“I patti prematrimoniali”
consistono in accordi stipulati tra i futuri sposi in
ordine alla gestione del matrimonio ed alla sua
eventuale fine o morte di uno dei due coniugi.
Si tratta di obbligazioni che i
futuri coniugi assumono in una scrittura per
disciplinare la loro vita coniugale e l’eventuale
fallimento della stessa.
I patti prematrimoniali (prenuptial
agreement o semplicemente prenup) sono un emblema di
modernità, che suppliscono alle generiche garanzie
reciproche di fedeltà ed assistenza che i futuri sposi
assumono contraendo matrimonio.
La loro applicazione, il più delle
volte, evita il processo o quantomeno ne riduce i tempi,
a tutto vantaggio dei cittadini e dello Stato.
I patti prematrimoniali sono
contemplati negli ordinamenti giuridici di grandi Paesi
quali Usa, Francia, Inghilterra, Irlanda, Spagna,
Portogallo, Grecia, Giappone e Germania, sebbene con
sostanziali differenze di applicazione tra uno Stato e
l’altro.
Storico è rimasto l’accordo tra
Aristotele Onassis e Jacqueline Kennedy, ritenuti i
“pionieri delle nozze personalizzate”. L’avvocato André
Meyer, incaricato di redigere i loro patti
prematrimoniali, ebbe bisogno di un intero anno, dal
1967 al 1968 per comporre le 22 pagine e le 170 clausole
in cui vennero stabiliti l’appannaggio annuale, la
liquidazione in caso di rottura, il testamento, le
modalità del regime di non convivenza e persino la
frequenza degli incontri sessuali.
Negli USA i patti prematrimoniali
sono entrati a far parte della vita di tutti i giorni,
tanto che tutte le coppie con una posizione sociale o
economica di prestigio tendono a cautelarsi dai rischi
del futuro, ricorrendo al prenup.
Il motivo è semplice: nei Paesi
dove vige la Common law, non esistono le nostre “gabbie
legali”, il ruolo della legge è assai minore che da noi,
visto che sono i giudici a fare legge con le sentenze.
Non esiste, pertanto il mito dell’intangibilità del
diritto e dei diritti-doveri dei coniugi: in tutti i
contratti, e quindi, anche nel matrimonio, vige il
principio che chi sottoscrive un accordo, è pienamente
consapevole di ciò che fa (questa è la ragione per cui
gli anglosassoni non capiscono il principio della doppia
firma che vige in Italia nei contratti c.d. per
adesione).
Nel nostro ordinamento giuridico,
invece, i patti prematrimoniali sono nulli giacché non
si consente la disposizione di diritti che sorgono
successivamente, con la eventuale richiesta di
separazione e/o divorzio.
Ci si riferisce, per esempio, al
diritto al mantenimento, indisponibile. Renderlo
disponibile potrebbe comportare che il coniuge più
debole economicamente potrebbe rinunciare ai suoi
legittimi diritti solo per contrarre il matrimonio.
Spesso si legge sui giornali di
“patti prematrimoniali” sottoscritti da personaggi
famosi, tali da garantire in caso di futuro divorzio
assegni di mantenimento milionari.
In Italia simili pattuizioni sono
considerate nulle dalla legge.
La Corte di Cassazione, più volte
sollecitata sul tema, continua a ribadire che
l’esistenza di un accordo preventivo in vista di una
futura rottura potrebbe condizionare scelte
dell’individuo (come quella di divorziare) che, per loro
natura, devono restare assolutamente libere, anche da
considerazioni di carattere patrimoniale. Insomma, se si
deve essere liberi di scegliere se sposarsi o meno, si
deve allo stesso modo essere liberi di divorziare, senza
timori (o speranze!) legati a pattuizioni preventive.
Nel 1984 la Corte di Cassazione si
è pronunciata per la prima (e unica) volta positivamente
riguardo ai patti prematrimoniali: il caso era però
relativo a due cittadini americani, sebbene abitanti in
Italia: in questa situazione specifica, riguardo alla
quale i giudici hanno dovuto applicare il diritto
americano, la Suprema Corte ha ritenuto valido il patto
in questione, valutandolo non contrario all’ordine
pubblico internazionale. Si tratta, dunque, di un caso
particolare e isolato.
Nel nostro Paese, dunque, i patti
prematrimoniali non sono ammessi. In Italia, cioè, non
e' possibile confezionarsi matrimoni su misura.
Contrariamente a quanto avviene in
altri paesi fra cui, principalmente, gli Stati Uniti
d'America, la Francia, l’Irlanda, la Spagna, il
Portogallo, la Grecia, l’Inghilterra, la Germania e il
Giappone, in Italia gli accordi prematrimoniali e
preventivi al divorzio devono fare i conti con una
legislazione ed una giurisprudenza estremamente rigide.
Siamo quindi ben lontani dai
costumi e dalle legislazioni d'oltreoceano, ove il 90%
dei divorzi è regolato da patti ed accordi
prematrimoniali.
I patti prematrimoniali che,
secondo le cronache sarebbero stati stipulati, dal
Principe William e da Kate Middleton non troverebbero,
quindi, mai cittadinanza nel nostro Paese, sarebbero
cioè, considerati illegittimi, atteso che essi appaiono
del tutto sbilanciati a favore del marito e prevedono
l’affidamento dei figli a quest’ultimo indipendentemente
dalle cause del divorzio.
Simili patti prematrimoniali
appaiono del tutto contrari alla tutela dei diritti
soggettivi dei minori e alle convenzioni internazionali
che sanciscono il principio della bigenitorialità in
caso di separazione o divorzio dei genitori.
E’ stato, tuttavia, di recente
presentato in Italia un disegno di legge volto ad
introdurre nell’ordinamento italiano i patti
prematrimoniali, soprattutto per ridurre i tempi della
giustizia. Tale nuova previsione mirerebbe non solo ad
accorciare i tempi ma anche ad abbattere drasticamente
il livello di conflittualità all’interno della coppia,
aspetto negativo che ricade pesantemente sulla serenità
dei figli minori e che incide in maniera determinante
nell’intasamento dei tribunali e delle sedi giudiziarie.
L’istituzione dei patti
prematrimoniali nell’ordinamento italiano
rappresenterebbe una vera rivoluzione del diritto di
famiglia.
In ogni caso i patti
prematrimoniali non dovrebbero prevedere accordi
palesemente lesivi dei diritti del coniuge più debole ed
in particolare della prole, sebbene rispettando la
libertà dei coniugi di regolamentare i punti cardine del
loro matrimonio.
Laddove fossero un domani accolti
nel nostro sistema, dovrebbero prevedere il divieto di
cause vessatorie nei confronti del coniuge
economicamente più debole ed il divieto circa gli
accordi che riguardano, per esempio, l’affidamento dei
figli. Non e' ammissibile, infatti, che questi ultimi
possano essere trattati alla mercé di beni patrimoniali
o denaro.
In Italia possono tuttavia,
considerarsi pienamente efficaci tutti gli altri accordi
prematrimoniali, in caso di matrimonio concordatario,
stipulati sia mediante atto notarile sia per scrittura
privata stilata tra i coniugi, che vertano su diritti,
non considerati indisponibili, o se stipulati al momento
della separazione e del divorzio, perché la legge non
considera liberamente disponibili i diritti e i doveri
che derivano dal matrimonio e vuole evitare i patti
leonini, nell’ambito dei quali la parte più forte può
prevalere, alla luce del principio di autonomia
negoziale delle parti.
La legge italiana, infatti, e la
interpretazione della Corte di Cassazione, sono rigorose
nello stabilire la nullità di tutti i patti preventivi
del tipo: “Se ci separeremo ti darò un assegno mensile
di...”; “Se divorzieremo ti liquiderò in un’ unica
soluzione versandoti l’importo di ...”.
Queste pattuizioni, si ribadisce,
sono valide solo se stipulate al momento della
separazione e del divorzio.
Ecco perché hanno maggiore spazio e
libertà i patti tra conviventi, i quali possono
stabilire che le spese del vivere insieme vanno
ripartite con certe modalità. E possono stabilire anche
che, in caso di rottura, sia versata una somma per
indennizzare il partner più debole. Non deve stupire
insomma che, da noi, i conviventi abbiamo una maggiore
autonomia decisionale rispetto a coloro che hanno
contratto il matrimonio, che ha le sue regole.
Al riguardo si evidenzia il
dibattito che si è svolto in seguito alla notizia che il
Parlamento federale australiano ha approvato nel
dicembre 2000, una legge che attribuisce validità ai
patti prematrimoniali.
Sulla stampa italiana il problema è
stato banalizzato in concetti come «accordi sugli
affetti», «accordi su chi lava i piatti» e altro, per
concludere che da noi simili patti sono nulli.
E' vero che in Italia non è
consentito decidere preventivamente l’assetto della
separazione e del divorzio perché il nostro diritto
familiare è legato alle condizioni di fatto del momento
in cui tali situazioni si verificano e perché un diritto
per essere regolato deve essere disponibile (finché non
ci sono le condizioni del divorzio non si può decidere
come saranno le sue regole).
Ma non è altrettanto vero che un
accordo su come dividere in famiglia i compiti di cura e
di educazione, così come dividere i compiti
organizzativi e i contributi economici, non sia valido.
Naturalmente non deve trattarsi di
patti «coercibili», bensì solo di manifestazioni di
volontà che valgono a individuare le responsabilità in
base a un progetto matrimoniale espresso in epoca non
sospetta.
Diversamente, poi, potrebbe essere
nel caso in cui con l'accordo, il coniuge obbligato al
mantenimento prometta il pagamento di importi superiori
al dovuto, ovvero quando il patto è volto a regolare
altri aspetti di natura patrimoniale che nulla hanno a
che vedere con gli obblighi inderogabili stabiliti dalla
legge.
In un recentissimo caso, la
Cassazione è intervenuta a decidere su un patto con cui
il marito si era impegnato a corrispondere alla moglie
“ora per allora” un importo mensile. Nella fattispecie
la Corte ha salvato l'accordo stipulato tra i coniugi
poiché nella formulazione del testo non si è potuto
rinvenire alcun riferimento, implicito o esplicito,
all’assegno di divorzio, confermando così l’orientamento
consolidato nel senso descritto.
Tra le altre fattispecie ammesse
nell’ordinamento italiano, si registra l’accordo
pre-separazione avente ad oggetto l’obbligo di
trasferire la proprietà di un bene immobile in capo al
coniuge più debole, con integrale tacitazione di ogni
sua pretesa riguardo agli obblighi di mantenimento.
Altrettanto valido è l'obbligo di
trasferire un immobile al fine di provvedere al
mantenimento della prole.
Sempre ammissibili ed efficaci sono
poi le convenzioni stipulate sia prima che dopo
l'omologazione degli accordi di separazione, anche se
non riportate nel verbale in cui è stato trasfuso
l’accordo dei coniugi, se più vantaggiose per il
beneficiario delle prestazioni.
Ugualmente accettati sono quei
patti o accordi aventi ad oggetto diritti non dipendenti
dalla qualità di coniuge e non riguardanti il regime di
separazione, detti “patti aggiunti”, aventi lo scopo di
definire tutti gli altri rapporti economici esistenti
fra coniugi. Tali patti hanno e mantengono un’autonoma
validità che non viene meno neppure con il successivo
scioglimento del matrimonio.
Concludendo, si può affermare che
solamente il diritto agli alimenti incorporato
nell’assegno di divorzio è irrinunciabile, ma non il
diritto al mantenimento che può essere oggetto di valida
transazione da parte dei coniugi.
In caso di matrimonio contratto
esclusivamente in sede civile, poi, i patti non
assumeranno valore, non potendo essere il matrimonio
oggetto di nullità. Ma potranno comunque essere presi in
considerazione in sede di divorzio, in vista della
determinazione dell’assegno a favore del coniuge più
debole.
Ampio, invece, il valore probatorio
degli accordi prematrimoniali in sede ecclesiastica.
Qui, infatti, le intese assumeranno anche il valore di
prova documentale, capaci di configurare una riserva
mentale idonea, insieme agli altri elementi processuali,
a condurre ad una pronuncia di nullità.
Tra gli importantissimi ed
irrinunciabili principi del nostro ordinamento giuridico
va principalmente citato l'art. 24 della Costituzione,
che impedisce il formarsi di valide intese preventive di
divorzio.
Si intuisce che pattuire l'entità
del futuro ed eventuale assegno di divorzio, prima o
durante il matrimonio, ma anche in sede di separazione,
oppure stabilire chi dei due coniugi dovrà godere della
casa coniugale, equivale a limitare l'esercizio di
diritti a cui è attribuito il carattere di
indisponibilità, da parte del coniuge che ne ha
interesse, in particolare sul diritto di difesa,
nell’ipotesi di un instaurando giudizio di separazione o
di divorzio.
I patti preventivi, quindi,
incidendo sui comportamenti difensivi nel relativo
procedimento legale di divorzio, sono da ritenersi
assolutamente nulli.
Ne consegue, in altre parole, che
il diritto all'assegno di divorzio, per esempio, così
come altri diritti parimenti indisponibili, non possono
essere in alcun modo negoziati a priori, ma solo ed
esclusivamente nell'ambito della relativa procedura
avanti il tribunale competente, che deve esercitare il
controllo sulle decisioni prese congiuntamente delle
parti.
E' quindi inutile che i coniugi si
adoperino per stabilire un eventuale importo da versarsi
in caso di divorzio, ovvero individuino già nelle
condizioni di separazione il soggetto assegnatario della
casa coniugale per il periodo successivo alla sentenza
di divorzio, in quanto il tribunale potrà in ogni
momento accertare e dichiarare la nullità dell’accordo
sin dal giorno della sua stipulazione, applicando, in
via esclusiva, quanto la legge stabilisce.
Avv. Massimiliano Gallone
Avvocato |