

comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni

 

elettroniche),

 

lette in combinato disposto e interpretate tenendo presenti le condizioni derivanti dalla

 

tutela dei diritti fondamentali applicabili, devono essere interpretate nel senso che

 

ostano all’ingiunzione ad un fornitore di accesso ad Internet di predisporre un sistema di

 

filtraggio:

 

– di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, in

 

particolare mediante programmi «peer-to-peer»;

 

– che si applica indistintamente a tutta la sua clientela;

 

– a titolo preventivo;

 

– a sue spese esclusive, e

 

– senza limiti nel tempo,

 

idoneo ad identificare nella rete di tale fornitore la circolazione di file contenenti

 

un’opera musicale, cinematografica o audiovisiva rispetto alla quale il richiedente

 

affermi di vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare il trasferimento di file il

 

cui scambio pregiudichi il diritto d’autore.

 

 

Pubblicato da Redazione

 

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