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Il principio della non
retroattività della risoluzione, rispetto ai contratti
ad esecuzione continuata o periodica, non può non
implicare, relativamente alle prestazioni già eseguite,
la conservazione del diritto di ricevere la
controprestazione, nonostante la risoluzione del vincolo
negoziale, di talché per tali contratti il valore
abdicativo della domanda di risoluzione, rispetto alla
domanda di adempimento, secondo le previsioni dell'art.
1453 secondo comma cod. civ., va circoscritto a quella
sola parte del rapporto per la quale è logicamente
configurabile una scelta, su un piano di alternatività,
fra risoluzione ed adempimento, mentre è inestensibile a
quella parte che rimane ope legis insensibile alla
vicenda risolutiva, perché adempimento, sia pure di uno
solo dei contraenti, vi è stato.
Cassazione, sez. III, 6 dicembre
2011, n. 26199
(Pres. Amatucci – Rel. Amendola)
Svolgimento del processo
L'Assessorato alla Cooperazione
Commercio Artigianato e Pesca della Regione Siciliana
propose opposizione al decreto del Presidente del
Tribunale con il quale, a istanza del Fallimento di S.
s.p.a., gli era stato ingiunto di pagare la somma di
lire 96.749.931, oltre interessi dalla scadenza al
saldo, per prestazioni di promozione pubblicitaria di
prodotti tipici siciliani, rese dalla società nell'anno
1991, in esecuzione di convenzione stipulata con
l'ingiungente il 12 maggio 1989. Costituitasi in
giudizio, la curatela chiese che il provvedimento
monitorio venisse confermato e, in ogni caso, che
venisse accertato il credito da essa vantato nei
confronti dell'Assessorato.
Con sentenza del 18 maggio 2004 il
giudice adito, revocato il decreto, condannò l'opponente
al pagamento in favore dell'opposto della somma di Euro
47.772,26, oltre interessi.
Proposto gravame dall'Assessorato,
la Corte d'appello, in data 21 luglio 2008, in riforma
della decisione impugnata, ha dichiarato inammissibile
la domanda di adempimento proposta dalla curatela,
compensando interamente tra le parti le spese dei due
gradi di giudizio. Così ha motivato il giudicante il suo
convincimento. L'eccezione di difetto di giurisdizione
del giudice ordinario sollevata dall'Assessorato doveva
ritenersi preclusa dal passaggio in giudicato della
sentenza del Tribunale di Palermo n. 1599 del 6 aprile
/18 maggio 2004 che, relativamente ad altra pretesa
creditoria avanzata dal Fallimento di S. nei confronti
dell'Assessorato e originata dalla medesima convenzione,
aveva affermato la giurisdizione del giudice ordinario e
deciso la causa nel merito.
La pretesa del Fallimento era
tuttavia inammissibile, in base al disposto dell'art.
1423, secondo comma, cod. civ., norma che impedisce di
chiedere l'adempimento di un contratto, quando ne sia
stata richiesta la risoluzione. E nella fattispecie, con
citazione del 5 dicembre 1992, la curatela aveva chiesto
la risoluzione della convenzione stipulata tra le parti
in data 12 maggio 1989, per inadempimento
dell'amministrazione.
Per la cassazione di detta
pronuncia ricorre a questa Corte il Fallimento di S.
s.p.a., in persona del curatore, avvocato G..D.P. .
Formula cinque motivi, con pedissequi quesiti. Resiste
con controricorso l'Assessorato alla Cooperazione,
Commercio, Artigianato e Pesca della Regione Siciliana.
Motivi della decisione
1.1 Con il primo motivo
l'impugnante lamenta violazione degli artt. 2909 cod.
civ., 324, 112 e 113 cod. proc. civ., nonché vizi
motivazionali, ex art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.
Le critiche si appuntano contro l'omessa pronuncia in
ordine all'eccezione di giudicato esterno sollevata
dalla curatela nella comparsa di costituzione innanzi ai
giudici di appello, eccezione radicata sul passaggio in
giudicato di due sentenze del Tribunale di Palermo che,
relativamente ad altre pretese creditorie originate
dalla medesima convenzione, avevano ritenuto infondata
l'eccezione di improponibilità della domanda di
adempimento ex art. 1453, secondo comma, cod. civ..
1.2 Con il secondo mezzo il
ricorrente denuncia violazione degli artt. 2909 cod.
civ., 112, 115 e 116 cod. proc. civ., nonché vizi
motivazionali ex art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.,
con riferimento al medesimo punto. Sostiene che il
giudice di merito avrebbe fatto malgoverno dei principi
in materia di cosa giudicata e, senza alcuna
motivazione, avrebbe implicitamente escluso che
l'incontestabilità delle richiamate pronunce potesse
fare stato sulla questione di ammissibilità della
domanda di condanna proposta dal Fallimento nel presente
giudizio.
1.3 Con il terzo motivo
l'impugnante deduce violazione degli artt. 1453, secondo
comma, 1458 cod. civ., e 113 cod. proc. civ. Oggetto
della critiche è la ritenuta inammissibilità della
domanda di pagamento di prestazioni già eseguite, in
ragione della proposizione di domanda di risoluzione del
contratto, laddove la giurisprudenza di legittimità
costantemente afferma, in relazione ai contratti ad
esecuzione continuata o periodica, che il valore
abdicativo della domanda di risoluzione per
inadempimento va circoscritto a quella parte del
rapporto per la quale è logicamente configurabile una
scelta, su un piano di alternatività, tra risoluzione e
adempimento, con esclusione, dunque, di quella parte che
rimane ope legis insensibile alla vicenda risolutiva,
essendovi già stato adempimento da parte di uno dei
contraenti.
1.4 Con il quarto mezzo il
ricorrente denuncia violazione degli artt. 112, 113, 115
e 116 cod. proc. civ. nonché vizi motivazionali, con
riferimento alla mancata valutazione del materiale
istruttorio e alla mancata pronuncia sull'appello
incidentale volto a far valere l'erroneità del
riconoscimento degli interessi a partire dalla data del
ricorso monitorio, laddove già con lettera del 6 luglio
1992 l'Assessorato era stato costituito in mora.
1.5 Con il quinto motivo lamenta
violazione del principio della soccombenza di cui agli
artt. 91 e 92 cod. proc. civ., con riferimento alla
compensazione delle spese di causa.
2 Le censure svolte nei primi due
motivi di ricorso, che si prestano a essere esaminate
congiuntamente in quanto intrinsecamente connesse, sono
fondate per le ragioni che seguono.
Il ricorrente ha dedotto e
dimostrato, attraverso la produzione della sentenza del
Tribunale di Palermo n. 1599 del 2004, corredata da
certificazione che ne attesta l'avvenuto passaggio in
giudicato, che la questione dell'incidenza della
proposizione di domanda di risoluzione, nei contratti a
esecuzione continuata o periodica, sul diritto a
ricevere il corrispettivo delle prestazioni già
eseguite, è stata positivamente risolta con statuizione
non più contestabile.
Segnatamente tale sentenza,
ribadito che il principio della non retroattività della
risoluzione, rispetto ai contratti ad esecuzione
continuata o periodica, non può non implicare,
relativamente alle prestazioni già eseguite, la
conservazione del diritto di ricevere la
controprestazione, nonostante la risoluzione del vincolo
negoziale, di talché per tali contratti il valore
abdicativo della domanda di risoluzione, rispetto alla
domanda di adempimento, secondo le previsioni dell'art.
1453 secondo comma cod. civ., va circoscritto a quella
sola parte del rapporto per la quale è logicamente
configurabile una scelta, su un piano di alternatività,
fra risoluzione ed adempimento, mentre è inestensibile a
quella parte che rimane ope legis insensibile alla
vicenda risolutiva, perché adempimento, sia pure di uno
solo dei contraenti, vi è stato ha ritenuto proponibile
la domanda di condanna ad adempiere del Fallimento S.
con il ricorso in monitorio, in relazione alle
prestazioni già effettuate dall'impresa in bonis in
esecuzione della medesima convenzione.
Ne deriva che questo punto non
poteva più essere oggetto di rivalutazione, né poteva
essere tout court ignorato dal giudice a quo, in
applicazione del principio per cui, qualora due giudizi
tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo
rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con
sentenza passata in giudicato, l'accertamento così
compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla
soluzione di questioni di fatto e di diritto comuni ad
entrambe le cause, formando la premessa logica
indispensabile della statuizione contenuta nel
dispositivo della sentenza, ne preclude il riesame nel
giudizio non ancora definito (confr. Cass. civ. 16
settembre 2011, n. 18923; Cass. civ. 29 luglio 2011, n.
16675).
Ed è appena il caso di aggiungere
che, costituendo il giudicato esterno un elemento che
non può essere incluso nel fatto ma è assimilabile a un
dato normativo, il suo rilievo e il suo accertamento,
esclusa l'applicabilità del regime delle eccezioni in
senso tecnico, può avvenire anche d'ufficio in ogni
stato e grado del procedimento (confr. Cass. civ. 6
giugno - 2011, n. 12159; Cass. civ. 14 gennaio 2011, n.
779).
3. Deriva da tanto che, in
accoglimento dei primi due motivi di ricorso, il cui
positivo scrutinio assorbe l'esame degli altri, la
sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche
per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte
d'appello di Palermo in diversa composizione che, nel
decidere, terrà conto del giudicato intervenuto tra le
stesse parti sulla proponibilità della domanda di
condanna ad adempiere avanzata dalla curatela del
Fallimento S. con riferimento ad altre prestazioni
eseguite in esecuzione della medesima convenzione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il
secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la
sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e
rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione
alla Corte d'appello di Palermo in diversa composizione
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