MAGGIORAZIONI EX ART. 27 L. 689/81
NON DOVUTE - INCERTEZZA ED ILLIQUIDITA' DEL COMPENSO
DELL'ENTE DI RISCOSSIONE QUALORA RIPORTATO IN MANIERA
CRIPTICA NELLA CARTELLA - SOSPENSIONE DELL'EFFICACIA
ESECUTIVA DELLA CARTELLA Testo dell'articolo
ILLEGITTIMITA' DELLE MAGGIORAZIONI EX ART. 27 L. 689/81
APPLICATE ALLE SANZIONI PER VIOLAZIONE DELLE NORME DEL
C.d.S. - INCERTEZZA ED ILLIQUIDITA' DEL COMPENSO
DELL'ENTE DI RISCOSSIONE QUALORA RIPORTATO IN MANIERA
CRIPTICA NELLA CARTELLA - OPPOSIZIONE EX ART. 615 C.P.C.
E SOSPENSIONE DELL'EFFICACIA ESECUTIVA DELLA CARTELLA.
Nelle cartelle emesse
dall'Equitalia per il pagamento di sanzioni relative a
violazioni del C.d.S. e sulla base di verbali non pagati
in misura ridotta e non opposti (o per i quali v'è stato
rigetto del ricorso amministrativo o giurisdizionale),
vengono abitualmente addebitate al contravventore, nella
voce "dettaglio importi dovuti", oltre alle sanzioni
irrogate dall'ente impositore (per la metà del massimo
edittale ex art. 203 C.d.S.), somme per "magg. ex l.
689/81" (maggiorazioni di cui al 6° comma dell'art. 27
della legge 689/81, secondo cui "in caso di ritardo nel
pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per
ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è
divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è
trasmesso all'esattore"). La notifica di tali cartelle,
spesso appositamente effettuata a distanza di diversi
anni dall'esigibilità della sanzione, determina, con il
maturare di dette maggiorazioni (ad un tasso annuo d! el
20%), un odioso impazzimento delle stesse.
Ad esempio, se si rimane
soccombenti in un giudizio di opposizione a sanzione per
eccesso di velocità (art. 142 C.d.S.) ricompreso tra i
dieci e i venti km. oltre il limite consentito e si ci
dimentica di effettuare, dopo il deposito della relativa
sentenza, la comunicazione obbligatoria di cui all'art.
126 bis C.d.S., l'iniziale sanzione applicata in misura
ridotta per la sola violazione di cui al cit. art. 142
C.d.S. (€. 157,20), a distanza di soli tre anni dalla
sua irrogazione (tempo mediamente occorrente per avere
una pronuncia definitiva da parte dell'A.G.), aumenterà,
a conti fatti, dell'800% circa e si ci vedrà arrivare a
casa una cartella di pagamento dell'importo di oltre
1.300,00 euro (ossia una cartella del tipo: €. 297,00
per violazione art. 142 C.dS., €. 500,00 per violazione
dell'art. 126 bis - per sanzioni aumentate fino alla
metà del massimo edittale; €.180,00 ed €. 250,00 circa
per maggiorazioni di cui alla l. 689/81; €. 9.29 ed €.
7! .74 per spese; €. 23,00 ed €. 35,00 circa per
compensi dell'Ente di Riscossione).
La sproporzione tra sanzione
iniziale e finale, tra lievità del fatto e conseguenze
sanzionatorie, è sin troppo evidente. Roba da gabellieri
medievali!
Prescindendo, tuttavia, da ogni
considerazione di politica legislativa sull'opportunità
e sulla ragionevolezza di un siffatto accanimento
sanzionatorio dello Stato nei confronti del cittadino
(si tratta, in buona sostanza, di punire il solo ritardo
dell'automobilista nel pagare le sanzioni irrogategli
per aver violato il C.d.S.), ciò che qui preme rimarcare
è l'illegittima ed inammissibile applicazione, da parte
degli enti impositori e del Concessionario del Servizio
di Riscossione, di un doppia sanzione (aumento della
sanzione, ex art. 203 C.d.S., fino alla metà del massimo
edittale + maggiorazione ex art. 27 co. 6 l. 689/81) per
un medesimo fatto (ritardo nel pagamento).
Difatti, sia la Suprema Corte di
Cassazione e sia i giudici di pace (Cfr. Cass. Civ.,
Sez. II, 16 febbraio 2007 n. 3701; Cass. Civ., Sez. II,
22/10/2009, n. 22397; Cass. Civ., Sez. II, 23/09/2010,
n. 20084; Giudice di Pace di Bari, Sez. VI, 18/05/2010,
n. 4184; Giudice di pace Lugo, 19/06/2002; Giudice di
pace di Castellammare di Stabia, n.2920 /05 ), hanno
ritenuto che le anzidette maggiorazioni di cui al cit.
art. 27 co. 6 l. 689/81, qualora iscritte a ruolo sulla
base di verbali esecutivi relativi a violazioni del
C.d.S., non sono assolutamente dovute, siccome l'art.
203 C.d.S., in deroga alle disposizioni di cui all'art.
17 della l. n.689/81, prevede espressamente che, qualora
non sia stato proposto ricorso al Prefetto (n.d.r.: o,
in alternativa, al Giudice di Pace) e non sia avvenuto
il pagamento in misura ridotta, il verbale costituisce
titolo esecutivo soltanto per una somma pari alla metà
del massimo della sanzione amministrativa edittale e per
le spese d! i procedimento.
Infatti, prima dell'entrata in
vigore del Codice della Strada (D.lgs. n. 285/1992),
allorquando il contravventore non aveva effettuato il
pagamento in misura ridotta del verbale, il funzionario
o l'agente che aveva accertato la violazione stradale
aveva invece l'obbligo, ai sensi del cit. art. 17 l.
689/81, di farne rapporto al Prefetto, il quale, con
ordinanza ingiunzione (impugnabile dinanzi all'A.G.),
comminava la sanzione, determinandone l'entità.
E' quindi evidente che la volontà
del legislatore del 1992 era quella di predeterminare,
con riferimento alle ipotesi di mancato pagamento in
misura ridotta del verbale o di mancata proposizione del
ricorso amministrativo avverso i verbali elevati per
violazioni al C.d.S., l'entità delle sanzione da
applicare e di abolire, conseguentemente, il meccanismo
dell'obbligo di rapporto al Prefetto e dell'irrogazione
della sanzione da parte di quest'ultimo.
Si è obiettato, tuttavia, che
l'applicazione delle maggiorazioni in parola sarebbe
giustificata dal rinvio operato dal successivo art. 206
C.d.S., per quanto riguarda la "riscossione dei proventi
delle sanzioni amministrative pecuniarie", proprio alle
disposizioni di cui all'art. 27 l.689/81.
Si è osservato, ex adverso, che
tale ultimo rinvio normativo, stante l'anzidetta
espressa deroga all'obbligo di rapporto al Prefetto e la
contestuale preventiva predeterminazione della sanzione
dovuta in caso di ritardato pagamento (cit. art. 203
C.d.S), non potrebbe che riferirsi alle sole
disposizioni che l'art. 27 cit. l. 689/81 detta per le
concrete modalità della riscossione (prevedendo che
questa debba effettuarsi secondo la disciplina dettata
per la esazione delle imposte dirette) e non anche a
quelle di carattere sanzionatorio contenute nella stessa
norma (Cfr,cit. Giudice di Pace di Roma 17/12/2008).
Se così non fosse, ci troveremmo,
difatti, di fronte ad una irragionevole ed illegittima
applicazione di una doppia sanzione per un medesimo
comportamento (ritardo nel pagamento), dal momento che
la maggiorazione del 10% semestrale di cui al 6° comma
dell'art. 27 l. 689/81, avendo già di per sé funzione
sanzionatoria e non risarcitoria (Cfr., sul punto, Corte
costituzionale n. 308/1999) ed essendo stata prevista in
via generale per tutte le sanzioni amministrative,
qualora applicata alle contravvenzioni al C.d.S.,
andrebbe inammissibilmente ad aggiungersi alla sanzione
già prevista, dal cit. art. 203 C.d.S., per il ritardato
pagamento di queste ultime, con conseguente violazione
del principio di specialità di cui all'art. 9 stessa l.
689/81 (secondo cui, quando uno stesso fatto è punito da
una disposizione penale e da una disposizione che
prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una
pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni
amministrative, si ! applica la disposizione speciale).
In definitiva, stando al quadro
giurisprudenziale nettamente delineatosi in materia, è
da ritenersi che, per le sanzioni relative a violazioni
del C.d.S. e contenute in verbali non pagati e non
opposti (o per i quali v'è stato rigetto del ricorso
amministrativo o all'A.G.), l'Ente Impositore e
l'Equitalia, nonostante l'art. 206 C.d.S. rinvii alle
norme previste in materia di riscossione dall'art. 27 l.
689/81, non possano pretendere il pagamento della
maggiorazione sanzionatoria di cui all'art. 27 co. 6
stessa l. 689/81. >
Sotto diverso profilo, va poi
considerato che la non debenza delle suddette
maggiorazioni comporta anche la conseguente diminuzione
dell'entità del compenso dovuto all'Ente di Riscossione
(c.d. aggio), dovendo lo stesso essere logicamente
ricalcolato sulla base della sola sanzione applicabile
ex art. 203 C.d.S. (metà del massimo edittale), ossia
sulla base di una somma di gran lunga minore rispetto a
quella riportata nella cartella.
Inoltre, dato che il compenso
dell'Equitalia risulta normalmente iscritto a ruolo
senza alcuna spiegazione circa la base di calcolo, il
tasso ed il periodo di mora applicati, la cartella
risulterà nulla per mancanza dei requisiti della
certezza e della liquidità del relativo credito -
nullità rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e
grado del giudizio, trattandosi di presupposti
dell'azione esecutiva (Cfr. Cass., Sez. III, nr.
9293/2001) - e per lesione del diritto di difesa,
siccome se, da una parte la determinazione del quantum
debeatur non risulta possibile attraverso gli elementi
testuali ricavabili dal titolo azionato ed in base
all'effettuazione di semplici operazioni aritmetiche,
dall'altra, il debitore non viene posto nella condizione
di poter controllare l'operato dell'Ente di Riscossione
e di poter adeguatamente tutelare le proprie ragioni.
Difatti, secondo la giurisprudenza
di legittimità, qualsiasi titolo, anche di formazione
giudiziale, non può considerarsi esecutivo se non quando
consente la determinazione degli importi dovuti o perché
già indicati nel proprio testo, o perché comunque
determinabili agevolmente in base agli elementi numerici
contenuti in quel testo attraverso operazioni
aritmetiche elementari, oppure predeterminati per legge,
senza fare ricorso ad elementi numerici ulteriori che
non risultino dal testo dello stesso titolo (Cfr. in tal
senso, Cass., Sez. Lav. 28/04/2010 n. 10164), mentre
nulla ed illegittima, per violazione del diritto di
difesa, è da ritenersi "la cartella di pagamento che
riporta in maniera criptica i soli codici del tributo
richiesto, non potendo comprendere il contribuente la
ricostruzione dell'operato dell'Ufficio attraverso
difficili operazioni interpretative di codici ed
enumerazioni" (Cfr., sul punto, Cass. Sez. Trib., 16
settembre 2005 n. 18415). !
Dal punto di vista processuale, Il
rimedio esperibile avverso una cartella affetta dai
suddetti vizi è senz'altro quello dell'opposizione
all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. co I, dal momento che
la stessa, siccome basata su verbale ormai divenuto
esecutivo e non più impugnabile dinanzi al giudice di
pace ex artt. 22 e 23 l. 689/81, va equiparata all'atto
di precetto e che le contestazioni da far valere
riguardano, da una parte, la debenza di alcune somme
(maggiorazione sanzionatoria di cui alla cit.l. 689/81 e
della quota di compenso dell'Ente di Riscossione su di
essa calcolato) e, dall'altra, la mancanza dei
presupposti dell'azione esecutiva costituiti dalla
certezza e dalla liquidità del credito azionato (Cfr.,
sul punto, Cass. Civ., Sez. III, 25/11/2002, n. 16569;
Cass. Civ., Sez. III, 05/05/2009, n.10295).
Competente per il relativo giudizio
sarà, a seconda del valore della causa, il giudice di
pace o il tribunale del luogo ove ha sede il giudice
competente per l'esecuzione (V. art. 27 c.p.c.,
richiamato, in materia di opposizione all'esecuzione,
dall'art. 615 c.p.c..).
Quanto alla legittimazione passiva,
essa spetta sia all'Ente Impositore e sia a quello di
Riscossione, anche se, nel caso in cui venga convenuto
in giudizio solo quest'ultimo, incomberà sullo stesso
l'onere di chiamare in giudizio il primo, se non vuole
rispondere dell'esito della controversia, non potendo il
giudice disporre d'ufficio la relativa integrazione del
contraddittorio, trattandosi di ipotesi di litsconsorzio
non necessario (Cfr. Cass. Sez. Un., 25/07/2007, n.
16412 e Cass. Civ., Sez. II, 29/02/2008 n. 5532).
Nel proporre l'opposizione in
parola, si potrà poi chiedere, ai sensi dell'art. 615
c.p.c, la sospensione dell'efficacia esecutiva
dell'azionata cartella, adducendo, quali gravi motivi,
oltre alla verosimile fondatezza delle lagnanze
sollevate, anche l'ingiustizia del danno patrimoniale
derivante dall'eventuale esecuzione, la presumibile
difficoltà ed i disagi connessi alle successive attività
necessarie a riottenere la restituzione delle somme non
dovute dall'Ente Impositore, soprattutto quando questo
sia ubicato a notevole distanza dal luogo di residenza
dell'opponente (Cfr. Corte App. Milano, sez. I, 14
ottobre 2008; Cass. Civile , sez. III, 25 febbraio 2005,
n. 4060), l'opportunità di evitare le situazioni
pregiudizievoli costituite dall'odiosa ed ormai
consolidata prassi di riscossione (attuata attraverso la
preventiva applicazione delle cc.dd. ganasce fiscali del
fermo amministrativo del veicolo o iscrizione di ipoteca
legale sui beni del debitore), misure, queste! ultime,
che la giurisprudenza più attenta ritiene, peraltro, non
utilizzabili per crediti derivanti da sanzione al C.d.S.
(Cfr., ex plurimis, Trib. Novara Sez. Lav., 09 maggio
2003) ed altrimenti eludibili soltanto attraverso il
pagamento dell'illegittima cartella impugnata.
Altro motivo da addurre a sostegno
dell'istanza di sospensiva riguarda, poi, l'esigenza di
garantire al debitore l'effettività del diritto ad
opporsi all'esecuzione. Sul punto, va segnalata un
importante ed innovativa pronuncia del Tribunale di
Lecco (Cfr. Trib. Lecco, sez. II 06/07/2006), secondo
cui il grave pregiudizio al diritto a potersi utilmente
opporre all'esecuzione forzata è di per sé connesso
all'astratta possibilità, da parte del creditore
procedente, di porre in essere atti esecutivi per
conseguire il pagamento di somme verosimilmente non
dovute.
Secondo tale ultimo orientamento
giurisprudenziale - da reputarsi del tutto
condivisibile, siccome straordinariamente attento alle
esigenze di giustizia sostanziale sottese al giudizio di
opposizione all'esecuzione - pur volendo configurare il
subprocedimento di sospensione dell'efficacia esecutiva
del titolo ex art 615 co. 2 c.p.c. come procedimento
cautelare (con conseguente applicazione allo stesso
della disciplina di cui agli artt. 669 bis e ss.
c.p.c.), il requisito del c.d. periculum in mora
(necessario ai fini dell'accoglimento dell'istanza)
sarebbe da ritenersi automaticamente sussistente -
siccome di per sé connesso all'astratta possibilità del
creditore di compiere di atti esecutivi volti a
conseguire il pagamento di somme non dovute - ogni qual
volta sussista il requisito del c.d. fumus boni juris.
In altri termini, la verosimile fondatezza dei motivi di
opposizione varrebbe, di per sé sola, a giustificare la
concessione di un provvedimento di sospen! siva, atteso
il grave pregiudizio all'effettività del diritto del
debitore di opporsi all'esecuzione, pregiudizio che
conseguirebbe automaticamente ad atti esecutivi posti in
essere sulla base di una pretesa ingiusta. Va rimarcato,
in ogni caso, che il debitore, nel caso in cui non
proponga opposizione ex art. 615 c.p.c. e nondimeno
provveda al pagamento onde evitare il pignoramento, non
potrà poi agire in via di ripetizione d'indebito (Cass.
Civ., Sez. III, 17/11/2009, n. 24215, Cass. Civ., Sez.
I, 13/12/2001 n. 15741). Seri dubbi sorgono, infine,
sulla possibile rilevanza penale del comportamento dei
responsabili degli enti impositori e di riscossione in
ordine al reato previsto e punito dall'art. 644 c.p.c.
(usura), allorquando costoro, consapevoli della non
debenza delle maggiorazioni sanzionatorie in questione
(perché magari accertata con sentenza dall'A.G. in cause
che avevano coinvolto l'ente di appartenenza),
reiterano, in danno di altri cittadini (soprattutto
quando questi ultimi, versando in stato di bisogno, si
recano agli sportelli dell'Equitalia per mendicare
quantomeno una rateazione del debito), la riscossione di
dette maggiorazioni, al fine procurare "compensi" o
"vantaggi" all'ente da cui dipendono o per il quale
esercitano attività di "mediazione". Tali ultime
riflessioni esulano, tuttavia, dall'oggetto del presente
scritto e costituiscono mero spunto per una loro più
approfondita disamina da parte di chi si occupa della
materia penale. !
Avv. Giovanni Minauro
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