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Il distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato è lecito se non procura danno agli altri condomini. A volte ritornanodi Alessandro Gallucci- Condominio Web

 

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Ricordate la sentenza n. 5974 resa dalla Suprema Corte di Cassazione il 25 marzo 2004? Oggetto della pronuncia era il distacco da parte del singolo condomino dall’impianto di riscaldamento centralizzato.

 

Che cosa dissero in quel caso gli ermellini?

 

Ritennero che a determinate condizioni la rinuncia all’uso (e quindi il distacco era da considerarsi lecito). La motivazione della sentenza pareva chiara. Si leggeva nel testo che “ la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata dal singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato è legittima quando l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivano né aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell'impianto, né squilibri termici pregiudizievoli per la erogazione del servizio” (Cass. n. 5974/04).

 

Bene era questo il principio di diritto cui la Corte d’appello alla quale era stato rinviato il processo avrebbe dovuto attenersi. L’uso del condizionale non è casuale in quanto la sentenza di Cassazione n. 11857 dello scorso 27 maggio ha ad oggetto quel giudizio di rinvio che, vedremo oltre, non ha rispettato quanto detto nella sentenza n. 5974. Per dirla fuori dallo stretto legalese: i giudici hanno reinterpretato liberamente quel principio in relazione al caso di specie. Ecco perché s’è detto in principio, a volte ritornano.

 

Sostanzialmente la Corte d’appello di Milano, chiamata a ripronunciarsi, aveva specificato che “ lo squilibrio termico e l'aggravio di spese sono, per cosi dire, due facce della stessa realtà, nel senso che, per non determinare uno squilibrio termico, il distacco dall'impianto centrale della (già riscaldata) unità del singolo condomino deve comportare una proporzionale riduzione delle spese di esercizio: diversamente il distacco non potrà che incidere in senso negativo, determinando uno squilibrio termico, eliminabile solo con un aggravio di spese” (Corte d’appello Milano in Cass. 11857/11). Secondo i giudici del gravame il distacco aveva comportato uno squilibrio visto che per l’uso dell’impianto alle stesse condizioni antecedenti il più volte citato distacco s’era dovuta aumentare la potenza del riscaldamento per mantenere gli stessi standard qualitativi. Con aumento delle spese. Da qui la dichiarata illegittimità della rinuncia all’uso da parte del condomino.

 

Preso atto di tale decisione il condominio la impugnava. Risultato? Nuova bocciatura di questa presa di posizione. Il perché è scritto a chiare lettere nella sentenza n. 11857. Dicono i giudici di piazza Cavour, guardando al caso di specie, che “ quel distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato che questa S.C. ammette in linea di principio sarebbe sempre da escludere in concreto, in quanto nell'ambito di un condominio ogni unità immobiliare confina con almeno un'altra unità immobiliare, per cui il distacco dall'impianto centralizzato da parte di uno dei condomini provocherebbe sempre quel tipo di squilibrio termico al quale ha fatto riferimento la sentenza impugnata e che comunque era stato implicitamente considerato irrilevante da parte di questa S.C. nella propria precedente sentenza, anche in considerazione che la stessa situazione, senza che il condominio potesse lamentarsi per lo squilibrio termico conseguente, si sarebbe potuta verificare ove il S. avesse chiuso i propri radiatori” (Cass. 27 maggio 2011 n. 11857).

 

In sostanza gli assestamenti che sono fisiologici al distacco non devono essere tenuti in considerazione.

 

Per la cronaca la sentenza è stata cassata con rinvio. Il giudice d’appello questa volta metterà davvero la parola fine?

 

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