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Gli accordi dei coniugi in sede di separazione hanno assunto un rilievo diverso e rinnovato a seguito delle modifiche del diritto di famiglia ( 898/70, 74/87).

 

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Il nuovo concetto di famiglia cd privatizzata, ovvero ancorata ai principi di solidarietà e parità, ha valorizzato la volontà dei coniugi che trova il suo naturale sbocco in un accordo, sia nella fase fisiologica del rapporto, sia nella fase patologica dello stesso.

In particolare, nell’ambito degli accordi di separazione assume grande rilievo la separazione consensuale, riformata dalla legge 151/75, perché rappresenta il massimo dell’espressione del concetto di negoziabilità – autonomia dei rapporto coniugali in ossequio al principio di cui sopra.

Principio che, però, non può travalicare limiti imposti dalla legge ex art 160 c.c.; tali sono quelli riguardanti l’indisponibilità degli status familiari e l’inderogabilità dei diritti a questi connessi, segnatamente, solo il giudice in sede di omologazione è legittimato, da un lato a riconoscere lo status di separato e, dall’altro a pronunciare la sentenza di divorzio costitutiva dello scioglimento del vincolo negoziale. In secondo luogo viene in rilievo la salvaguardia dell’interesse ella prole ( art 177 c.p.c.).

 

Il contenuto specifico degli accordi di separazione è composto da un aspetto essenziale, che sono le cd convenzioni di diritto di famiglia, relativa prevalentemente alla cessazione del dovere di convivenza e alla regolamentazione degli altri obblighi previsti dall’art 143 c.c. ( mantenimento del coniuge, laddove ne sussistono i presupposti; affidamento, educazione, mantenimento della prole e – sempre se ne sussistono i presupposti – l’assegnazione della casa famigliare). Il contenuto di tali accordi è comunque sempre limitato dal superiore interesse della prole.

Un secondo eventuale contenuto attiene ad intese che esulano dagli elementi essenziali della separazione consensuale, in quanto sono occasionate dalla crisi coniugale e, quando hanno un contenuto patrimoniale, rientrano nei contratti atipici ( cd contratti di separazione) ai quali si applica il 1322 c.c.

Tali accordi, occasionati dalla separazione, possono essere anteriori, coevi o successivi all’omologazione, e possono essere omologati dal Tribunale o rimanere a latere

L’omologazione degli accordi di separazione è dovuta quando si tratta di intese finalizzate a regolare aspetti integrativi e accessori della separazione consensuale, poiché il principio è quello dell’autonomia negoziale, entro i limiti dell’art 160 c.c.

In tale prospettiva la legge 8 febbraio 2006 n. 54, introducendo l’istituto dell’affidamento condiviso, ha valorizzato ulteriormente i principi cardine e la nuova accezione privatistica della famiglia. Il comma secondo dell’art 155 c.c. prevede che il giudice, deve prendere atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuto tra i genitori; il quarto comma, dispone che i genitori provvedano al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti.

 

Diversa è l’ipotesi degli accordi a latere, non cristallizzati nel verbale di omologazione; tali accordi hanno dato luogo a problemi esegetici circa la loro validità o meno, anche in relazione al contenuto degli stessi

Gli accordi non omologati possono tendere a modificare le intese omologate relative alla separazione consensuale, ovvero i provvedimenti emessi dal giudice; possono essere anche finalizzati ad integrare le condizioni di una separazione consensuale.

Ulteriore discrimine è dato dalla loro redazione rispetto al provvedimento giudiziale; segnatamente, si può trattare di intese precedenti in cui le parti hanno stabilito le linee di principio su cui verterà la futura separazione, risolvendo anticipatamente alcune questioni che si ritiene possano emergere in sede di separazione; possono essere intese coeve e tali sono quelle volte a risolvere questioni di natura fiscale che i coniugi ritengono opportuno non pubblicizzare; infine, possono essere anche successive, ovvero incentrate su accordi di dettagli non contenuti nel verbale di omologazione, ovvero relative a problemi emersi solo in fase di esecuzione degli accordi di separazione.

Per quanto concerne la loro validità, l’iter giurisprudenziale è in linea con l’evoluzione del concetto di famiglia e, di conseguenza, del rapporto coniugale.

Nella prima fase ( anni Ottanta), prevaleva una tesi restrittiva, successivamente, l’abbandono della concezione pubblicistica viene sostituita con quella privatistica e in particolare, i patti successivi all’omologazione, trovano fondamento nell’art 1322 c.c. se ritenuti meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico indipendentemente dal procedimento di omologazione disciplinato dall’art 710 e 711 c.p.c., salvo i limiti dell’art 160c.c.; le pattuizioni antecedenti o coeve alla separazione consensuale omologata e non trasfusa nel verbale, al contrario, sono validi solo se non interferiscono con quanto stabilito nell’accordo omologato, sempre previa verifica della rispondenza all’interesse tutelato, nel rispetto dei principi di cui all’art 158 c.c.

 

Revoca del consenso e simulazione dell’accordo di separazione omologato.

La questione relativa all’ammissibilità della revoca unilaterale del consenso manifestato alla separazione e alle relative condizioni prima che intervenga l’omologazione del Tribunale, è influenzata dai principi che influenzano la natura negoziale dell’accordo.

Su tali basi, dunque, non deve ritenersi ammissibile una revoca del consenso da parte di un solo coniuge nel caso in cui tale revoca abbia ad oggetto i soli rapporti patrimoniali e non la domanda giudiziale di separazione, ciò anche alla luce del principio di irretrattabilità degli accordi patrimoniali secondo cui è necessario il consenso congiunto delle parti ex 1372 c.c.

Nel caso, invece, in cui la revoca riguarda la domanda di separazione in senso stretto, l’ammissibilità è condizionata dalla sua proposizione prima dell’udienza presidenziale, nel rispetto dei requisiti di forma della rinuncia alla domanda giudiziale

Le stesse considerazioni valgono per l’accordo posto alla base della richiesta congiunta di divorzio, sempre nell’ottica della valorizzazione della natura negoziale dello stesso, tanto che il Tribunale non può emettere una sentenza difforme dalla volontà delle parti, purchè siano rispettati i presupposti di legge.

Si può quindi affermare che, in base alla natura negoziale degli accordi di contenuto patrimoniale, gli stessi possono essere qualificati, secondo la dottrina maggioritaria, come veri e propri contratti di divorzi con conseguente applicazione della disciplina del contratto, entro i limiti di compatibilità.

Il Tribunale, in questo caso, ha di fatto il ruolo di accertare il diritto soggettivo potestativo di divorzio in capo ai coniugi, purchè sussistano le condizioni di legge.

Inoltre, gli effetti di carattere patrimoniale derivano direttamente dal contratto di divorzio concluso dalle parti, rispetto al quale, la pronuncia del Tribunale assume carattere di omologa.

L’impostazione privatistica della procedura prodromica all’omologa dell’accordo di separazione,fa emerge il problema della simulazione e l’esperibilità della relativa azione ex 1414 c.c.

Due gli orientamenti; secondo un primo e prevalente orientamento dottrinario, l’azione è ammissibile sulla base della logica connessa alla natura negoziale dell’accordo e alla funzione di condizione di efficacia dell’omologa, evidenziando come l’art 123 c.c. nell’ammettere espressi verbis l’azione di simulazione relativa all’atto del rapporto ( matrimonio) non può non riconoscere al medesimo diritto rispetto all’atto modificativo del rapporto originario. Inoltre, gli effetti dell’omologa giudiziale, e quindi la stessa separazione ex 157 c.c., possono cessare sul presupposto di un’espressa dichiarazione in tal senso dei coniugi ovvero di una riconciliazione per facta concludentia

La giurisprudenza prevalente, invece, va in senso contrario.

La Corte di Cassazione, infatti, seppur mantenendo fermo il convincimento in tema di natura negoziale dell’accordo che funge da presupposto fondante della separazione consensuale e al contempo riconoscendo all’omologa una conditio iuris di efficacia, esclude, l’impugnabilità per simulazione dell’accordo per simulazione dell’accordo di separazione una volta omologato, non tanto in ragione della natura giuridica dello stesso o del decreto di omologazione, quanto piuttosto avendo riguardo agli effetti che l’ordinamento attribuisce al provvedimento giudiziale.

In altri termini, non si può parlare di vizio di volontà, perché i coniugi, presentandosi davanti al giudice, hanno voluto perseguire e conseguire un determinato status giuridico dal quale derivano effetti irretrattabili, salva la riconciliazione o il divorzio. Pertanto, non rileva un eventuale precedente accordo simulatorio che viene superato dal decreto di omologa, posto che le parti non possono contestualmente richiedere il provvedimento e non accettare le condizioni di separati che naturalmente discende dall’omologa.

 

Accordi preventivi, in vista della futura separazione o divorzio.

Gli accordi preventivi si differenziano dagli accordi patrimoniali tra i coniugi stilati in sede di separazione o successivamente alla stessa o al divorzio, tendenti a regolare profili patrimoniali discendenti dal già acquisito status di separato o divorziato.

Diversi gli orientamenti circa la qualificazione giuridica degli stessi.

La giurisprudenza tende a prevederne la nullità per illiceità della causa e/ o illiceità o impossibilità dell’oggetto.

Si tratta, infatti, di accordi secondo cui la nullità deriverebbe dalla violazione dell’art 160 c.c. ; la norma, come sopra evidenziato, è intesa come espressione della totale indisponibilità dei diritti e dei doveri che scaturiscono dal matrimonio e in particolare dello status coniugalis.

A questo primo orientamento se ne è aggiunto un secondo, incentrato sulla primaria e inviolabile libertà insita nella scelta dello status matrimoniale unitamente al fondamentale diritto di difesa nel processo di divorzio ( Cass 18 febb 2000 n. 1810 “ gli accordi preventivi possono condizionare il comportamento delle parti non solo per i profili economici preconcordati ma, quando sono accettati in funzione di prezzo o contropartita per il consenso al divorzio, anche per quanto attiene alla volontà stessa di divorziare” )

La dottrina maggioritaria, invece, si è mostrata favorevole a riconoscere la validità di tali accordi, contestando le argomentazioni in punto di nullità e sottolineando come l’oggetto degli accordi non è determinare lo status ma piuttosto quello di regolare i rapporti economici che da questo discendono, nel rispetto della piena autonomia delle parti di optare per una soluzione transattiva della controversia, sempre che si tratti di profili patrimoniali e non di status.

Segnatamente, la nullità concerne solo gli accordi che riguardano lo status coniugali, dovendosi concludere per la validità delle intese volte a regolamentare i diritti disponibili di natura patrimoniale.

A suffragio di tali affermazioni, numerose sono le applicazioni normative che si possono rinvenire sia in tema di separazione consensuale che di divorzio ( artt 157, 158 c.c.; 711 c.p.c; artt 1 comma 13 e 5 comma 8 n. 898/70 e successive modifiche); sia in materia di riconoscimento degli accordi non omologati, in sede di separazione consensuale, ovvero contenuti nel ricorso di divorzi congiunto, nonché, nelle recenti aperture a favore della validità di accordi patrimoniali nelle separazioni di fatto, ancorchè inidonei a produrre effetti di separazione legale ( Cass n. 7470/92)

 

 

 

 

AFFIDO CONDIVISO" - Mirijam CONZUTTI

CONZUTTI Mirijam

 

L'affido condiviso in caso di separazione dei coniugi è disciplinato dagli artt 155 e 155 bis c.p.c. così come modificati e integrativamente ristritti dalla legge 54 del 2006 volta alla massima tutela del minore.

 

L'impronta della ratio deriva dalla consacrazione del princio nella Convenzione di NY del 20 novembre 2989, resa esecutiva in Italia con la legge n 176 del 1991.

 

La bigenitorialità, ovvero il diritto dei figli di continuare ad avere un rapporto equilibrato con il padre e la madre anche dopo la separazione, è un diritto non residuale, ma regola effettiva di cui l'affido esclusivo costituisce l'eccezione ( Cass 16593/08).

 

L'affido, essendo la regola, è derogato solo in casi eccezionali.

L'affido può essere derogato solo se la sua applicazione risulti pregiudizievole per il minore.

Il Legislatore non ha provveduto a tipizzari i casi ostativi allo stesso, pertanto, l'individuazione è rimessa alla discrezionalità del giudice.

 

Ne deriva,quindi, che affinchè si possa derogare alla regola dell'affidamento occorre che risulti nei confronti di uno dei genitori una sua condizione di manifesta carenza o inidoneita' educativa o comunque tale, da rendere l'affidamento in concreto pregiudizievole. Come esempi, la giurisprudenza di legittimità indica l'obiettiva lontananza del genitore dal figlio, o un suo sostanziale disinteresse per la cura, l'istruzione, l'educazione.

 

Pertanto, l'affidamento esclusivo dovrà risultare sorretto da una motivazione non solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa dell'altro genitore.

 

Facendo applicazione dei principi sopra enunciati la Corte di Cassazione, in un recente arresto ( Cass 17 dicembre 2009 n. 26587), ha rigettato il ricorso proposto da un genitore avverso la sentenza che aveva riconosciuto in favore dell'altro l'affidamento esclusivo.

Nel caso di specie, in particolare, i giudici di legittimità hanno condiviso le conclusioni della Corte di merito laddove ha ritenuto pregiudizievole per l'interesse del minore sia il protrarsi dell'inadempimento all'obbligo di corrispondere il dovuto assegno di mantenimento, sia il  discontinuo esercizio del diritto di visita.

 

Tali comportamenti hanno indotto i giudici di merito a privilegiare l'affido esclusivo a favore di un genitore.

 

 

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