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Se l'assicurazione stipulata dal medico è limitata ai
rischi derivanti da attività libero professionale, non
sono coperti i danni derivanti da attività eseguita in
regime di servizio sanitario convenzionato. Le
attestazioni contenute nella cartella clinica sono
coperte da fede privilegiata limitatamente alle attività
espletate nel corso di una terapia o di un intervento,
mentre ne sono escluse le valutazioni, le diagnosi o le
opinioni in essa contenute. Sono i pricincipi di diritto
enunciati dalla Corte di Cassazione, Sezione 3 civile
con Sentenza 30 novembre 2011, n. 25568. (Il Sole 24
Ore, www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com, 2011)
Corte di Cassazione, Sezione 3
civile, Sentenza 30 novembre 2011, n. 25568
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
TERZA CIVILE
Composta
dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott.
FILADORO Camillo - Presidente
Dott.
AMATUCCI Alfonso - Consigliere
Dott.
SPAGNA MUSSO Bruno - Consigliere
Dott.
AMENDOLA Adelaide - rel. Consigliere
Dott.
TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere
ha
pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul
ricorso 22179/2009 proposto da:
CA. CA.
(OMESSO), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO
BUOZZI 49, presso lo studio dell'avvocato RICCIONI
ALESSANDRO, rappresentato e difeso dall'avvocato VECCHIO
GIANFRANCESCO, giusta delega in atti;
-
ricorrente -
contro
AL. S.P.A.
(gia' R.A.S. S.P.A.) quale conferitaria dell'Azienda di
LL. AD. S.P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ALBERICO II 11, presso lo studio dell'avvocato SCARPA
ANGELO, che lo rappresenta e difende giusta delega in
atti;
-
controricorrenti -
avverso la
sentenza n. 2365/2009 della CORTE D'APPELLO di ROMA,
depositata il 05/06/2009, R.G.N. 7292/2005;
udita la
relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/10/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;
udito
l'Avvocato CARLO CICALA per delega;
udito
l'Avvocato ANGELO SCARPA;
udito il
P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CARESTIA Antonietta, che ha concluso per
l'inammissibilita', in subordine il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Pi.Pa.
convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Roma Ca.Ca.
, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni
subiti in conseguenza di quattro interventi eseguiti dal
convenuto presso la Casa di Cura (OMESSO) per cisti
mammarie e riduzione del seno.
Il
convenuto contesto' le avverse pretese. Chiese ed
ottenne di chiamare in causa Ll. Ad. s.p.a., per esserne
manlevato in caso di soccombenza.
La
societa' assicuratrice, costituitasi in giudizio, oppose
l'inoperativita' della garanzia, atteso che gli
interventi chirurgici che avevano causato i danni
lamentati dall'attrice erano stati eseguiti in regime di
servizio sanitario convenzionato, laddove la polizza
copriva i soli rischi inerenti all'attivita' libero
professionale svolta dal Ca. .
Con
sentenza del 27 giugno 2005 il giudice adito accolse la
domanda della Pi. , ma rigetto' quella di manleva
formulata dal Ca. nei confronti della compagnia
assicuratrice.
Proposto
gravame dal soccombente, la Corte d'appello di Roma lo
ha respinto in data 5 giugno 2009.
Per quanto
qui interessa, il giudicante ha motivato il suo
convincimento evidenziando che il contratto di
assicurazione stipulato tra il medico e Ll. Ad. s.p.a.
copriva la responsabilita' civile derivante
all'assicurato ai sensi di legge nella sua qualita' di
medico-chirurgo esercente la chirurgia estetica, con la
precisazione che l'attivita' si intendeva esercitata
dovunque egli o per(asse) come libero professionista,
laddove dalle cartelle cliniche versate in atti si
evinceva, come evidenziato anche dal consulente tecnico
d'ufficio, che gli interventi erano stati eseguiti in
regime di convenzione con il Servizio Sanitario
Nazionale e non nell'ambito dell'attivita'
libero-professionale, che era la sola coperta dalla
garanzia assicurativa.
Per la
cassazione di detta pronuncia ricorre Ca. Ca. ,
formulando cinque motivi, illustrati anche da memoria.
Resiste con controricorso Ll. Ad. s.p.a..
MOTIVI
DELLA DECISIONE
1.1 Con il
primo motivo il ricorrente lamenta violazione degli
articoli 112, 342, 343 e 346 c.p.c.. Sostiene che nella
comparsa di costituzione e risposta la societa'
assicuraitrice si era limitata ad eccepire
l'inoperativita' della garanzia perche' il Dott. Ca. non
avrebbe effettuato gli interventi in questione operando
come libero professionista, laddove la Corte d'appello
aveva motivato la scelta decisoria adottata anche in
ragione della estraneita' delle operazioni praticate
dall'assicurato all'ambito della chirurgia estetica.
1.2 Con il
secondo mezzo l'impugnante denuncia mancanza,
insufficienza e contraddittorieta' della motivazione in
ordine alla corretta interpretazione del contratto
assicurativo. Assume che, contrariamente a quanto
ritenuto dal giudice di merito, la clausola indicativa
dei rischi assicurati li estendeva e non li limitava
agli interventi di chirurgia estetica, di talche'
erroneamente il giudice di merito, a fronte di una
polizza che copriva ogni profilo di responsabilita'
professionale, l'aveva immotivatamente intesa come
relativa a quelli soltanto.
2 I
motivi, che si prestano a essere esaminati
congiuntamente, per la loro evidente connessione, sono,
per certi aspetti inammissibili, per altri infondati.
Valga al riguardo considerare che il nucleo decisorio
della sentenza impugnata e' l'estraneita'
dell'intervento praticato sulla Pi. all'attivita' libero
professionale del dottor Ca. , in ragione della sua
esecuzione in regime di convenzionamento, esecuzione
pienamente giustificata, peraltro, dal carattere
terapeutico e curativo dell'operazione, con la quale
erano stati rimossi cisti e lipomi multipli delle
mammelle. In tale prospettiva la deduzione di un vizio
di ultrapetizione ancorato alla qualificazione
pretesamente arbitraria dell'atto medico come non di
carattere estetico - e la prospettazione della
formazione di un giudicato interno sul punto,
segnatamente sviluppata in memoria - e' artificiosa e
fuorviante. Non par dubbio, infatti, che la negazione
del carattere estetico delle operazioni de quibus,
costituisce un mero presupposto logico del convincimento
del giudice di merito in ordine alla natura
dell'attivita' espletata, nell'occasione, dal Ca. :
convincimento, peraltro, assolutamente condivisibile,
notorio essendo che il servizio sanitario pubblico non
copre gli interventi di chirurgia puramente estetica.
3 Quanto
poi alle argomentazioni volte a censurare la portata
attribuita dal giudice di merito alla polizza
assicurativa, si ricorda che l'interpretazione del
contratto e, in genere, degli atti di autonomia privata,
costituisce attivita' riservata al giudice di merito,
censurabile in sede di legittimita' soltanto per
violazione dei criteri legali di ermeneutica
contrattuale ovvero per vizi di motivazione. Peraltro
questa Corte ha a piu' riprese ribadito che la censura
con la quale si sostenga il malgoverno delle regole
interpretative deve contenere non solo l'astratto
riferimento agli articoli del codice che le sanciscono,
ma altresi' la specificazione dei canoni in concreto
violati, con la precisazione del modo in cui il giudice
se ne e' discostato e, quindi, delle distorsioni che in
concreto ha prodotto la denunciata violazione (confr.
Cass. civ. 3 febbraio 2009, n. 2602; Cass. civ. 6
febbraio 2007, n. 2560; Cass. civ., 22 febbraio 2007, n.
4178).
Ne deriva
che i rilievi svolti dall'impugnante in ordine agli
errori e alle sviste in cui sarebbe incorso il giudice
di merito nel limitare alla sola attivita'
libero-professionale l'operativita' della polizza, sono
volti a sollecitare una rivalutazione del contenuto del
contratto assicurativo preclusa in sede di legittimita'.
4 Si prestano a essere esaminati congiuntamente anche le
critiche svolte nei successivi tre motivi di ricorso.
4.1 Con il
terzo si deduce violazione dell'articolo 2700 c.c.. Le
censure si appuntano contro l'affermazione della Corte
territoriale secondo cui le attestazioni fatte sia dalla
paziente che dal medico non potevano ritenersi idonee ad
inficiare, quanto meno nei confronti dell'assicuratore,
le attestazioni contenute nelle cartelle cliniche, circa
la natura e l'ambito degli interventi eseguiti presso la
Ca. di. Cu. , e cioe' di fatti che i sanitari avevano
attestato come avvenuti alla loro presenza o da loro
compiuti. Assume l'esponente che, cosi' argomentando, la
Corte d'appello avrebbe apoditticamente dato per
scontato proprio quello che era controverso, e cioe' la
qualita' di pubblico ufficiale del Dott. Ca. , qualita'
che egli aveva, se aveva operato come medico
convenzionato; e non aveva invece, se aveva operato come
libero professionista. Aggiunge che, anche ammesso che
le cartelle cliniche vadano qualificate come atti
pubblici, la prova privilegiata e' limitata alla sola
materialita' degli interventi effettuati, non certo alla
loro natura.
4.2 Con il
quarto mezzo l'impugnante denuncia vizi motivazionali
con riguardo al fatto controverso e decisivo costituito
dalla natura degli interventi eseguiti dal Ca. .
Sostiene che in maniera meramente assertiva il giudice
di merito ne avrebbe escluso l'appartenenza alla
chirurgia estetica, ignorando le indicazioni contenute
nelle cartelle cliniche versate in atti.
4.3 Con il
quinto torna a denunciare vizi motivazionali con
riferimento all'assunto del giudice di merito secondo
cui le prestazioni sarebbero state effettuate in regime
di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale,
omettendo di valutare specifici elementi probatori di
segno contrario, richiamati, peraltro, alle pagine 3 e 4
della sentenza impugnata.
5 Anche
tali censure non colgono nel segno.
Esse sono
anzitutto gravemente carenti sotto il profilo
dell'autosufficienza. Valga al riguardo considerare che,
contestando la lettura data dal giudice di merito ai
documenti versati in atti, e richiamando genericamente
elementi probatori di segno contrario, l'impugnante non
ha ottemperato al duplice onere - impostogli
dall'articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, - di indicare
esattamente in quale fase processuale sia stata prodotta
e in quale fascicolo di parte si trovi la risultanza
istruttoria di cui il giudice di merito avrebbe fatto
malgoverno e di trascrivere o riassumere in ricorso il
contenuto del documento o della prova in contestazione.
Ed e' giurisprudenza consolidata di questa Corte
Regolatrice, dalla quale non v'e' ragione di
discostarsi, che la violazione anche di uno soltanto di
tali oneri rende il ricorso inammissibile (Cass. civ. 4
settembre 2008, n. 22303).
6 Sotto
altro, concorrente profilo, va poi osservato che il
ricorrente neppure tenta di confutare l'assunto di fondo
da cui e' partito il giudice di merito - e cioe'
l'espletamento delle operazioni in regime di
convenzionamento - abilmente assumendo che tale fatto
era proprio il postulato che andava dimostrato al fine
di potere poi stabilire il valore giuridico delle
annotazioni contenute nelle cartelle.
7 A
confutazione di tali critiche e' allora sufficiente
rilevare che la scelta decisoria della Corte d'appello
e', in realta', chiaramente maturata sull'esame di tutto
il materiale probatorio acquisito, delle allegazioni
delle parti, nonche' degli accertamenti del consulente
tecnico, di guisa che costituisce nulla piu' che un
artificio dialettico, ed e' esso stesso meramente
assertivo, l'assunto che il decidente avrebbe
apoditticamente dato per scontato proprio quello che
andava invece dimostrato.
A cio'
aggiungasi che la natura di certificazione
amministrativa delle attestazioni contenute nella
cartella clinica redatta da un'azienda ospedaliera
pubblica, o da un ente convenzionato con il servizio
sanitario pubblico - al pari di quelle dei certificati
dei medici convenzionati - e' affermazione
giurisprudenziale praticamente costante, essendosi
piuttosto l'attenzione degli interpreti incentrata sulla
esatta delimitazione delle annotazioni coperte da fede
privilegiata. E invero l'applicazione dello speciale
regime di cui all'articolo 2699 c.c. e segg., e'
circoscritta alle sole trascrizioni concernenti le
attivita' espletate nel corso di una terapia o di un
intervento, mentre ne sono escluse le valutazioni, le
diagnosi o comunque le manifestazioni di scienza o di
opinione in essa contenute (confr. Cass. civ. 12 maggio
2003, n. 7201; Cass. civ. 27 settembre 1999, n. 10695).
Ora, nella fattispecie, l'impugnante, senza mai
contestare che la Pi. venne operata per cisti e lipomi
multipli delle mammelle, neppure ha specificato gli
elementi dai quali emergerebbe l'arbitrarieta' del
convincimento del decidente in ordine all'espletamento
degli interventi con oneri a carico del Servizio
Sanitario Nazionale, convincimento maturato, si ripete,
sulla base delle risultanze istruttorie e segnatamente
degli accertamenti del consulente d'ufficio, e in ogni
caso estremamente plausibile in ragione delle patologie
diagnosticate alla paziente.
Per le
ragioni esposte il ricorso deve essere respinto. Segue
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di
giudizio.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento
delle spese di giudizio, liquidate in complessivi euro
5.600,00 (di cui euro 5.400,00 per onorari), oltre IVA e
CPA, come per legge.
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