La Previdenza.it
Il Tribunale di Agrigento aveva dichiarato il diritto di
C. F. ad essere inquadrato con mansioni di capo servizio
a decorrere dal 1.10.1992 e condannato la s.p.a.
Domenico S. E. al pagamento, in favore del predetto,
della somma di lire 241.249.086 a titolo di differenze
retributive per prestazioni lavorative dal 4.6.1992 al
31 maggio 1997; aveva, poi, dichiarato illegittimo il
trasferimento del C. da (OMISSIS) disposto con
provvedimento del 27.8.1996, condannando la società al
risarcimento del danno pari a lire 5 milioni a decorrere
dal 26.2.1997 ed illegittima anche la sospensione dal
servizio disposta con provvedimento del 29.11.1997,
condannando la società alla reintegra del ricorrente in
mansioni anche equivalenti presso la sede di (OMISSIS)
ed al pagamento della complessiva somma di lire
146.205.324, a titolo di risarcimento del danno per
l'illegittima dequalificazione professionale nel periodo
aprile 1996-giugno 1998, nonché al pagamento di lire 90
milioni a titolo di risarcimento del danno biologico,
con accessori dalla data di pubblicazione della
sentenza. In relazione ad altro giudizio promosso dal
C., lo stesso Tribunale aveva dichiarato illegittimo
l'ulteriore trasferimento da (OMISSIS) del (OMISSIS) e
condannato la società editrice a reintegrarlo presso la
sede di (OMISSIS), nonché al pagamento della somma di
Euro 101.891,30 a titolo di danno professionale per il
periodo 1.7.1998-31.1.2001, ed al pagamento di Euro
51.253,85 a titolo di risarcimento dei danni biologico
morale ed esistenziale, rigettando nel resto la
domanda. Con sentenza del 23.9.2009, la Corte di Appello
di Palermo, in parziale riforma della prima delle
pronunzie gravate, dichiarava che il C. aveva svolto dal
gennaio 1985 lavoro giornalistico alle dipendenze della
società e condannava quest'ultima al pagamento, in
favore del predetto, a titolo di differenze retributive,
per il periodo 4.6.1992-31-5-1997, della somma di Euro
148.783,03, con interessi e rivalutazione monetaria dal
1.1.2009, nonché al pagamento di Euro 20.000,00 a titolo
di danno biologico e di Euro 6.000,00 per danno morale,
oltre accessori sugli indicati importi dal 17.7.2001;
rigettava la domanda risarcitoria per il trasferimento
da (OMISSIS) del 26.2.1997, confermando nel resto la
sentenza di primo grado 3778/2001; in parziale riforma
dell'altra sentenza, condannava la società al pagamento
della somma di Euro 6000,00 a titolo di danno
esistenziale, rigettando le domande per danno biologico
e morale, dichiarando che sulla somma di Euro
101.892,30, liquidata a titolo di risarcimento del danno
professionale, gli interessi e rivalutazione erano
dovuti a decorrere dal 1.2.2001 e confermava la
decisione nel resto. Rilevava che la pronunzia di primo
grado andasse confermata quanto allo svolgimento di
mansioni di collaboratore sin dal 1985, in tal senso
integrandosi il dispositivo, che le differenze, in base
a c.t.u. espletata in secondo grado in relazione a
quanto dedotto con l'appello incidentale del C.,
ammontassero a somma superiore, che doveva essere
confermata la disposta declaratoria di illegittimità del
trasferimento da (OMISSIS), per la non coincidenza dei
motivi formali con quelli sostanziali, comunque non
provati, e che anche la disposta sospensione dal
servizio fosse illegittima, ma che non fossero provati i
danni lamentati e risarciti nella misura di Euro 5000,00
dal primo giudice, dovendo ritenersi Infondate anche le
censure della società riguardo al danno da
dequalificazione professionale.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Sentenza 2.12.2011 n. 25799
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. VIDIRI Guido -
Presidente -
Dott. DE RENZIS Alessandro -
Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni -
Consigliere -
Dott. BRONZINI Giuseppe -
Consigliere -
Dott. ARIENZO Rosa - rel.
Consigliere -
ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso
… Omissis...
Fatto
Il Tribunale di Agrigento aveva dichiarato il diritto di
C. F. ad essere inquadrato con mansioni di capo servizio
a decorrere dal 1.10.1992 e condannato la s.p.a.
Domenico S. E. al pagamento, in favore del predetto,
della somma di lire 241.249.086 a titolo di differenze
retributive per prestazioni lavorative dal 4.6.1992 al
31 maggio 1997; aveva, poi, dichiarato illegittimo il
trasferimento del C. da (OMISSIS) disposto con
provvedimento del 27.8.1996, condannando la società al
risarcimento del danno pari a lire 5 milioni a decorrere
dal 26.2.1997 ed illegittima anche la sospensione dal
servizio disposta con provvedimento del 29.11.1997,
condannando la società alla reintegra del ricorrente in
mansioni anche equivalenti presso la sede di (OMISSIS)
ed al pagamento della complessiva somma di lire
146.205.324, a titolo di risarcimento del danno per
l'illegittima dequalificazione professionale nel periodo
aprile 1996-giugno 1998, nonché al pagamento di lire 90
milioni a titolo di risarcimento del danno biologico,
con accessori dalla data di pubblicazione della
sentenza. In relazione ad altro giudizio promosso dal
C., lo stesso Tribunale aveva dichiarato illegittimo
l'ulteriore trasferimento da (OMISSIS) del (OMISSIS) e
condannato la società editrice a reintegrarlo presso la
sede di (OMISSIS), nonché al pagamento della somma di
Euro 101.891,30 a titolo di danno professionale per il
periodo 1.7.1998-31.1.2001, ed al pagamento di Euro
51.253,85 a titolo di risarcimento dei danni biologico
morale ed esistenziale, rigettando nel resto la domanda.
Con sentenza del 23.9.2009, la Corte di Appello di
Palermo, in parziale riforma della prima delle pronunzie
gravate, dichiarava che il C. aveva svolto dal gennaio
1985 lavoro giornalistico alle dipendenze della società
e condannava quest'ultima al pagamento, in favore del
predetto, a titolo di differenze retributive, per il
periodo 4.6.1992-31-5-1997, della somma di Euro
148.783,03, con interessi e rivalutazione monetaria dal
1.1.2009, nonché al pagamento di Euro 20.000,00 a titolo
di danno biologico e di Euro 6.000,00 per danno morale,
oltre accessori sugli indicati importi dal 17.7.2001;
rigettava la domanda risarcitoria per il trasferimento
da (OMISSIS) del 26.2.1997, confermando nel resto la
sentenza di primo grado 3778/2001; in parziale riforma
dell'altra sentenza, condannava la società al pagamento
della somma di Euro 6000,00 a titolo di danno
esistenziale, rigettando le domande per danno biologico
e morale, dichiarando che sulla somma di Euro
101.892,30, liquidata a titolo di risarcimento del danno
professionale, gli interessi e rivalutazione erano
dovuti a decorrere dal 1.2.2001 e confermava la
decisione nel resto.
Rilevava che la pronunzia di primo grado andasse
confermata quanto allo svolgimento di mansioni di
collaboratore sin dal 1985, in tal senso integrandosi il
dispositivo, che le differenze, in base a c.t.u.
espletata in secondo grado in relazione a quanto dedotto
con l'appello incidentale del C., ammontassero a somma
superiore, che doveva essere confermata la disposta
declaratoria di illegittimità del trasferimento da
(OMISSIS), per la non coincidenza dei motivi formali con
quelli sostanziali, comunque non provati, e che anche la
disposta sospensione dal servizio fosse illegittima, ma
che non fossero provati i danni lamentati e risarciti
nella misura di Euro 5000,00 dal primo giudice, dovendo
ritenersi Infondate anche le censure della società
riguardo al danno da dequalificazione professionale.
Quanto al secondo trasferimento da (OMISSIS), dello
stesso doveva confermarsi la declaratoria di
illegittimità, non risultando confermate le ragioni
poste a base del provvedimento di natura disciplinare ed
essendo in ogni caso rimaste indimostrate anche le
vicende atte a giustificare l'incompatibilità
ambientale.
Il giudice del gravame determinava, poi, in 20.000,00
Euro il danno biologico connesso alla patologia psichica
dipendente dalle vicende di causa e liquidava, altresì,
il danno morale in Euro 6000,00, al pari di quello
esistenziale.
Avverso detta decisione la società editrice propone
ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi di
impugnazione.
Resiste con controricorso il C., che propone ricorso
incidentale basato su due motivi. Entrambe le parti
hanno depositato memorie illustrative ai sensi dell'art.
378 c.p.c..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va, preliminarmente, disposta la riunione dei giudizi,
ai sensi dell'art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo la società, ricorrente principale,
deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2103
c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 con
riguardo al trasferimento del (OMISSIS).
Assume che il controllo relativo alla valutazione di
legittimità del trasferimento per incompatibilità
ambientale deve limitarsi alla sussistenza di
ragionevoli motivi, non potendo estendersi al sindacato
sulle ragioni di merito delle scelte imprenditoriali e
che il trasferimento de quo non aveva natura
disciplinare, ma rappresentava esplicazione del potere
organizzativo e direttivo di cui dispone il datore di
lavoro, aggiungendo che il richiamo a precedente
provvedimento disciplinare aveva lo scopo di evidenziare
le gravissime vicende che determinavano
l'incompatibilità ambientale del giornalista.
Denunzia, poi, violazione e falsa applicazione dell'art.
1424 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3,
osservando che il contratto nullo può produrre gli
effetti di un contratto diverso del quale contenga i
requisiti di sostanza e forma, qualora, avuto riguardo
allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che
esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la
nullità ed evidenziando che il principio è valido anche
per i negozi unilaterali.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione
e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c. in relazione
all'art. 360 c.p.c., n. 3, osservando, con riguardo alla
asserita mancanza degli elementi dell'incompatibilità
ambientale ed alla ritenuta loro mancata allegazione e
prova, che i fatti posti a base del provvedimento non
erano stati contestati e che pertanto gli stessi erano
da considerarsi incontroversi (accuse mosse nei
confronti del C. da S.F., contenuto degli articoli
apparsi su Repubblica nel novembre 1997 e relativi a
presunta attività estorsiva nei confronti del pentito
S., rilievi effettuati dal Consiglio dell'ordine
Giornalisti in merito a vicende che vedevano coinvolto
il giornalista, accuse rivolte a quest'ultimo
dall'avvocato Annone).
Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un
punto decisivo della controversia ai sensi dell'art. 360
c.p.c., n. 5 lamenta la società in relazione alla
mancata valutazione di documenti e di prove nella loro
unitarietà in rapporto alla incompatibilità del C. con
l'ambiente sociale e non solo giornalistico.
Le censure suddette, aventi ad oggetto il primo
trasferimento da (OMISSIS), sede di lavoro del C., a
(OMISSIS), disposto il 27 agosto 1996, sono state mosse
sempre dalla società - ed anche in sede di gravame -
pure con riferimento al trasferimento da (OMISSIS)
disposto con lettera del 18 gennaio 2001, per avere
anche per questo secondo trasferimento la società
dedotto che si era in presenza di un trasferimento
operato alla stregua del disposto dell'art. 2103 c.c..
Le censure suddette non possono trovare accoglimento in
questa sede di legittimità.
Ed infatti, esse si presentano: inammissibili nella
parte in cui la società ricorrente denunzia una errata
valutazione delle risultanze processuali ed, in
particolare, della documentazione allegata agli atti,
atteso che è giurisprudenza costante di questa Corte che
la valutazione delle risultanze processuali è di
esclusiva competenza del giudice di merito e che la
decisione di quest'ultimo è ricorribile in cassazione
solo nel caso in cui la motivazione risulti viziata da
incoerenza logica o nel caso di errori di diritto
(circostanze non riscontrabili invece nel caso di
specie); ed infondate nella parte, invece, in cui
denunziano la erroneità della decisione in relazione
alla ritenuta mancanza di prova, da parte del datore di
lavoro, della sussistenza di esigenze tecniche,
organizzative e produttive atte a giustificare il
disposto trasferimento. Sotto quest'ultimo versante va
rimarcato che il giudice d'appello, dopo avere ritenuto
(come del resto ripetutamente richiesto dalla società)
che gli atti di trasferimento dovessero essere, sulla
base della lettera dei relativi provvedimenti - la cui
interpretazione non è stata censurata dalla ricorrente
principale ai sensi degli artt. 1362 e ss. c.c. -
regolati dal disposto dell'art. 2103 c.c., ha
puntualmente osservato che i provvedimenti datoriali,
diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente
principale, non si presentavano supportati da alcuna
valida ragione giustificativa, per non avere la società
provato che le circostanze dedotte come significative di
una incompatibilità ambientale addebitabile al C.
fossero idonee ad incidere sull'ambiente di lavoro ed ad
arrecare in quanto tali pregiudizio alla produttività ed
alle esigenze organizzative dell'impresa.
Con altri numerosi motivi la società ricorrente lamenta
errori da parte della sentenza impugnata sotto diversi
profili, deducendo sostanzialmente che nessun danno
poteva essere liquidato a favore del C., essendo i
trasferimenti disposti dalla società legittimi e che non
si era tenuto conto, da parte del giudice d'appello, ai
sensi dell'art. 1227 c.c., del comportamento del
giornalista nella causazione del danno, ne dei danni che
esso, quale creditore, avrebbe potuto evitare ponendo in
essere una condotta diretta a limitare gli stessi; che,
inoltre, non vi era stata una corretta valutazione delle
risultanze istruttorie per quanto attiene alla lamentata
assegnazione a mansioni inferiori e che il denunziato
rifiuto di ricevere la prestazione era dipeso dalla
situazione di incompatibilità in cui si era posto il C.;
che i conteggi non erano corretti anche per effetto
dell'adozione di un univoco corretto parametro -
retribuzione mensile percepita dal C., moltiplicata per
il numero dei mesi in cui si era protratta la
dequalificazione - il quale era, tuttavia, palesemente
illogico ed iniquo perché utilizzato con riferimento a
situazioni diverse (privazione delle mansioni
dall'aprile del 1996 al febbraio 1997, mansioni
inferiori sino al 1997; sospensione dal servizio con
corresponsione della retribuzione).
Tali censure, da esaminarsi congiuntamente a quelle
aventi ad oggetto la attribuzione della qualifica di
redattore dal febbraio 1991, - e, per effetto della
prescrizione, la decorrenza del diritto alle differenze
retributive solo a decorrere dal 4 giugno 1992, quando
il C. già svolgeva funzioni di fatto (a decorrere dal
mese di gennaio 1992) - e di capo servizio sino alla
data entro la quale queste differenze erano stata
chieste (22 maggio 1997), nei termini riconosciuti
dall'impugnata sentenza - per comportare soluzioni di
tematiche tra loro strettamente connesse, vanno
rigettate perché prive di fondamento.
Per evidente priorità logica va esaminato il motivo
relativo alla errata interpretazione dell'art. 11 della
contrattazione collettiva di categoria per violazione
dell'art. 1362 c.c.. Tale motivo va dichiarato
inammissibile dal momento che - al di là della pur
assorbente considerazione che il contratto collettivo
non è stato allegato al ricorso alla stregua dell'art.
366 c.p.c., n. 6 - con esso, al fine di dimostrare le
mansioni svolte dal C. nella redazione del giornale La
Sicilia, si richiede ancora una volta una inammissibile
rivalutazione delle deposizioni dei testi per inferirne
che l'attività svolta dal C. nell'ambito della redazione
del giornale La Sicilia (per essere limitata ad un'opera
di mero collegamento tra la redazione e l'unico
effettivo caposervizio esistente a (OMISSIS) e) per non
comportare alcuna responsabilità relativa al servizio
redazionale, non poteva in alcun modo determinare il
riconoscimento da parte dei giudici di appello della
qualifica di capo servizio. Ciò premesso, le doglianze
attinenti alla liquidazione dei danni da parte della
Corte territoriale appaiono infondate. Nessun dubbio di
alcun genere può sussistere, data la già indicata
illegittimità dei trasferimenti del C., sull'esistenza
di danni dallo stesso subiti e sulla loro ingiustizia.
Ed invero, come affermato da questa Corte, il
risarcimento del danno da dequalificazione professionale
(cosiddetto danno professionale) può consistere sia nel
danno patrimoniale derivante dall'impoverimento della
capacità professionale acquisita dal lavoratore e dalla
mancata acquisizione di una maggiore capacità, sia nel
pregiudizio subito per perdita di chance ossia di
ulteriori possibilità di guadagno, sia in una lesione
del diritto del lavoratore all'integrità fisica o, più
in generale, alla salute ovvero all'immagine o alla vita
di relazione. E' compito, poi, del giudice del merito -
le cui valutazioni, se sorrette da congrua motivazione,
sono incensurabili in sede di legittimità - accertare se
in concreto il suddetto danno sussista, individuarne la
specie e determinarne l'ammontare eventualmente
procedendo anche ad una liquidazione in via equitativa
(tra le altre, cfr. Cass. 10 giugno 2004 n. 11045). In
tali casi il giudice del merito può desumere l'esistenza
del relativo danno, determinandone anche l'entità in via
equitativa, con processo logico - giuridico attinente
alla formazione della prova, anche presuntiva, in base
agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità
della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di
professionalità colpita, alla durata del
demansionamento, all'esito finale della dequalificazione
e alle altre circostanze del caso concreto (cfr. in tali
termini, Cass. 26.6.2006 n. 14729). E nella specie tali
danni, contrariamente a quanto sostenuto dalla
ricorrente principale, sono stati dapprima provati - è
bene rimarcarlo - nella loro esistenza e poi liquidati
nella loro giusta misura nel rispetto dei principi
enunciati più volte dalla giurisprudenza di questa Corte
di cassazione.
Per finire, anche il ricorso incidentale, affidato a due
motivi (dei quali il primo relativo a violazione di
norme di legge per quanto attiene la utilizzazione ai
fini della c.t.u. di buste paga non prodotte in primo
grado, oltre che a vizio di motivazione, ed il secondo
alla mancata considerazione di rilevi attinenti alle
circostanze prese in esame dall'ausiliare del giudice)
deve essere dichiarato infondato, perché attiene ad una
inammissibile rivalutazione dei fatti che hanno condotto
alla decisione, senza considerare che i motivi di
diritto prospettati non si concludono con la
formulazione dei necessari quesiti di legge. Peraltro,
deve osservarsi che la sentenza che recepisca "per
relationem" le conclusioni e i passi salienti di una
relazione di consulenza tecnica d'ufficio di cui
dichiari di condividere il merito non incorre nel vizio
di carenza di motivazione, atteso che, per infirmare,
sotto il profilo dell'insufficienza argomentativa, tale
motivazione, è necessario che la parte alleghi le
critiche mosse alla consulenza tecnica d'ufficio già
dinanzi al giudice "a quo", la loro rilevanza ai fini
della decisione e l'omesso esame in sede di decisione,
risolvendosi una mera disamina, corredata da notazioni
critiche dei vari passaggi dell'elaborato peritale
richiamato in sentenza, nella mera prospettazione di un
sindacato di merito, inammissibile in sede di
legittimità (v. Cass. 4.5.2009 n. 10222).
Il rigetto di entrambi i ricorsi induce a compensare
integralmente tra le parti le spese di lite del presente
giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso
principale e quello incidentale e compensa tra le parti
le spese di lite del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 21 settembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2011
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