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Con separati atti di citazione L.F.
e L.A., premesso che in data 10.8.1993 si trovavano a
bordo di un'autovettura condotta dal proprietario T.D.
ed assicurata con la Tirrenia assicurazioni spa in
l.c.a., esponevano che al chilometro 999+200 della
s.s.16 l'auto finiva fuori strada ed esse riportavano
lesioni personali. Ciò premesso, convenivano in giudizio
il T., la Tirrena in l.c.a. e la RAS, quale impresa
designata dal FGVS, per ottenere il risarcimento dei
danni subiti. In esito ai giudizi riuniti, in cui si
costituivano la RAS eccependo la carenza di
legittimazione passiva ed interveniva la Nuova Tirrena,
ora Groupama, quale cessionaria della Tirrena, il
Tribunale di Taranto accoglieva le domande attrici.
Avverso tale decisione proponeva appello la Nuova
Tirrena ed in esito al giudizio la Corte di Appello di
Lecce con sentenza depositata in data 26 gennaio 2009
riformava parzialmente la decisione impugnata. Avverso
la detta sentenza L.F. e L.A. hanno quindi proposto
ricorso per cassazione articolato in tre motivi. Resiste
con controricorso la Groupama, la quale ha altresì
depositato memoria difensiva ex art.378 cpc... omissis
... La censura è infondata alla luce dell'orientamento,
ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità,
quanto al governo probatorio in tema di rappresentanza
processuale delle persone giuridiche. Ed invero, le
Sezioni Unite hanno statuito a riguardo il principio di
diritto secondo cui la persona fisica che ha conferito
il mandato al difensore non ha l'onere di dimostrare
tale sua qualità, neppure nel caso in cui l'ente si sia
costituito in giudizio per mezzo di persona diversa dal
legale rappresentante e l'organo che ha conferito il
potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà
dall'atto costitutivo o dallo statuto, poiché i terzi
hanno la possibilità di verificare il potere
rappresentativo consultando gli atti soggetti a
pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la
prova negativa. Solo nel caso in cui il potere
rappresentativo abbia origine da un atto della persona
giuridica non soggetto a pubblicità legale, incombe a
chi agisce l'onere di riscontrare l'esistenza di tale
potere a condizione, però, che la contestazione della
relativa qualità ad opera della controparte sia
tempestiva, non essendo il giudice tenuto a svolgere di
sua iniziativa accertamenti in ordine all'effettiva
esistenza della qualità spesa dal rappresentante,
dovendo egli solo verificare se il soggetto che ha
dichiarato di agire in nome e per conto della persona
giuridica abbia anche asserito di farlo in una veste
astrattamente idonea ad abilitarlo alla rappresentanza
processuale della persona giuridica stessa. (Sez. Un.
ord. 20956/07). Giova aggiungere che nel caso di specie
la società assicuratrice ha comunque esibito copia
autentica della procura notarile a confutazione delle
contestazioni mosse dalle appellate....
CORTE DI
CASSAZIONE
SEZIONE III
CIVILE
Sentenza 20 ottobre – 30 novembre 2011, n. 25571
(Presidente Filadoro – Relatore Carleo)
Svolgimento del processo
Con separati atti di citazione L.F. e L.A., premesso che
in data 10.8.1993 si trovavano a bordo di un'autovettura
condotta dal proprietario T.D. ed assicurata con la
Tirrenia assicurazioni spa in l.c.a., esponevano che al
chilometro 999+200 della s.s.16 l'auto finiva fuori
strada ed esse riportavano lesioni personali. Ciò
premesso, convenivano in giudizio il T., la Tirrena in
l.c.a. e la RAS, quale impresa designata dal FGVS, per
ottenere il risarcimento dei danni subiti. In esito ai
giudizi riuniti, in cui si costituivano la RAS eccependo
la carenza di legittimazione passiva ed interveniva la
Nuova Tirrena, ora
Groupama, quale cessionaria della Tirrena, il
Tribunale di Taranto accoglieva le domande attrici.
Avverso tale decisione proponeva appello la Nuova
Tirrena ed in esito al giudizio la Corte di Appello di
Lecce con sentenza depositata in data 26 gennaio 2009
riformava parzialmente la decisione impugnata. Avverso
la detta sentenza L.F. e L.A. hanno quindi proposto
ricorso per
cassazione articolato in tre motivi. Resiste con
controricorso la
Groupama, la quale ha altresì depositato
memoria difensiva ex art.378 cpc.
Motivi della decisione
La prima, doglianza, svolta dalle ricorrenti, si
articola sotto il profilo della violazione e falsa
applicazione degli artt.182, 325 3 327 cpc e si fonda
sulla considerazione che la Corte territoriale avrebbe
dovuto dichiarare l'inammissibilità dell'appello perché
la procura alle liti era stata rilasciata, in nome e per
conto di una società di capitale, da un soggetto
qualificatosi come procuratore speciale che non aveva
depositato tale procura speciale agli atti entro la
scadenza del termine per l'impugnazione.
La censura è infondata alla
luce dell'orientamento, ormai consolidato della
giurisprudenza di legittimità, quanto al governo
probatorio in tema di rappresentanza processuale delle
persone giuridiche. Ed invero, le Sezioni Unite hanno
statuito a riguardo il principio di diritto secondo cui
la
persona fisica che ha conferito il mandato al
difensore non ha l'onere di dimostrare tale sua qualità,
neppure nel caso in cui l'ente si sia costituito in
giudizio per mezzo di
persona diversa dal legale rappresentante e l'organo
che ha conferito il potere di rappresentanza processuale
derivi tale potestà dall'atto costitutivo o dallo
statuto, poiché i terzi hanno la possibilità di
verificare il potere rappresentativo consultando gli
atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a
loro fornire la prova negativa. Solo nel caso in cui il
potere rappresentativo abbia origine da un atto della
persona giuridica non soggetto a pubblicità legale,
incombe a chi agisce l'onere di riscontrare l'esistenza
di tale potere a condizione, però, che la contestazione
della relativa qualità ad opera della controparte sia
tempestiva, non essendo il giudice tenuto a svolgere di
sua iniziativa accertamenti in ordine all'effettiva
esistenza della qualità spesa dal rappresentante,
dovendo egli solo verificare se il soggetto che ha
dichiarato di agire in nome e per conto della persona
giuridica abbia anche asserito di farlo in una veste
astrattamente idonea ad abilitarlo alla rappresentanza
processuale della persona giuridica stessa. (Sez. Un.
ord. 20956/07). Giova aggiungere che nel caso di specie
la società assicuratrice ha comunque esibito copia
autentica della procura notarile a confutazione delle
contestazioni mosse dalle appellate.
Passando all'esame della seconda doglianza, deve
rilevarsi che la censura viene articolata dalla
ricorrente L.F. attraverso due profili: il primo, per
violazione degli artt.2043, 2056, 2697 e 1226 cc, il
secondo per errata, insufficiente e contraddittoria
motivazione. Ed invero, la Corte d'appello - così scrive
la ricorrente - avrebbe erroneamente fatto discendere
l'insussistenza di un danno patrimoniale dalla mancanza
di un'attività lavorativa a distanza di nove anni dal
sinistro perché la danneggiata era ancora dedita agli
studi universitari trascurando che il danno patrimoniale
da ridotta capacità lavorativa specifica spetta anche ad
uno studente senza lavoro con salutazione su base
prognostica in forza di prova presuntiva.
La censura è fondata in relazione al vizio motivazionale
dedotto. A riguardo, vale la pena di osservare che la
Corte territoriale, dopo aver premesso che l'esame
elettromiografico aveva evidenziato "l'assenza di
attività volontaria a carico dei muscoli, estensore
comune delle dita, estensore radiale ed ulnare del
carpo", ha affermato che la perdita della capacità
lavorativa specifica (a 17 anni) era stata fisicamente
accertata, in relazione al tipo di attività per la quale
stava studiando l'infortunata, vale a dire quella di
dottoressa in chimica e tecnica farmaceutica, attività
la quale richiede l'uso di entrambe le due braccia in
laboratorio, come evidenziato nella CTU (a pag. 3).
Ciò malgrado, poiché all'atto della perizia, effettuata
nove anni dopo il sinistro, la ragazza era ancora dedita
agli studi universitari di chimica e tecnica
farmaceutica e non risultava quindi una perdita
patrimoniale derivata dalla perdita della capacità
lavorativa specifica, la somma risarcitoria determinata
dal giudice di prime cure per 15 punti di riduzione
della capacità lavorativa specifica doveva essere
ridotta.
Il vizio motivazionale dedotto dalla ricorrente deve
ritenersi sussistente. Ed invero, fermo il principio di
diritto, secondo cui il danno patrimoniale de quo deve
essere accertato in concreto attraverso la dimostrazione
che il soggetto leso svolgesse un'attività lavorativa
produttiva di reddito, ed inoltre attraverso la prova
della mancanza, di persistenza, dopo l'infortunio, di
una capacità generica, di attendere ad altri lavori,
confacenti alle attitudini e condizioni personali ed
ambientali dell'infortunato, ed altrimenti idonei alla
produzione di altre fonti di reddito, in luogo di quelle
perse o ridotte (così Cass. n. 10074/2010), e fermo
restando che la prova del danno grava sul soggetto che
chiede il risarcimento e può essere anche presuntiva,
purché sia certa la riduzione della capacità di guadagno
(ex plurimis Cass. civ., Sez. 3^, 14/12/2004, n. 23291),
si deve sottolineare che, ove occorra valutare il lucro
cessante di un minore menomato permanentemente, la
liquidazione del risarcimento del danno va svolta sulla
previsione della sua futura attività lavorativa, in base
agli studi compiuti o che si stanno portando a termine
(in tal senso, tra le varie cfr. Cass. 2 ottobre 2003,
n. 14678).
Ciò premesso, occorre osservare che la decisione
all'esame contravviene ai principi sopra riportati,
laddove assume che la L.M. , essendo ancora studentessa
proprio in chimica e tecnica farmaceutica, non ha
provato di aver subito alcuna perdita patrimoniale a
causa dell'incidente patito, per cui doveva escludersi
la voce risarcitoria attribuitale dal giudice di primo
grado. Ed invero, il ragionamento della Corte di merito
si fonda sulla sola assenza di attività lavorativa
attuale, derivante dal fatto che l'infortunata era
ancora dedita agli studi universitari, senza spendere
alcuna considerazione sul fatto che il danno
patrimoniale futuro deve essere valutato su base
prognostica e che il danneggiato può avvalersi a tal
fine anche delle presunzioni. I giudici di seconde cure
in definitiva hanno omesso di considerare, come invece
avrebbero dovuto, se, alla
luce degli accertamenti che si sarebbero potuto
compiere, si sarebbe potuto presumere, fondatamente o
meno, una riduzione della capacità di guadagno della
L.M., in termini di certezza o di elevata probabilità,
così da pervenire ad una decisione diversa nella sua
sostanza. L'omessa considerazione de qua inficia la
correttezza del percorso motivazionale adottato dalla
Corte territoriale.
Resta da esaminare l'ultima doglianza, per violazione
e/o falsa applicazione degli artt.1123, 1224, 2056, 2058
cc nonché per motivazione insufficiente, illogica e
contraddittoria, perché la Corte di Appello avrebbe
sbagliato nel ritenere che, nell'obbligazione
risarcitoria da fatto illecito, quando la somma
liquidata per capitale sia stata rivalutata al momento
della decisione, debbano essere riconosciuti gli
interessi legali a far tempo dalla data della decisione,
così escludendo gli interessi compensativi a far data
dal sinistro sulla somma via via rivalutata.
Anche tale censura è fondata. Ed invero, si deve tener
presente che interessi e rivalutazione adempiono a
funzioni diverse. Se la rivalutazione serve a mantenere
nel tempo il rapporto di equivalenza fra danno subito e
suo risarcimento in moneta, gli interessi mirano a
compensare il pregiudizio subito per la mancata
tempestiva disponibilità della somma, atta a risarcire
il danno, nel tempo in cui doveva essere prestata.
Infatti, "non sarebbe vero ed integrale il risarcimento
del danno, se non si liquidasse, attraverso il sistema
degli interessi compensativi, anche il danno da
ritardo." (cfr Cass. n. 10884/07).
Ciò premesso, si deve aggiungere che, come ha già avuto
modo di statuire questa Corte, "qualora la liquidazione
del danno da fatto illecito extracontrattuale sia
effettuata con riferimento ai valori monetari esistenti
alla data della liquidazione, non occorre tener conto
della svalutazione verificatasi a partire dal giorno
dell'insorgere del danno, essendo dovuto al danneggiato
soltanto il risarcimento del mancato guadagno (o lucro
cessante) provocato dal ritardo nella liquidazione. Tale
risarcimento può avvenire attraverso la liquidazione di
interessi ad un tasso stabilito dal giudice del merito
valutando tutte le circostanze del caso, ma gli
interessi non possono essere calcolati dalla data
dell'illecito sulla somma rivalutata, perché la somma
dovuta - il cui mancato godimento va risarcito - va
aumentata gradualmente nell'intervallo di tempo occorso
tra la data del sinistro e quella della liquidazione.
Inoltre, sull'importo liquidato all'attualità della data
della pronuncia possono essere riconosciuti gli
interessi compensativi, da calcolarsi nella misura degli
interessi al tasso legale sulla minor somma che ne
avrebbe costituito l'equivalente monetario alla data di
insorgenza del credito (coincidente con quella
dell'evento dannoso), ovvero mediante l'attribuzione di
interessi sulla somma liquidata all'attualità ma ad un
tasso inferiore a quello legale medio nel periodo di
tempo da considerare, ovvero attraverso il
riconoscimento degli interessi legali sulla somma
attribuita, ma a decorrere da una data intermedia, ossia
computando gli interessi sull'importo progressivamente
rivalutato anno per anno dalla data dell'illecito"
(Cass. n. 3931/2010).
Considerato che la sentenza impugnata non è in linea con
i principi richiamati, ne consegue che il secondo ed il
terzo motivo del ricorso per
cassazione in esame, siccome fondati, devono essere
accolti e che la sentenza impugnata deve essere cassata
in relazione.
Con l'ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato
esame da condursi nell'osservanza del principi
richiamati, la causa va rinviata alla Corte di Appello
di Lecce, in diversa composizione, che provvederà anche
in ordine al regolamento delle spese della presente fase
di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di
ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata
in relazione, con rinvio della causa alla Corte di
Appello di Lecce, in diversa composizione, che
provvederà anche in ordine al regolamento delle spese
della presente fase di legittimata.
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