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Sviluppo sostenibile. impianti fotovoltaici e rischio penale-Impianti fotovoltaici e incostituzionalità legge n. 31/2008 della Regione Puglia: quale rischio penale?di Nicola PISANI e Stefano Maria ZAPPALA'òà-Lexambiente.it

 

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1. E’ notizia di questi giorni,riportata dalle principali testate di informazione, che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi ha disposto il sequestro preventivo di diversi impianti fotovoltaici della potenza di un megawatt ciascuno, autorizzati mediante il procedimento semplificato di dichiarazione di inizio attività (DIA) di cui all’articolo 3, comma 1, della L.R. 31 del 2008 della Regione Puglia.

 

 

 

Questo episodio di cronaca giudiziaria offre l’occasione per svolgere un’indagine sugli effetti, sul terreno penalistico, della sentenza della Corte Costituzionale n. 119 del 22 marzo 2010, in ordine alle procedure autorizzatorie per la costruzione degli impianti nella Regione Puglia sotto il vigore della L.R. 31/2008, individuando - se possibile - criteri che possano orientare i titolari di impianti assentiti in base alla disciplina all’epoca vigente.

 

 

 

2. L’articolo 3, comma 1 della L.R. 31/2008 consentiva la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra, in zona agricola, di potenza sino ad un megawatt “a condizione che l'area asservita all'intervento sia estesa almeno due volte la superficie radiante. La superficie non occupata dall'impianto deve essere destinata esclusivamente a uso agricolo”.

 

 

 

Lo stesso articolo 3, inoltre, allo scopo di impedire l’elusione del procedimento di autorizzazione Unica necessario per impianti di potenza superiore ad un megawatt, disponeva che gli impianti collocati a terra in un'area agricola costituita da terreni appartenenti a unico proprietario, ovvero costituita da più lotti derivanti dal frazionamento di un'area di maggiore estensione, effettuato nel biennio precedente alla domanda, ai fini del calcolo della potenza elettrica massima per ricorrere alla procedura di DIA, sono considerati come un unico impianto.

 

 

 

La predetta norma individuava pertanto, sia dei requisiti minimi (area asservita all’impianto pari almeno al doppio della superficie radiante e destinazione agricola della superficie non occupata), sia determinati presupposti di fatto, al ricorrere dei quali, non era ammessa la costruzione mediante il procedimento semplificato della DIA di più impianti di potenza sino ad un megawatt su suolo agricolo (unicità di proprietà dei terreni interessati dalla costruzione degli impianti ovvero il loro frazionamento risalente a meno di due anni). In tale ultima ipotesi, la legge regionale pugliese qualificava i diversi impianti come un unico impianto di potenza superiore al “limite-soglia” di un megawatt, assoggettandolo al procedimento più complesso dell’Autorizzazione Unica.

 

 

 

Questa, in estrema sintesi, era la disciplina applicabile in Puglia sotto il vigore della L.R. 31/2008.

 

 

 

3. La sentenza della Corte Costituzionale n. 119 del 22 marzo 2010 ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale della L.R. 31/2008, articolo 3, comma 1 e 2, ritenendo che tali disposizioni incidano su materia della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» rientrante nella competenza legislativa concorrente delle regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione. In subiecta materia, infatti, i “principi fondamentali” sono dettati dalla legislazione statale e, attualmente, dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità), che all’articolo 12, comma 5, prescrive che maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione assentibili mediante DIA possono essere individuate solo con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, d’intesa con la Conferenza Unificata, senza che la Regione possa provvedervi autonomamente.

 

 

 

Gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale sono destinati a riverberarsi sui procedimenti ‘semplificati’ già avviati, con diverso impatto, a seconda dello stadio delle relative procedure e della realizzazione dei lavori: si pensi ad impianti costruiti sulla base di DIA e già entrati in esercizio; oppure agli impianti in corso di costruzione in base a DIA rilasciata ex articolo 3 cit.; o, ancora, agli impianti con lavori non ancora avviati ma autorizzati, sempre tramite DIA.

 

 

 

Il nodo – almeno apparentemente – è stato sciolto dall’articolo 1 quater della legge 13 agosto 2010 n. 129, volto a disciplinare gli effetti della sentenza della Corte, con riguardo ai procedimenti semplificati avviati ai sensi delle leggi regionali che fissavano (in Puglia come in altre Regioni) limiti di potenza superiori a quelli stabiliti dal D.Lgs. n. 387/2003. L’articolo 1 quater stabilisce, infatti, che ‘sono fatti salvi gli effetti relativi alle procedure di denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che risultino avviate in conformità a disposizioni regionali, recanti soglie superiori a quelle di cui alla tabella A del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, a condizione che gli impianti siano entrati in esercizio entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto’; termine fissato al 16 gennaio 2011.

 

In data 15 dicembre, inoltre, è stata emanata dal Ministero dell’Economia una circolare interpretativa dell’articolo 1 quater, che distingue quattro ipotesi:

 

    DIA già definitive alla data di pubblicazione delle suddette sentenze: non cadono nell'ambito di applicazione dell'articolo 1-quater ed i loro effetti sono comunque salvi, a prescindere dal rispetto della condizione che gli impianti siano entrati in esercizio entro il 16 gennaio 2010;

    DIA che, alla data di pubblicazione delle suddette sentenze, non si erano ancora perfezionate, oppure non ancora ‘definitive’: rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 1-quater e, se l'impianto è entrato in esercizio entro il 16 gennaio 2011, sono salvi gli effetti;

    DIA in relazione alle quali sono state proposte impugnative prima della data di pubblicazione delle suddette sentenze: rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 1-quater e - se l'impianto è entrato in esercizio entro il 16 gennaio 2011 e non sussistevano altre condizioni impeditive alla loro ultimazione ed entrata in esercizio -i loro effetti sono stati fatti salvi;

    DIA presentate dopo la data di pubblicazione delle suddette sentenze: in tale ipotesi non si applica l'articolo 1-quater, poiché tale disposizione riguarda le DIA "che risultino avviate in conformità a disposizioni regionali". Poiché le DIA avviate successivamente alla sentenza della Corte, in relazione ad impianti di potenza superiore alle soglie fissate nel D.Lgs. 387/2003, non potrebbero essere disciplinate da leggi regionali ormai prive di effetti, in quanto dichiarate incostituzionali, non trova applicazione il citato articolo 1-quater.

 

 

 

Ebbene, la dichiarazione d’incostituzionalità dell’art. 3 comma 1 della legge regionale, che fissava un limite-soglia superiore, produce un ampliamento del campo di applicazione della fattispecie penale, rendendo punibili ai sensi dell’articolo 44 DPR n. 381/2001 anche la realizzazione di impianti che prima sarebbero stati asseverabili con DIA (alla stregua della legge regionale) in luogo della autorizzazione unica prescritta dalla legge statale. La norma regionale abrogata, in altri termini, riconosce un vero e proprio diritto alla costruzione di impianti fotovoltaici, con le caratteristiche ivi indicate attraverso il procedimento semplificato di cui agli articoli 22 e 23 del DPR n. 381/2001; non a caso, l’articolo 3 cit. qualificava gli interventi di realizzazione di detti impianti come non riconducibili all'elenco di cui all'articolo 10 del DPR citato e cioè alla tipologia di costruzioni per le quali è richiesto il permesso di costruire. Così facendo, la disposizione in parola, esplicitamente, sottraeva le ipotesi predette dalla sfera di applicazione della norma penale di cui all’articolo 44 cit., concorrendo ad integrare l’area normativa di quest’ultima norma penale in bianco. La pronuncia di illegittimità, quindi, ha inciso su una norma extrapenale di favore di fonte regionale, integratrice del precetto penale, che aveva l’effetto di ridurre l’area del penalmente rilevante[2]; la disciplina di cui all’articolo 12 D.Lgs. n. 387 in relazione all’articolo 44 non potrà trovare applicazione a fatti pregressi, commessi sotto il vigore della norma permissiva di cui all’articolo 3, comma 1 della legge regionale, proprio in virtù del divieto di retroattività di cui all’articolo 2 comma 1 c.p.[3]. Maggiori perplessità sorgono in merito alla possibilità di applicare, dopo la sentenza della Corte, ultrattivamente l’articolo 3, comma 1, lettera b), della legge regionale che, a ben vedere, introduce un criterio che amplia la definizione di impianto, ai fini della determinazione del limite-soglia; criterio non presente nella legislazione statale in vigore al momento del fatto[4]. E allora sono due le possibili opzioni interpretative: secondo la prima, la lettera b) stabilirebbe dei limiti ‘interni’ all’esercizio del diritto alla costruzione di impianti tramite DIA in zona agricola, con la conseguenza della inscindibilità della disciplina regionale che dovrebbe continuare ad applicarsi in toto alle DIA pregresse; in questo caso la sentenza della corte escluderebbe la punibilità solo ove fosse stato rispettato il criterio di cui alla lett. b) dell’art. 3. Secondo altra soluzione interpretativa - che sembra preferibile in quanto propone un’applicazione della  norma regionale in conformità alla legge statale[5] - la norma di fonte regionale di cui alla lett. b) dell’articolo 3 cit.,  nel definire la nozione di ‘unico impianto’ ai fini del calcolo della potenza elettrica massima per ricorrere alla procedura di DIA, avrebbe determinato, in via mediata, un ampliamento della sfera di rilevanza penale attraverso una modifica della disciplina per il ricorso alla DIA; ciò comporterebbe, come conseguenza, l’impossibilità di applicare la lett. b) dell’art. 3 cit. ultrattivamente (dopo la sentenza), e la non punibilità, ai sensi dell’art. 44, della costruzione di una pluralità impianti tramite DIA, che  avessero superato cumulativamente la soglia di1 MWe, in applicazione dell’anzidetto criterio di fonte regionale.

 

 

 

Alla luce di quanto precede - e se si segue la prima soluzione ‘restrittiva’ – possiamo riassumere i presupposti positivi per la legittimità della costruzione di una pluralità di impianti assentiti tramite DIA, tracciando alcune prime conclusioni:

 

(i) Assenza di vincoli (quali di tipo ambientale, paesaggistico, sismico, idrogeologico etc) sull'area interessata dalla costruzione dell’impianto ovvero ottenimento preventivo dei provvedimenti autorizzatori necessari.

 

(ii) Conformità del progetto alle norme urbanistiche.

 

(iii) Disponibilità di suolo agricolo asservito all’impianto, pari almeno al doppio della superficie radiante.

 

(iv) Destinazione agricola della superficie non occupata dall’impianto.

 

(v) Diversità dei danti causa titolari di particelle contigue interessate dalla costruzione degli impianti non derivanti dal frazionamento di un unico lotto intervenuto negli ultimi due anni.

 

(vi) Le pratiche ENEL avviate e condotte sono differenti per ciascun impianto e le cabine di consegna sono diverse.

 

 

 

 

 

Si può affermare che il ricorrere dei requisiti oggettivi per l’assoggettabilità a DIA della realizzazione di impianti fotovoltaici a terra su suolo agricolo della potenza sino ad un megawatt ai sensi dell’articolo 3 L.R. 31/2008,  dichiarata incostituzionale dovrebbe escludersi l’applicazione della norma penale di cui all’articolo 44 cit. purché si tratti di interventi, sul piano temporale, riconducibili alle categorie indicate dall’articolo 1 quater.

 

 

 

Occorre porsi, però, un ulteriore problema più generale: se la realizzazione di impianti fotovoltaici in difetto di autorizzazione unica regionale di cui all’articolo 12 DPR 387/2003 sia riconducibile alla fattispecie di cui all’articolo 44, alla luce della considerazione che, quest’ultima disposizione assume solo il difetto del ‘permesso di costruire’ quale elemento costitutivo del ‘tipo penale’. Sicché il mutamento della disciplina per l’abilitazione dell’intervento edilizio, in applicazione del principio di tassatività delle norme penali (articolo 25 comma 2 Cost.) – che impone di interpretarle in maniera ‘stretta’ – renderebbe, a nostro avviso, non applicabile la norma penale di cui all’articolo 44 cit.[6]

 

 

 

Infine, un’ultima valutazione da compiere in concreto riguarda il fenomeno del project financing di natura privata, che presuppone la costituzione di società veicolo destinate a ricevere il finanziamento bancario necessario per la realizzazione dell’impianto di proprietà di ciascuna. Ogni società veicolo è un soggetto autonomo di diritto che normalmente (se non conduce in proprio la fase autorizzatoria) acquista le autorizzazioni dai privati che le hanno precedentemente ottenute.

 

L’orientamento delle recenti linee guida nazionali e regionali è quello di cumulare la potenza di più impianti che presentino connotati di unitarietà, onde procedere alla valutazione istruttoria delle iniziative, che può richiedere anche mesi. [7]Ebbene, onde determinare la legittima procedura autorizzatoria in considerazione di talune circostanze di fatto (ad esempio, impianti di produzione appartenenti allo stesso soggetto, ovvero facenti capo a soggetti nei quali l’uno controlla un altro, ovvero in cui le compagini societarie siano “per parti significative composte da medesimi soggetti”…), occorre a nostro avviso fare un distinguo rispetto a quelle situazioni in cui gli impianti sono detenuti da società veicolo - pur riferibili a un’unica holding di partecipazioni – a causa di un acquisto avvenuto successivamente alla presentazione e perfezionamento della DIA. Ciò in quanto, il momento rilevante ai fini della valutazione della legittimità dell’iniziativa imprenditoriale dovrebbe essere quello iniziale (di presentazione e perfezionamento delle DIA). Ricorrendo i presupposti per la legittima formazione del titolo abilitativo alla costruzione (ed esercizio) dell’impianto fotovoltaico, il successivo acquisto da parte di società di scopo riconducibili a un unico centro di interessi non integra illecito.

 

 

 

[1] I pareri espressi dal co-autore sono a titolo personale e non riflettono necessariamente la posizione dello Studio Legale Norton Rose.

 

[2] Sull’idoneità della norma regionale ad incidere sul precetto penale di rango primario, attraverso l’eterointegrazione di elementi normativi della fattispecie cfr.  Ruga Riva, Regioni e diritto penale, Milano, 2010, passim

 

[3] In tale ipotesi la Corte Costituzionale, peraltro, non ha sottoposto la norma dichiarata illegittima, ad un controllo di ragionevolezza.

 

[4] Articolo 3 comma 2: ‘gli impianti collocati a terra in un'area agricola costituita da terreni appartenenti a unico proprietario, ovvero costituita da più lotti derivanti dal frazionamento di un'area di maggiore estensione, effettuato nel biennio precedente alla domanda, ai fini del calcolo della potenza elettrica massima per ricorrere alla procedura di DIA, sono considerati come un unico impianto’

 

[5] Cfr. sul punto Cass. 15.03 2002, Catalano, in CP 2003, 2411.

 

[6] Per completezza di informazione, va detto, tuttavia, che la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione è stata di contrario avviso, ritenendo, che ‘il mutamento della disciplina per l’abilitazione all’intervento edilizio non incide sulla disciplina sanzionatoria penale che non è correlata alla tipologia del titolo abilitativo ma alla consistenza concreta dell’intervento’ (Cass. Pen. sez. III, 12.02.2009, n. 15921).

 

 

 

[7] Si vedano, segnatamente, quelle della Regione Puglia approvate con DGR del 30 dicembre 2010, n. 3029

 

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