Studio legale law
Reperita iuvant. Ci fosse
un’istanza, proposta da un cittadino straniero e volta a
chiedere l’acquisto della cittadinanza italiana, che si
conclude entro i termini normativamente previsti. Fanno
fede le innumerevoli pronunce del Tar del Lazio in
materia. Perché obbligare i cittadini che ne hanno
diritto a promuovere ricorsi, nonché a intasare la
giustizia per concludere procedimenti che, per legge,
devono essere definiti entro termini precisi ? Il
Ministero dell’Interno tace. Non solo, ma nei ricorsi,
si costituisce anche, difeso dall’Avvocatura dello
Stato. Ora, gli avvocati dello Stato, non solo
percepiscono uno stipendio, ma, anche laddove
l’Amministrazione è soccombente, vengono retribuiti con
una parcella. Sperpero di danaro pubblico anche questo.
Il caso, il solito. Un cittadino
straniero conviene in giudizio, innanzi al Tar del
Lazio, il Ministero dell’Interno esponendo di aver
presentato istanza di concessione della cittadinanza
italiana in data 22 luglio 2008. A distanza di oltre tre
anni, il Ministero non si è pronunciato, quindi il
cittadino chiede la declaratoria di illegittimità del
silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di concessione
della cittadinanza italiana.
Al solito, con la Sentenza n.
9266/2011, il Tar precisa che il contenzioso instaurato
non può investire la verifica della fondatezza della
pretesa sostanziale e, quindi, l’accertamento del
diritto del ricorrente al conseguimento del
provvedimento richiesto. Ovvio, il Tar non può
sostituirsi al Ministero, potendo solo accertare d i
presupposti cui le norme riconducono l’obbligo della
stessa amministrazione di esprimersi sull’interesse del
cittadino straniero con un provvedimento conclusivo e
espresso. Altrettanto ovvio l’accoglimento del ricorso.
La legge 5 febbraio 1992 n. 91, all’art. 9, individua le
ipotesi in cui la cittadinanza italiana può essere
concessa con decreto del Presidente della Repubblica,
sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro
dell’Interno. Il D.P.R. n. 362/1994, con il quale è
stato approvato il regolamento per la disciplina dei
procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana,
all’art. 3, espressamente prevede che “per quanto
previsto dagli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990,
n. 241, il termine per la definizione dei procedimenti
di cui al presente regolamento è di settecentotrenta
giorni dalla data di presentazione della domanda”. A sua
volta il D.M. 24.3.1995 n. 228 dispone che “La tabella
A, allegata al D.M. 2 febbraio 1993, n. 284, del
Ministro dell’interno di adozione del regolamento di
attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto
1990, n. 241, riguardanti i termini di conclusione e i
responsabili dei procedimenti imputati alla competenza
degli organi dell’Amministrazione centrale e periferica
dell’interno, nella parte relativa ai procedimenti di
competenza della divisione cittadinanza del servizio
cittadinanza affari speciali e patrimoniali della
Direzione generale per l’amministrazione generale e per
gli affari del personale, è modificata nel senso che i
termini finali per la definizione dei provvedimenti di
conferimento e di concessione della cittadinanza
italiana, di cui rispettivamente agli articoli 5 e 9
della legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono fissati in
settecentotrenta giorni in luogo di millenovantacinque
giorni”. Alla stregua delle predette disposizioni,
pertanto, il Ministero dell’Interno aveva l’obbligo di
concludere il procedimento e di pronunciarsi entro il
richiamato termine di settecentotrenta giorni dalla data
di presentazione della domanda. Nella specie, non
risulta che il predetto Ministero abbia adottato il
provvedimento conclusivo del procedimento allo stesso
affidato entro il richiamato termine.
Per quanto sopra argomentato, il
ricorso va accolto e, per l’effetto, va dichiarata
l’illegittimità del silenzio-rifiuto, con conseguente
obbligo del Ministero dell’Interno intimato di
pronunciarsi con un provvedimento espresso in ordine
alla richiesta di cittadinanza italiana presentata
dall’odierna ricorrente il giorno 22 luglio 2008, entro
il termine di trenta giorni dalla comunicazione in via
amministrativa della presente sentenza, ovvero dalla sua
notificazione se anteriore.
Anna Teresa Paciotti |