Dott.ssa Ilaria
Martinelli
L’esattore, ai
sensi dell’art. 66, secondo comma, D.P.R. n. 602 del
1973, ha diritto a procedere al pignoramento mobiliare
per il recupero dell’imposta locale sui redditi dovuta
dalla società cedente, per l’anno anteriore a quello in
cui avviene la cessione d’azienda. La società
cessionaria, in estrema sintesi, deve rispondere dei
debiti fiscali dell’azienda originaria.
La fattispecie in esame riguarda una società che,
opponendosi alla procedura esecutiva causata da un
debito d’imposta di altra impresa, si è scontrata con la
presunzione di cessione d’azienda di cui all’art. 66,
comma 4, DPR n. 602/73, in base al quale, appunto, la
cessione si presume «quando nei medesimi locali o in
parte di essi viene esercitata attività commerciale
dello stesso genere di quella esercitata da precedenti
titolari».
Per dimostrare la propria estraneità con l’azienda
debitrice, la società opponente sosteneva di avere
iniziato la locazione degli immobili in cui era
esercitata l’attività del debitore esecutato non prima
di tre mesi dalla cessazione di tale attività.
La società opponente evidenziava anche l’assenza di
acquisti o cessioni dei beni appartenuti all’originario
debitore di imposta, nei registri o nelle scritture
contabili.
La Corte d’Appello di Brescia, con l’avallo della
Cassazione, ha rilevato, invece che «- pacifica la
identità delle attività esercitate nei medesimi locali
dalle due imprese - la prova, fornita in causa,
dell’inizio della locazione degli stessi locali prima
utilizzati dalla (...) dal 2 febbraio 1985 (cioè tre
mesi dopo la data di cessazione della attività da parte
del debitore) non era sufficiente a vincere la
presunzione di cui all’art. 66 citato, la quale prevede
soltanto la identità della attività e l'esercizio nei
medesimi locali, senza porre limiti temporali alla
occupazione dei locali in cui prima era esercitata la
attività del debitore esecutato.».
Concorrevano, anzi, a deporre per la presunzione di
cessione d’azienda ex lege, ulteriori elementi
presuntivi, quali la identità del socio nelle compagini
sociali della presunta cedente e della presunta
cessionaria e la circostanza che l’inizio della attività
della presunta cessionaria aveva coinciso con il giorno
successivo alla cessazione di attività della presunta
cedente.
In relazione alla valutazione degli elementi che hanno
contribuito sostenere la presunzione legale, inoltre, la
società aveva proposto un quesito di diritto; questo è
stato respinto dalla Corte poiché risulta insindacabile
in sede di legittimità «l’apprezzamento del giudice del
merito in ordine alla ricorrenza dei requisiti della
precisione, gravità e concordanza, richiesti dalla legge
per valorizzare elementi di fatto come fonti di
presunzione», «qualora la motivazione adottata appaia,
come nel caso di specie, logicamente coerente ed immune
da errori di diritto».
Per altro verso la Corte osserva che anche nel caso in
cui sussista la presunzione di cessione di azienda,
l’ente impositore può soddisfarsi solo sui beni mobili e
sulle merci che appartengono alla cedente.
Tuttavia, nel caso di specie, la società opponente
non è riuscita a fornire la prova che i beni pignorati
non appartengono al debitore. Infatti, l’art. 65 del
D.P.R. n. 602 del 1973, ai fini della opponibilità della
appartenenza dei beni mobili di fronte ad esecuzione
mobiliare della esattoria, stabilisce «che l’esattore
deve astenersi dal pignoramento quando sia dimostrato
che i beni appartengono a persone diverse dal debitore,
laddove tale dimostrazione può essere offerta soltanto
mediante l’esibizione di atti pubblici o scritture
private autenticate di data anteriore all’anno a cui si
riferisce il tributo iscritto a ruolo ovvero di sentenze
passate in giudicato, pronunciate su domande proposte
anteriormente allo stesso anno».
La proprietà dei beni pignorati, dunque, non può essere
provata mediante testimoni né attraverso le scritture
contabili come, invece, pretendeva la società ricorrente
(conformi le sentenze n. 539 del 18 gennaio 2002 e n.
4227 del 20 ottobre 1989).
Infine, la Suprema Corte ha tenuto a precisare che la
società avrebbe dovuto proporre non tanto l’azione di
opposizione di terzo, ex art. 619 c.p.c., quanto quella
di opposizione di coobbligato nel debito tributario e
ciò in quanto l'opposizione avverso l’esecuzione
esattoriale è stata proposta «dal cessionario
dell'azienda o dal concedente che sia subentrato
all’affittuario nell'esercizio della medesima attività
imprenditoriale - da considerarsi come cessionario
dell'azienda e, come tale, solidalmente responsabile per
il pagamento delle imposte sui redditi dovute dal
precedente titolare -».
|