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L'eccessiva permanenza può tradursi in eccessivo disagio per il contribuente-Verifiche tributarie continuate in 30 giorni- (Commissione tributaria regionale Lombardia, Sentenza, Sez. XIV, 08/07/2011, n. 71)-Ipsoa.it

 

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Iolanda Pansardi, Maurizio Villani

Il termine di permanenza degli operatori del Fisco nella sede del contribuente va inteso in senso continuativo e non, invece, frazionato, per evitare lo stallo professionale e commerciale del contribuente verificato.

 

Il periodo di 30 giorni (prorogabili di altri 30) per la permanenza degli operatori del Fisco nella sede del contribuente così come previsto dall’art. 12, comma 5, legge n. 212/2000 va, pertanto, calcolato «come periodo continuativo di 30 giorni lavorativi che, iniziando da data certa abbia un termine obiettivamente preventivabile altrettanto certo, salvo ulteriore periodo di 30 giorni, unito al precedente senza soluzione di continuità e tempestivamente autorizzato in modo che non vi sia alcun tempo di permanenza presso il domicilio del verificato privo di autorizzazione». Una diversa lettura lascerebbe nei fatti il contribuente alla mercè dei verificatori «in una situazione di stallo professionale e commerciale» anche per il fatto di non poter disporre della documentazione contabile perché sigillata e messa a disposizione degli operatori fiscali.

 

E’ quanto ha affermato la Commissione tributaria regionale di Milano, con la sentenza n. 71/14/11 dell’8 luglio scorso, la quale esprime un principio di diritto in linea con quanto stabilito, per mettere chiarezza in tale materia, dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con sentenza del 21 novembre 2002, n. 16424, sull’importanza del rispetto delle norme previste a tutela del contribuente nel corso della verifica, in quanto la relativa inosservanza comporta l'inutilizzabilità delle prove irregolarmente acquisite (Cass. n. 15230/2001; Cass. n. 20253/2005).

 

In particolare, la CTR Lombardia respingeva quanto richiesto dall’ufficio tributario, che in relazione ad un avviso di accertamento, in seguito a PVC della G.d.F. per rettifica IRPEG, IRAP e IVA, insisteva nel ritenere che la durata doveva essere intesa in maniera frazionata e comprendere solo i giorni di effettivo svolgimento dell'intervento laddove durante il periodo della verifica, erano state disposte varie giornate di sospensione dell'attività, compresi weekend non lavorativi e festività di Pasqua. Secondo i Giudici milanesi, confermando la perentorietà del termine, era evidente la illegittimità della permanenza dei verificatori in un arco di tempo protratto oltre i 30 giorni e, peraltro, non coperto da tempestiva autorizzazione.

 

Giova ricordare a tal proposito, ai sensi e per gli effetti dell'art. 52, D.P.R. n. 633/1972 e dell'art. 33, D.P.R. n. 600/1973, l'A.F. può disporre l'accesso dei propri impiegati presso i locali destinati all'esercizio d'attività commerciali, agricole, artistiche o professionali per procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento dell'imposta e per la repressione dell'evasione e delle altre violazioni.

 

Va precisato che, nel panorama dei controlli fiscali, l’accesso è quello più approfondito, di solito svolto presso la sede dell'attività del contribuente, che può durare diversi giorni, ma non oltre i 30 lavorativi, e che può riguardare tutti gli aspetti dell'attività aziendale rilevanti ai fini della determinazione delle imposte dovute prorogabili per ulteriori 30 giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine individuati e motivati dal dirigente dell'ufficio.

 

A tutela dei diritti del contribuente è posto lo Statuto del contribuente, le cui disposizioni costituiscono il principale punto di riferimento per gli stessi organi verificatori tenuti a fornire il testo della legge al contribuente, in modo che lo stesso sia informato sulle proprie possibilità di difesa e consapevole che gli stessi sanno quali sono i limiti e le regole ai quali deve essere informato il loro operato. La particolare attenzione dimostrata dalla norma è giustificata, infatti, dallo scopo di evitare che un’eccessiva permanenza si traduca, di fatto, in un eccessivo “disagio” per il contribuente ed in una distrazione dell’attività di questi a seguito della smisurata presenza in “casa propria” di soggetti estranei al ciclo economico.

 

Ed è recentissima la legge n. 106 del 12 luglio scorso, che ha convertito in maniera definitiva il D.L. Sviluppo (D.L. n. 70/2011) che - per quanto riguarda la permanenza dei verificatori, che attualmente non può superare i 30 giorni lavorativi (prorogabile di altri 30 giorni) - prevede che, per le imprese in contabilità semplificata e per i lavoratori autonomi, il termine di permanenza, così come l’eventuale proroga, non potranno superare i 15 giorni lavorativi al massimo con cadenza semestrale e specifica che il computo dei giorni va eseguito computando solo i giorni di permanenza effettiva.

Si rinvia, sull’argomento, a R.Fanelli, "", il Quotidiano IPSOA del 23 maggio 2011, B.Biancaniello, “”, il Quotidiano IPSOA del 8 giugno 2011.

Il mancato rispetto di questo termine costituisce una violazione ad una prescrizione normativa e ad un diritto del contribuente, cui deve conseguire la nullità dell'avviso di accertamento successivamente emanato (Cass. 18 dicembre 2009, n. 26689 – cfr. M.Villani, P.Rizzelli, “”, il Quotidiano IPSOA del 4 gennaio 2010).

 

Proprio in virtù di tale disposto, sulla stessa linea interpretativa della CTP di Terni 16 dicembre 2009, n. 141; CTR Piemonte 7 maggio 2009, n. 26; CTR Lombardia 19 marzo 2008, n. 12, i giudici milanesi, con la sentenza in commento, in pratica, accolgono la tesi difensiva della contribuente nella parte in cui lamentava, tra l'altro, l'eccessiva durata del controllo fiscale.

 

 (Commissione tributaria regionale Lombardia, Sentenza, Sez. XIV, 08/07/2011, n. 71)

 

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