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CONSUMISMO SESSUALE, CONFORMISMO MEDIATICO" - Enzo MARIGONDA

 

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Se esiste, come pare, un imperativo del godimento sessuale purchessia, il sistema dei media e dell'industria culturale lavora alacremente per estenderlo e confermarlo.
La componente di coazione è ben visibile nell'affermarsi stesso di un modello di godimento e di benessere largamente condiviso, implicitamente prescrittivo.
L'esibizione e la quantificazione fanno il resto.

Le centinaia di ragazze “ripassate” in un breve torno di tempo (tre diverse al dì) da un asso del pallone dei più stupidi; le dozzine di calciatori ripassati, nello stesso periodo, da una velina tra le più ”famose”; le tre dita sollevate (tre scopate appena compiute) dal leader politico in ritardo alla riunione coi suoi sodali, subito pronti al sorriso ammiccante; l'interminabile, ripetitiva serie d'incontri sessuali dello scrittore gay presso certi pisciatoi o bagni turchi di una capitale europea; la coppia che annota e registra scrupolosamente, privé per privé, gli scambi, i coiti, i rapporti orali, etc., in una versione provinciale del kamasutra, tra il gioioso e il noioso. E via enumerando.
Con il gusto della prestazione e del record (il Guinness dei primati: un vero assillo per tutti noi - niente a che vedere con il grande Alec) entra in gioco una componente consumistica piuttosto evidente, che livella e banalizza ogni cosa.

Di solito il consumismo sessuale – il sesso come consumo, la banalizzazione dell'eros, etc. - è preso di mira dal punto di vista della morale religiosa o della filosofia della persona.
Viene stigmatizzata la riduzione del partner a semplice oggetto, l'assenza di rispetto e di ascolto dell'altro, la prevalenza della dimensione puramente utilitaristica e carnale, etc.
La pornografia, con la sua propensione anatomo-chirurgica al dettaglio e all’esaltazione massima della funzione, diventa un bersaglio scontato entro una prospettiva del genere. E’ fin troppo facile prendersela con l’immagine meccanicistica e stereotipata del piacere che essa ci offre, spesso con involontari effetti grotteschi o soporiferi che fanno passare la voglia, invece di alimentarla come da programma.
C'è poi la preoccupazione per il cinismo implicito in un approccio di puro utilizzo materiale, con le possibili derive di tipo sadico e gli effetti d'impoverimento complessivo dell'esperienza amorosa, specie quando il modello del consumismo sessuale prende piede tra le persone più giovani e/o cerntrate su di sé.

Tutti rilievi opportuni e significativi. 
Tuttavia, qui interessa mettere a fuoco un altro insieme di possibili conseguenze e criticità di una visione (e di una pratica) consumistica della sessualità: il conformismo, la coazione, la potenziale restrizione dell’indipendenza individuale.
Sono effetti che si celano dietro l'apparenza di una libertà o licenza totale nell’aprirsi a ogni sorta di godimento, pressoché senza limitazioni (“vale tutto”, a parte forse la necrofilia).

Due o tre cose occorre ricordare.
Tutti dovremmo ben sapere (ma tendiamo a dimenticarcene) che se sparisce dalla scena qualsiasi elemento di censura e proibizione l’eros s’indebolisce e il sesso si riduce a mera pratica igienico-funzionale, o al più ginnico-esibitiva, capace di contentare solo o prevalentemente i target più popolari e svantaggiati, ben rappresentati nel corso del tempo da svariate figure del costume italiano, tra gossip e spettacolo, da Lando Buzzanca a Checco Zalone, da Alvaro Vitali a Maurizio Corona.
L’assenza di ostacoli al raggiungimento della meta, insita nel vigente regime da ipermercato sessuale, sarà anche una manna per gli scambisti e gli assatanati, ma spoetizza gli appassionati, che coltivano l’aspirazione a coniugare l’eros con il romance.

D’altra parte, la dinamica degli atti di consumo non si basa né si esaurisce nel piacere di consumare preso per se stesso.
E’ questo un principio che vale per qualsiasi bene di consumo: non si tratta di soddisfare un bisogno, bensì di appagare provvisoriamente un desiderio destinato subito dopo a riproporsi e a riprodursi, ancora e ancora, senza fine, per via della sua stessa natura e costituzione mai saziabile.
La forza e l'attrattiva del consumare riposano perciò su una promessa, un sogno, una meta immaginaria, rappresentabile o definibile con più formule, tutte più o meno accettabili: la felicità, il benessere, il bene, la bella vita, la vita intensa, la pienezza, la realizzazione di sé, la non morte...

Il godimento sessuale in fondo è la forma di piacere più basica, originaria, totalizzante, facile, democratica, alla portata di chiunque. Oltre che forte, turgida, venerabile, esaltata, panica, e via dicendo.
In questo senso, si presta benissimo a fungere da epitome degli standard di godimento che muovono e trascinano l'universo del consumare.
Solo che a una diffusa sessualizzazione delle merci e del loro mondo simbolico corrisponde una versione via via più mercificata e “markettara” dei corpi, delle zone e delle fantasie erogene.

 

 

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