Diritto.it
La perdita di chance va rapportata
in termini percentuali all’utile in astratto
conseguibile in ipotesi di aggiudicazione della gara ed
esecuzione dell’appalto: utile che, secondo un
consolidato criterio, va presuntivamente stimato nel 10%
dell’importo posto a base d’asta, ribassato dall’offerta
presentata.
Nelle gare d’appalto la perdita di
chance va rapportata, per il concorrente
illegittimamente escluso, in termini percentuali
all’utile in astratto conseguibile in ipotesi di
aggiudicazione della gara ed esecuzione dell’appalto:
utile che, secondo un consolidato criterio, va
presuntivamente stimato nel 10% dell’importo posto a
base d’asta, ribassato dall’offerta presentata
Tale quantificazione va poi
congruamente ridotta non solo perché si tratta di
risarcire una mera chance di aggiudicazione ma anche
quando l’interessato non abbia dimostrato di essere
stato nell’impossibilità di utilizzare, durante il tempo
di esecuzione del servizio per cui è giudizio, mezzi e
maestranze per l’espletamento di altri e diversi
servizi.
Invero, ad evitare che a seguito
del risarcimento il danneggiato possa locupletare un
effetto finanziario addirittura migliore rispetto a
quello in cui si sarebbe trovato in assenza
dell'illecito, dal decimo dell’importo così stimato
dovrà essere detratto quanto percepito dall’impresa
grazie allo svolgimento di attività lucrative diverse,
nel periodo in cui avrebbe dovuto eseguire l'appalto in
contestazione.
Nondimeno, l'onere di provare
(l'assenza del)l'aliunde perceptum vel percipiendum
grava non sull'Amministrazione, ma sull'impresa: e ciò
in ragione della presunzione, secondo l'id quod
plerumque accidit, che l'imprenditore normalmente
diligente (art. 1227 c.c.) non rimane inerte in caso di
mancata aggiudicazione di un appalto,
ma persegue occasioni contrattuali
alternative, dalla cui esecuzione trae il relativo
utile.
Illegittima esclusione da una gara
d’appalto (Cons. di Stato N. 00115/2012)
N. 00115/2012
REG.PROV.COLL.
N. 09770/2007
REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 9770 del 2007, proposto da***
contro***
nei confronti di***
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. - DELLA
PROVINCIA DI TRENTO n. 139/2007, resa tra le parti,
concernente APPALTO PER RILIEVI TOPOGRAFICI
PROGETTAZIONE TERZA CORSIA AUTOSTRADALE (RISARCIMENTI
DANNI)
Visti il ricorso in appello e i
relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 28 ottobre 2011 il consigliere di Stato Giulio
Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l’avvocato
Buchicchio, per delega dell’avvocato Chiucchiolo, e
l’avvocato Roffi;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. E’ impugnata la sentenza 28
luglio 2007 n. 139 del Tribunale di Giustizia
Amministrativa del Trentino Alto Adige, sede di Trento,
che ha respinto il ricorso (RG n. 64/2007) della ATP
srl, odierna appellante, avverso gli atti della gara
bandita dalla s.p.a. Autostrada del Brennero per
l’esecuzione dei rilievi topografici a supporto
dell’attività di progettazione della terza corsia
(relativa al tratto da Verona a Modena) della autostrada
del Brennero ed in particolare dell’atto di
aggiudicazione della stessa gara all’ATI tra SIT Geo –
Studio Informatica territoriale di Sembenotti Gino e c.
snc e ATA Engineering srl.
2. L’appellante, nel rilevare la
erroneità della gravata sentenza di rigetto, reitera in
questo grado le censure già disattese dal giudice di
primo grado, afferenti:
1) la erronea qualificazione,
operata ex officio dalla Commissione di gara, del
rapporto giuridico tra le imprese aggiudicatarie in
termini di associazione in cooptazione, ai sensi
dell’art. 95, comma 4, del d.P.R. 554/99, anziché di
ordinaria associazione temporanea di imprese;
2) la mancata esclusione dell’ati
aggiudicataria, a seguito della corretta qualificazione
della forma di partecipazione alla gara della
concorrente, in ragione della omessa specificazione,
nella domanda partecipativa, di quali parti del servizio
e delle forniture fossero a carico dell’una e dell’altra
delle imprese associate, non essendo a tal uopo utili i
chiarimenti forniti dall’ati nel fax del 9 ottobre 2006
in ordine alla divisione qualitativa della fornitura ed
attestanti, caso mai, altro motivo di esclusione, stante
la non prevista partecipazione alla gara di ati di tipo
verticale ( in carenza della previa operazione di
specificazione, da parte della stazione appaltante, dei
servizi secondari rispetto a quelli di carattere
principale) e non avendo l’associata ATA Engineering i
requisiti tecnici per svolgere, in qualsivoglia
percentuale, il servizio oggetto d’appalto;
3) la inapplicabilità, in ogni
caso, alla fattispecie, dell’istituto della associazione
in cooptazione, previsto dalla richiamata disposizione
normativa soltanto in materia di lavori pubblici e non
di servizi;
4) il rilievo secondo cui anche in
ipotesi di cooptazione avrebbero dovuto essere
specificate le parti di servizio da eseguirsi dalle
singole imprese;
5 ) la violazione del bando di gara
(sez. III par. 3.2) e del capitolato art. 4 lett. b) n.
1), non risultando indicati i nominativi, le qualifiche,
ed i titoli di studio delle persone da impiegare per la
esecuzione dei rilievi topografici;
6) la divergenza tra i contenuti
dell’offerta tecnica originaria e la descrizione del
servizio depositata dal raggruppamento a seguito delle
precisazioni richieste dalla stazione appaltante ai fini
della verifica di congruità dell’offerta.
Di qui la richiesta di
annullamento, in riforma della impugnata sentenza, della
gravata aggiudicazione in favore delle imprese
controinteressate e di aggiudicazione della stessa ad
essa appellante, salvo in via subordinata (e cioè per il
caso di impossibilità della reintegrazione in forma
specifica) il diritto al risarcimento del danno.
3. Si è costituita in giudizio la
società appellata Autostrade del Brennero per resistere
al ricorso e per chiederne la reiezione.
All’udienza del 28 ottobre 2011 la
causa è stata trattenuta per la decisione.
4. L’appello è fondato e va accolto
per quanto di ragione.
4.1 La prima questione giuridica da
affrontare, avente carattere assorbente, attiene alla
legittimità dell’operato della Commissione di gara,
validato dalla stazione appaltante con l’approvazione
degli atti della procedura selettiva e ritenuto conforme
a diritto dai giudici di primo grado, nei limiti
cognitori delle dedotte censure, in ordine alla
operazione della corretta qualificazione giuridica della
forma di partecipazione alla gara della associazione
risultata aggiudicataria.
In sintesi, il raggruppamento
risultato poi aggiudicatario dell’appalto ha proposto la
domanda partecipativa qualificandosi quale associazione
temporanea di imprese, da costituirsi tra la Sit Geo
snc, in posizione di mandataria, e l’ATA Engineeringe
srl, nella veste di mandante; poiché nessun altra
puntualizzazione è dato scorgere nella domanda
partecipativa, dalla stessa doveva necessariamente
dedursi che il raggruppamento si presentava alla gara
quale associazione ordinaria tra imprese (di tipo
orizzontale).
La commissione tecnica, in carenza
di indicazioni puntuali in domanda in ordine alle
percentuali di partecipazione al raggruppamento ed alla
quota dei servizi da eseguire da parte di ciascuna
associata, ha inteso dar corso ad una attività
istruttoria al cui esito ha ritenuto di ravvisare nella
formula partecipativa approntata dalle odierna
appellata, anche sulla scorta della analoga e nuova
prospettazione delle imprese associate (cfr. fax del 9
ottobre 2006), una associazione in cooptazione, prevista
dall’art. 95 del d.PR 554/1999.
4.2 Il Tar ha ritenuto legittimo
tale modus operandi, essenzialmente sulla base del
rilievo che la evidente carenza dei requisiti di
capacità tecnico-professionale in capo alla mandante ed
il possesso, per contro, di tutti i requisiti per
svolgere ex se i servizi in capo alla mandataria,
dovevano naturalmente far pensare ad un “errore
ostativo” nella dichiarazione occorsa al momento della
proposizione della domanda partecipativa; in virtù del
principio del favor partecipationis.
Pertanto, secondo i giudici di
primo grado, correttamente le imprese erano state
ammesse definitivamente alla selezione, vieppiù a
seguito della interlocuzione istruttoria finalizzata
all’accertamento della effettiva natura della formula
partecipativa assunta dalle associate .
4.3 L’appellante si duole di tale
ricostruzione ed evidenzia che la prevalente
giurisprudenza amministrativa impone che sia il
partecipante alla gara ad indicare in modo chiaro, nella
domanda iniziale, in quale veste intenda partecipare
alla selezione, senza che possano darsi interpretazioni
diverse, a procedimento già avviato, da parte del seggio
di gara, le quali si rivelerebbero senz’altro violative
del principio della par condicio competitorum.
Inoltre l’appellante osserva che,
nel caso di specie, non vi sarebbe margine per applicare
l’istituto della cooptazione (volto a favorire la
partecipazione alle gare delle imprese “minori” sfornite
dei requisiti partecipativi richiesti dalla lex
specialis ) in funzione di convalescenza della
partecipazione alla gara, nella veste di cooptata, della
mandante ATA Engineering; la porzione di servizio a
quest’ultima affidata (mera “vestizione delle tavole”,
senza alcun intervento nel campo dei rilievi topografici
in autostrada), secondo la tardiva specificazione della
partecipante, integrerebbe infatti una ipotesi di
riparto qualitativo (e non meramente quantitativo) tra i
servizi offerti, in contrasto con la lex specialis di
gara, che pacificamente non ammetteva la partecipazione
di associazioni di tipo verticale.
5. Le censure d’appello, così
sintetizzate, sono da condividere.
La cd. "associazione per
cooptazione", già contemplata dall'art. 23 del d.lgs. n.
406/1991 (di attuazione della direttiva 89/440/CEE in
materia di procedure di aggiudicazione degli appalti di
lavori pubblici ), si caratterizza per la possibilità,
da parte delle imprese che intendano riunirsi in
associazione temporanea e con i requisiti di
partecipazione, di associare altre imprese iscritte
all'(ex) albo nazionale dei costruttori, anche per
categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel
bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste
ultime non superino il venti per cento dell'importo
complessivo dei lavori oggetto dell'appalto e che
l'ammontare complessivo delle iscrizioni possedute da
ciascuna di tali imprese fosse almeno pari all'importo
dei lavori che sarebbero stati ad essa affidati.
La norma è stata ripresa nel comma
4 dell’art. 95 del regolamento n. 554/1999 (applicabile
ratione temporis alla presente controversia, ai sensi
dell’art. 256, 4° comma, del d.lgs 163/ 06), per cui può
ritenersi ancora operante l’istituto della cooptazione,
il quale si caratterizza, come già osservato, per la
possibilità di far partecipare all'appalto anche imprese
di modeste dimensioni, non suscettibili di raggrupparsi
nelle forme previste dai commi 2 e 3 del citato art. 95,
purché l'ammontare complessivo delle qualificazioni
possedute sia almeno pari all'importo dei lavori che
sarebbero stati ad essa affidati e i lavori eseguiti
dalle cooptate non superino il 20% dell'importo
complessivo dei lavori (cfr. Cons. Stato, sez. V, 1°
settembre 2009, n. 5161; Cons. Stato, sez. V, 11 giugno
2001, n. 3129 e Id., 25 luglio 2006, n. 4655; nonché ,
ex plurimis, T.A.R. Salerno, sez. I, 7 luglio 2006, n.
954).
6. Tuttavia, anche ad ammettere che
l’istituto della cooptazione, le cui coordinate
normative di riferimento sono state dianzi evidenziate,
sia un istituto di carattere generale, e come tale
applicabile, in astratto, anche in materia di servizi,
nondimeno la sua concreta applicazione non può
prescindere da una chiara e comunque espressa volontà
del partecipante alla gara, il quale è onerato di
indicare, già nella domanda di partecipazione, se e
quali imprese intenda cooptare nella esecuzione del
lavoro o del servizio.
Per vero, una parte della
giurisprudenza ritiene che la possibilità dell'impresa
singola o delle imprese che intendano riunirsi in
associazione temporanea, in possesso dei requisiti di
cui all'articolo 95 citato, di associare, nei modi di
cui al comma 4, altre imprese qualificate anche per
categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel
bando, sia insita nello stesso dettato normativo che
impone alle imprese cooptate il solo obbligo della
qualificazione e il solo limite percentuale delle opere
(in termini, Cons. Stato, sez. V, 11 giugno 2001, n.
3129); nondimeno appare preferibile ribadire (in
conformità ad un più recente e meglio argomentato
orientamento: per tutte cfr. Cons. Stato n. 5161/2009
cit.) come tale possibilità sia, piuttosto, subordinata
ad un'espressa dichiarazione, risultante dalla domanda
di partecipazione alla gara, in assenza della quale è da
ritenere sussistente la figura (di carattere generale)
della associazione temporanea (orizzontale o verticale).
E ciò sia in osservanza al
principio della par condicio fra i partecipanti alla
gara (non potendosi costringere l'Amministrazione a
verificare tutte le ipotesi interpretative in astratto
consentite dalla normativa vigente, ai fine di
ricondurvi la tipologia realizzata da taluno dei
concorrenti), sia in considerazione del diverso grado di
impegno, responsabilità e garanzia dei partecipanti alla
riunione (che vale a differenziare significativamente
l’associazione ordinaria di imprese dalla associazione
in cooptazione) cui si riconnette un diverso onere di
dimostrazione del possesso dei requisiti di
qualificazione.
Se ne deve dedurre - non essendo,
con ogni evidenza, in contestazione la evidenziata
diversità giuridica delle due figure - che la
controversia va risolta esaminando il tenore della
"dichiarazione, risultante dalla domanda di
partecipazione alla gara", la quale (in assenza di una
espressa manifestazione della volontà di avvalersi della
cooptazione) doveva indurre, giusta il richiamato
principio, a "ritenere sussistente la figura generale di
associazione temporanea" (così, ancora, Cons. Stato, n.
5161/2009 cit.), senza alcuna pratica possibilità di
ricorso alla cooptazione.
Infatti è palese che nella domanda
di partecipazione alla gara le imprese in ati
costituenda hanno dichiarato di partecipare nella forma
dell’associazione costituenda, con il rituale impegno a
conferire mandato collettivo speciale con rappresentanza
ad una delle associate (S.IT Geo) in caso di
aggiudicazione.
Nessun riferimento le imprese
compiono in ordine alla possibilità di cooptare altri
soggetti nella esecuzione della commessa, né tampoco nel
dar luogo ad una cooptazione inter se, risultando tale
formula partecipativa non soltanto non espressa ma
addirittura contraddittoria con quella, al contrario ben
espressa, di associazione temporanea da costituire (dato
che, essendo soltanto due le imprese associate, se vi è
cooptazione di una delle associande non vi può essere
ATI, venendo meno uno dei soggetti costitutivi)
7. Le considerazioni appena svolte
sono già di per sé sufficienti a ritenere illegittima la
determinazione di ammettere alla gara, all’esito della
non consentita operazione ermeneutica di cui si è detto,
l’associazione aggiudicataria, nonostante la palese
carenza dei requisiti di capacità tecnico professionale
in capo alla impresa mandante.
Nondimeno, il Collegio per esigenze
di completezza osserva come si rilevi fondato anche
l’ulteriore censura, afferente la inammissibile
scomposizione, nel caso in esame, dei servizi offerti
dalle associate sul piano qualitativo.
Sul punto mette conto evidenziare
che un riparto qualitativo delle lavorazioni o dei
servizi offerti dalle associate (cioé un riparto di tipo
eterogeneo delle prestazioni offerte) in tanto è
possibile in quanto la stazione appaltante lo abbia
anche implicitamente ammesso attraverso la indicazione
delle opere scorporabili (in materia di lavori) ovvero
dei servizi secondari (in materia di servizi); quante
volte ciò non accada l’unico riparto ammesso tra le
prestazione delle associate è di tipo quantitativo, cioè
tra lavorazioni e servizi aventi carattere omogeneo.
Ne consegue che nel caso in esame,
in cui la stazione appaltante non aveva distinto tra
servizi principali ed accessori, non era configurabile,
anche a voler ammettere (quod non, per quanto già detto)
l’applicabilità alla fattispecie dell’istituto della
cooptazione, un riparto qualitativo delle prestazione
d’appalto che affidava alla mandante la sola “
vestizione delle tavole”, trattandosi di attività
secondaria ed accessoria (rispetto all’oggetto
principale dell’appalto, rappresentato dai rilievi
topografici) non affidabile in via autonoma ed esclusiva
, in carenza delle necessarie indicazioni nella legge di
gara, ad una soltanto delle associate.
In altri termini, non erano ammesse
associazioni di imprese di tipo verticale, ma solo di
tipo orizzontale, di tal che nessun partecipante poteva
difettare di quelle esperienze dirette in campo
autostradale, richieste per soddisfare i requisiti
tecnico-professionali per la effettuazione dei servizi
principali oggetto di gara.
8. L’accoglimento della domanda
principale di annullamento degli atti impone l’esame
della domanda risarcitoria accessoria. E’ evidente
infatti che, essendo stata già esperita la gara ed
integralmente eseguito il contratto stipulato con l’ati
aggiudicataria, la violazione dell’interesse
(partecipativo) della ricorrente può trovare riparazione
soltanto per equivalente, e non più in forma specifica.
8.1 Va premesso, che non rileva nel
presente giudizio la questione di carattere generale se,
nella materia degli appalti e ove un provvedimento sia
risultato illegittimo, sia ravvisabile una
responsabilità in assenza di una specifica
rimproverabilità degli organi amministrativi.
Infatti, nel caso in esame
l’ammissione alla gara di una impresa priva dei relativi
presupposti, in violazione delle regole del bando,
evidenzia la sussistenza di una specifica
rimproverabilità, che d’altra parte neppure risulta
specificamente contestata dall’Amministrazione, che non
ha invocato alcuna giustificazione.
Osserva al riguardo la Sezione che
l’aggiudicazione è stata disposta mediante una
violazione grave delle regole partecipative poste in
base alla normativa comunitaria e nazionale sui
contratti pubblici, giacché la proposizione della
domanda partecipativa in forma di associazione ordinaria
tra imprese e la conclamata carenza dei requisiti
partecipativi in capo ad una delle associate (in
relazione all’unica formula partecipativa di
associazione di tipo orizzontale consentita dalla lex
specialis ) doveva far propendere la stazione appaltante
per la esclusione della associazione risultata
aggiudicataria.
Quanto alla sussistenza del nesso
di causalità e di un danno, ove fosse stata disposta
tale esclusione, la odierna appellante avrebbe avuto la
quasi certezza di rimanere aggiudicataria della gara (la
previsione in termini di certezza assoluta è impedita
dalla sussistenza del potere di disporre i consueti
controlli sul possesso di tutti i requisiti dichiarati
nella domanda).
8.2 Orbene, venendo alla
quantificazione del danno, va premesso che la società
ricorrente ha chiesto di essere ristorata delle seguenti
voci di danno, nelle misure di seguito indicate:
a) euro 138.672,80, corrispondente
al 20% della propria offerta, a titolo di mancato
guadagno;
b) euro 69.336,40 , corrispondenti
al 5% dell’offerta, a titolo di imprevisti e spese
generali;
c) euro 27.200,00 ed euro 35.340,00
per il mancato ammortamento, rispettivamente, delle
strumentazioni e delle macchine;
d) euro 50.000,00 per danno
all’immagine e per danno curriculare.
In totale, la domanda risarcitoria
è stata determinata in euro 320.539,20 oltre alla
maggiorazione per interessi e rivalutazione monetaria.
8.3 Il Collegio ritiene di dover
accogliere la domanda risarcitoria soltanto nei limiti
di cui appresso. La perdita di chance va rapportata in
termini percentuali all’utile in astratto conseguibile
in ipotesi di aggiudicazione della gara ed esecuzione
dell’appalto: utile che, secondo un consolidato
criterio, va presuntivamente stimato nel 10%
dell’importo posto a base d’asta, ribassato dall’offerta
presentata (Cons. Stato, V, 8 luglio 2002, n. 3796; IV,
6 luglio 2004, n. 5012).
Tale quantificazione va qui poi
congruamente ridotta, sia perché si tratta di risarcire
una mera chance di aggiudicazione, sia perché
l’interessata non ha dimostrato di essere stata
nell’impossibilità di utilizzare, durante il tempo di
esecuzione del servizio per cui è giudizio, mezzi e
maestranze per l’espletamento di altri e diversi servizi
(Cons. Stato, V 24 ottobre 2002, n. 5860; VI, 9 novembre
2006, n. 6607).
Invero, come di recente rilevato da
questa Sezione (Cons. Stato, VI, 18 marzo 2011, n.
1681), ad evitare che a seguito del risarcimento il
danneggiato possa locupletare un effetto finanziario
addirittura migliore rispetto a quello in cui si sarebbe
trovato in assenza dell'illecito, dal decimo
dell’importo così stimato va detratto quanto percepito
dall’impresa grazie allo svolgimento di attività
lucrative diverse, nel periodo in cui avrebbe dovuto
eseguire l'appalto in contestazione.
Nondimeno, l'onere di provare
(l'assenza del)l'aliunde perceptum vel percipiendum
grava non sull'Amministrazione, ma sull'impresa: e ciò
in ragione della presunzione, secondo l'id quod
plerumque accidit, che l'imprenditore normalmente
diligente (cfr. art. 1227 Cod. civ.) non rimane inerte
in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, ma
persegue occasioni contrattuali alternative, dalla cui
esecuzione trae il relativo utile.
Ciò premesso, appare equo
riconoscere alla appellante, a titolo di utile mancato,
la somma di euro 34.668,00 corrispondente al 5% della
offerta presentata in gara dalla appellante.
La somma appare congrua, avuto
riguardo alle concrete chances di aggiudicazione
(indubbiamente molto alte), alla media degli utili che
le imprese normalmente traggono dalla partecipazione
alle gare (media che negli ultimi anni si è ridotta, a
fronte della maggiore competitività indotta dalle
accresciute regole di pubblicità imposte alle stazioni
appaltanti).
Inoltre, il Collegio, nel contenere
l’entità del risarcimento da lucro cessante nei termini
percentuali suindicati, non può non tener conto del
fatto che l’appellante non ha eseguito il servizio e che
non ha dato prova di essere rimasta inerte nel tempo che
avrebbe dovuto impiegare, ove ne fosse rimasta
aggiudicataria, per la esecuzione del contratto
d’appalto.
Tale ultima considerazione, in
ordine alla mancata prova negativa dell’aliunde
perceptum vel percipiendum, dà conto della mancata
liquidazione in favore della appellante delle ulteriori
voci risarcitorie; in particolare non si può ritenere
spettante alla appellante la somma richiesta per il
mancato ammortamento dei mezzi e delle attrezzature
ovvero a titolo di danno curriculare (dato che se ha
eseguito altre opere o servizi è in quell’ambito
oggettuale che può imputare gli ammortamenti ovvero può
aver arricchito, magari in misura maggiore, il suo
curriculum).
Infine non può spettare alcunché a
titolo di imprevisti e spese generali di partecipazioni,
dato che si tratta di poste insite nel rischio
imprenditoriale di chi partecipa alle commesse pubbliche
e che non ricevono autonoma considerazione neppure in
confronto dell’aggiudicatario (che si remunera soltanto
con gli utili di impresa).
In definitiva, all’appellante
spetta la somma di euro 34.668,00 a titolo di
risarcimento del danno, cui vanno aggiunti, trattandosi
di debito di valore e non di valuta, gli interessi
legali e la rivalutazione monetaria (da calcolare
separatamente sugli importi nominali del credito), a
decorrere dalla data della illegittima aggiudicazione e
fino al soddisfo.
9. Da ultimo il Collegio deve
precisare, per quanto nessuna richiesta di condanna sia
stata articolata nei confronti della associazione
aggiudicataria (pur evocata in giudizio quale
controinteressata), che la responsabilità civile da
illegittima aggiudicazione, nel caso che ne occupa, ha
natura solidale, in quanto l’errore (pur inescusabile)
della stazione appaltante è stato indotto dal
comportamento della odierna ati controinteressata,
manifestatosi sia in occasione della domanda
partecipativa (dal cui tenore alcun riferimento
all’istituto della cooptazione poteva desumersi), sia
nella richiamata comunicazione del 9 ottobre 2006, in
cui per la prima volta compare il riferimento a tale
nuova formula partecipativa, e si realizza la
sostanziale mutazione della veste soggettiva di
partecipazione. Pertanto, in base al principio
desumibile dall’art. 2055 del codice civile va
affermata, ai soli fini della statuizione di
accertamento, la natura solidale della responsabilità
civile di che trattasi, e ciò anche ai fini
dell’eventuale azione di regresso che la stazione
appaltante potrà intraprendere per rivalersi, nel
concorso di tutte le ulteriori condizioni legittimanti,
nei confronti della società beneficiaria degli atti
illegittimi e che ha indotto alla loro emanazione (cfr.
l’art. 41, comma 2, ultima parte, del Codice per il
processo amministrativo)
10 In definitiva, l’appello va in
parte accolto e, in riforma della impugnata sentenza,
vanno annullati l’atto di aggiudicazione e il
provvedimento di aggiudicazione impugnati in primo grado
e va accolta, nei limiti di cui innanzi, la domanda
risarcitoria proposta dall’odierno appellante.
Le spese di lite dei due gradi
seguono la soccombenza e sono liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente
pronunciando sull'appello n. 9770 del 2007, come in
epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in
riforma della impugnata sentenza, accoglie, nei limiti
di cui in motivazione, il ricorso di primo grado, con
l’annullamento degli atti impugnati e la condanna della
s.p.a. Autostrade del Brennero al risarcimento dei danni
nella misura ivi indicata.
Condanna la appellata s.p.a.
Autostrade del Brennero a rivalere l’appellante delle
spese e degli onorari del doppio grado di giudizio, che
liquida in complessivi euro 10.000,00 (diecimila/00),
oltre Iva e CAP come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 28 ottobre 2011 con l'intervento
dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg,
Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/01/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.) |