Avv. Paolo Nesta


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L'esecuzione del Mandato di Arresto Europeo nei casi di "doppia punibilità"-. Argante Franza-Filodiritto.it

 

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L’innovazione tecnologica, i sistemi informatici, l’inserimento di dati sempre più importanti da analizzare, sono di grande aiuto per addivenire con sufficiente celerità a conoscenza di fatti e circostanze pressoché in tempo reale.

 

Queste informazioni conferiscono una importante efficacia alle investigazioni anche per smascherare pericolosi criminali, alcuni dei quali colpiti da provvedimenti da parte di altrettanti paesi dell’Unione Europea, le cui gesta criminali hanno avuto teatro finanche nel territorio italiano.

 

Chi non è mai incorso, per un semplice riscontro sulla correttezza dei dati contenuti nei documenti di guida e dell’automezzo ad un posto di controllo da parte delle forze dell’ordine? Beh, ritengo siano davvero pochi i soggetti che si sono sottratti a questa verifica.

 

In alcune occasioni, notiamo allontanarsi l’operatore di polizia con documenti alla mano, i cui dati in esso contenuti sono interpellati a mezzo sistemi informatici così da approfondire o piuttosto verificare la presenza anche di eventuali provvedimenti emessi a carico del soggetto controllato per darne poi immediata esecuzione.

 

In effetti, in difetto di siffatti controlli, gli organi deputati a tale funzione incontrerebbero non poche difficoltà nel conoscere se e in che modo, qualche individuo possa essere rilevante sotto il “profilo operativo” in quanto raggiunto, ad esempio, da un mandato di arresto europeo, meglio conosciuto con l’acronimo MAE. Si tratta di “una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro dell'Unione europea, in vista dell'arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro, di una persona, al fine dell'esercizio di azioni giudiziarie in materia penale o dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale”.

 

Tali principi sono disciplinati dalla Legge 22 aprile 2005, n. 69, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale nr.98 del 29 aprile 2005 avente ad oggetto “Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna tra stati membri”.

 

Una volta che la polizia giudiziaria verifichi la presenza nella banca dati Schengen (SIS) della segnalazione riferita al soggetto ricercato, procede all’arresto e lo pone immediatamente e, comunque, non oltre ventiquattro ore, a disposizione del presidente della Corte di appello nel cui distretto il provvedimento è stato eseguito, mediante trasmissione del relativo verbale e dando immediata informazione al Ministero della Giustizia (articolo 11 comma 1)

 

Mentre nel caso di regime estradizionale, l’arresto della polizia giudiziaria della persona nei cui confronti sia stato emesso mandato di arresto provvisorio, implica una valutazione discrezionale ex art. 716 comma 1 del codice di procedura penale, contrariamente, per quanto attiene il Mandato di Arresto Europeo ai sensi dell’articolo 11 della Legge 69, l’arresto diventa un atto dovuto previa solo verifica che la segnalazione nel SIS sia stata effettuata da un’autorità competente di uno Stato membro dell’Unione Europea e che questa sia avvenuta nelle forme richieste dall’articolo 95 della Convenzione Schengen, vale a dire esclusivamente alle seguenti condizioni

 

“1. I dati relativi alle persone ricercate per l'arresto ai fini di estradizione, sono inseriti a richiesta dell'autorità giudiziaria della Parte contraente richiedente.

2. Prima di procedere alla segnalazione, la Parte contraente che la effettua verifica se l'arresto è autorizzato dal diritto nazionale delle Parti contraenti richieste. In caso di dubbio la Parte contraente che effettua la segnalazione deve consultare le altre Parti contraenti interessate.

La Parte contraente che effettua la segnalazione trasmette nel contempo con il mezzo più rapido alle Parti contraenti richieste le seguenti informazioni essenziali relative al caso:

a. autorità da cui proviene la richiesta di arresto;

b. esistenza di un mandato d'arresto o di un atto avente la medesima forza, o di una sentenza esecutiva;

c. natura e qualificazione giuridica del reato;

d. descrizione delle circostanze in cui il reato è stato commesso, compreso il momento, il luogo ed il grado di partecipazione al reato della persona segnalata;

e. per quanto possibile, le conseguenze del reato.

3. Una Parte contraente richiesta può aggiungere alla segnalazione nell'archivio della sezione nazionale del Sistema d'Informazione Schengen un'indicazione tesa a vietare, fino alla cancellazione di detta indicazione, l'arresto in seguito alla segnalazione. L’indicazione deve essere cancellata al massimo entro ventiquattro ore dall’ inserimento della segnalazione, a meno che detta Parte contraente per ragioni giuridiche o per speciali ragioni di opportunità rifiuti l'arresto richiesto. Qualora, in casi del tutto eccezionali, la complessità dei fatti all'origine della segnalazione lo giustifichi, il termine predetto può essere prorogato fino ad una settimana. Fatta salva un'indicazione o una decisione di rifiuto, le altre Parti contraenti possono procedere all’arresto richiesto mediante la segnalazione.

4. Se, per ragioni particolarmente urgenti, una Parte contraente chiede una ricerca immediata, la Parte richiesta esamina se può rinunciare all'indicazione.

La Parte contraente richiesta adotta necessarie disposizioni affinchè la segnalazione è convalidata, si esegua senza indugio la linea di condotta stabilita.

5. Se non è possibile procedere all'arresto in quanto un esame non si è ancora concluso o a causa di una decisione di rifiuto di una Parte contraente richiesta, quest’ultima deve considerare la segnalazione come una segnalazione per comunicare il luogo di soggiorno.

6. Le Parti contraenti richieste eseguono la condotta richiesta con la segnalazione conformemente alle vigenti Convenzioni in materia di estradizione ed al diritto nazionale. Esse non sono tenute a eseguire la condotta richiesta ove si tratti di un loro cittadino, fatta salva la possibilità di procedere all'arresto conformemente al diritto nazionale”.

 

In concreto si può ragionevolmente ritenere che l’arresto provvisorio eseguito ex articolo 716 codice di procedura penale presuppone una situazione di pericolo di fuga e di urgenza.

 

Quest’ultimo presupposto, ad esempio, può essere ravvisato quando il soggetto individuato dimostri in concreto la volontà di volersi allontanare dal territorio dello stato, perché trovato in ore notturne in una località di frontiera senza addurre alcun giustificato valido motivo (Cassazione Penale sezione VI 24 ottobre 2006 n. 39767).

 

Inoltre, in tema di mandato di arresto europeo, la sussistenza dei gravi indizi cui è subordinata, ex art. 17, comma quarto, legge n. 69 del 2005, la consegna della persona ricercata richiede che il mandato sia fondato su un generale quadro indiziario ritenuto dall'autorità giudiziaria emittente assennatamente richiamato di un fatto reato commesso dalla persona di cui si chiede la disposizione. Di conseguenza, non è necessario che il mandato di arresto europeo contenga una elaborazione dei dati fattuali che pervenga alla conclusione della gravità indiziaria, ma è necessario e sufficiente che le fonti di prova indicate nella relazione, ai sensi dell'art. 6, comma quarto, lett. a) legge n. 69 del 2005 siano astrattamente idonee a fondare la gravità indiziaria sia pure con la sola indicazione delle evidenze fattuali a suo carico mentre la valutazione in concreto delle stesse è riservata all'autorità giudiziaria del paese emittente (Cassazione Penale –sentenza n. 32381 del 24.08.2010).

 

Ma oltre ai casi già disciplinati in ordine ad ipotesi di invalidità dell’arresto europeo, quando un soggetto ha commesso delitti nel proprio paese d’origine e nondimeno nel territorio italiano, la cui condotta è da ritenersi del tutto collegata a fatti illeciti anche della stessa indole, l’interessato, potrà eccepire l’inosservanza dell’articolo 18 comma 1 lettera p della Legge 69 del 2005 e quindi impedire di fatto la sua consegna all’autorità giudiziaria richiedente?

 

Parrebbe di si, ma con qualche eccezione di opportunità.

 

L’articolo 18 comma 1 di lettera p testualmente recita: “se il mandato d'arresto europeo riguarda reati che dalla legge italiana sono considerati reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio; ovvero reati che sono stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, se la legge italiana non consente l'azione penale per gli stessi reati commessi al di fuori del suo territorio”. Se ne ricava che su questo punto il legislatore afferma la giurisdizione italiana in relazione a quei reati commessi in parte all’estero ma che parimenti abbiano avuto anche un semplice legame col territorio italiano e di sicuro rilievo sotto il profilo dell’esercizio dell’azione penale.

 

Basti pensare ai reati di cui all’articolo 600 del codice penale, forme di sfruttamento, ad esempio, di minori fatti entrare in Italia illegalmente e ridotti o mantenuti in schiavitù ed utilizzati per l’attività di accattonaggio. Inoltre e solo in via esemplificativa, al reato di traffico di sostanze stupefacenti il cui itinerario e spaccio hanno avuto esecuzione in due paesi, quello che fornisce e quello in cui viene distribuita la materia.

 

In concreto, queste condotte illecite, debbono ragionevolmente considerarsi in tutto o in parte commesse anche nel territorio italiano.

 

Secondo un orientamento giurisprudenziale in certuni casi non può invocarsi la consegna del destinatario del MAE al paese richiedente in ragione del principio cardine della giurisdizione italiana in corrispondenza con fatti reato, commessi in parte all’estero.

 

“Ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana in relazione a reati commessi in parte all’estero, è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta, che se pur privo dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo, sia apprezzabile collegando la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in territorio estero” (Cassazione Penale Sezione Feriale Penale n. 35288 dell’11.09.2008).

 

Allo stesso modo quelle circostanze vengono ritenute ostative ex articolo 18 comma 1 lettera p anche nella sentenza della Sesta Sezione Penale nr.2153 del 09.12.2009.

 

Resta aperta la discussione se garantire la presenza sul territorio italiano a soggetti investiti di procedimenti penali a loro carico, impedendo così il loro trasferimento coattivo all’estero, non possa favorire l’incremento di fenomeni di contumacia o ancor peggio di latitanza.

 

Allo stesso modo, qualora eccezioni quali quelle sopra descritte non siano sollevate dall’interessato e/o dalla Corte di Appello, perché ignare o perché non sollecitate per assenza di uno specifico interesse, sembrano di fatto permettere una mera valutazione, del tutto discrezionale da parte dell’Autorità Giudiziaria pur in presenza dei presupposti di Legge, innanzi a fattispecie di doppia punibilità (Cassazione Penale VI Sezione Penale n. 35181 dell’28.09.2010

 

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