Avv. Paolo Nesta


Palazzo Giustizia  Roma


Palazzo Giustizia Milano

Sede di Roma: C.so Vittorio Emanuele II,  252   00186 – Roma
Tel. (+39) 06.6864694 – 06.6833101 Fax (+39) 06.6838993
Sede di Milano:  Via Pattari,  6   20122 - Milano 
Tel. (+39) 02.36556452 – 02.36556453  Fax (+ 39) 02.36556454 

 

Interruzione della prescrizione (Cons. di Stato N. 00005/2012)-commento e testo- Mariangela Claudia Calciano

 

Home page

Note legali e privacy

Dove siamo

Profilo e attività

Avvocati dello Studio

Contatti

Cassa di Previdenza e deontologia forense

Notizie di cultura e di utilità varie

 

 

Diritto.it

L’effetto interruttivo della prescrizione esige, per la propria produzione, che il debitore abbia conoscenza - legale, non necessariamente effettiva – dell’atto giudiziale o stragiudiziale del creditore.

 

 

Mariangela Claudia Calciano

 

 

Secondo quanto disposto dall’art. 2943 cod. civ., il titolare del diritto può interrompere la prescrizione con la notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, o con la domanda proposta nel corso di un giudizio, oppure con “ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore”.

Ossia, in quest’ultimo caso, con un atto di cui, sotto il profilo soggettivo, ne sia elemento essenziale l’individuazione del soggetto obbligato; tale atto, avendo natura recettizia, dev’essere portato a conoscenza del debitore affinché assuma valore di costituzione in mora nei confronti di questi.

In altri termini, si vuol dire che il connotato fondamentale dell’atto interruttivo della prescrizione consiste nella sua idoneità a rendere nota al destinatario la volontà del suo autore di far valere un diritto nei suoi confronti.

Non diversamente opera la domanda giudiziale, non potendo ipotizzarsi una sua efficacia nei riguardi del debitore se notificata non ad esso, ma a soggetti terzi. E quindi, l’effetto interruttivo della prescrizione esige, per la propria produzione, che il debitore abbia conoscenza - legale, non necessariamente effettiva – dell’atto giudiziale o stragiudiziale del creditore.

Consiglio di Stato Sentenza N. 06927/2011, Difetto di giurisdizione in materia di contributi

Consiglio di Stato Sentenza N. 06927/2011, Difetto di giurisdizione in materia di contributi

ESTRATTIVI

N. 06927/2011REG.PROV.COLL.

N. 01817/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1817 del 2010, proposto da***

contro***

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, Sezione IV n. 214/2010, resa tra le parti, concernente DETERMINAZIONE CONTRIBUTI DI ESCAVAZIONE;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e del Comune di °°;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2011 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Lentini, Barone, per delega dell'Avv. Lacatena, e Labriola, per delega dell'Avv. Biamonte;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La °° s.r.l. esercita attività estrattiva nella cava di proprietà sita nel Comune di °° in forza di autorizzazione regionale ed ha versato annualmente il contributo della somma determinata sulla base dei quantitativi di materiale estratto ai sensi dell’art. 18 legge reg. 54/85, ma si è trovata a fronteggiare una rideterminazione del contributo medesimo operata il 7 aprile 2008 dal genio civile di Napoli e ad una conseguente richiesta di pagamento da parte del Comune per un importo di €. 1.322.945,00.

Il successivo ricorso al TAR della Campania è stato però dichiarato inammissibile con sentenza n. 214/10 per difetto di giurisdizione, poiché la questione non avrebbe investito una posizione di interesse legittimo in quanto derivante da una convenzione accessoria al titolo estrattivo e non investendo direttamente l’uso del territorio.

La °° ha notificato il 23 febbraio 2010 ricorso in appello, sostenendo l’erroneità della sentenza di primo grado, poiché in primo luogo, la questione rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto essa è pertinente all’uso del territorio, visto che i contributi in controversia devono essere prioritariamente utilizzati dai comuni per la realizzazione di interventi atti alla ricomposizione ambientale delle aree interessate dalle cave e che il loro mancato pagamento comporta la revoca dell’autorizzazione. In secondo luogo la convenzione di determinazione dei contributi è accessoria all’autorizzazione, atto innegabilmente autoritativo, i valori di modalità di calcolo sono fissati direttamente dalla Regione: quindi il versamento dei contributi è direttamente preordinato per garantire un corretto uso del territorio ed attiene all’esercizio stretto della funzione amministrativa, senza alcuna connessione con comportamenti sine titulo, anzi è frutto di determinazione autoritative al di fuori di espressioni di natura negoziale.

L’appellante concludeva per la giurisdizione del giudice amministrativo e la richiesta di remissione della causa al TAR ai sensi degli artt. 30 e 35 L. 1034/71.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di °° e la Regione Campania, sostenendo l’infondatezza dell’appello e l’inammissibilità del ricorso di primo grado.

Alla odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Assume l’appellante °° che abbia errato il TAR della Campania a negare con la sentenza 214/10 la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla sua domanda di non debenza di contributi dovuti per attività estrattiva di cava nei confronti del Comune di °°.

La sentenza ha affermato che la controversia non investiva posizioni di interesse legittimo in quanto connessa all’esecuzione di convenzione accessoria ad autorizzazione all’attività estrattiva e che la stessa non poteva essere associata alla materia “uso del territorio”, elemento che l’avrebbe fatta ricadere invece sotto l’egida del giudice amministrativo.

Si deve osservare che la causa riguarda la debenza del contributo per una serie di anni e per il suo ammontare, o meglio il suo ricalcolo, in ulteriori periodi: perciò la questione si manifesta come una tipica controversia attinente il dare/avere secondo quanto disposto dalla legge regionale 54/85 ed alla convenzione stipulata con il Comune, in riferimento quindi ad atti vincolati di natura paritetica, senza alcuna censura nei confronti di poteri autoritativi asseritamente scorretti.

La Sezione ritiene quindi di seguire il recente insegnamento delle SS.UU. del Corte di Cassazione, le quali hanno affermato che tale tipo di controversia non è attinente a poteri autoritativi, ma riguarda la semplice richiesta di pagamento della somma di denaro in esecuzione a convenzione stipulata a latere di atto autorizzativo, tra l’altro promanante da altro soggetto amministrativo e cioè la Regione e in questo caso la Campania, per cui va affermata la giurisdizione del giudice ordinario (Cass. civ., SS.UU. 26 novembre 2008 n. 28168; id., 2 luglio 2008 nn. 18045 e 18046).

Le Sezioni Unite hanno altresì escluso connessioni con la materia urbanistica e la Sezione non può che richiamare, così come svolto nella sentenza impugnata, la sentenza n. 204/04 della Corte Costituzionale secondo cui, in relazione all’art. 34 D. Lgs. 80/98, la giurisdizione del giudice amministrativo non può essere estesa in blocco a quelle controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercita - nemmeno mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici - alcun pubblico potere.

Quindi va esclusa un’estensione alla conoscenza del giudice amministrativo delle controversie in materia di contributi di cava in analogia con gli oneri concessori connessi al permesso di costruire. Il deferimento di questi al giudice amministrativo è frutto dell’art. 103 co.1 Cost., ossia di quella possibilità offerta facoltativamente al legislatore di attribuire al giudice amministrativo la giurisdizione sui diritti soggettivi in particolari materie: la specialità dell’attribuzione impedisce ulteriori implicite attribuzioni in materie consimili.

Per suesposte considerazioni l’appello deve essere respinto.

Le spese di giudizio e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Condanna la °° srl al pagamento delle spese del presente grado di giudizio a favore delle Amministrazioni intimate, determinandole complessivamente in euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Marzio Branca, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Francesco Caringella, Consigliere

Eugenio Mele, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28/12/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

Legislazione e normativa nazionale

Dottrina e sentenze

Consiglio Ordine Roma: informazioni

Rassegna stampa del giorno

Articoli, comunicati e notizie

Interventi, pareri e commenti degli Avvocati

Formulario di atti e modulistica

Informazioni di contenuto legale

Utilità per attività legale

Links a siti avvocatura e siti giuridici