1. La liquidazione equitativa del
danno può ritenersi sufficientemente motivata - ed è
pertanto insuscettibile di sindacato in sede di
legittimità - allorché il giudice di merito dia
l'indicazione di congrue, anche se sommarie, ragioni del
processo logico seguito; e, specularmente, che essa è
invece censurabile quando nella sentenza di merito non
si dia conto del criterio utilizzato, o la relativa
valutazione risulti incongrua rispetto al caso concreto,
o, ancora, la determinazione del danno sia palesemente
sproporzionata per difetto o per eccesso. Tanto sulla
base dell'elementare considerazione che equità non vuoi
dire arbitrio, perché quest'ultimo, non scaturendo da un
processo logico-deduttivo, non potrebbe mai essere
sorretto da adeguata motivazione
2. In tema di risarcimento dei
danni da responsabilità civile, l'unitarietà del diritto
al risarcimento e il suo riflesso processuale,
costituito dall'ordinaria infrazionabilità del giudizio
di liquidazione, comportano che, quando un soggetto
agisce in giudizio per chiedere il risarcimento dei
danni cagionatigli da un determinato comportamento del
convenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili
voci di danno originate da quella condotta. Ora, è ben
vero che tale principio soffre eccezioni nel caso in cui
nell'atto introduttivo siano indicate e quantificate
specifiche voci di danno, ma ciò sempre e solo
nell'ipotesi in cui la specificazione si presti ad
essere ragionevolmente intesa come volontà di escludere
dal petitum le voci non menzionate, dovendo altrimenti
alla stessa attribuirsi un valore meramente
esemplificativo dei vari profili di pregiudizio dei
quali si intende ottenere il ristoro
3. Non incorre nel vizio di carenza
di motivazione la sentenza che recepisca per relationem
le conclusioni e i passi salienti di una relazione di
consulenza tecnica d'ufficio di cui dichiari di
condividere il merito; di talché, per infirmare, sotto
il profilo della lacunosità argomentativa, tale
motivazione, è necessario che la parte alleghi le
critiche mosse all'elaborato peritale già dinanzi al
giudice a quo, la loro rilevanza ai fini della decisione
e l'omesso esame in sede di decisione, risolvendosi
altrimenti la censura nella mera prospettazione di un
sindacato di merito, inammissibile in sede di
legittimità
Cassazione, sez. III, 31 agosto
2011, n. 17879
(Pres. Amatucci – Rel. Amendola)
Svolgimento del processo
I fatti di causa possono così
ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.
Con citazione notificata il 31
marzo 1988 B.F. convenne in giudizio innanzi al
Tribunale di Siracusa MAA Assicurazioni s.p.a., C..C. e
R. e M. s.p.a. chiedendone la condanna in solido al
risarcimento dei danni patiti a seguito di un incidente
verificatosi in data (omissis) allorché, tamponato da
un'autovettura di proprietà di R. e M. s.p.a., condotta
dal C., aveva subito la distorsione del rachide
cervicale e una gravissima compromissione del visus,
ridotto a 1/20 nell'occhio destro e a 2/10 in quello
sinistro.
Si costituì in giudizio la sola
società assicuratrice, che contestò l'avversa pretesa.
Con sentenza del 2 febbraio 1998 il
giudice adito dichiarò cessata la materia del
contendere, sull'assunto che i danni subiti dall'attore
fossero già stati risarciti da MAA s.p.a. con la
corresponsione della somma di lire 6.000.000. Proposto
dal B. gravame, la Corte d'appello di Catania, in data 7
gennaio 2006, in riforma della decisione impugnata, ha
condannato Milano Assicurazioni s.p.a., R. e M. s.p.a.
e C..C. , in solido tra loro, al pagamento in favore di
F..B. della somma di Euro 346.734,89, con gli interessi
legali su ciascuno degli importi liquidati per le
singole voci di danno, devalutati e via via rivalutati
anno per anno, e spese dei due gradi di giudizio.
Avverso detta pronuncia propone
ricorso per cassazione Milano Assicurazioni s.p.a.,
formulando tre motivi e notificando l'atto a F..B., a R.
e M. s.p.a. e a C.C..
Resiste con controricorso F..B.,
che propone altresì ricorso incidentale condizionato
affidato a quattro motivi.
Entrambe le parti hanno depositato
memoria.
Motivi della decisione
1. Va preliminarmente disposta, ai
sensi dell'art. 335 cod. proc. civ., la riunione dei
ricorsi hinc et inde proposti avverso la stessa
sentenza.
1.1 Col primo motivo Milano
Assicurazioni s.p.a. denuncia contraddittorietà della
motivazione con riferimento alla quantificazione del
danno biologico da invalidità permanente. Le critiche si
appuntano contro quella parte della sentenza impugnata
in cui la Corte d'appello, dopo avere fatto riferimento
ai parametri da essa costantemente adottati, ha
liquidato per tale voce di pregiudizio la somma di Euro
197.428,00. Rileva l'esponente che l'applicazione delle
tabelle elaborate dal Tribunale di Milano - che
costituiscono, appunto, i criteri normalmente utilizzati
dal giudice a quo - produce invece, considerati i punti
di invalidità riportati dal B. e l'età di cinquant'anni
che lo stesso aveva al momento del sinistro, la somma,
di gran lunga inferiore, di Euro 58.799,00. Aggiunge che
di tale anomalia il decidente non aveva fornito alcuna
giustificazione, il che rendeva particolarmente visibile
la contraddizione che vulnerava la sentenza impugnata.
1.2 Con il secondo mezzo
l'impugnante lamenta mancanza di motivazione sul
medesimo profilo della decisione. Sostiene che, ove si
voglia ritenere che, malgrado le espressioni usate, la
Corte territoriale si è in realtà discostata dai criteri
in uso nel distretto di appartenenza, la sentenza
impugnata difetterebbe, in maniera macroscopica, di ogni
esplicitazione dei parametri in concreto applicati.
1.3 Col terzo motivo la ricorrente
deduce violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., ex art.
360, n. 3, cod. proc. civ., perché il B. in citazione
aveva chiesto la condanna della controparte al pagamento
della somma di lire 267.300.000, oltre rivalutazione e
interessi, laddove l'importo attribuito, devalutato alla
data dell'incidente, era pari a lire 331.443.708, era
cioè sensibilmente superiore a quello richiesto.
Aggiunge anche che tra le singole voci di danno subite e
per il cui ristoro l'infortunato aveva agito in
giudizio, non era compreso il danno patrimoniale
derivante dalla riduzione della capacità lavorativa
specifica, che era invece stato erroneamente liquidato
dal decidente d'ufficio.
2.1 Con il primo motivo del suo
ricorso incidentale condizionato l'intimato denuncia
violazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ.,
insufficienza, erroneità e contraddittorietà della
motivazione su un punto controverso e decisivo
costituito dalla effettiva età del B. al momento del
sinistro. E invero, contrariamente a quanto affermato
dalla Corte territoriale, l'infortunato aveva all'epoca
non già 50 anni, ma 40 anni e 8 mesi, come del resto lo
stesso giudice a quo aveva dovuto riconoscere nel
provvedimento con il quale, dopo il deposito della
sentenza, aveva disposto la correzione dell'errore
materiale in cui era incorso. Sostiene quindi che
l'equivoco in cui era caduta la Corte territoriale aveva
influito sulla quantificazione del danno biologico.
2.2 Con il secondo mezzo il B.
denuncia la violazione delle medesime norme nonché,
ancora una volta, vizi motivazionali, con riferimento
alla misura del danno patrimoniale per riduzione della
capacità lavorativa specifica. Sostiene che la
quantificazione operata dal giudice di merito sarebbe
erronea e riduttiva, in quanto parametrata su un'età
dell'infortunato diversa da quella effettiva, nonché su
un reddito pari a tre volte la pensione sociale, laddove
dalla documentazione versata in atti emergeva che il
reddito da lavoro dello steso era di gran lunga
superiore.
2.2 Con il terzo motivo il
ricorrente incidentale lamenta violazione degli artt.
112, 115 e 116 cod. proc. civ., insufficienza, erroneità
e contraddittorietà della motivazione con riferimento
alla liquidazione del danno da ITA e ITP, non nella
misura di giorni 53 cadauno, come da lui richiesto e
documentato, ma nella minore misura di giorni 18.
2.3 Con il quarto mezzo deduce
violazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ.,
insufficienza, contraddittorietà ed erroneità della
motivazione con riferimento alla liquidazione del danno
morale in misura pari alla metà del danno biologico,
piuttosto che nei due terzi di tutti i danni, pur avendo
il decidente contraddittoriamente affermato che la
lesione era assai grave.
3 Possono essere esaminati insieme,
in quanto strettamente connessi, il primo e il secondo
motivo del ricorso principale nonché il primo motivo del
ricorso incidentale. Le censure con essi proposte sono
fondate per le ragioni che seguono.
Questa Corte ha anche in tempi
recentissimi ribadito che la liquidazione equitativa del
danno può ritenersi sufficientemente motivata - ed è
pertanto insuscettibile di sindacato in sede di
legittimità - allorché il giudice di merito dia
l'indicazione di congrue, anche se sommarie, ragioni del
processo logico seguito; e, specularmente, che essa è
invece censurabile quando nella sentenza di merito non
si dia conto del criterio utilizzato, o la relativa
valutazione risulti incongrua rispetto al caso concreto,
o, ancora, la determinazione del danno sia palesemente
sproporzionata per difetto o per eccesso. Tanto sulla
base dell'elementare considerazione che equità non vuoi
dire arbitrio, perché quest'ultimo, non scaturendo da un
processo logico-deduttivo, non potrebbe mai essere
sorretto da adeguata motivazione (confr. Cass. civ. 25
febbraio 2011, n. 12408; Cass. civ. 9 agosto 2007, n.
17492).
4 Venendo al caso di specie, la
Corte territoriale, dopo avere esposto le ragioni del
suo dissenso dalla valutazione del giudice di prime cure
in ordine alla sussistenza di un nesso eziologico tra la
diminuzione del visus lamentata dall'infortunato e
l'incidente nel quale lo stesso era rimasto coinvolto,
ha equitativamente liquidato, per danno biologico da
invalidità permanente, tenuto conto dei parametri da
essa costantemente adottati, dell'età dell'attore al
momento del sinistro (anni 50), e della percentuale di
invalidità permanente accertata dal collegio dei
consulenti (pari al 25%), la somma di Euro 197.428,00.
Ora, a prescindere dai rilievi svolti dall'impugnante
principale in ordine ai risultati - a suo dire, assai
più modesti, conseguenti all'applicazione delle tabelle
elaborate dal Tribunale di Milano, che pur sarebbero
quelle abitualmente utilizzate dal giudice a quo
(tabelle alle quali, è bene ricordarlo, questa Corte ha
riconosciuto il rango di parametri di valutazione da
utilizzare, pur con gli opportuni adattamenti al caso
concreto, in difetto di previsioni normative, al fine di
assicurare parità di trattamento nella liquidazione del
danno non patrimoniale: confr. Cass. civ. n. 12408 del
2011, cit.) - è innegabile che la scelta decisoria
adottata è sorretta da una motivazione meramente
apparente che, nulla esplicitando sui passaggi logici
del procedimento valutativo del decidente, non ne da
alcuna giustificazione razionale controllabile a
posteriori.
A tale vulnus, segnalato dalla
società assicuratrice, si aggiunge poi quello costituito
dal riferimento, come ulteriore elemento di
quantificazione del danno biologico, a un'età
dell'infortunato difforme da quella effettiva,
risultando accertato in causa, dall'ordinanza di
correzione stilata in calce alla sentenza impugnata, che
F..B. è nato il 14 agosto 1945, e aveva pertanto 40 e
non 50 anni al momento del sinistro.
4.1 Quanto sin qui detto comporta
che deve ritenersi altresì fondato il secondo motivo del
ricorso incidentale, nella parte in cui il ricorrente si
duole della liquidazione del danno patrimoniale da
riduzione della capacità lavorativa, in quanto inficiata
dal medesimo errore sull'età dell'infortunato.
Lo stesso motivo non può invece
essere accolto laddove con esso si censura il
riferimento al triplo della pensione sociale, come
criterio equitativo utilizzabile per la quantificazione
di tale pregiudizio, in mancanza di prova specifica del
reddito percepito dal B.. La deduzione della mancata
considerazione della documentazione versata in atti,
dalla quale emergerebbe la prova di introiti di gran
lunga superiori, è infatti, a tacer d'altro, gravemente
carente sotto il profilo dell'autosufficienza, non
risultando assolto né l'onere di indicare esattamente
nel ricorso in quale fase processuale e in quale
fascicolo di parte si trovino i documenti in questione;
né quello di trascriverne o di riassumerne il contenuto,
laddove la mancanza anche di una soltanto di tali,
necessarie allegazioni rende il ricorso inammissibile
(Cass. civ. 4 settembre 2008, n. 22303).
5 Infondato è il terzo motivo di
ricorso di Milano Assicurazioni.
In tema di risarcimento dei danni
da responsabilità civile, l'unitarietà del diritto al
risarcimento e il suo riflesso processuale, costituito
dall'ordinaria infrazionabilità del giudizio di
liquidazione, comportano che, quando un soggetto agisce
in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni
cagionatigli da un determinato comportamento del
convenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili
voci di danno originate da quella condotta. Ora, è ben
vero che tale principio soffre eccezioni nel caso in cui
nell'atto introduttivo siano indicate e quantificate
specifiche voci di danno, ma ciò sempre e solo
nell'ipotesi in cui la specificazione si presti ad
essere ragionevolmente intesa come volontà di escludere
dal petitum le voci non menzionate, dovendo altrimenti
alla stessa attribuirsi un valore meramente
esemplificativo dei vari profili di pregiudizio dei
quali si intende ottenere il ristoro (confr. Cass. civ.
17 dicembre 2009, n. 26505; Cass. civ. 19 maggio 2006,
n. 11761).
Ne deriva che le questioni poste
dal motivo di ricorso in esame esulano propriamente
dall'ambito della denuncia di violazione del principio
della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112
cod. proc. civ.), avendo piuttosto attinenza con
l'interpretazione della domanda stessa, e cioè con
un'attività che, involgendo un mero accertamento di
fatto, pertiene al giudice di merito ed è sindacabile
solo sotto il profilo del vizio motivazionale, qui
neppure prospettato (confr. Cass. civ. 12 marzo 2010, n.
6038). 6 Le critiche svolte nel quarto motivo del
ricorso incidentale sono, per certi aspetti
inammissibili, per altre infondate.
La Corte d'appello, rilevato che i
consulenti tecnici avevano stimato in due/tre settimane
sia l'invalidità temporanea assoluta che quella
temporanea, ha liquidato le relative voci di danno con
riferimento, per entrambe, a un periodo di diciotto
giorni.
L'assunto dell'impugnante, secondo
cui i certificati medici prodotti imponevano invece di
fissarle in cinquantatre giorni ciascuna difetta,
anzitutto, di autosufficienza. A ciò aggiungasi che, per
giurisprudenza assolutamente consolidata di questa
Corte, dalla quale non v'è ragione di discostarsi, non
incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza
che recepisca per relationem le conclusioni e i passi
salienti di una relazione di consulenza tecnica
d'ufficio di cui dichiari di condividere il merito; di
talché, per infirmare, sotto il profilo della lacunosità
argomentativa, tale motivazione, è necessario che la
parte alleghi le critiche mosse all'elaborato peritale
già dinanzi al giudice a quo, la loro rilevanza ai fini
della decisione e l'omesso esame in sede di decisione,
risolvendosi altrimenti la censura nella mera
prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile
in sede di legittimità (confr. Cass. civ., 4 maggio
2009, n. 10222).
7 Infine del tutto prive di pregio
sono le critiche svolte nell'ultimo motivo del ricorso
incidentale.
L'impugnante non esplicita in alcun
modo le ragioni per le quali la liquidazione del danno
morale in misura pari alla metà di quello biologico da
invalidità permanente darebbe, nella fattispecie, un
risultato inappagante, limitandosi a richiamare, con
mera clausola di stile, la gravità della menomazione.
8 In definitiva, mentre vanno
accolti il primo e il secondo motivo del ricorso
principale; il primo e, per quanto di ragione, il
secondo motivo di quello incidentale condizionato,
devono essere rigettati il terzo motivo del ricorso
principale, il terzo e il quarto motivo del ricorso
incidentale. La sentenza impugnata deve conseguente
essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con
rinvio alla Corte d'appello di Catania in diversa
composizione che, nel decidere, si atterrà ai criteri
innanzi esposti.
P.Q.M.
La Corte, riunisce i ricorsi;
accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso
principale; rigetta il terzo; accoglie il primo e, per
quanto di ragione, il secondo motivo del ricorso
incidentale condizionato; rigetta il terzo e il quarto;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi
accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di
cassazione, alla Corte d'appello di Catania in diversa
composizione. |