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"l’iscrizione nella Sezione
speciale dell’ Albo degli Avvocati comunitari stabiliti,
negata al ricorrente, è, ai sensi dell’art. 3, comma 2,
direttiva 98/5/Ce dell’art. 6, comma 2 d.lgs. 96/2001,
subordinate alla sola condizione della documentazione
dell’iscrizione presso la corrispondente Autorità di
altro Stato membro.
Gli artt. 10 della direttiva e 12 e
13 del d.lgs. di attuazione, regolano, poi,
l’”integrazione” dell’avvocato comunitario stabilito
nell’Albo ordinario degli avvocati, sancendo che – ove
comprovi, secondo le modalità prescritte, l’effettivo e
regolare esercizio in Italia, per almeno tre anni, di
attività professionale nel ruolo predetto è legittimato
ad accedere all’Albo ordinario,con dispensa dalla “prova
attitudinale” prevista (prima, dalla direttiva 89/48/Ce
e dal d.lgs. 115/1992 ed, ora dalla direttiva 05/36/Ce e
dal d.lgs. 2007/206) per chi, munito di titolo
professionale di altro Paese membro equivalente a quello
di avvocato, intenda perseguire, al fine dello stabile
esercizio in Italia della propria attività, l’immediato
riconoscimento del titolo di avvocato e l’iscrizione al
relativo Albo.
2c.. L’indicata evidenza normativa
rivela l’illegittimità del rifiuto opposto dal Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Palermo alla domanda del
T. di iscrizione nella Sezione speciale del locale Albo
riservata agli Avvocati comunitari stabiliti."
Svolgimento del processo
Il 5 gennaio 2010, M. T., laureate
in giurisprudenza all’Università di Palermo il 28 aprile
2003, presentò al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati
di Palermo, ai sensi della direttiva 98/5/Ce e del
d.lgs. 96/2001, domanda di iscrizione nella Sezione
speciale del locale Albo professionale riservata agli
Avvocati comunitari stabiliti. A sostegno della domanda
documentò di essere iscritto dal 14 ottobre 2009 nel
Registro generale del Collegio degli Abogados di
Barcellona ed allegò dichiarazione, indicante il proprio
domicilio professionale in Palermo presso lo studio
dell’avv. F. T. ed attestante l’intenzione di svolgere
in Italia attività professionale d’ intesa con
l’avvocato predetto, nonché il relativo assenso.
Il Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Palermo rigettò l’istanza, sul presupposto
che la direttiva 98/5/Ce si applicherebbe ai soli
cittadini comunitari di nazionalità diversa da quella
dello Stato membro al quale si chiede l’abilitazione
all’esercizio della professione.
In esito all’impugnativa
dell’interessato, la decisione fu confermata dal
Consiglio Nazionale Forense, con diversa motivazione.
Il Consiglio Nazionale rilevò, in
particolare:che in Italia, per l’ abilitazione
all’esercizio della professione di avvocato è previsto
un tirocinio teorico-pratico biennale presso un avvocato
abilitato (art.17 ,, n.5, r.d.l. 1578/1933) ed il
superamento dell’ esame di Stato anch’esso
teorico-pratico e consistente in tre prove scritte e una
discussione orale su cinque materie (art. 20,
r.d.l.1578/1933 e art.17-bis e segg. r.d. 37/1934); che
in Spagna, sino al 31 ottobre 2011, il conseguimento
dell’abilitazione all’esercizio della professione
forense prescindeva dalla frequentazione di corsi di
formazione successivi alla laurea ed al superamento di
esame finale di abilitazione; che l’istante non aveva
dimostrato il conseguimento, in Spagna, di un
particolare ulteriore titolo abilitante né di specifica
esperienza professionale. Richiamò, inoltre, la
decisione C.G. 29.1.2009, in causa C-311/06, Cavallera,
che ha ritenuto non contrario alla direttiva 89/48/Ce
(oggi direttiva 05/36/Ce), sul riconoscimento delle
qualifiche professionali,il rifiuto opposto, dalla
competente Autorità italiana, all’iscrizione per la
traslatio nell’Albo professionale nazionale di cittadino
italiano titolare di laurea italiana triennale in
ingegneria meccanica che in Spagna, conseguite
l’omologazione del diploma di laurea italiano e
l’iscrizione all’Albo degli”ingenieros
tecnico-industriales” senza alcun esame o esperienza
professionale ulteriore, era stato, conseguentemente,
abilitato all’esercizio, in quel Paese, della
correlativa professione.
Avverso la decisione del Consiglio
Nazionale Forense, il T. ha proposto ricorso per
Cassazione ai sensi dell’art. 56 r.d. 1578/1933, in
sette motive.
Il consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Palermo non si è costituito.
Motivi della decisione
I) Con il primo motivo di ricorso,
F. T. – deducendo “violazione dell’art. 112 c.p.c., con
riferimento all’art. 111 Cost.” -sostiene che il
Consiglio Nazionale Forense, avendo dichiaratamente
confermato la decisione del Consiglio dell’Ordine
territoriale previa integrazione della relativa
motivazione, sarebbe incorso nella violazione del
principio della corrispondenza tra chiesto e
pronunziato.
Con il quarto motivo, il ricorrente
deducendo violazione della normativa comunitaria e di
quella nazionale – censura l’affermazione (contenuta
nella decisione del Consiglio dell’Ordine territoriale)
secondo cui la direttiva comunitaria 98/5/Ce :sarebbe
applicabile, in Italia, ai soli cittadini comunitari di
nazionalità diversa da quella italiana.
Le doglianze vanno disattese.
La prima. è infondata, posto che il
giudice ha il potere-dovere di inquadrare nell’esatta
disciplina giuridica fatti ed atti che sono oggetto di
contestazione, sicché non incorre nella violazione
dell’art. 112 c.p.c., con riguardo alla corrispondenza
tra chiesto e pronunziato se assegna una diversa
qualificazione giuridica ai fatti dedotti in giudizio ed
all’azione esercitata senza immutare l’essenza dei fatti
medesimi (cfr. Cass. 455/2011, 14468/09).
La :seconda doglianza è
inammissibile, trattandosi di censura incidente sulla
motivazione de1la decisione di primo grado e non su
quella, basata su diversi presupposti, della decisione
impugnata in questa :sede.
II) -1 Con gli ulteriori motivi di
ricorso, il T. deducendo violazioni di legge e vizi di
motivazione censura la decisione impugnata per non aver
considerate che la direttiva 98/5/Ce e la normativa
nazionale di relativa attuazione sanciscono che l’
iscrizione alla. Sezione speciale dell’Albo degli
Avvocati comunitari stabiliti è un provvedimento
vincolato e non discrezionale, qualora sussista
iscrizione presso la corrispondente organizzazione
professionale di altro Stato membro; che il diritto di
stabilimento sancito dalla normativa in rassegna
consente agli avvocati comunitari la possibilità di
svolgere stabilmente l’attività forense in un qualsiasi
stato europeo con il proprio titolo professionale di
origine (con l’unico limite di dover esercitare il
patrocinio congiuntamente con un avvocato del Paese
ospitante); che il riferimento operato dal giudice a quo
alla sentenza C.G. 29.1.2009 in causa 311/06, Cavallera,
non sarebbe pertinente, per la diversità della
fattispecie esaminata rispetto a quella in rassegna,
come anche evidenziato dalla successiva sentenza C.G.
22.12.2010, in causa C-118/09, Koller; che la decisione
del Consiglio nazionale forense non avrebbe, in ogni
caso, potuto prescindere dal previo rinvio pregiudiziale
alla Corte di Giustizia.
Ad avviso del Collegio, i riportati
motivi, che per la stretta connessione possono essere
congiuntamente esaminati, sono fondati.
2a. In base alla normativa
comunitaria – che regolamenta il reciproco
riconoscimento fra i Paesi membri dei relative diplomi,
certificati e titoli professionali al fine di garantire
il diritto alla libera circolazione dei servizi in
ambito Ue ed alla libertà di stabilimento (e, quindi, il
diritto di ogni cittadino europeo di esercitare la
propria attività in qualsiasi Stato dell’Unione) – il
soggetto munito di titolo professionale di altro Paese
membro equivalente a quello di avvocato, che voglia
esercitare stabilmente la propria attività in Italia,
può seguire alternativi percorsi.
Avvalendosi della normativa in tema
di riconoscimento delle qualifiche professionali (ora la
direttiva 05/36/Ce, attuata dal d.lgs. 2007/206, che ha
abrogato la previgente direttiva 89/48/Ce, attuata dal
d.lgs. 115/1992), può chiedere al Ministero della
Giustizia italiano l’immediato riconoscimento del titolo
di avvocato con iscrizione al relativo Albo. Il
Ministero della Giustizia, previo parere di apposita
conferenza di servizi, stabilisce, con decreto, quali
prove debba sostenere al fine di compensare le diversità
degli studi e della formazione rispetto alla legge
italiana (“prova attitudinale”).
In alternativa, avvalendosi del
procedimento di “stabilimento/integrazione” previsto
dalla direttiva 98/5/Ce, ‘”volta a facilitare
l’esercizio permanente della professione di avvocato in
uno stato membro diverso da quello in cui è stata
acquistata la qualifica” (attuata dal d.lgs. 96/2001 ed
esplicitamente non abrogata dalla direttiva 05/36/Ce),
il soggetto munito di equivalente titolo professionale
di altro Paese membro può chiedere l’iscrizione nella
Sezione speciale dell’Albo italiano del foro nel quale
intende eleggere domicilio professionale in Italia,
utilizzando il proprio titolo d’origine (ad es., quello,
spagnolo, di “abogado“) e, al termine di un periodo
triennale di effettiva attività in Italia (d’intesa con
un legale iscritto nell’Albo italiano), può chiedere di
essere “integrato” con il titolo di avvocato italiano e
l’iscrizione all’Albo ordinario, dimostrando al
Consiglio dell’ Ordine effettività e dell’ attività
svolta in Italia come professionista comunitario
stabilito. Attraverso tale procedimento l’interessato è
dispensato dal sostenere la “prova attitudinale”,
richiesta a coloro che (avvalendosi del meccanismo di
cui alle direttive 89/48/Ce e 05/36/Ce) chiedono
l’immediato riconoscimento del titolo di origine e
l’immediato conseguimento della qualifica di avvocato.
2b ..Nell’ ambito del procedimento
di “stabilimento/integrazione”, in concreto perseguito
dal T., l’iscrizione nella Sezione speciale dell’ Albo
degli Avvocati comunitari stabiliti, negata al
ricorrente, è, ai sensi dell’art. 3, comma 2, direttiva
98/5/Ce dell’art. 6, comma 2 d.lgs. 96/2001, subordinate
alla sola condizione della documentazione
dell’iscrizione presso la corrispondente Autorità di
altro Stato membro.
Gli artt. 10 della direttiva e 12 e
13 del d.lgs. di attuazione, regolano, poi,
l’”integrazione” dell’avvocato comunitario stabilito
nell’Albo ordinario degli avvocati, sancendo che – ove
comprovi, secondo le modalità prescritte, l’effettivo e
regolare esercizio in Italia, per almeno tre anni, di
attività professionale nel ruolo predetto è legittimato
ad accedere all’Albo ordinario,con dispensa dalla “prova
attitudinale” prevista (prima, dalla direttiva 89/48/Ce
e dal d.lgs. 115/1992 ed, ora dalla direttiva 05/36/Ce e
dal d.lgs. 2007/206) per chi, munito di titolo
professionale di altro Paese membro equivalente a quello
di avvocato, intenda perseguire, al fine dello stabile
esercizio in Italia della propria attività, l’immediato
riconoscimento del titolo di avvocato e l’iscrizione al
relativo Albo.
2c.. L’indicata evidenza normativa
rivela l’illegittimità del rifiuto opposto dal Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Palermo alla domanda del
T. di iscrizione nella Sezione speciale del locale Albo
riservata agli Avvocati comunitari stabiliti.
E’, invero, circostanza
incontroversa che il ricorrente ha compiutamente
dimostrato la iscrizione nel Registro Generale del
Collegio degli Abogados di Barcellona, unica condizione
normativamente richiesta per l’iscrizione nella Sezione
speciale degli Avvocati comunitari stabiliti, ed
allegato le prescritte dichiarazioni.
Peraltro, l’illegittimità del
rifiuto opposto al T. trova elementi di riscontro nelle
citate pronunzie della Corte di Giustizia 29.1.2009 in
causa C-311/ 06″ Cavallera, e 22. 12. 2010, in causa
C-118/09 Koller; entrambe, tuttavia, intervenute su
situazioni riguardanti il diverso meccanismo (di cui
alla direttiva 89/48/Ce e, ora, alla direttiva OS/36/Ce)
di immediato riconoscimento di titolo professionale
acquisito in altro Stato comunitario (e, dunque,
sull’iscrizione, per diretta traslatio, all’Albo
ordinario ovvero sull’ammissione alla prova compensative
ad essa. finalizzata e non sull’iscrizione nella Sezione
speciale dell’Albo degli Avvocati riservata agli
avvocati comunitari stabiliti, solo prodromica all’
iscrizione, al termine di un triennio, nell’albo
ordinario degli Avvocati dello Stato ospitante).
Dalle complessive determinazioni
dei citati arresti, si coglie, infatti, l’affermazione
dell’illegittimità di ogni ostacolo frapposto, al di
fuori delle previsioni dalla normativa comunitaria, al
riconoscimento, nello Stato di appartenenza, del titolo
professionale ottenuto dal soggetto interessato in altro
Stato membro in base all’omologazione: del diploma di
laurea già conseguito nello Stato di appartenenza, se
tale omologazione si fondi- così come l’omologazione
alla lecencia en derecho spagnola. Della laurea in
giurisprudenza conseguita in altro Stato membro- su di
un ulteriore percorso formativo (frequenza di corsi
universitari. e superamento di esami complementari) nel
Paese omologante.
E tanto, quand’anche:nello Stato di
appartenenza l’accesso all’ esercizio della professione
sia subordinato,a differenza che nell’altro Stato
membro, a prova abilitativa ed a tirocinio
teorico-pratico; reputando il giudice comunitario che l’
interesse pubblico al corretto svolgimento dell’attività
professionale è idoneamente tutelabile attraverso la
“prova attitudinale” prevista dalle direttive 89/48/Ce e
05/36/Ce e dovendosi da ciò inferire – attesa
l’alternatività, tra “prova attitudinale” e tirocinio,
posta. dagli artt. 5 direttiva 89/48/CE e 14 direttiva
05/36/Ce al fine della procedura di riconoscimento nello
Stato ospitante della qualifica professionale già
conseguita in altro Stato membro (alter natività
specificamente considerata dal c. G. 22.1.2.2010, in
C-118/09, Koller) – che, nel procedimento di
“stabilimento/integrazione” di cui alla direttiva
98/5/Ce qui in rassegna, detto interesse è idoneamente
tutelabile attraverso il triennio di esercizio della
professione con il titolo di origine (d’intesa con
professionista abilitato) e la verifica dell’attività
correlativamente espletata.
III) Alla stregua delle
considerazioni che precedono, s’impongono il rigetto del
primo e del quarto motivo del ricorso e l’accoglimento
degli altri.
La decisione impugnata va, dunque,
cassata,in relazione ai motive accolti, non risultando
necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai
sensi dell’ art. 384, comma 1 ult. parte, c.p.c. , va
decisa nel merito, con l’accoglimento dell’istanza di M.
T. tesa al conseguimento dell’iscrizione nella Sezione
speciale degli Avvocati comunitari stabiliti dell’Albo
degli Avvocati di Palermo.
Per la natura della controversia e
tutte le implicazioni della fattispecie, si ravvisano le
condizioni per disporre la compensazione delle spese
dell’intero giudizio.
P. Q. M.
la Corte, a sezioni unite, accoglie
il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la
decisione impugnata e, decidendo nel merito, accoglie
l’istanza di M. T. tesa all’iscrizione nella Sezione
speciale degli Avvocati comunitari stabiliti dell’Albo
degli Avvocati di Palermo. Compensa le spese dell’intero
giudizio. |