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Ai fini della legittimità del
recesso ex art. 1385 cod. civ. come della risoluzione,
non è sufficiente l'inadempimento ma occorre anche la
verifica circa la non scarsa importanza ai sensi
dell'art. 1455 cod. civ., dovendo il giudice tenere
conto della effettiva incidenza dell'inadempimento sul
sinallagma contrattuale e verificare se, in
considerazione della mancata o ritardata esecuzione
della prestazione, sia da escludere per la controparte
l'utilità del contratto alla stregua dell'economia
complessiva dello stesso
Cassazione, sez. VI, 13 gennaio
2012, n. 409
(Pres. Felicetti – Rel. Magliucci)
Fatto e diritto
È stata depositata in cancelleria
la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e
notificata alle parti:
"1. I..V. conveniva in giudizio
dinanzi al tribunale di Lucca sezione distaccata di
Viareggio M.T..B. per sentire accertare l'inadempimento
della convenuta al contratto preliminare con il quale
quest'ultima gli aveva promesso in vendita un unità
immobiliare con destinazione abitativa, con la condanna
della medesima al pagamento del doppio della caparra.
Faceva presente che, dalla
documentazione consegnata all'acquirente e dalle
indagini da quest'ultimo effettuate al momento in cui
doveva stipularsi il definitivo, era risultato che
l'immobile aveva la destinazione di sottotetto e
ripostiglio con servizi igienici e non era abitabile,
sicché l'immobile non aveva le caratteristiche pattuite.
La convenuta resisteva sostenendo
che l'immobile fosse abitabile e che, per mero errore
materiale degli elaborati grafici, nel provvedimento
amministrativo - suscettibile di semplice correzione -
era stata indicata una destinazione diversa.
Il tribunale accoglieva la domanda
con sentenza che era riformata in sede di gravame in cui
- premesso che l'immobile avesse caratteristiche idonee
alla commerciabilità, che la documentazione urbanistica
era affetta da un mero errore materiale suscettibile di
correzione e che in effetti era stato successivamente
corretto in breve tempo - era esclusa la gravità
dell'inadempimento della promittente venditrice,
inadempimento consistito nel non avere fornito al
promissario acquirente idonea documentazione attestante
la destinazione abitativa pattuita.
Ha proposto ricorso per cassazione
affidato a tre motivi V.I. .
Ha resistito l'intimata.
2. Il ricorso può essere trattato
in camera di consiglio ai sensi degli artt. 376,380 bis
e 375 cod. proc. civ., essendo manifestamente infondato.
Il primo motivo, lamentando
violazione del principio di corrispondenza fa chiesto e
pronunciato di cui all'art. 112 cod. cod. proc., deduce
che la sentenza - nel ritenere che la sanatoria
consegnata all'attore successivamente alla data del
28-2-2002 (stabilita per la stipula del definitivo) era
idonea a rendere commerciabile l'immobile come civile
abitazione - aveva posto a base della decisione un'
eccezione in senso stretto che la convenuta non aveva
sollevato, posto che la medesima aveva sempre sostenuto
un fatto diverso ovvero che l'immobile aveva i requisiti
di civile abitazione sulla base della documentazione
amministrativa consegnata alla data del 28-2-2002: la
convenuta non aveva mai eccepito la non essenzialità del
termine ovvero che il V. le avrebbe dovuto concedere una
proroga per ottenere una nuova sanatoria.
Il secondo motivo denuncia la
contraddittorietà della motivazione della sentenza
impugnata laddove, dopo avere ritenuto che l'immobile
non era commerciabile per civile abitazione e che la
documentazione consegnata al promissario impediva di
vendere l'immobile, aveva affermato che la concessione
era sanabile con una semplice procedura, escludendo per
tale ragione la gravità dell'inadempimento che poi
peraltro riteneva tale per non essersi la promittente
venditrice offerta o attivata per ottenere prima della
causa la correzione dell'errore. Ma, a questo punto,
sarebbe stata la convenuta a dovere chiedere la proroga
del termine fissato per la stipula e a doversi attivare
: il che non fece ma inviò una diffida ad adempiere,
sicché correttamente l'attore manifestò il recesso
perché la convenuta non si offrì di correggere la
sanatoria.
Il terzo primo motivo, lamentando
violazione dell'art. 1218 cod. civ., deduce che, a
stregua della condotta posta in essere dalla convenuta,
i Giudici avrebbero dovuto applicare i principi in
materia di responsabilità contrattuale essendo emerso
l'inadempimento della medesima, senza che fosse
necessario verificare l'essenzialità del termine
pattuito, sicché legittimo fu il recesso dell'attore.
I motivi - che, essendo
strettamente connessi possono essere esaminati
congiuntamente - vanno disattesi.
a) Nella specie, l'azione di
recesso dal contratto proposta dal'attore era fondata
sull'inadempimento (fatto costitutivo), che sarebbe
consistito nella mancanza delle caratteristiche
dell'immobile pattuite a stregua della documentazione
urbanistica consegnata all'attore: rientrava nei poteri
officiosi del giudice verificare, come ha per l'appunto
fatto la sentenza impugnata, l'esistenza e la gravità
dell'inadempimento posto a base della domanda e che era
stato contestato dalla convenuta, non essendo
evidentemente in alcun modo vincolante il tenore di
quelle che erano state le difese dalla medesima
formulate e che sono state peraltro soltanto in parte
considerate valide.
Occorre al riguardo ricordare che
eccezioni non rilevabili d'ufficio sono solo quelle in
cui la manifestazione della volontà della parte sia
strutturalmente prevista quale elemento integrativo
della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni
corrispondenti alla titolarità di un'azione
costitutiva), ovvero quando singole disposizioni
espressamente prevedano come indispensabile l'iniziativa
di parte, dovendosi in ogni altro caso ritenere la
rilevabilità d'ufficio dei fatti modificativi,
impeditivi o estintivi risultanti dal materiale
probatorio legittimamente acquisito (Cass. 12353/2010).
b) non sussiste la dedotta
contraddittorietà della motivazione, atteso che secondo
quanto accertato dai Giudici l'immobile aveva le
caratteristiche pattuite avendo nella sostanza la
destinazione abitativa ma che la documentazione
consegnata all'attore non era rispondente a tale
situazione : peraltro, la sentenza ha chiarito che tale
non corrispondenza era il frutto di un mero errore
materiale rilevabile dall'esame della stessa
documentazione (quindi dallo stesso promissario
acquirente) e suscettibile di correzione che poteva
essere ottenuta - come successivamente fu effettivamente
ottenuta - nel giro di un mese dalla relativa istanza.
Coerentemente, da tali premesse la
sentenza ha escluso che l'inadempimento addebitabile
potesse individuarsi nella mancanza della destinazione
abitativa pattuita; ha, invece, ritenuto che la condotta
ascrivibile alla convenuta fosse quella relativa alla
mancata regolarizzazione della documentazione
urbanistica e, per tale ragione, ha considerato non
grave l'inadempimento precisando che sarebbe stato,
invece, grave ove l'immobile effettivamente non avesse
avuto la destinazione pattuita ma quella di sottotetto e
ripostiglio;
c) ai fini della legittimità del
recesso ex art. 1385 cod. civ. come della risoluzione,
non è sufficiente l'inadempimento ma occorre anche la
verifica circa la non scarsa importanza ai sensi
dell'art. 1455 cod. civ., dovendo il giudice tenere
conto della effettiva incidenza dell'inadempimento sul
sinallagma contrattuale e verificare se, in
considerazione della mancata o ritardata esecuzione
della prestazione, sia da escludere per la controparte
l'utilità del contratto alla stregua dell'economia
complessiva dello stesso; la sentenza impugnata,
attenendosi a tali principi, ha compiuto tale
valutazione e a tal fine ha proceduto alla (necessaria)
verifica circa la natura non essenziale del termine
pattuito per il definitivo (il cui accertamento è
riservato all'indagine del giudice di merito che deve
compierlo alla stregua della interpretazione della
volontà negoziale), avendo ritenuto che la proroga dei
termini per la stipula del definitivo, necessaria per la
regolarizzazione della documentazione urbanistica - da
definirsi in tempi rapidi e in quello spirito di
cooperazione che deve ispirare il comportamento dei
contraenti alla luce del principio della buona fede al
quale i Giudici hanno evidentemente inteso riferirsi -
non avrebbe potuto fare venir meno l'interesse del
promissario acquirente all'esecuzione del contratto.
Le doglianze si risolvono nella
censura della valutazione circa la non scarsa importanza
del'inadempimento che ha a oggetto un accertamento di
fatto riservato al giudice di merito".
Il ricorrente ha depositato memoria
illustrativa.
Il Procuratore Generale ha
rassegnato conclusioni conformi a quelle di cui alla
relazione.
Vanno condivise le argomentazioni e
le conclusioni di cui alla relazione, non potendo
ritenersi meritevoli di accoglimento i rilievi formulati
dai ricorrenti con la memoria illustrativa atteso che
gli stessi non sono idonei a scalfire le considerazioni
di cui alla relazione.
Il ricorso va rigettato.
Tenuto conto della peculiarità
della vicenda processuale e che la convenuta è stata pur
sempre riconosciuta inadempiente anche se tale
inadempimento è stato considerato di gravità tale non
ritenere legittimo il recesso manifestato dall'attore,
le spese della presente fase possono compensarsi fra le
parti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Compensa spese |