Sommario: 1. Il problema e la
fattispecie concreta; 2. Gli inquadramenti dottrinali.
Gli orientamenti giurisprudenziali; 3. La soluzione
della Cassazione S.U.; 4. Conclusione.
1. Il problema e la fattispecie
concreta
Supponiamo che le parti di una
compravendita di bene immobile si accordino tra loro per
far figurare un prezzo sensibilmente minore del bene nel
contratto definitivo da stipularsi in forma di atto
pubblico avanti al notaio, per ragioni di evasione
fiscale. Quali rimedi ha a disposizione il venditore nel
caso in cui il compratore si rifiuti di pagare oltre
quanto è stato pattuito quale ammontare nell’atto
pubblico?
2. Gli inquadramenti dottrinali
La giurisprudenza ha, nel corso del
tempo, fornito risposte contrastanti al quesito che
precede, in omaggio a diverse ricostruzioni che nel
corso del tempo sono state fornite del fenomeno
simulatorio.
Innanzi tutto occorre soffermarsi
sul concetto di simulazione e sulle sue possibili
varianti, per poi pervenire al problema della
qualificazione degli effetti del negozio simulato come
inefficacia, concludendo infine con il profilo
probatorio.
In primo luogo, occorre osservare
che della simulazione non viene fornita dal codice
alcuna definizione, né questa è di per sé disapprovata
dall’ordinamento[1], ma da questo ricondotta a precise
regole, il cui fulcro essenziale risiede nel principio
dell’apparenza o di tutela dell’affidamento[2], a causa
delle conseguenze indotte dall’agire simulato[3].
Il codice del 1942, infatti,
orientato nel senso del pragmatismo e disinteressato
alla diffidenza del codice civile francese e del
precedente codice civile italiano postunitario, ha
voluto occuparsi della simulazione, così mostrando di
accogliere il monito che autorevole dottrina lanciava
nel vigore del codice abrogato, in merito alla necessità
di colmare le profonde carenze di tutela dei terzi[4].
Il silenzio del codice circa
l’aspetto qualificatorio ha consentito agli studiosi di
elaborare diverse definizioni del fenomeno, delle quali
la più antica e radicata ravvisa la peculiarità
dell’istituto nella divergenza tra volontà e
dichiarazione. Le parti, infatti, dichiarano di voler
produrre certi effetti che in realtà non vogliono, o
perché non vogliono che tra loro si produca alcun
effetto, o perché vogliono che si producano effetti
diversi[5].
Questa ricostruzione è stata
sottoposta a critica da quanti hanno osservato che in
realtà le parti vogliono anche il negozio simulato, in
quanto strumento creativo della apparenza giuridica: la
dichiarazione simulata e quella dissimulata, si è detto,
non si elidono reciprocamente, bensì producono, nel loro
combinarsi, effetti giuridici peculiari, differenti nel
rapporto interno tra le parti rispetto a quelli prodotti
nel rapporto esterno verso i terzi[6].
Peraltro, si è fornita anche una
spiegazione in termini causali, improntata a
sottolineare come nei rapporti interni il negozio
simulato sia privo di causa, poiché le parti hanno
escluso la produzione di qualsiasi effetto da parte
dello stesso[7]. Non si è mancato, peraltro, di
criticare anche questa opinione, in omaggio alla più
tradizionale concezione volontaristica del fenomeno, in
quanto reputata affetta da “fanatismo causalistico”[8].
La varietà delle costruzioni messe
in luce dai vari studiosi nel corso del tempo ha così
portato sia i pratici quanto la dottrina ad interrogarsi
sui rapporti intercorrenti tra contratto simulato e
dissimulato, così contribuendo a far luce sul rapporto
intercorrente tra le parti negoziali.
Si è detto, al riguardo, che
ragionando astrattamente si dovrebbe pervenire alla
conclusione che ravvisa la nullità del negozio simulato,
in quanto contratto non voluto dalle parti: in tal modo
recuperando, almeno ad avviso di chi scrive, la più
risalente concezione dell’istituto, facente capo a
Stolfi[9]. Proseguendo sulla scorta di un simile
presupposto, infatti, non sono mancati autorevoli voci
dottrinali che hanno concluso in senso adesivo alla
qualificazione di nullità del negozio simulato, a ciò
indotti dalla improduttività di effetti tra le parti ad
opera del medesimo[10].
In realtà, il codice civile
statuisce l’inefficacia, non la nullità del contratto,
così opinando per una disciplina maggiormente rispettosa
dei principi generali, che, in caso di nullità,
esigerebbero la mancata produzione, da parte del
negozio, di effetti giuridici nei confronti dei terzi,
in omaggio all’antico brocardo per cui quod nullum est
nullum producit effectum; laddove, al contrario, è nota
la inopponibilità di tale nullità ai terzi protetti
dagli articoli 1415 e 1416 c.c.[11]. Questa conclusione
comporta l’ascrizione della simulazione non già al
novero degli istituti facenti capo alla validità del
contratto, pertenendo essa al distinto istituto degli
effetti del negozio[12].
L’art. 1414 c.c. statuisce
l’inefficacia del negozio simulato solo tra le parti:
mentre la nullità e, più in generale, la categoria
dell’invalidità hanno contenuto obiettivo, l’inefficacia
può riguardare solo determinati soggetti e non
altri[13], come accade nel caso di specie o nella azione
revocatoria.
Peraltro, non si è mancato di
fornire ulteriori argomenti a sostegno della tesi della
inefficacia, a confutazione della opposta ricostruzione
in chiave di nullità, quali: a) il diverso trattamento
che la azione di simulazione subisce in sede di
trascrizione rispetto all’azione di nullità (art. 2652,
comma 1°, n. 4, c.c.); b) la simulazione relativa
parziale, della quale costituisce esempio la fattispecie
che ci occupa, poiché le parti possono limitare
attraverso di essa gli effetti del negozio simulato
facendo prevalere la loro reale volontà; c) il fatto che
nessun giurista si sia mai interrogato circa la avvenuta
simulazione o meno di un negozio affetto da nullità,
proprio perché i due istituti si muovono su piani
diversi e il primo presuppone la validità del contratto,
che viceversa il secondo esclude; d) la divergenza della
disciplina della simulazione da quella della
nullità[14].
Descrittivamente, si è definita la
simulazione come finzione, sussistente tutte le volte
che le parti stipulano un contratto che fingono di
volere ma che in realtà non desiderano, poiché mosse dal
proprio interesse a creare un’apparenza difforme dalla
realtà contrattuale effettivamente voluta[15]. La
finzione delle parti può essere massima, quando le parti
non vogliono stipulare alcun contratto fra di loro,
oppure di minore portata, quando le parti fanno mostra
di stipulare un determinato negozio e in realtà ne hanno
concluso uno diverso, o perché si hanno due contratti
(vendita, donazione), o perché l’effettivo regolamento
contrattuale è diverso da quello che si vuole palesare
ai terzi, sotto un profilo soggettivo come oggettivo. Si
parla, rispettivamente, di simulazione assoluta,
relativa totale, relativa parziale[16] e, in seno a
quest’ultima, si distingue tra simulazione relativa
soggettiva, che dà luogo ad interposizione fittizia di
persona[17], nonché oggettiva, qualora abbia ad oggetto
la natura del negozio o un suo elemento.
La dichiarazione di stipulare una
vendita ad un prezzo minore di quello effettivo
costituisce esempio di simulazione relativa parziale, in
particolare si tratta di simulazione relativa oggettiva.
Parte della dottrina ha ritenuto la
bipartizione operata in seno alla simulazione relativa
come irrilevante, giacché essa sarebbe sempre, per sua
natura, parziale, sicché la distinzione sarebbe
irrilevante e priva di consistenza giuridica[18].
Naturalmente, occorre che la
divergenza tra voluto e dichiarato sia consapevole e
bilaterale: altrimenti, si ha a che fare,
rispettivamente, con un errore ostativo[19], con
conseguente problema della simulazione meramente
colposa[20], nonché con una riserva mentale[21].
La rilevanza della classificazione
teorica della simulazione si ripropone per l’operatore
pratico con tutta la sua forza allorché, chiarite le
varie tipologie dell’istituto in esame, questi si deve
interrogare sul rapporto che intercorre tra il negozio
simulato e quello dissimulato.
Si riconosce, da parte della
dottrina più avveduta, che nel caso di specie si versa
al cospetto di due distinti contratti[22], malgrado si
sia autorevolmente ammonito a non cadere vittima di un
ontologismo del foglio, che porterebbe a disconoscere
come la dichiarazione palese e quella dissimulata siano
in realtà un unico testo, pur se spezzato dalle parti e
sforbiciato in distinti documenti, quando entrambe
abbiano forma scritta[23].
Si entra così nel vivo del
problema: qualora si versi in un caso di simulazione
relativa parziale, come nell’ipotesi di simulazione del
prezzo, che natura giuridica ha la controdichiarazione?
Al quesito la dottrina
maggioritaria risponde che quest’ultima realizza gli
estremi di un distinto contratto; tuttavia, non si è
mancato di negarle autorevolmente la qualifica
negoziale, o di parte di questo, per ravvisarvi una
dichiarazione distinta su cui le parti concordano[24].
La questione può apparire meramente
speculativa, ma così non è, dal momento che essa ha
notevoli ricadute circa il profilo probatorio del
fenomeno simulatorio e che su tale aspetto per molto
tempo è esistito un profondo contrasto
giurisprudenziale, frutto dei diversi risultati cui sono
pervenuti gli studi più risalenti rispetto alle
riflessioni di quelli più moderni, composto solo di
recente dalla Sezioni Unite, con un arresto del 2007.
Si tratta infatti di chiarire un
punto trasversale, a metà strada tra la simulazione e
l’onere della prova, con notevoli riflessi circa
problemi dibattuti come la nullità o l’inefficacia del
negozio simulato, la natura negoziale o meno di quello
dissimulato, nonché il relativo regime di prova. Vediamo
di chiarire il motivo di tale asserzione.
In primo luogo, viene in gioco
l’art. 1417 c.c., il quale mentre consente ai terzi di
dare la prova della simulazione senza limiti, pone
severe limitazioni alla corrispondente attività delle
parti. Opportunamente è stato sottolineato che mentre le
parti hanno a disposizione la contro scrittura, con la
quale far emergere il loro vero accordo, per i terzi,
che di tale documento non dispongono, una simile prova è
impossibile[25]. Per costoro, il reale consenso
raggiunto dalle parti in sede di controdichiarazione è
un fatto[26], e come tale deve essere regolamentato in
sede probatoria, con la possibilità di servirsi anche
della presunzione semplice e della prova per testi.
Quanto ai limiti che vengono
imposti alle parti, questi si estrinsecano nel divieto
di utilizzare la prova testimoniale, a meno che questa
non sia diretta a far emergere la illiceità del
contratto dissimulato. La regola si spiega osservando
come l’ordinamento non possa di certo tollerare la
stipulazione di negozi da questo disapprovati al punto
da sanzionarli nel modo più grave possibile, ossia con
la nullità[27]: si pensi all’elusione del patto
commissorio, per la quale viene fatto costante ricorso
alla disposizione dell’art. 1417 c.c. da parte della
giurisprudenza di legittimità[28].
In pratica, le parti possono
fornire la prova mediante l’allegazione della
controdichiarazione, oppure deferendo giuramento
decisorio, o in sede di interrogatorio di controparte,
sollecitando una confessione di controparte[29].
In secondo luogo, l’art. 1417 c.c.
richiama le disposizioni del codice civile in materia di
prova testimoniale, ossia gli articoli 2721 ss. c.c.,
con le quali va coordinato. Come appena ricordato,
quando ad agire per l’accertamento della simulazione sia
una delle parti, la deduzione della simulazione incontra
delle limitazioni di prova, non potendo essa servirsi
della prova testimoniale, a meno che non si tratti di
contratto illecito. In particolare, a tale riguardo
assume importanza quanto statuito dall’art. 2722 c.c.,
laddove la disposizione fa divieto di provare per testi
i patti aggiunti o contrari al contenuto di un
documento, per i quali si alleghi che la stipula è stata
anteriore o coeva a quella del documento derogato dagli
stessi.
Viene qui a coonestarsi il
dibattito teorico circa la natura negoziale o meno della
contro scrittura: nel momento in cui a questa viene
riconosciuta natura negoziale, essa deve essere
configurata de plano come un patto aggiunto, con il
corollario della non utilizzabilità della prova
testimoniale.
Nel momento in cui, invece, si opti
per la opposta ricostruzione, tesa a negare la natura
negoziale alla distinta pattuizione oggetto di contro
dichiarazione, sulla scorta della mancanza di autonomia
strutturale in capo alla stessa, in quanto facente pur
sempre parte del negozio palese, questa viene a mancare
della sua natura contrattuale, con la rilevante
conseguenza di non potersi predicare in capo alla stessa
la qualifica di patto aggiunto o contrario e di ritenere
ammissibile la prova testimoniale[30]. Al riguardo, la
dottrina[31] che ha avallato una simile impostazione ha
ritenuto di poter distinguere tra dichiarazione
negoziale e materiale interpretativo privo di rilevanza
negoziale e meramente integrativo delle disposizioni
contrattuali del negozio palese.
In questo modo, tuttavia, si è
introdotta una distinzione che non si rinviene
nell’ordito normativo, con il quale anzi contrasta,
fondata su elementi fragili e privi di base testuale
oltre che sistematica, stante la difficoltà inerente la
qualificazione di mero patto aggiuntivo e privo di
rilevanza negoziale che viene predicata in capo alla
pattuizione inerente il prezzo.
In particolare, secondo la citata
dottrina, nel caso della simulazione del prezzo la
fattispecie è già completa, poiché il problema in quanto
tale andrebbe ravvisato nel significato da attribuire ad
una o più parole o, al limite, ad una clausola, presenti
nel regolamento contrattuale. Tipicamente, l’ammontare
del prezzo, espresso da un numero che nel linguaggio
corrente indica un certo valore e che nelle convenzioni
intercorrenti tra le parti è stato riferito ad un
ammontare differente.
La tematica in esame, a ben vedere,
si inscrive in un quadro di riferimento ben più ampio,
del quale in questa sede si può dare conto solo
nominalmente, relativo al problema del ruolo giocato
oggi dal formalismo negoziale[32].
Chi sostiene una simile teoria con
riguardo alla simulazione[33], tra l’altro, persegue
l’obiettivo di restringere le regole sulla forma scritta
ad substantiam ad un contenuto minimo del negozio
giuridico, da individuarsi secondo criteri incerti che
vengono di volta in volta individuati dalla dottrina,
con una sostanziale elusione del dettato normativo e una
sovrapposizione delle esigenze di politica normativa
dell’interprete a quelle perseguite dal legislatore[34].
Questo profilo emerge con chiarezza
sol che si legga il principio che spinge ad una lettura
restrittiva dell’art. 1350 c.c.: quest’ultima
disposizione, in particolare, viene a porre gravi
limitazioni alla autonomia privata dei paciscenti,
ragion per cui essa deve essere ravvisata come norma
eccezionale e di stretta interpretazione[35].
A conferma della soluzione che si è
prospettata per il problema che ci occupa, si è
osservato che spesso la causa del contratto può
divergere da quella tipica del contratto che le parti
mostrano di stipulare, come nel caso del negozio
indiretto e di quello misto con donazione. Da ciò si
trae l’illazione a tenore della quale l’art. 1350 c.c.
configura il mero trasferimento della proprietà quale
contenuto minimo dell’atto sufficiente al rispetto della
forma scritta[36].
Si apprezza ora la rilevanza
empirica del problema oggetto del presente contributo e
della importanza per l’operatore del diritto che vengono
ad assumere le opposte teorie riguardanti il contratto:
nel momento in cui si scrive che la controdichiarazione
non ha natura contrattuale, né può dirsi essere una
parte di un contratto, trattandosi bensì di una
dichiarazione su cui le parti concordano, come sarebbe
testimoniato dal fatto che essa rientra nel dominio di
applicazione dell’art. 2722 c.c.[37], si pone la
premessa, pur se in sede teorica, per legittimare la
asserzione, fatta propria dalla giurisprudenza di
legittimità più risalente, a tenore della quale ogni
volta che l’accordo simulatorio ha ad oggetto solo uno
degli elementi del contratto, versandosi, pertanto, in
un caso di simulazione relativa oggettiva, e per
quest’ultimo la legge richieda la forma scritta ad
substantiam, il contratto simulato mantiene inalterato
il suo contenuto salvo che per la parte di esso oggetto
della separata pattuizione.
Corollario della presente
impostazione, che sconta la propria partenza da una
premessa teorica particolarmente controversa e cruciale,
come si può osservare sol che si leggano i contributi
degli ultimi cinquant’anni che sono stati dedicati al
tema[38], deve ravvisarsi nella seguente proposizione:
posto che il contratto simulato non è nullo, né
annullabile, né inesistente, ma solamente inefficace tra
le parti, le clausole del regolamento contrattuale del
negozio simulato che trovano diversa regolamentazione
nella contro scrittura possono essere sostituite
liberamente con le corrispondenti previsioni contenute
nel negozio dissimulato.
Poiché per la simulazione della
singola clausola non sussiste una esigenza di forma
scritta ad substantiam come per l’intero contratto,
poiché tale esigenza è già assolta dal negozio simulato,
può avvenire liberamente la sostituzione della clausola,
senza così rispettare i vincoli di forma esigiti
dall’ordinamento, e con l’ulteriore e non secondaria
conseguenza che la prova della simulazione non incontra
le limitazioni disposte dall’art. 2722 c.c., ossia la
prova testimoniale.
In sintesi, è ammissibile la prova
testimoniale della simulazione della singola clausola
contrattuale, quale, ad esempio, la clausola riguardante
il prezzo nella vendita immobiliare, che richiede la
forma scritta ad substantiam, per mancanza di autonomia
strutturale della singola clausola e per il già avvenuto
soddisfacimento della forma scritta mediante il
contratto simulato[39].
Così opinando, si postula
l’estraneità al fenomeno simulatorio della simulazione
relativa parziale, ravvisata come istituto autonomo,
nonché la mera funzione integrativa della clausola
negoziale statuente l’ammontare del prezzo
dissimulato[40].
Si legga, a mero titolo di esempio,
quanto sostenuto da una pronuncia di legittimità
aderente alla dianzi citata prospettazione[41]:
“[n]ell'ipotesi di simulazione
relativa parziale, il contratto conserva inalterati i
suoi elementi, ad eccezione di quello interessato dalla
simulazione, con la conseguenza che, non essendo il
contratto né nullo né annullabile, ma soltanto
inefficace tra le parti, gli elementi negoziali
interessati dalla simulazione possono essere sostituiti
o integrati con quelli effettivamente voluti dai
contraenti. Pertanto, la prova per testimoni della
simulazione del prezzo della vendita non incontra fra le
parti i limiti dettati dall'art. 1417 c.c. né contrasta
col divieto posto dall'art. 2722 c.c., in quanto la
pattuizione di celare una parte del prezzo non può
essere equiparata, per mancanza di una propria autonomia
strutturale o funzionale, all'ipotesi di dissimulazione
del contratto, sicché la prova relativa ha scopo e
natura semplicemente integrativa e può a tale stregua
risultare anche da deposizioni testimoniali o
presunzioni”.
Questa impostazione dottrinale e
giurisprudenziale merita di essere criticata e, ad essa,
si è contrapposto un ulteriore e più recente filone
giurisprudenziale[42], il quale ha affermato la
operatività dei limiti probatori di cui all’art. 2722
c.c. anche in presenza di simulazione relativa oggettiva
afferente la singola clausola negoziale. Si valorizza
così il contributo di parte della dottrina, laddove
questa ravvisa nella simulazione della singola
pattuizione un patto aggiunto o contrario stipulato
dalle parti in epoca coeva al contratto simulato[43].
La ricostruzione contraria,
infatti, è stata accusata di confondere due piani
completamente differenti tra loro, ossia
l’interpretazione di una clausola contrattuale e la sua
sostituzione con un’altra totalmente difforme rispetto
alla prima, come avviene nel caso oggetto della presente
indagine[44]. La clausola recante il prezzo dissimulato
non può essere qualificata come materiale
interpretativo, bensì, più correttamente, come elemento
che concorre a formare il regolamento negoziale della
vendita, della quale costituisce elemento essenziale,
oltre che sotto il profilo causale, ai fini della
determinazione dell’oggetto del contratto[45]. Più
precisamente: come patto segreto e coevo alla stipula
del negozio simulato, intercorso tra le medesime parti
di quest’ultimo, teso a sostituire e a privare di
effetti la clausola contrattuale relativa al prezzo,
sostituendola con un’altra statuente un distinto
prezzo[46]. Per tali ragioni, il contenuto del negozio
solenne non può ricavarsi da una fonte che non sia la
dichiarazione negoziale, risultante dall’atto[47], senza
che sia data possibilità di scindere il contenuto
dell’atto in ragione della essenzialità o meno della
clausola.
All’opposta teoria tesa a limitare
l’applicazione dell’art. 1350 c.c., inoltre, si è
convincentemente obiettato[48] che la imposizione, da
parte della legge, della forma scritta per determinati
negozi è motivata dalla funzione dispositiva perseguita
dalle parti con la stipulazione dei contratti a forma
vincolata; per tale ragione, da essa non è dato
prescindere.
Quanto poi ai rapporti tra gli
artt. 1417 e 2722 c.c., si è sostenuta la natura di lex
specialis della prima disposizione rispetto alla
seconda[49], alla luce di una motivata analisi del
fenomeno simulatorio svolta da Messineo[50]. Si è avuto
infatti avuto modo di osservare che il contratto
simulato ha lo scopo di porre in essere una situazione
meramente apparente, che trova la propria fonte in un
preciso accordo delle parti[51]. Per tale ragione, i due
momenti fondamentali in cui si estrinseca l’istituto,
ossia la preordinazione e l’apparenza, sono uniti tra
loro in modo inscindibile, così da realizzare il duplice
intento delle parti, che tra loro pongono in essere una
situazione differente da quella che gli stessi vogliono
far credere ai terzi. I tre momenti del negozio
simulato, di quello dissimulato e della
controdichiarazione sono in tal modo avvinti
reciprocamente da un legame quasi procedimentale.
Quest’ultimo, tuttavia, non deve condurre all’erronea
conclusione che porta a ravvisare sempre un rapporto di
identità biunivoca tra il simulato e il dissimulato. Al
contrario, i due contratti sono tra loro autonomi e
diverse possono essere le loro vicende[52], in quanto
indipendenti reciprocamente, pur se coesistenti ed
entrambi tesi a formare i particolari effetti in cui si
dispiega l’art. 1414 c.c.[53]. Della bontà di
quest’assunto si è tratta conferma anche dalla
simulazione assoluta, nel quale il negozio dissimulato
non esiste. Donde l’ulteriore dimostrazione della
autonomia tra i due contratti, nonché la preziosa
illazione a tenore della quale i due negozi si pongono
quali due distinti patti di cui uno aggiunto all’altro.
Così impostata la problematica, risulta più agevole
comprendere la rilevanza, nel caso di specie, dell’art.
2722 c.c., quale norma generale in materia di prova
testimoniale addotta contro un documento scritto. Detta
disposizione, tuttavia, deve essere disapplicata, in
subiecta materia, a favore dell’art. 1417 c.c.,
costituente norma derogatoria della prima e lex
specialis applicabile in materia di simulazione[54].
3. La soluzione della Cassazione
S.U.
A questo contrasto
giurisprudenziale ha posto fine la Cassazione a Sezioni
Unite nel 2007[55], la quale presenta aspetti degni di
rilievo da vari punti di vista.
In primo luogo, la pronuncia ha
affrontato il tema del rapporto tra gli artt. 1417 e
2722 c.c., osservando come la simulazione di certo
rientri nel dominio logico di applicazione della seconda
disposizione senza però esaurirla completamente. Il
legislatore, infatti, si è preoccupato di chiarire in
altro luogo del codice, ossia all’art. 1417 c.c., i
limiti che la prova testimoniale incontra in materia di
simulazione, allorché di essa si vogliano giovare le
parti. Nel caso di specie, l’ordinamento mostra
diffidenza nei confronti di una simile prova, dal
momento che i paciscenti dispongono della contro
dichiarazione e possono pur sempre allegare quest’ultimo
documento per far emergere la discrepanza tra il voluto
e il manifestato.
Questa conclusione vale in tutti i
casi, anche quando la simulazione parziale si traduca in
un accordo ulteriore e diverso da quello contenuto in
una singola clausola contrattuale del negozio simulato,
poiché poco pregio avrebbe argomentare circa la pretesa
irrilevanza della singola clausola di determinazione del
prezzo nella composizione dell’affare. Inoltre,
qualificare la singola pattuizione come priva di una
propria rilevanza strutturale non supera il rilievo
della antinomia sussistente tra il distinto prezzo
concordato e quello figurante nel contratto simulato.
Importante appare inoltre il
riconoscimento, seppure incidenter tantum, della
inefficacia del negozio simulato, contrariamente
all’insegnamento prevalente della stessa corte di
legittimità, che tradizionalmente ha ravvisato nel caso
di specie un’ipotesi di nullità. Il giudice
nomofilattico sostiene che la inefficacia non legittima
di per sé la mancanza, in capo al contratto dissimulato,
dei requisiti richiesti dalla legge per la validità di
quest’ultimo, quali la forma scritta. In tal modo, il
Supremo Collegio mostra di aderire ai rilievi a suo
tempo svolti da Francesco Messineo e successivamente
ripresi da Gatti, volti a dimostrare l’autonomia dei due
atti giuridici, nonché all’insegnamento più risalente, a
tenore del quale per la validità del contratto
dissimulato devono essere rispettate non le forme minori
eventualmente previste per il negozio simulato, ma le
previsioni di legge in materia di forma dell’atto
proprie del primo, la cui mancanza dà luogo ad
inesistenza del contratto dissimulato, a fronte della
mancata produzione di effetti giuridici da parte di
quello simulato, in quanto non voluto dalle parti[56].
La conclusione rileva anche ai fini
della configurazione della stessa nozione di simulazione
relativa, da ravvisarsi non solo nel caso di discrasia
del tipo contrattuale, ma anche di qualsiasi differenza,
anche soltanto parziale, intercorrente tra i due
contratti[57]. In molti pronunciamenti anteriori, a
partire, segnatamente, da un arresto del 1978[58], sulla
scorta delle monografie più risalenti[59], la Cassazione
mostrò infatti di concepire la simulazione relativa
parziale quale istituto riguardante unicamente il tipo
contrattuale e non singole clausole del regolamento
negoziale, come viceversa sostenuto dalla più attenta
dottrina[60], oggi recepita dal Supremo consesso a
Sezioni Unite. La pronuncia può essere apprezzata anche
con riferimento al rilievo per cui la concezione
causalista della simulazione, alla base della concezione
che ritiene quale campo di applicazione del fenomeno
unicamente il tipo contrattuale, non è in grado, in
fattispecie concrete come quella oggetto del presente
contributo, di superare l’obiezione in base alla quale
oggetto della simulazione è il precetto negoziale, per
modo che, in casi quale il presente, il contrario patto,
pure voluto dalle parti, non può essere svilito al rango
di una documentazione falsa o trattato come se fosse
esclusivamente un problema di documentazione
plurima[61].
4. Conclusione
Se si pone capo al quesito iniziale
dal quale ha preso le mosse la trattazione, si deve
riconoscere al venditore, che veda la controparte
contrattuale opporre il proprio rifiuto a versare il
prezzo effettivamente pattuito nella contro scrittura
per la vendita di immobile, la sola possibilità di far
emergere il negozio simulatorio mediante la produzione
in giudizio dell’accordo realmente intercorrente tra le
parti, senza possibilità di giovarsi, contrariamente a
quanto riconosciuto dalla più antica giurisprudenza,
della prova testimoniale, stante la natura di patto
aggiunto o contrario che deve essere riconosciuta
all’accordo di fissazione del prezzo.
La pronuncia delle Sezioni Unite ha
notevole importanza pratica, specialmente nel settore
delle contrattazioni immobiliari, dove si pone
primariamente il problema fiscale relativo alla
simulazione del prezzo[62]: è noto, infatti, che
problema di non poco momento, specialmente per i notai,
deve essere ravvisato nel prezzo da dichiarare in
atti[63].
Per combattere la precedente
tendenza, diffusa specialmente in passato, a stipulare
un preliminare nel quale le parti, obbligandosi ad
addivenire successivamente alla conclusione di un
definitivo, dichiaravano il prezzo reale, per poi
pattuirne fittiziamente uno più basso e parametrato al
valore catastale nel definitivo, il legislatore ha
introdotto diversi rimedi[64]. In primo luogo, è stata
offerta la possibilità di trascrivere il preliminare,
così perseguendo il duplice obiettivo di tutelare il
promissario acquirente da possibili atti di mala fede
del proprietario e da stroncare in radice il fenomeno
del diverso e minor prezzo indicato nel definitivo. In
secondo luogo, si è introdotta una normativa
fiscale[65], di matrice incentivante, con la quale, per
favorire l’emersione del prezzo effettivamente stipulato
dalle parti, si consente loro di beneficiare di
un’imposizione fondata sul valore dell’immobile così
come risultante dalla rendita catastale, in luogo del
valore venale corrente del medesimo; nel contempo,
tuttavia, in tal modo si offre all’amministrazione
l’opportunità di conoscere i valori reali delle
contrattazioni, in vista dell’aggiornamento catastale.
La tematica in esame, infatti,
potrebbe costituire oggetto di una disamina
completamente diversa, incentrata sul problema della
effettività delle norme fiscali e sulla loro violazione
ad opera dei contraenti, che mai dà luogo a nullità del
contratto[66], secondo l’insegnamento tradizionale,
poiché già autonomamente sanzionata dal legislatore
tributario.
Quanto poi alle ulteriori
implicazioni civilistiche della questione trattata,
ricadute della simulazione relativa del prezzo si
possono ravvisare, sempre nell’ambito delle
contrattazioni immobiliari, per tutti quei beni, oggetto
di vendita, che siano nel contempo sottoposti a
prelazione legale, come il retratto successorio (art.
732 c.c.) o la prelazione su immobili urbani (art. 38,
L. 27.07.1978, n. 392)[67]: in caso di violazione di
quest’ultimo diritto, il prelazionario pretermesso può
corrispondere all’acquirente il prezzo che quest’ultimo
ha pagato, così come indicato in contratto[68].
Rilevanti anche le implicazioni che
il fenomeno può avere in materia concorsuale, laddove,
rispettivamente: il nuovo art. 67, comma 3°, lett. c, l.
fall. statuisce l’esenzione da revocatoria delle vendite
a giusto prezzo di immobili ad uso abitativo, destinati
a costituire l’abitazione principale dell’acquirente, o
dei suoi parenti e affini entro il terzo grado, in caso
di fallimento del venditore; inoltre, l’art. 72 bis l.
fall., introdotto con d.lgs. 20.06.2005, n. 122,
statuisce lo scioglimento del contratto relativo ad
immobile da costruire in caso di intervenuta escussione
della fideiussione da parte dell’acquirente, debitamente
comunicata al curatore che non aveva ancora esercitato
la scelta tra scioglimento o esecuzione del relativo
contratto. In questi casi, rileva, nuovamente, il valore
dell’immobile così come dedotto dalle parti in
contratto, nonché, ai fini della determinazione del
giusto prezzo, quanto emerge dalla prassi delle
contrattazioni di mercato relative agli immobili siti
nella medesima città e facenti capo al medesimo segmento
abitativo di quello in oggetto, con correlativo rischio
per il compratore nel caso sia stato dichiarato un
prezzo inferiore a quello mediamente praticato[69].
(Altalex, 25 maggio 2011. Articolo
di Andrea Agnese)
________________
[1] Roppo, Il contratto, Giuffrè,
2001, 694.
[2] Sul quale Galgano, Trattato di
diritto civile, vol. 2, Cedam, 2009, 404 ss.. Per il
collegamento della simulazione alla tutela
dell’affidamento incolpevole dei terzi dovuta
all’apparenza di diritto si esprimeva favorevolmente già
Betti, Teoria generale del negozio giuridico, ESI, 2002,
ristampa dell’opera pubblicata nel 1960 nel Trattato
Vassalli, con Introduzione di Ferri G. B., a cura di
Crifò, 406 s.
[3] Come riconosce espressamente
Anelli, Simulazione e interposizioni, in Roppo (cur.),
Trattato del contratto, vol. 3, a cura di Costanza,
Giuffrè, 2006, 561.
[4] Mi riferisco a Ferrara sr.,
Della simulazione dei negozi giuridici, Athenaeum, 1922,
281 s., citato da Anelli, Simulazione, cit., 562 testo e
n. 4.
[5] In tal senso Stolfi G., Teoria
del negozio giuridico, Cedam, 1961, 141.
[6] Pugliatti, Diritto civile.
Metodo, teoria, pratica, Giuffrè, 1951, 543 s., il quale
precisa che “l’accordo simulatorio e il negozio simulato
sono due elementi di un unico fenomeno e il secondo ne
completa e ne perfeziona il ciclo formativo” (ivi, 548).
[7] Pugliatti, Diritto civile,
cit., 543 s.
[8] Messineo, Accordo simulatorio e
dissimulazione di contratto, in Riv. Dir. Civ., 1966, I,
252.
[9] Galgano, Trattato di diritto
civile, vol. 2, cit., 391 s.. Non è mancato, tuttavia,
che ha ritenuto più pertinente approdo di un simile
ragoinamento non già la nullità, bensì l’inesistenza:
Gentili, Il contratto simulato. Teorie della simulazione
e analisi del linguaggio, Jovene, 1982, passim, 155 ss.
[10] Per tutti, Santoro Passarelli,
Dottrine generali del diritto civile, Jovene, 1997
(ristampa), 154, ove si prende espressa posizione sul
punto, ragionando espressamente a partire dalla
improduttività di effetti tra le parti: “[L]a
simulazione, in conformità della controdichiarazione, è
improduttiva di effetti fra le parti, ma tale specie
d’inefficacia implica, sebbene recentemente sia stato
sostenuto il contrario, che il negozio simulato è nullo
rispetto alle medesime…”.
[11] Galgano, Trattato di diritto
civile, vol. 2, cit., 393.
[12] Roppo, Il contratto, cit.,
716; Galgano, Trattato di diritto civile, vol. 2, cit.,
393.
[13] Auricchio, La simulazione nel
negozio giuridico, Jovene, 1957, 65, ristampa inalterata
a cura della ESI, donde si cita. Per un’esposizione e
una critica del pensiero di questo Autore, Gentili, Il
contratto simulato, cit., 52 ss.
[14] Auricchio, La simulazione,
cit., 67 ss.
[15] Roppo, Il contratto, cit.,
693.
[16] Galgano, Trattato di diritto
civile, vol. 2, cit., 388.
[17] Roppo, Il contratto, cit., 699
ss.
[18] In luogo di molti, Anelli,
Simulazione e interposizioni, cit., 613.
[19] Roppo, Il contratto, cit.,
697.
[20] Si pone il problema Sacco, Le
controdichiarazioni, in Rescigno (cur.), Trattato di
diritto civile, vol. 10, Utet, 2002, 262, ove si
sottolinea l’impossibilità per il contraente di invocare
il proprio stato psicologico e di sottrarsi al regime
giuridico della simulazione, perché la dichiarazione
fittizia ha sempre effetti decettivi nei confronti dei
terzi, motivo per cui chi ha posto in essere la
dichiarazione stessa deve soggiacere al rischio creato
con questa, nonché al corrispondente regime giuridico
della simulazione.
[21] Roppo, Il contratto, cit.,
696, dove si sottolinea l’irrilevanza della riserva
mentale del contraente, anche nel caso in cui essa sia
nota al destinatario della dichiarazione.
[22] Roppo, Il contratto, cit.,
698; Galgano, Trattato di diritto civile, vol. 2, cit.,
388; Anelli, Simulazioni e interposizioni, cit., 599 ss.
[23] Sacco, Le controdichiarazioni,
cit., 259.
[24] Sacco, Le controdichiarazioni,
cit., 259.
[25] Galgano, in Galgano –
Peccenini – Franzoni – Memmo – Cavallo Borgia,
Simulazione. Nullità del contratto. Annullabilità del
contratto, Zanichelli – Il Foro Italiano, 1998, 57 s.,
sub art. 1417; Roppo, Il contratto, cit., 713.
[26] Recentemente, Cataldi, La
prova della simulazione tra le parti, reperibile su
www.appinter.csm.it, 2.
[27] Roppo, Il contratto, cit.,
714.
[28] Galgano, Trattato di diritto
civile, vol. 2, cit., 400 s., testo e n. 33.
[29] Torrente – Schlesinger,
Manuale di diritto privato, Giuffrè, 2007, a cura di
Anelli e Granelli, 581.
[30] In argomento, con riferimento
precipuo alla giurisprudenza di legittimità, Pinto, I
poteri istruttori del giudice e delle parti. In
particolare: problemi in tema di ammissibilità della
prova per testimoni, in relazione ai limiti previsti dal
codice civile; consulenza tecnica d’ufficio; tecniche di
redazione dei provvedimenti istruttori, reperibile su
www.appinter.csm.it, 11 ss.
[31] Casella M., Simulazione, in
Enc. Dir., Giuffrè, 1990, 593, ad vocem.
[32] Per tutti, Irti, il salvagente
della forma, Laterza, 2007.
[33] Come Giorgianni, Forma degli
atti (dir. priv.), in Enc. Dir., Giuffrè, 1968, 1005, ad
vocem.
[34] Tommaseo, Sul patto di
simulazione del prezzo nei negozi solenni, in Giur. It.,
1989, I, 1, c. 566.
[35] Giorgianni, Forma, cit., 1005.
[36] Giorgianni, Forma, cit., 1005.
[37] Sacco, Le controdichiarazioni,
cit., 259.
[38] Per convincersene, basta
leggere l’ampio e travagliato dibattito che si è avuto
sul tema, come ricostruito da Gentili, Il contratto
simulato, cit., 3 ss.
[39] In tal senso: Cassazione
02.10.1978, n. 4366, in Giust. Civ., 1979, I, 77;
Cassazione 09.07.1987, n. 5975, in Giur. It., 1989, I,
1, 564; Cassazione 23.01.1988, n. 526, in Vita Not.,
1988, I, 248; Cassazione 24.06.1996, n. 3857, in Vita
Not., 1996, 1319; Cassazione 24.06.2003, n. 10009, in
Dir. e Giust., 2003, 102; Cassazione 06.09.2006, n.
19146, in Obbl. e Contr., 2007, 174; Cassazione
02.03.2007, n. 4901.
[40] Loffredo, Simulazione del
prezzo della compravendita. Limiti all’ammissibilità
della prova per testimoni in caso di domanda proposta
dalle parti, in Giust. Civ., 2007, I, 1868.
[41] Cassazione 24.06.1996, n. 3857
cit..
[42] Cassazione 03.04.1992, n.
4073, in Giur. It., 1994, I, 1, 664; Cassazione
06.05.2003, n. 6882, in Gius., 2003, 2145; Cassazione
19.03.2004, n. 5539, in Foro It., 2005, I. c. 510.
[43] Tommaseo, Sul patto di
simulazione, cit., c. 563 ss.; Cricenti, In tema di
prova della simulazione del prezzo, in Giur. Mer., I,
1993, 684 ss.; Mayer, Simulazione del prezzo e
limitazioni della prova, in Rass. Dir. Civ., 2000, 438
ss.. In argomento anche Anelli, Simulazione e
interposizioni, cit., spec. 725 ss.
[44] Tommaseo, Sul patto di
simulazione, cit., spec. c. 565 ss.; Mayer, Simulazione,
cit., 444.
[45] Mayer, Simulazione, cit., 446;
Nanni, L’interposizione di persona, Cedam, 1991, 140.
[46] Galgano, Il negozio giuridico,
Giuffrè, 2002, 365 n. 1.
[47] Santoro Passarelli, Dottrine
generali, cit., 208.
[48] Scognamiglio, Dei contratti in
generale, Zanichelli – Il Foro Italiano, 1970, 416.
[49] Gatti, Simulazione relativa e
rapporto di specialità fra l’art. 1417 e l’art. 2722
cod. civ., in Riv. Dir. Comm., 1976, 84.
[50] Messineo, Il contratto in
genere, vol. II, Giuffrè, 1972, 483 ss.
[51] Questa notazione è rinvenibile
nella dottrina a partire dall’opera di Ferrara, Della
simulazione dei negozi giuridici, Roma, 1922, 234,
citato da Gentili, Il contratto, cit., 7 n. 1.
[52] Sulla scorta di questa
condivisibile affermazione si è criticato l’orientamento
giurisprudenziale che, in materia di simulazione
relativa di negozio con forma vincolata
legislativamente, ritiene necessario il rispetto del
requisito formale nel solo contratto apparente: in
questi termini, recentemente, Anelli, Simulazioni, cit.,
604 ss., ove ulteriori ragguagli.
[53] Messineo, Il contratto, cit.,
477.
[54] Gatti, Simulazione relativa,
cit., 83 s.. In argomento anche Anelli, Simulazioni,
cit., 721 ss., ove l’opinione, ivi, 722, che ritiene i
limiti di prova fissati dall’art. 1417 c.c. equivalenti
a quelli di cui all’art. 2722 c.c.
[55] Cassazione S.U. 26.03.2007, n.
7246, in Giust. Civ., 2007, I, 1075
ss.; in Giur. It., 2007, 2441 ss.
[56] Gatti, Simulazione relativa,
cit., 78, ove riferimenti giurisprudenziali di
legittimità. Su questo punto si sofferma Anelli,
Simulazioni, cit., 617 s., il quale osserva le pesanti
ricadute pratiche di una simile asserzione, ossia la
invalidazione dell’intera operazione economica
perseguita dalle parti. Questo travolgimento
dell’efficacia di entrambi i contratti, per esempio,
inibirebbe al prelazionario di svelare l’accordo
simulatorio del prezzo ai fini dell’esercizio del
proprio diritto reale per il prezzo effettivamente
voluto dalle parti, allorché il coevo patto
effettivamente intercorrente tra le parti fosse nullo
per difetto di forma: ivi, 618 s.
[57] Marani, La simulazione degli
atti unilaterali, Cedam, 1971, 35, ove anche
l’asserzione della applicabilità dell’art. 1417 c.c. in
caso di simulazione relativa di un singolo elemento del
regolamento contrattuale.
[58] Cassazione 02.10.1978, n. 4366
cit.; l’osservazione spetta a Travaglino, Compravendita,
simulazione del prezzo e prova per testi, in Corr. Mer.,
2007, 7, 882.
[59] Come Auricchio, La
simulazione, cit., 163 ss.; la definizione di
simulazione relativa in termini di atto di autonomia
privata caratterizzato da un tipo negoziale differente
si ritrova testualmente Betti, Teoria generale, cit.,
396.
[60] Galgano, in Galgano –
Peccenini – Franzoni – Memmo – Cavallo Borgia,
Simulazione. Nullità del contratto. Annullabilità del
contratto, Zanichelli – Il Foro Italiano, 1998, cit.
[61] Cricenti, In tema di prova,
cit., 685 s.. Ragionare di precetto negoziale significa
accogliere la teoria precettivistica, propugnata da
Betti, Teoria generale, cit., 404 ss.. Per una critica a
tale impostazione, Gentili, Il contratto, cit., 19 ss.
Inoltre, la differente ricostruzione in chiave causale
della simulazione è stata portata avanti da Pugliatti,
del cui pensiero dà conto Gentili, ivi, 25 ss.
[62] In argomento, Giuliani,
Simulazione e fisco (sotto la specie dell’imposizione
sui redditi) tra diritto civile e diritto tributario,
reperibile al seguente indirizzo:
http://www.businessandtax.it/img/la_simulazione.pdf, 43
ss., ove ulteriori ragguagli.
[63] Pedron, Simulazione del
prezzo: questioni probatorie e contrattazione
immobiliare, in Riv. Not., II, 2007, 1203.
[64] Le osservazioni spettano a
Pedron, Simulazione, cit., 1204.
[65]Art. 1, comma 497°, L.
23.12.2005, n. 266, modificato dall’art. unico, comma
309°, L. 27.12.2006, n. 296.
[66] Il problema è trattato
diffusamente da Albanese, Violazione di norme imperative
e nullità del contratto, Jovene, 2003, anche sulla
scorta dell’evoluzione dell’opinione tradizionale, di
cui si dà conto nel testo, per la quale la violazione di
norme tributarie non dà luogo a sanzioni civilistiche,
come la nullità, poiché trattasi di illecito già
sanzionato dal legislatore fiscale. Un’esposizione della
spiegazione più risalente si può trovare in Mantovani,
Divieti legislativi e nullità del contratto, in N. Giur.
Civ. Comm., 1987, II, 530 ss., ove ulteriori ragguagli
anche giurisprudenziali.
[67] In argomento, Gozzoli, Prova
testimoniale di accordi simulatori e condizioni per
l’esercizio del diritto di prelazione e riscatto nella
alienazione di immobili urbani ad uso non abitativo, in
N. Giur. Civ. Comm., 2004, I, 56 ss.
[68] Loffredo, Simulazione, cit.,
1870; Gozzoli, Prova testimoniale, cit., 58, ove
ulteriori riferimenti di giurisprudenza e la notazione
che osserva la natura sanzionatoria dell’orientamento di
legittimità che, per scoraggiare la simulazione del
prezzo, ritiene quest’ultima irrilevante ai fini della
determinazione del prezzo del riscatto dell’immobile.
[69] Loffredo, Simulazione, cit.,
1870 s. |