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Privacy-Penne-biro da 007, vietato al privato diffondere la registrazione- (Sentenza Cassazione penale 13/05/2011, n. 18908)-Ipsoa.it

 

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di Giuseppe Amato

Commette il reato di cui all'articolo 167 del t.u. della privacy chi proceda ad una registrazione audiovisiva di un colloquio all'insaputa dell'interlocutore e indebitamente la diffonda.

 

Assolutamente particolare è la vicenda, che offre alla Corte di cassazione di fornire un’interessante applicazione della disciplina di tutela della privacy.

 

L’imputato, attraverso una penna in cui erano stati incorporati un microfono e una telecamera, aveva videoregistrato un colloquio avuto con due militari della Guardia di finanza.

 

Sorpreso, gli era stato contestato il reato di cui all’articolo 167 del t.u. della privacy [decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196] e, per l’effetto, gli era stata sequestrata la “penna” modificata utilizzata per la registrazione.

 

Il tribunale del riesame rigettava l’istanza di riesame e tale decisione è stata qui sottoposta all’attenzione della Corte di cassazione, che non ha accolto la prospettazione difensiva, ritenendo non illegittimamente ravvisato il reato di cui all’articolo 167.

 

La decisione merita condivisione.

 

Intanto, va ricordato che, secondo la migliore lettura, la normativa sulla privacy è estesa, dal punto di vista sanzionatorio, a tutti coloro i quali apprendano e indebitamente diffondano “dati sensibili” altrui, violandone così le esigenze di riservatezza.

 

Quindi, “chiunque”, quindi anche un soggetto privato in sé considerato, e non solo chi svolga un compito “istituzionale” di depositario della tenuta dei “dati sensibili” e delle loro modalità di utilizzazione all’esterno, può essere chiamato a rispondere del reato di cui all’articolo 167 del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, se ed in quanto dia indebita diffusione di un “dato sensibile” appartenente ad altro soggetto.

 

Infatti, si è esattamente osservato, il divieto di diffusione di dati sensibili altrui riguarda tutti indistintamente i soggetti entrati in possesso dei dati, i quali sono tenuti a rispettare sacralmente la privacy altrui, al fine di assicurare un corretto trattamento di quei dati senza arbitrii o pericolose intrusioni [Cassazione, Sezione III, 17 febbraio 2011- 1° giugno 2011 n. 21839, R.].

 

Ciò detto, dal punto di vista sostanziale, il reato sarebbe configurabile non certo laddove ci si limitasse a registrare audiovisivamente un colloquio con altri soggetti, pur a loro insaputa.

 

Una tale condotta sarebbe penalmente irrilevante. Diventerebbe penalmente rilevante ex articolo 167 del t.u. sulla privacy solo laddove la registrazione fosse diffusa.

 

L’articolo 5 del t.u. sulla privacy, al comma 3, precisa, infatti, che “il trattamento di dati personali effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali è soggetto all'applicazione del presente codice solo se i dati sono destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione”.

 

Nella specie, a quanto è dato capire, non vi era stata ancora alcuna diffusione indebita. Ciò però non ha impedito alla Corte di rigettare il ricorso, perché, vertendosi in ambito di sequestro probatorio, adottato in corso di indagine, non peregrinamente era stato ravvisato il fumus del reato, sotto il profilo della diffusione potenziale a terzi della registrazione.

 

Gli elementi acquisiti, in definitiva, avevano portato il giudice della cautela a ritenere, motivatamente e non arbitrariamente, che l’attività svolta dall’indagato fosse indirizzata alla diffusione a terzi dei dati indebitamente acquisiti.

 

E’ ovvio che il processo di merito sarà aperto a tutte le possibili soluzioni.

 

 

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