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CONDONO EDILIZIO E POTERI DEL GIUDICE IN SEDE DI ESECUZIONE DELL'ORDINE DI DEMOLIZIONE-Cassazione, sez. III, 15 giugno 2011, n. 23996-Diritto e processo.it

 

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1. In sede di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito con la sentenza di conferma, il giudice, al fine di pronunciarsi sulla sospensione dell'esecuzione, a seguito dell'avvenuta presentazione della domanda di condono edilizio, deve accertare la esistenza delle seguenti condizioni: a) la tempestività e proponibilità della domanda; b) la effettiva ultimazione dei lavori entro il termine previsto per l'accesso al condono; c) il tipo di intervento e le dimensioni volumetriche; d) la insussistenza di cause di non condonabilità assoluta e) l'avvenuto integrale versamento della somma, dovuta ai fini dell'oblazione; f) l'eventuale rilascio di un permesso in sanatoria o la sussistenza di un permesso in sanatoria tacito

 

2. La normativa sul condono edilizio assume certamente carattere di specialità rispetto alle disposizioni che disciplinano la possibilità di sanatoria degli abusi edilizi in via ordinaria (art. 36 del d.p.r. n. 380/2001), sicché il divieto di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica in sanatoria, di cui all'art. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004, come sostituito dall'art. 2 comma 1 lett. s), del d.lgs. n. 63/2008, non si applica alle ipotesi in cui la sanatoria stessa sia prevista da una normativa speciale quale quella in materia di condono edilizio.

 

 

 

 

 

Cassazione, sez. III, 15 giugno 2011, n. 23996

 

(Pres. De Maio – Rel. Lombardi)

 

 

 

 

 

Considerato in fatto e diritto

 

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Portici, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha respinto l'istanza, proposta da D.C. G., di revoca dell'ingiunzione a demolire un manufatto abusivo emessa dal P.M. in data 5.6.2009 in esecuzione dell'ordine contenuto nella sentenza del Pretore di Portici del 13.6.1996, divenuta irrevocabile il 27.9.1996.

 

Il giudice dell'esecuzione ha osservato che nel caso in esame non sussistono elementi idonei a dimostrare che l'istanza di condono edilizio presentata dalla interessato sia suscettibile di concludersi favorevolmente con l'emanazione di atti incompatibili con I'ordine di demolizione emesso dall' autorità giudiziaria.

 

È stata, al contrario, rilevata nell'ordinanza la inapplicabilità della normativa sul condono edilizio al manufatto di cui è stato disposto l'abbattimento, in quanto ubicato in zona vincolata in cui è possibile ottenere la sanatoria solo per gli interventi edilizi di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di cui ai n. 4, 5 e 6 dell'allegato I (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.

 

E' stato inoltre osservato che l'art. 146, comma 10, del d.lgs. n. 42/2004 ha espressamente sancito il divieto e l'inefficacia di nulla osta paesaggistici rilasciati dopo l'esecuzione delle opere, sicché la possibilità di sanatoria ex art. 36 del d.p.r. n. 380/2001 deve intendersi limitata alle sole zone non vincolate.

 

Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore del D.C., che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

 

Il ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione dell'art. 39 della l. n. 724 del 23.12.1994.

 

Si deduce, in sintesi, che la norma citata non prevede alcun limite alla condonabilità dei manufatti realizzati in zona vincolata, previo rilascio del nulla osta da parte dell'amministrazione competente alla tutela del vincolo, sicché il giudice dell'esecuzione, nel disporre la sospensione o revocate dell'ordine di demolizione, deve controllare esclusivamente che la domanda sia stata proposta tempestivamente, nonché la regolarità formale e sostanziale della stessa in relazione della previsione della predetta legge.

 

Si deduce inoltre che nel caso in esame non risulta applicabile il divieto di emissione della autorizzazione paesaggistica in sanatoria, di cui all'art. 146 del d.lgs. n.42/2004, costituendo la citata normativa sul condono edilizio una legge speciale, che deroga alla norma ordinaria e, pertanto, la legge speciale avrebbe dovuto formare oggetto di espressa abrogazione.

 

Si osserva infine che l'ordinanza ha fatto impropriamente riferimento all'art. 36 del d.p.r. n. 380/2001, che disciplina la possibilità di sanatoria ordinaria degli abusi edilizi, mentre nella specie si applicano le disposizioni sul condono edilizio.

 

Con memoria depositata il 20.4.201I il difensore del D.C. ha insistito per l'accoglimento del ricorso.

 

Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.

 

Secondo l'ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, in sede di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito con la sentenza di conferma, il giudice, al fine di pronunciarsi sulla sospensione dell'esecuzione, a seguito dell'avvenuta presentazione della domanda di condono edilizio, deve accertare la esistenza delle seguenti condizioni: a) la tempestività e proponibilità della domanda; b) la effettiva ultimazione dei lavori entro il termine previsto per l'accesso al condono; c) il tipo di intervento e le dimensioni volumetriche; d) la insussistenza di cause di non condonabilità assoluta e) l'avvenuto integrale versamento della somma, dovuta ai fini dell'oblazione; f) l'eventuale rilascio di un permesso in sanatoria o la sussistenza di un permesso in sanatoria tacito. (cfr. sez. III, 12.12.2003 n. 3992 del 2004, Russetti, RV 227558; sez IV 5.3.2008 n. 15210, Romano, RV 239606; sez. III, 26.9.2007 n. 38997, Di Somma, RV 237816).

 

Va quindi rilevato che l'art. 39, comma 8, della n. 724 del 23.12.1994 stabilisce che "Nel caso di interventi edilizi nelle zone e fabbricati sottoposti a vincolo ai sensi delle leggi 1 giugno 1939 n. 1089, 29 giugno 1939 n. 1497, e del decreto legge 27 giugno 1085 n. 312, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1985 n. 431, il rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria, subordinato al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, estingue il reato per la violazione del vincolo stesso".

 

La citata legge sul condono edilizio inoltre, a differenza di quanto previsto dall'art. 32, comma 26 lett. a) e b), del d. l. n.269/2003, convertito con modificazioni dalla legge n.326/2003, non limita la possibilità di fruire della sanatoria ai soli abusi minori, ma pone quali limiti quelli stabiliti in generale dal primo comma del medesimo articolo per tutte le tipologie di abuso.

 

La giurisprudenza citata nell'impugnato provvedimento, infatti, si riferisce esclusivamente alla applicabilità del condono edilizio previsto dal d.l. n. 269/2003, convertito in . n. 326/2003.

 

Deve essere inoltre osservato che la normativa sul condono edilizio assume certamente carattere di specialità rispetto alle disposizioni che disciplinano la possibilità di sanatoria degli abusi edilizi in via ordinaria (art. 36 del d.p.r. n. 380/2001), sicché il divieto di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica in sanatoria, di cui all'art. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004, come sostituito dall'art. 2 comma 1 lett. s), del d.lgs. n. 63/2008, non si applica alle ipotesi in cui la sanatoria stessa sia prevista da una normativa speciale quale quella in materia di condono edilizio.

 

Peraltro, va anche osservato che il predetto divieto deve ritenersi applicabile esclusivamente agli abusi commessi successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 42/2004.

 

Alla luce dei citati principi di diritto e riferimenti normativi, pertanto, il giudice dell'esecuzione, ai fini dell'accoglimento o rigetto della domanda di sospensione dell'esecuzione, deve accertare se nel caso in esame è stata presentata domanda di condono ai sensi della l. n.724/94 ovvero del d.l. n. 269/2003, convertito in L. n.326/03, nonché la tempestività della domanda" l'esistenza degli altri requisiti sopra precisati e, eventualmente, tramite informazioni presso le competenti autorità amministrative, le ragioni per le quali la domanda non è stata ancora accolta, al fine di verificare la possibilità di un suo accoglimento entro tempi ragionevoli.

 

La ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio per un nuovo esame che tenga conto dei precisati riferimenti normativi e principi di diritto.

 

 

 

P.Q.M.

 

 

 

La Corte annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per un nuovo esame.

 

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