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In ipotesi di procedimenti di tipo concorsuale l’impugnazione inizialmente proposta, avverso giudizi di non idoneità e/o provvedimenti di esclusione, deve successivamente estendersi agli ulteriori atti pregiudizievoli, quali l’approvazione definitiva della graduatoria, determinandosi altrimenti l’inutilità dell’eventuale decisione di accoglimento del ricorso inizialmente proposto.

 

È principio di diritto generale quello secondo cui - in caso di procedimenti di tipo concorsuale - l’impugnazione inizialmente proposta, concernente giudizi di non idoneità e/o provvedimenti di esclusione, deve successivamente estendersi agli ulteriori atti pregiudizievoli, quali l’approvazione definitiva della graduatoria, determinandosi altrimenti l’inutilità dell’eventuale decisione di accoglimento del ricorso inizialmente proposto.

 

Fermo restando l’onere di impugnazione immediata dell’esclusione o del giudizio di non idoneità – quali atti endoprocedimentali di carattere direttamente ed autonomamente lesivi – sussiste, quindi, inequivocabilmente anche l’onere del concorrente di impugnare (entro il termine di legge) il provvedimento conclusivo del procedimento concorsuale, ossia la graduatoria finale.

 

Tale principio trova origine essenzialmente nel rilievo che l’atto conclusivo del procedimento concorsuale non può ritenersi travolto dall’eventuale annullamento dell’esclusione.

 

Come noto, si può consentire alla non necessità di impugnazione dell’atto finale, quando sia stato già impugnato quello preparatorio, solo quando fra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione – consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti. Diversamente, quando l’atto finale, pur facendo parte della stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto preparatorio, non ne costituisca conseguenza inevitabile, perché la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, anche di terzi soggetti, la immediata impugnazione dell’atto preparatorio non fa venire meno la necessità di procedere ad una corretta impugnazione dell’atto finale, pena la improcedibilità del ricorso.

 

Tanto accade, con riferimento ai pubblici concorsi, nel rapporto tra esclusione – determinata nei confronti di un candidato da un giudizio di inidoneità espresso dalla commissione nominata per l’accertamento dei requisiti psico-fisici – e delibera di approvazione della graduatoria finale, dove quest’ultima non si pone, rispetto all’esclusione di uno o più concorrenti, in rapporto di consequenzialità immediata e diretta, in quanto comporta una valutazione di dati ed interessi più ampia, tenendo conto della posizione di tutti i concorrenti e non solo di quelli esclusi.

 

N. 05410/2011 REG.PROV.COLL.

 

N. 05572/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

 

(Sezione Prima Ter)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 5572 del 2010, già introdotto dinanzi al TAR Sicilia e, in esito a regolamento di competenza, trasmesso a questo Tribunale, proposto da***

 

contro***

 

per l'annullamento,

 

previa sospensione,

 

del verbale del 5 agosto 2009 nella parte in cui la Commissione medica per l’accertamento dei requisiti psico-fisici degli aspiranti al concorso pubblico per il reclutamento di 907 allievi agenti nella Polizia di Stato, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno ovvero in rafferma annuale in servizio o in congedo, indetto con D.M. 21 novembre 2008 e pubblicato nella G.U.R.I. 4^ Serie Speciale n. 93 del 2009, ha riconosciuto il ricorrente “non idoneo” per asserito “prolasso della valvola mitrale (lembo anteriore mitralico). Lieve insufficiente mitralico minimo rigurgito tricuspidalico”;

 

nonché per l’accertamento

 

dell’idoneità fisica dell’odierno ricorrente ai fini del reclutamento quale allievo agente nella Polizia di Stato;

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

 

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 maggio 2011 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

 

 

FATTO

 

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 12 novembre 2009 e depositato presso il TAR Sicilia il successivo 16 novembre 2009, il ricorrente impugna il giudizio con il quale la Commissione medica per l’accertamento dei requisiti psico-fisici degli aspiranti al concorso pubblico per il reclutamento di 907 allievi agenti nella Polizia di Stato, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno ovvero in rafferma annuale, indetto con D.M. 21 novembre 2008 e pubblicato nella G.U.R.I. 4^ Serie Speciale n. 93 del 2009, lo ha riconosciuto “non idoneo” per asserito “prolasso della valvola mitrale (lembo anteriore mitralico). Lieve insufficiente mitralico minimo rigurgito tricuspidalico”, chiedendone l’annullamento.

 

A tali fini deduce i seguenti motivi di impugnativa:

 

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 DEL D.M. 30 GIUGNO 2003 N. 198. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE 241 DEL 1990. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI CARENZA DI ISTRUTTORIA E MOTIVAZIONE, ARBITRIO E DIFETTO DI PRESUPPOSTO. Il giudizio negativo espresso dalla Commissione medica è “senz’altro arbitrario ed illogico ed è frutto di una non corretta percezione dei fatti, dal momento che si pone in contrasto con quanto successivamente attestato nella relazione conseguente agli ulteriori accertamenti specialistici cui si è sottoposto il ricorrente al fine di accertare il suo stato psico-fisico”.

 

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’AFFIDAMENTO.

 

Alla camera di consiglio del 4 dicembre 2009 si è costituito il Ministero dell’Interno, il quale – in medesima data – ha prodotto documenti.

 

Con ordinanza n. 241 dell’11 dicembre 2009 il TAR Sicilia ha disposto un accertamento d’ufficio, al fine di verificare l’effettiva sussistenza della causa di inidoneità riscontrata.

 

In data 9 giugno 2010 è stato depositata “relazione di consulenza medico-legale concernente le condizioni di salute” del ricorrente.

 

Con ordinanza n. 567/2010 il TAR Sicilia ha respinto la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata da parte ricorrente.

 

In esito all’istanza di regolamento di competenza inoltrata dall’Amministrazione, con decisione n. 3763/2010 il Consiglio di Stato ha dichiarato la competenza del TAR del Lazio e, dunque, il fascicolo è stato trasmesso a questo Tribunale.

 

In data 9 febbraio 2011 il ricorrente ha prodotto atto di riassunzione.

 

Il successivo 2 marzo 2011 si è costituito il Ministero dell’Interno, il quale – in data 8 marzo 2011 – ha prodotto documenti..

 

All’udienza pubblica del 12 maggio 2011 il ricorso è stato introitato per la decisione.

 

DIRITTO

 

1. Il ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

 

1.1. A seguito della disamina del carteggio afferente ulteriori ricorsi comunque riguardanti il concorso pubblico per il reclutamento di 907 allievi agenti della Polizia di Stato indetto con D.M. 21 novembre 2008, pubblicato nella G.U. 4^ Serie Speciale n. 93 del 2009, discussi nel corso della medesima udienza pubblica del 12 maggio 2011, il Collegio ha avuto modo di apprendere che, in data 11 dicembre 2010, l’Amministrazione ha approvato la graduatoria finale del concorso.

 

Orbene, tale graduatoria non risulta impugnata dal ricorrente.

 

Come già rappresentato in udienza dal Presidente al difensore del ricorrente, “dandone atto a verbale”, in linea con la prescrizione dell’art. 73, comma 3, cod. proc.amm., tale circostanza necessariamente determina l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

 

In linea con l’orientamento della giurisprudenza in materia, si ribadisce, infatti, il principio generale secondo cui - in caso di procedimenti di tipo concorsuale - l’impugnazione inizialmente proposta, concernente giudizi di non idoneità e/o provvedimenti di esclusione, deve successivamente estendersi agli ulteriori atti pregiudizievoli, quali l’approvazione definitiva della graduatoria, determinandosi altrimenti l’inutilità dell’eventuale decisione di accoglimento del ricorso inizialmente proposto (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. V, 8 settembre 2008, n. 4241; TAR Puglia, Bari, Sez. III, 29 aprile 2010, n. 1656; TAR Campania, Salerno, Sez. I, 23 dicembre 2008, n. 4287).

 

Fermo restando l’onere di impugnazione immediata dell’esclusione o del giudizio di non idoneità – quali atti endoprocedimentali di carattere direttamente ed autonomamente lesivi – sussiste, quindi, inequivocabilmente anche l’onere del concorrente di impugnare – entro il termine di legge - il provvedimento conclusivo del procedimento concorsuale, ossia la graduatoria finale.

 

Tale principio trova origine essenzialmente nel rilievo che l’atto conclusivo del procedimento concorsuale non può ritenersi travolto dall’eventuale annullamento dell’esclusione.

 

Come noto, si può consentire alla non necessità di impugnazione dell’atto finale, quando sia stato già impugnato quello preparatorio, solo quando fra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione – consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti. Diversamente, quando l’atto finale, pur facendo parte della stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto preparatorio, non ne costituisca conseguenza inevitabile, perché la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, anche di terzi soggetti, la immediata impugnazione dell’atto preparatorio non fa venire meno la necessità di procedere ad una corretta impugnazione dell’atto finale, pena la improcedibilità del ricorso.

 

Tanto accade, con riferimento ai pubblici concorsi, nel rapporto tra esclusione – determinata nei confronti di un candidato da un giudizio di inidoneità espresso dalla commissione nominata per l’accertamento dei requisiti psico-fisici – e delibera di approvazione della graduatoria finale, dove quest’ultima non si pone, rispetto all’esclusione di uno o più concorrenti, in rapporto di consequenzialità immediata e diretta, in quanto comporta una valutazione di dati ed interessi più ampia, tenendo conto della posizione di tutti i concorrenti e non solo di quelli esclusi (cfr., tra le altre, C.d.S., sent. n. 1519 del 23 marzo 2004; C.d.S., sent. n. 341 del 19 marzo 1996; TAR Basilicata, Potenza, sent. n. 904 del 19 settembre 2003; TAR Trentino Alto Adige, Bolzano, sent. n. 253 del 5 ottobre 2001).

 

Una volta affermato il principio dell’obbligatorietà dell’impugnazione dell’atto conclusivo del procedimento, ossia della graduatoria finale, ne consegue che la mancata impugnazione di quest’ultima comporta carenza di interesse da parte del ricorrente alla pronuncia avverso il giudizio di “non idoneità” impugnato, giacché anche l’eventuale buon esito di tale impugnativa non può incidere su un atto (rectius: la graduatoria finale) ormai divenuto inoppugnabile (cfr. C.d.S., sent. n. 1519 del 23 marzo 2004 di cui sopra; C.d.S., sent. n. 4320 del 29 luglio 2003).

 

2. Per le ragioni illustrate, il ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

 

Per quanto attiene alle spese di giudizio, si ravvisano giustificati motivi per disporne la compensazione integrale tra le parti.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n.5572/2010, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.

 

Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2011 con l'intervento dei Magistrati:

 

Linda Sandulli, Presidente

 

Pietro Morabito, Consigliere

 

Antonella Mangia, Consigliere, Estensore

 

 

               

 

 

               

 

 

 

L'ESTENSORE

               

 

 

               

 

IL PRESIDENTE

 

 

               

 

 

               

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

 

Il 17/06/2011

 

IL SEGRETARIO

 

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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